Rassegna stampa 7 giugno

 

Bologna: detenuti in attesa d’espulsione, di Gennaro Santoro

 

Associazione Antigone, 6 giugno 2005

 

Macchie di sangue sui muri, lividi e teste spaccate: questo è l’agghiacciante spettacolo che si sono trovate davanti le deputate Titti De Simone (Prc) e Katia Zanotti (Ds) quando hanno visitato il centro di permanenza temporanea per stranieri di via Mattei a Bologna, 48 ore dopo il pestaggio della notte del 2 marzo 2003. Sono ormai trascorsi oltre due anni da quella tragica notte: il processo è ancora in corso ma non è ancora stata fissata l’udienza dibattimentale nonostante la difesa (avv. S. Sabattini) abbia inoltrato la richiesta più di un anno fa e l’espletamento dell’incidente probatorio abbia già fatto chiarezza sulla drammaticità dell’accaduto.

Dei 13 indagati (12 appartenenti alle forze di sicurezza e un operatore della croce rossa) soltanto 4 poliziotti sono stati rinviati a giudizio; la difesa ha proposto opposizione all’archiviazione dell’operatore della croce rossa - che, a detta di alcuni testimoni oculari, ha partecipato direttamente ai pestaggi - ma, anche in questo caso, il GIP non ha ancora fissato la data dell’udienza di trattazione. Nel frattempo, i 4 poliziotti rinviati a giudizio per lesioni volontarie aggravate sono ancora in servizio, senza che sia stato avviato nei loro confronti alcun procedimento disciplinare - o la sospensione cautelare dal servizio - da parte delle autorità competenti.

Ma forse è già da salutare come evento, quasi una vittoria, il fatto che in questa circostanza vi sia stato un rinvio a giudizio, visto che nonostante le numerosissime denunce, presenti e passate, provenienti da fondi attendibili (ad es., parlamentari) riguardo gli abusi e i maltrattamenti cui sono reiteratamente sottoposti "gli ospiti" di tutti i centri presenti nel Belpaese, soltanto nei casi di Lecce e Bologna si è giunti ad una fase dibattimentale - processuale. La paura è che però anche in questa occasione - come nel caso del rogo al CPT di Vulpitta del’99, dove il procedimento penale è giunto persino in appello, ma il tutto si è concluso con l’assoluzione dell’ex Prefetto di Trapani imputato di omissione di atti d’ufficio, incendio colposo e concorso in omicidio colposo plurimo per la morte di 6 ‘ospiti’ del centro siciliano - lo stato non condannerà se stesso.

Dovremo interrogarci sul perché in questo settore esistono barriere tali da impedire alla giustizia di fare il proprio corso. Ed è, ahimè, agevole rispondere a questo interrogativo ricordando che lo straniero che è sottoposto al trattenimento in CPT è un detenuto in attesa di espulsione, e che, quindi, le forze dell’ordine possono legittimamente deportare chi è stato vittima dei propri abusi per evitare che lo stesso denunci le malfatte subite.

Una recente storia, avvenuta sempre nel CPT bolognese, può avvalorare - qualora ve ne fosse bisogno - quanto ora sostenuto. La denuncia è sempre della deputata Katia Zanotti la quale racconta di aver ricevuto telefonate dagli internati del CPT di Via Mattei che denunciavano la scomparsa di una ragazza marocchina. In breve, intorno al 10 Maggio 2005 la protagonista di questa raccapricciante vicenda stava per essere espulsa, quando è stata colpita da una crisi epilettica forse causata dal pestaggio da parte della polizia. Visitata dai medici del CPT, è stata riportata nella propria gabbia, ma durante la notte la crisi e i pianti sono continuati al punto che al mattino successivo è stata trasferita al pronto soccorso del Sant’Orsola. In questa sede i medici le hanno riscontrato degli ematomi sul corpo dovuti a percosse ed una vertebra incrinata e ne hanno disposto il ricovero all’ospedale Rizzoli. Purtroppo, la ragazza è misteriosamente scomparsa prima di poter sporgere denuncia per il trattamento subito e al momento non se ne hanno più notizie. Nessun operatore interno al CPT ha fatto trapelare la notizia delle percosse subite dalla ragazza, o, almeno, nessuno ha verificato se tali informazioni fossero vere, né i medici del CPT hanno redatto referti attestanti le lesioni sul corpo della magrebina documentati invece dai medici del pronto soccorso.

Sempre per citare (esclusivamente) episodi recenti, una sventura simile è avvenuta al CPT di via Corelli, Milano. Il 19 Marzo 2005, si è tenuto un incontro tra alcuni ristretti del CPT milanese e una delegazione della società civile costituitasi in comitato di sostegno ai cittadini immigrati in protesta all’interno del centro. Due cittadini brasiliani hanno raccontato le angherie subite per opera delle forze dell’ordine in occasione della loro deportazione in Brasile con un volo civile: in quella occasione le proteste dei passeggeri e del comandante di volo sono riuscite ad impedire l’espulsione coatta. Ma durante il ri-accompagnamento al CPT le violenze delle forze dell’ordine, in assenza di qualsivoglia testimone, sono divenute ben peggiori; e la minaccia delle autorità in divisa di eseguire nuovamente la deportazione nel caso in cui gli interessati avessero denunciato le malfatte subite hanno condotto le vittime ad un forzato silenzio. Quando tale silenzio è venuto meno, in occasione, appunto, dell’incontro del 19 Marzo, le forze dell’ordine, appena 3 giorni dopo, hanno legittimamente deportato i 2 delatori; vieppiù, il Prefetto di Milano ha successivamente vietato lo svolgimento di nuovi incontri tra i ristretti del CPT e delegazioni del Comitato di sostegno e sono stati effettuati 21 arresti nei confronti degli immigrati in protesta.

Questo stato dell’arte - ovvero, l’impunità delle violenze a scapito di immigrati c.d. clandestini - trova la sua causa prima nel diritto (eternamente) emergenziale ed eccezionale che regolamenta il fenomeno delle immigrazioni, spostando dal piano sociale alla sfera penale una questione che andrebbe trattata con politiche attive piuttosto che con azioni neofasciste.

In altre parole - evidenziando in questa sede esclusivamente l’ignobile politica di contenimento dei flussi migratori attraverso la detenzione amministrativa e l’esposizione al crimine e ai soprusi cui è relegato il cittadino migrante - il nodo principale della questione è rappresentato dall’istituto del trattenimento in gabbie etniche - volgarmente denominate CPT - che altro non sono che lager, istituzioni totali caratterizzate da una insostenibile separatezza con il mondo esterno. Separatezza più estesa e drammatica di quella che caratterizza le patrie galere, proprio perché nei CPT ogni possibilità di interazione fra gli "ospiti" e il mondo libero non è regolata da alcuna norma o disposizione conosciuta ed è relegata alla discrezionalità assoluta del Ministero dell’interno, dei singoli prefetti e della prassi poliziesca. Basti pensare al divieto posto in essere più di due anni fa da una circolare ministeriale di far entrare giornalisti all’interno di questi istituti, o alle difficoltà - per così dire - strutturali di interpellare un avvocato da parte di questa nuova categoria ristretta del terzo millennio - ovverosia, detenuti in attesa di espulsione -, per comprendere l’impossibilità di far trapelare al mondo esterno, libero e autoctono, informazioni concernenti le condizioni di vita delle persone ivi trattenute. E se non fuoriescono da tale istituzioni notizie comuni, figuriamoci se possano mai essere esternati episodi di pestaggi a discapito degli "ospiti". Nulla affatto, li si deporta ‘legittimamentè verso i paesi di origine, impedendo che gli stessi possano esporre denuncia contro le malfatte subite.

Bisogna rammentare che quando si è ristretti in questi luoghi spesso non è avvisata nessuna terza persona né, tanto meno, all’interessato viene rivolto l’invito a nominare un avvocato di fiducia - come avviene persino nelle stazioni di polizia (beninteso, salvo eccezioni e se si è cittadini autoctoni). Eppure la direttiva generale in materia di CPT (dell’agosto 2000, in attuazione dell’art.22 d.p.r. 394/99) dispone l’obbligo di istituire in tutte le strutture detentive etniche presenti nel Belpaese centri di informazione legale. Vi sono stati tentativi della società civile rivolti a dare attuazione a tale disposizione normativa, ma i risultati concreti non sono ancora stati raggiunti. Al comune di Roma, ad esempio, l’ufficio del garante per le persone ristrette nella libertà ha proposto (verso la fine del 2004) l’istituzione a spese dello stesso ufficio di un tale centro all’interno del CPT di Ponte Galeria, ma le lungaggini procedurali non hanno ancora permesso la nascita di questo importante strumento di garanzia per i diritti degli immigrati ivi ristretti.

Intanto, a Torino, il 28 Maggio si è tenuta una manifestazione per chiedere la chiusura dei CPT, dove alcuni cittadini migranti hanno rivendicato con rabbia il loro diritto di denunciare gli abusi di cui sono vittime: il 25 Maggio un clandestino nigeriano, Steve Osakue è morto cadendo dal terzo piano di uno stabile per sfuggire a un controllo di polizia; il 10 maggio un senegalese, Mamadou Diagne, è annegato nel Po mentre cercava di sfuggire a un blitz dei carabinieri al Parco del Valentino; il giorno successivo Cheik Ibra Fall, anche lui senegalese, è stato ucciso da un colpo di pistola esploso accidentalmente da un poliziotto. La fidanzata di Steve Osakue - la vittima del 25 Maggio - è attualmente ristretta nel CPT torinese, dove è stata accompagnata a seguito dell’interrogatorio delle forze dell’ordine immediatamente dopo al decesso del compagno: è un’altra legittima detenuta in attesa di espulsione.

Cina: cyberdissidente liberato dopo cinque anni di carcere

 

Ansa, 6 giugno 2005

 

Un cyberdissidente cinese condannato per aver pubblicato informazioni politiche sul suo sito web è stato rimesso in libertà dopo aver scontato cinque anni di carcere. Lo ha annunciato oggi Reporter senza frontiere (Rsf). Il gruppo per la difesa della libertà di stampa ha precisato che il dissidente Huang Qi, liberato ieri da un carcere del Sichuan (sudest), è stato posto agli arresti domiciliari. È stato isolato a casa dei genitori in un villaggio a tre ore di treno dalla capitale del Sichuan, Chengdu, e non può lasciarlo senza il permesso della polizia.

Secondo Rsf il dissidente è stato spesso picchiato dalle guardie carcerarie e da altri detenuti nei primi mesi di internamento. Il suo stato di salute si è deteriorato perché è stato costretto per un anno e mezzo a dormire per terra, ha problemi di stomaco e di cefalee e non può essere curato nel suo villaggio. Inoltre è lontano dalla moglie, che vive a Chengdu, e dal figlio, in età scolastica. Huang era stato arrestato nel giugno 2000 per aver creato un sito "sovversivo" che segnalava scomparsi e poi si era trasformato in un forum sulla scomparsa delle persone in mano alla polizia a causa del loro credo religioso o politico.

Pescara: manifestazione, trenta anarchici davanti al carcere

 

Il Messaggero, 6 giugno 2005

 

Danilo Cremonese e Valentina Speziale erano stati trasferiti, all’alba, in due carceri diversi ma nonostante questa novità i loro compagni anarchici non hanno cambiato programma. Il sit-in s’è fatto lo stesso, dinanzi a San Donato: dalle 14 alle 18,30 anche se all’inizio era stato chiesto e ottenuto un permesso per una manifestazione più lunga e cioè dalle 14 alle 20. E si è svolto in un’atmosfera totalmente pacifica.

Trenta persone al massimo, per lo più abruzzesi. Per lo più giovani, tra i 20 e i 30 anni. Per lo più amici e parenti di Cremonese e Speziale, finiti in cella il 27 maggio, accusati di associazione con finalità di terrorismo e propaganda sovversiva, essendo ritenuti i fondatori della cosiddetta "Cooperativa Atigiana Fuoco e affini", sigla clandestina poi federata nel cartello anarco-insurrezionale Fai (federazione anarchica informale).

Cremonese, 28 anni, originario di Manoppello, è stato condotto a Pesaro; Speziale, stessa età, pescarese, è andata a Lecce. L’operazione di trasferimento, essendo dettata da ragioni di sicurezza, è stata comunicata a familiari e avvocati solo quando era conclusa, cioè dopo che i ragazzi avevano raggiunto le loro destinazioni. Dei pescaresi finiti nell’inchiesta della Digos di Pescara (diretta da Claudio Mastromattei) e poi sviluppata in tutta Italia, solo Claudia Cospito, 36 anni, è rimasta in un carcere abruzzese, attualmente si trova a Teramo. Gli anarchici sono arrivati a San Donato alla spicciolata, qualcuno con la macchina, qualcuno con il camper, altri a piedi. Ad accoglierli c’era un folto schieramento di Polizia e più in là, su via Alento, carabinieri e polizia municipale. La porta del carcere sbarrata da un cellulare della polizia penitenziaria.

I ragazzi si sono sistemati di fronte all’ingresso principale del penitenziario. L’altoparlante è servito per amplificare il volume della musica (musica d’area ma c’erano anche le canzoni di Manu Chao) e per leggere due volte lo stesso comunicato che, nella sua brevità, ribadiva il concetto della solidarietà a tutti i detenuti e l’urgenza di cancellare l’istituzione-carcere. A 50 metri, oltre la porta del carcere, sempre su via San Donato, gli agenti, quasi tutti in borghese. Tra i due gruppi, quello degli anarchici e quello della Digos, non c’è mai stato un attimo di tensione. Attenzione, sì. Ma né slogan contro la Polizia, né pressioni di nessun genere dalla Polizia.

Due soli gli striscioni: uno, in via Alento, scritta nera su fondo bianco, con la scritta "Solidarietà ai detenuti e alle detenute. Fuoco alle galere. Liberi tutti". Uno nel luogo del sit-in, scritta bianca su fondo blu: "Dani e Vale liberi". All’interno del carcere nessuna reazione: d’altra parte a San Donato non ci sono detenuti politici, la sensibilità su questi temi è minore che in altri penitenziari.

Busto Arsizio: gli agenti in agitazione convocati dal provveditore

 

Varese News, 6 giugno 2005

 

Prosegue senza sosta la vertenza carcere aperta dagli agenti di polizia penitenziaria contro la direttrice Caterina Ciampoli. Le ultime notizie vedono la convocazione degli agenti da parte del provveditore regionale alle carceri Luigi Pagano, che li incontrerà lunedì pomeriggio a Milano. Scopo dell’incontro sarà di chiarire la situazione tesissima venutasi a creare dopo le ultime clamorose iniziative di protesta degli agenti, che, esasperati, esigono la rimozione della direttrice Ciampoli. La tensione fra direzione del carcere di via per Cassano e polizia penitenziaria non è il frutto di incomprensioni dell’ultimo momento, ma di un conflitto di principio che si trascina da anni, con la direttrice accusata dagli agenti di atteggiamenti antisindacali, oltre che di ingiustificata durezza verso gli stessi detenuti (benché non sia questo il motivo principe dello scontro). In seguito alla convocazione gli agenti hanno sospeso le assemblee sindacali previste per ieri; prima di agire attendono infatti le risposte del provveditore e dell’amministrazione penitenziaria.

Bologna: Claudio Abbado porta la musica al Pratello e alla Dozza

 

Resto del Carlino, 6 giugno 2005

 

L’Orchestra Mozart creata da Claudio Abbado a Bologna, dove ha debuttato lo scorso novembre, comincia oggi una serie di concerti d’ impegno sociale, prima della tournee vera e propria, che vedrà il Maggio Musicale Fiorentino come prima tappa fuori sede. Tre piccole formazioni cameristiche saranno impegnate in contemporanea oggi alle 11 nelle due carceri di Bologna: un trio, un quartetto e un quintetto suoneranno al carcere minorile del Pratello e alla casa circondariale della Dozza, in un concerto per detenuti e agenti penitenziari con musiche di Beethoven e di Mozart. Alle iniziative collaborano la Caritas e la Fondazione della Cassa di risparmio.

Domani, martedì, alle 20, sarà lo stesso Claudio Abbado a dirigere, nella Basilica di San Martino, il Requiem di Mozart affidato a un quartetto di solisti composto da Mariella Devia, Sara Mingardo, Jonas Kaufmann e Renè Pape, insieme all’Arnold Schoenberg Chor diretto da Ervin Ortner: questo concerto, non aperto al pubblico, è dedicato alla Caritas, ai poveri della città e ancora ai detenuti delle due carceri. Don Giovanni Nicolini, Vicario episcopale per la carità, ha ricordato, nella conferenza stampa di presentazione, "che la musica non è una cosa superflua. Certamente non è un pezzo di pane, un piatto di minestra o una coperta che ti riscaldi, ma, forse, è qualcosa di più: è un dono, una trasfigurazione del proprio io, un riposo per l’anima, che si libera di ogni tipo di catene e si libera, almeno per un po’ della fatica del vivere". L’ultimo capolavoro mozartiano, il Requiem, e la suite dal Prometeo di Luigi Nono costituiscono poi il programma ufficiale dell’Orchestra Mozart per i concerti dell’ 8 e 9 giugno all’auditorium Manzoni (ore 20), dove sabato 11 debutta poi un nuovo programma con la Sinfonia n. 33 e la Serenata Haffner di Mozart, nell’ ambito del Bologna Festival che conferma la collaborazione con le altre istituzioni musicali bolognesi.

È questo il nuovo programma che verrà presentato il 12 giugno, domenica, al Teatro alla Pergola di Firenze per il Maggio Musicale Fiorentino, nella prima uscita dell’ Orchestra Mozart dalla sua sede bolognese.

E appena due giorni dopo un terzo programma verrà eseguito prima al Manzoni e poi il giorno dopo, il 15 giugno, al Teatro comunale di Ferrara, caro al maestro Abbado (qui per tre lustri avviò la vicenda dellla residenza delle sue orchestre): l’ascolto prevede Schubert (Ouverture da Die Zauberharfe, l’Arpa magica D.644) e Mozart, con il Concerto n.3 per corno e orchestra KV.447 e la Serenata KV.320 Posthorn con l’eccellente Alessio Allegrini come solista.

E ieri sera, Carlo Maria Badini, che ha compiuto 80 anni il 2 giugno scorso, è stato al centro di una serata speciale a lui dedicata dall’Accademia Filarmonica, dove lo scorso anno ha creato, insieme a Claudio Abbado e a Fabio Roversi Monaco, l’Orchestra Mozart. La serata è stata organizzata dall’Accademia e dai suoi cento cavalieri con la Fondazione della Cassa di risparmio. Nella sala Mozart interventi sulla vita e l’attività del festeggiato si sono alternati a momenti musicali. Fra i tantissimi che hanno aderito alla serata ci sono personalità del mondo musicale, teatrale e culturale italiano, tra cui sovrintendenti dei maggiori teatri e artisti.

Eletto nel Consiglio provinciale bolognese a 26 anni, assessore alla Pubblica istruzione e Cultura dal 1951 al 1964, Badini è stato per tredici anni sovrintendente del Teatro Comunale e in seguito, per altri tredici, sovrintendente del Teatro alla Scala: è stato poi presidente nazionale dell’Agis e membro della Commissione ministeriale per la musica. Da ultimo, è riuscito a fare dell’Accademia Filarmonica, l’istituzione in cui aveva operato il mozartiano Padre Martini, la base operativa della nuova orchestra di Claudio Abbado.

Siano (SA): concluso ieri il progetto "In the shadow"

 

Quotidiano di Calabria, 6 giugno 2005

 

La voce dell’uomo canta, le sue mani creano, la sua mente riflette. Anche nei luoghi in cui mura impenetrabili ed altissime sono i confini imposti da uno sbaglio. Perché dietro le sbarre ci sono uomini. Allora si vive così, "nell’ombra", lontano dagli affetti, attendendo il momento in cui quella porta blindata si aprirà e una persona riabilitata tornerà alla società. Per questo servono risorse di professionalità e sensibilità, perché la detenzione non è solo pena, ma anche rieducazione, perché si esca "dall’ombra" a testa alta. Ed è necessario che all’interno di un istituto di pena, fra gli interventi trattamentali a favore della popolazione detenuta, esista un mezzo di valorizzazione e stimolo di ogni forma di creatività e di espressione di ogni sommersa esperienza individuale.

A Catanzaro questo mezzo si chiama progetto "In the shadow", ed è realizzato dalla direzione della Casa Circondariale "Siano", di concerto con la scuola media "Vivaldi". "Non solo alfabetizzazione e possibilità di conseguire un titolo di studio spendibile ­ ha spiegato il coordinatore responsabile del Ctp (Centro territoriale permanente) e dirigente della "Vivaldi" Vitaliano Rotundo - : il progetto, che ha coinvolto alcuni detenuti appartenenti al circuito "Alta sicurezza", mira ad un percorso formativo anche professionale attraverso laboratori di ceramica, falegnameria e restauro, d’arte e di grafica".

Per la manifestazione conclusiva, tenutasi ieri presso la sala teatro del carcere cittadino, erano presenti oltre i docenti coinvolti nel progetto, anche autorità ecclesiastiche, scolastiche e dell’amministrazione penitenziaria fra cui l’Arcivescovo metropolita monsignor Antonio Ciliberti, il dirigente scolastico della "Vivaldi" Vitaliano Rotundo, quello dell’Istituto per geometri "Petrucci" Francesco Priolo, nonché il direttore della Casa circondariale, Agazio Mellace, e il comandante della polizia penitenziaria, Nazareno Iannello. La manifestazione ha preso inizio con un recital di versi e canzoni, tutto curato dagli ospiti della struttura, come l’esposizione delle opere di pregevole fattura e di grande espressività artistica e comunicativa dagli stessi realizzate.

"Ci sono state difficoltà, superate insieme ­ ha dichiarato Mellace ­ c’è stato impegno. Il progetto non è concluso: è in continua evoluzione e il fine è fare in modo che ognuno abbia un progetto di vita". Monsignor Ciliberti ha inoltre sottolineato come ogni uomo sia l’incarnazione storica di un atto eterno dell’amore di Dio, e porti dentro di sé una grande ricchezza: "Lavorare insieme ­ ha detto - ritengo che sia davvero la formula più efficace per poter concretizzare la propria dimensione. E la Chiesa, con cuore di madre è disponibile sempre a dare la possibilità di completare, attraverso la spiritualità, la ricchezza integrale della propria personalità".

Napoli: criminalità; più arresti, ma dilagano rapine e scippi

 

Il Mattino, 6 giugno 2005

 

La città nella morsa della microcriminalità. Non si ferma l’ondata di episodi inquietanti che segnalano come il fenomeno dei cosiddetti "reati di strada" sia quanto mai attivo. Non c’è quartiere che faccia eccezione. Non esistono zone franche: Vomero, Chiaia e Posillipo non sono più oasi felici ma terra di conquista per le scorrerie dei nuovi predoni. Anche quella di ieri è stata una giornata nera sul fronte di scippi e rapine. Torna in azione la banda del Rolex e miete nuove vittime. Almeno otto i casi: da Capodichino ai Gradoni di Chiaia, da via Salvator Rosa a via Chiatamone. Venerdì sera gli scippatori sono entrati in azione perfino nella centralissima piazza Trieste e Trento: e a farne le spese sono stati due turisti, uno di Genova e l’altro di Roma, rapinati dei loro preziosi orologi. In entrambi i casi i delinquenti sono giunti a bordo di un ciclomotore, scippando gli orologi e scappando poi nel dedalo dei vicoli dei Quartieri Spagnoli.

Sempre più aggressiva, audace e purtroppo sempre più violenta, la microcriminalità scatena dunque una nuova offensiva; e lo fa anche nelle zone più presidiate dalle forze dell’ordine. Venerdì sera, nel corso del comitato per l’ordine pubblico convocato dal prefetto Renato Profili, è emerso un dato che fa riflettere e che meglio offre il quadro della situazione della città sempre violenta; una città nella quale il numero dei reati aumenta in maniera esponenziale. Basta dare uno sguardo agli arresti eseguiti tra Napoli e provincia: 5542 dall’inizio dell’anno a maggio. Il dato si riferisce al totale degli arresti eseguiti da polizia e carabinieri e comprende sia l’esecuzione in flagranza di reato che quella di provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria. Analizzando questi numeri emerge un netto aumento degli arresti, rispetto ad un anno fa. I dati sono relativi ai primi mesi del 2005 e, raffrontati con quelli di un anno fa, attestano un consistente incremento degli arresti eseguiti. Ma procediamo con ordine. L’attività della polizia si riferisce al primo quadrimestre dell’anno e conta 1700 arresti portati a termine tra Napoli e provincia (1150 quelli relativi al capoluogo).

Dalle analisi elaborate in Questura arriva una conferma importante: la grande maggioranza degli arresti eseguiti in flagranza riguarda proprio reati di strada. Unica nota positiva: il leggero decremento dei furti. Aumenta invece il numero degli omicidi, ma è chiaro che la circostanza è dovuta ad un periodo caratterizzato dalla violenta faida di camorra combattuta a Secondigliano e Scampia tra il clan Di lauro e i cosiddetti "scissionisti". Passiamo ai dati forniti dall’Arma (aggiornati fino a maggio 2005). Tra città e provincia i carabinieri hanno portato a termine 3842 arresti (1221 dei quali a Napoli, con un incremento del 27 per cento in più rispetto ai primi cinque mesi dello scorso anno). Anche i dati dell’Arma indicano una forte incidenza dei cosiddetti reati di strada e confermano anche un incremento (4 per cento) delle rapine, mentre registrano una leggera flessione degli scippi. Da gennaio ad aprile sono stati eseguiti 870 arresti per rapina nella sola città di Napoli. Ma è chiaro che il fenomeno va visto come la cima di un iceberg, perché si riferisce solo ai casi denunciati.

I grandi numeri finiti sul tavolo del prefetto sembrano stridere tuttavia con un contesto caratterizzato dall’offensiva della microcriminalità sempre più scatenata, e con quella percezione di sicurezza che sembra di giorno in giorno mancare sempre più tra la gente. A fronte di un impegno indiscutibile che va riconosciuto alle forze dell’ordine e alla magistratura inquirente, qualcosa si inceppa inevitabilmente nel meccanismo che dovrebbe garantire la certezza della pena.

Dalla Questura emerge la conferma di un dato che fa discutere: solo il 30 per cento delle persone che vengono arrestate in flagranza di reato resta in carcere, in conseguenza di un farraginoso iter giudiziario che - come sostengono gli stessi magistrati - meriterebbe di essere aggiornato se si vogliono evitare i paradossi. Uno per tutti: ai "Falchi" è capitato di arrestare per lo stesso reato la stessa persona tre volte in un solo mese. Giuseppe Crimaldi

Como: grandi pesisti al Bassone, prove di Power Lifting

 

Provincia di Como, 6 giugno 2005

 

Un’ottima partecipazione di atleti - una cinquantina - e di appassionati - quasi un centinaio - a una manifestazione che è ormai divenuta un imperdibile appuntamento annuale. Ottimi risultati agonistici e una buona atmosfera, a conferma della buona integrazione raggiunta con gli extracomunitari. Ha riscosso un notevole successo la mattinata di sollevamento pesi (Power Lifting) organizzata ieri, dalle 9 alle 13, nell’auditorium della casa circondariale del Bassone dalla direzione del carcere in collaborazione con la Federazione Power Lifting.

Si sono esibiti cinque detenuti per sezione alla presenza di tre giudici ufficiali, il presidente della Power Lifting Ivano Bianchi e i consiglieri nazionali Marco Bosco e Abramo Pasinato, del coordinatore degli educatori, il dottor Mauro Imperiale, e dell’ispettore comandante della Polizia penitenziaria Carmine Sala. Due le sessioni in gara, una per i detenuti comuni e una per quelli sottoposti a circuiti di alta sorveglianza.

Questi i vincitori di ogni categoria. Categoria Power 40 primo Michele Condoluci, cat. Kg 60 Michele Scicchitano, cat. Kg 67,500 Louter Adil, cat. 75 Kg Samaka Mohamed, cat. 82,5 Kg Radouan Khalid, cat. 90 kg Kiber Eduard, cat. Kg 100 Giampaolo Agrati che si è anche distinto nell’organizzazione dell’evento sportivo. Nella seconda sezione, riservata ai detenuti sottoposti a circuiti di alta sorveglianza, successi di Giovanni Scalera e di Kaddaumi Mohamed. Dopo le gare, la consegna di coppe e medaglie. "Questa manifestazione è stato un successo doppio: dal punto di vista sportivo e da quello dell’integrazione con i detenuti extracomunitari" ha commentato soddisfatto il dottor Mauro Imperiale. Andrea Cavalcanti

Venezia: Tiozzo, l’uomo che riesce a far cantare i detenuti

 

Il Gazzettino, 6 giugno 2005

 

"È un coro alla buona: c’è un turn over troppo alto per riuscire a creare un gruppo polifonico. I requisiti? Basta non essere stonati". Portare allegria e speranza ai detenuti. Il 63enne Giorgio Tiozzo fa parte dell’esercito dei volontari che dedicano parte del proprio tempo libero ai carcerati. Ingegnere elettrotecnico, fino allo scorso dicembre Tiozzo ha lavorato come direttore aggiunto alle assicurazioni generali. Da cinque anni fa attività di volontariato nel carcere maschile dì Santa Maria Maggiore.

 

Tiozzo, come è nata questa scelta?

"Essendo credente, l’ho fatto per motivazioni religiose e umane. E visto che la mia passione è la musica, mi sono proposto al sacerdote che è assistente spirituale in carcere, don Antonio Biancotto, di preparare i carcerati per la messa della domenica".

 

La sua passione per la musica a quando risale?

"Amo la musica da sempre. Fino ai 18 anni ho studiato violino e pianoforte, poi ho dovuto lasciare quando mi sono iscritto all’Università. Da quando sono in pensione ho ripreso un pò a suonare. Comunque, sia io che mia moglie cantiamo in diversi cori polifonici e gregoriani".

 

Nello specifico, nella casa circondariale veneziana di che cosa si occupa?

"Il mio compito è di insegnare e trasmettere il canto, la musica sacra in preparazione alla messa domenicale delle 9. La lezione si svolge ogni venerdì dalle 16 alle 17.30".

 

Com’è composto il coro?

"A una voce sola: è una cosa alla buona, non un coro vero e proprio. In realtà, nelle mie intenzioni pensavo di fare un coro polifonico ma è impossibile da realizzare. Innanzitutto perché c’è un turn over di detenuti troppo alto e secondariamente perché preferiscono uscire all’aria aperta e chiacchierare. Diciamo che il coro è di circa dieci persone, ma a volte mi capita di trovarmi da solo, oppure di preparare alcune persone e poi a messa averne davanti altre. C’è anche un chitarrista, ma pure lui cambia sempre".

 

Chi può cantare?

"I detenuti che hanno certe qualità: fondalmentalmente non devono essere stonati e devono essere interessati a cantare durante la messa. E poi non devono trovarsi in cella di isolamento o in punizione. In genere è il sacerdote che sa quali sono queste persone".

 

Che cosa le trasmettono i detenuti attraverso la musica?

"È un linguaggio universale. Quando un uomo è triste canta, quando è allegro canta comunque. La musica aiuta a capirci e ad esprimerci. In carcere ci sono tanti giovani, dai 25 ai 40 anni, tanti ragazzi sfortunati che sono dentro per qualche stupidaggine, tantissimi per essersi trovati coinvolti in un giro di droga. Tutti però sono persone normalissime, molto generose. Non sono assolutamente dei mostri, anzi".

 

E a loro che cosa pensa di trasmettere?

"Il fatto che c’è qualcuno che dà del tempo per loro. Se anch’io fossi dentro, avrei piacere che qualcuno venisse a trovarmi. Credo che per loro il poter uscire dalla cella sia una bella cosa e maggiormente avere la possibilità di parlare con qualcuno, trasmettere e ricevere sensazioni, contentezza, speranza".

 

Che effetto le fa entrare in carcere?

"Rispetto a cinque anni fa l’impatto è minore, ma non ci sia abitua mai perché già il dover essere perquisiti e passare molte porte chiuse a chiave fa impressione. Tutto sommato devo dire che a certi la prigione è servita per una propria maturazione. Non lo credevo, pensavo che la prigione fosse una cosa che abbruttisce le persone e per molti sarà così, ma per alcuni il fatto di restare soli e senza far niente per un certo periodo della vita li aiuta a maturare e comprendere i propri errori".

 

C’è bisogno di volontari?

"Sì, nel senso che più siamo e più progetti si possono fare. Ma non è facile, io ho aspettato quattro mesi perché prima hanno voluto vedere se c’erano tutti i requisiti a posto. E poi comunque ognuno deve avere la propria collocazione. È impegnativo perché ci vuole una continuità anche per dare un punto di riferimento a questi ragazzi".

 

Quanti volontari siete?

"Un gruppetto di cinque-sei persone, ognuno con le proprie mansioni. Poi ci incontriamo diverse volte all’anno per stendere per iscritto qualche idea e migliorare il nostro operato, anche se ci si scontra sempre con problemi legati al finanziamento dei progetti".

 

Per esempio, quali idee vorreste realizzare?

"Un reinserimento nella società, sia concretamente che a livello psicologico. Basti pensare che quando i detenuti escono dal carcere non sanno dove passare la prima notte: per chi è veneziano non è un problema, ma gli altri non sanno dove andare. Per questo, con la Caritas stiamo cercando di progettare una specie di casa di prima accoglienza, in cui i detenuti possano avere la sicurezza di dormire almeno la prima notte. Poi c’è bisogno di una preparazione psicologica per aiutare queste persone a inserirle nella famiglia: chi è stato in prigione magari per una decina d’anni ha difficoltà a rientrare in famiglia perché prima era abituato a stare 24 ore al giorno da solo e poi si ritrova a vivere accanto a persone che magari negli anni sono cambiate. Per finire, c’è bisogno di potenziare i corsi che vengono in carcere e assicurare la possibilità di trovare lavoro una volta usciti. Con la Cooperativa sociale Rio Terà dei Pensieri stiamo cercando di trovare sbocchi commerciali ai prodotti che vengano realizzati dai detenuti in prigione, in modo particolare per i prodotti in cuoio. Siamo convinti che ci sia bisogno di continuità e di un reinserimento pieno nella società, altrimenti i detenuti che escono dal carcere se non trovano un lavoro stabile ricadono nello stesso giro che li ha portati dentro. E allora diventa inutile il fatto che lo Stato spenda sia economicamente che in risorse umane, con l’obiettivo dì migliorare le persone, di renderli nuovi cittadini se poi questa grave lacuna non può essere in qualche modo colmata". Manuela Lamberti

Telefono Azzurro: "Infanzia e Carcere: quale incontro possibile?"

 

Vita, 6 giugno 2005

 

Convegno: Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, via Olona 6/bis dalle 9.00 alle 13.00 in sala Biancamano. A 18 anni dalla nascita, Telefono Azzurro vuole cogliere l’occasione per ripensare al passato e per progettare il futuro. Da qui l’esigenza di organizzare momenti di incontro e di riflessione per promuovere un rinnovato impegno, coinvolgendo i responsabili delle istituzioni e di tutta la società civile.

All’interno di un sistema come il carcere che, per esigenze di sicurezza e controllo, è formalmente e rigidamente amministrato e caratterizzato da specifiche norme, da una regolarità di ritmi e dall’uniformità degli atteggiamenti, è spesso difficile considerare, ma anche e soprattutto gestire e promuovere alcune dimensioni altre quali la sfera dell’affettività, il rapporto con l’esterno, la tutela di tutti quei bambini italiani e stranieri coinvolti, direttamente o indirettamente, in questa esperienza avendo un genitore e, in alcuni casi entrambi, detenuto. Il bambino che entra in carcere è peraltro un bambino che viene coinvolto in una situazione che non è sempre in grado di comprendere e che non sempre è preparato a gestire. D’altra parte, la continuità e la qualità del rapporto con il proprio genitore rappresenta un bisogno fondamentale che non può essere ignorato o negato e che deve essere il più possibile favorito e talvolta anche migliorato nell’ottica della promozione di un sano sviluppo psico-fisico ai sensi anche di quanto enunciato dalla Convenzione Internazionale sui diritti del Fanciullo. Ebbene, ecco come il mondo della promozione dei fondamentali diritti dell’infanzia di cui Telefono Azzurro è da 18 anni promotore e quello del carcere e del reinserimento in un’ottica risocializzante si incontrano in un seminario che ha l’obiettivo di riflettere sul senso del trattamento in termini di mantenimento delle relazioni familiari e di tutela dell’infanzia. Un incontro che rappresenta anche un’occasione di dialogo e riflessione tra il privato sociale, le istituzioni accademiche e della giustizia, i clinici e gli operatori del territorio, su come conciliare il rispetto dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza con i presupposti del trattamento.

 

Per informazioni:

SOS Il Telefono Azzurro Onlus

viale Monte Nero 6, 20135 Milano

tel. 02.55027214

e-mail: segreteria.organizzativa@azzurro.it

home page: http://www.azzurro.it

Dap: detenuti al lavoro per pulire sito archeologico Enna

 

Agi, 6 giugno 2005

 

Dieci detenuti del "Pagliarelli" di Palermo, 22 del carcere di Brucoli (Siracusa), quattro della casa circondariale di Piazza Armerina e due di quella di Enna: questa la "squadra" impegnata nella pulitura del sito archeologico di Morgantina in territorio di Aidone (Enna), grazie a un progetto del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) condotto in collaborazione con la Provincia regionale di Enna, la Soprintendenza ai Beni culturali e l’associazione Ampas-Sicilia soccorso di Piazza Armerina.

Il progetto è mirato al reinserimento dei detenuti nella società. Tre dei quattro reclusi di Piazza Armerina proseguiranno il lavoro nel sito archeologico sino a giovedì. Si tratta di detenuti che grazie all’articolo 21 possono svolgere attività di lavoro in esterno al carcere mentre tutti gli altri per la giornata di oggi hanno ottenuto i permessi. Alla cerimonia sono intervenuti il direttore del Dap Giovanni Tinebra, il presidente della provincia Cataldo Salerno, il questore Giorgio Iacobone e il prefetto Elda Floreno. Il pranzo ai detenuti sarà offerto dal vescovo della diocesi di Piazza Armerina Michele Pennisi.

Fossombrone: presentati due libri scritti dai detenuti

 

Corriere Adriatico, 6 giugno 2005

 

"Frammenti di vita" e "Una sfida da vincere": i titoli dei due libri presentati presso l’aula magna del polo scolastico "Donati". Gli autori, rispettivamente Carmelo Gallico e Bruno Condello (nella foto con l’assessore alla Cultura fausto Martone), sono detenuti del carcere forsempronese. Alunni del corso per i reclusi desiderano arrivare al diploma di ragioniere. Gallico, già premio Bancarella, é già pronto per l’esame di stato.

Da giovanissimo studente di prima liceo - racconta - quando allungava lo sguardo dalla finestra della scuola vedeva il carcere di fronte e pensava che quella realtà avrebbe marciato in parallelo con la sua vita. Oggi dalla finestra del carcere scorge il tetto della scuola che tante opportunità gli ha offerto. Bruno Condello, in un lontano campetto d’erba in Calabria giocava da monello a calcio con Peppe Sculli approdato in A con il Brescia. Lui aveva lo stesso sogno. I loro destini si sono separati. L’importante è rimettere insieme i frammenti e avere sempre forte la volontà di andare avanti.

Roma: Edge Festival, una rete di teatro-carcere

 

Mega Chip, 6 giugno 2005

 

Una rete per promuovere il teatro del disagio, un Edge Network. Dopo Cambridge, Londra, tocca a Roma dove il direttore dell’Edge Festival di Cambridge Matew Taylor e Donatella Massimilla, direttrice artistica dell’edizione romana concludono insieme la prima tornata europea della rassegna, un percorso di laboratori artistici nel sociale, in rapporto anche con le Università di Roma e Cambridge. I trenta e più eventi presentati al Festival romano, tra proiezioni, spettacoli, workshop aperti al pubblico, hanno coinvolto non solo un numeroso ed eterogeneo pubblico, ma anche permesso alle diverse compagnie di incontrarsi e di confrontare i reciproci lavori.

Ogni spettacolo ha fatto vibrare le corde dei sentimenti e delle emozioni, rivelando la necessità del fare teatro, la sua essenza più profonda. È qui, come diceva Artaud a proposito del teatro necessario balinese, che si arriva all’autentica radice del fare teatro, dove non c’è più spazio per le mode e gli stereotipi.

Quella che si è andata formando è una Rete dove sono valorizzati luoghi persone, che, spesso ai margini, producono arte povera ma necessaria. Se il Roma Edge Festival ha attraversato il mondo parallelo dei sordomuti, dei down, dei disabili gravi, del pianeta carcere, lo ha fatto regalando una nuova percezione sul piano anche artistico , dovuta all’impegno quotidiano e alla passione dei protagonisti. Senza è pietismo.

Lunedì la chiusura nel teatro di Rebibbia, che, come avverte Donatella Massimilla, diviene anche una simbolica apertura con lo spettacolo "Victoria Station", su testo di Harold Pinter, un testo breve e claustrofobico con soli due attori in scena: un conducente di taxi che deve andare a prendere un passeggero a Victoria Station e la gelida voce di una centralinista che gli chiede di non perdere tempo. Il tassista nel suo angusto abitacolo e "la voce" nel suo gelido ufficio comunicano solitudine e bisogno di contatto rivelando frammenti profondi di sé. Il dialogo che si crea fra i due diventa una metafora della vita stessa.

"A me interessa proporre drammaturgie contemporanee come stimolo per riflettere sulla condizione dell’uomo - spiega Donatella Massimilla -, come desiderio di trovare comunicazione tra il dentro e il fuori. Questo è un corto teatrale che può essere proposto come prologo agli spettacoli di prima serata della stagione teatrale romana dando una concreta possibilità di reinserimento lavorativo all’attore detenuto che esce dal carcere per recitare e rientra la sera".

"L’incontro con Pietro Adami, il protagonista maschile, è avvenuto in un laboratorio teatrale all’interno del nuovo complesso del carcere di Rebibbia - racconta -, mi è sembrato perfetto per questo personaggio . Avevo già rappresentato Victoria Station a Milano, al Piccolo, con due attori ex detenuti di S. Vittore. Questa è la prima volta che viene rappresentato con una donna nel ruolo della centralinista. Pinter, come Beckett e Shakespeare, sono sensazionali per il lavoro che faccio, ti riportano a riflettere sulla condizione di vivere in un tempo sospeso come quello carcerario, in condizioni di vita asfittiche. Vorremmo anche, noi del Cetec, proporre questo lavoro come radiodramma, il primo di una serie di lavori pensati per gli attori che vivono o hanno vissuto in carcere".

Roma: la pellicola "Belli come il sole" torna a Rebibbia

 

Redattore Sociale, 6 giugno 2005

 

Verrà proiettato domani, presso la sezione maschile "Rebibbia Nuovo Complesso", il film "Il ritorno del Monnezza", di Carlo Vanzina. La proiezione avverrà alla presenza degli attori Claudio Amendola ed Enzo Salvi.

L’evento rientra nella campagna "Belli come il sole", organizzata dall’Associazione "Il Pavone" allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul poco conosciuto problema dei bambini costretti in carcere fino a 3 anni con le loro madri; alla attività di sensibilizzazione è abbinata una raccolta fondi per realizzare progetti concreti finalizzati a fare in modo che i bambini non varchino più le porte del carcere. I fondi raccolti saranno interamente devoluti a progetti che mirano al reinserimento delle madri nella società civile, ma soprattutto al supporto di case-famiglia già operanti sul territorio nonché alla creazione di strutture alternative al carcere che possano accogliere i bambini attualmente reclusi.

Per condividere con i detenuti momenti di svago e al tempo stesso di riflessione su questo problema, "Belli come il sole" entra per la terza volta a Rebibbia (dopo i due spettacoli di teatro - cinema - musica - cabaret del 10 Gennaio e 21 Febbraio scorsi). Stavolta saranno proprio Claudio Amendola ed Enzo Salvi i mattatori della giornata; "in particolare - affermano gli organizzatori - il primo è sempre stato percepito dai romani (quindi anche dai romani detenuti) come un personaggio pubblico, ricco e famoso si, ma che non ha mai rinnegato le sue radici e le sue amicizie "popolari". Per questo motivo saprà trasmettere ai detenuti la solidarietà per loro e quella per le madri che a poca distanza dal luogo dell’evento sono costrette a crescere dietro le sbarre i propri piccoli. Perché un altro mondo è possibile! Un mondo in cui la libertà sia un diritto di tutti i bambini. Un mondo in cui non esistano cittadini condannati dalla nascita".

Potenza: protocollo tra Conferenza Volontariato Giustizia e Prap

 

Comunicato stampa, 6 giugno 2005

 

È stato firmato il 3 giugno scorso a Potenza il Protocollo d’Intesa tra Conferenza Regionale Volontariato Giustizia della Basilicata, Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e Centro per la Giustizia Minorile per la Campania e la Basilicata.

Nel documento, che ufficializza il rapporto tra Volontariato e Ministero della Giustizia in Basilicata, viene riconosciuto alla Conferenza Regionale il ruolo di rappresentante delle Associazioni che da anni operano nel settore della giustizia in territorio lucano, a titolo di volontariato; si ufficializzano prospettive di collaborazione dove il Volontariato sia considerato protagonista a pari dignità con l’Amministrazione della Giustizia e le Autonomie Locali, sia per quanto riguarda la definizione di strategie per la promozione del reinserimento sociale delle persone entrate nel circuito penale, sia per quanto concerne l’ambito della progettualità nelle attività trattamentali da realizzarsi all’interno degli Istituti penitenziari, con riferimento alla Comunità esterna.

Il Protocollo, poi, auspica la costituzione di gruppi di studio per la formulazione di progetti a gestione integrata tra Conferenza, Ufficio dell’Esecuzione Penale Esterna e servizi Minorili Lucani. Di fatto, attraverso questo documento, i firmatari non hanno fatto che formalizzare un percorso di collaborazione già iniziato nei primi mesi del 2005. Sulla base del Protocollo d’Intesa tra Ministero della Giustizia e Regione Basilicata (del 22 ottobre 2004), infatti, la Conferenza ha proposto di iniziare una collaborazione con il Ministero e la Regione stessa, volta a individuare le strategie più efficaci per realizzare sul territorio lucano inserimenti lavorativi di persone (adulti e minori) entrate nel circuito penale e attualmente in misura alternativa alla detenzione. Il risultato di due mesi di lavoro tra volontari e operatori dell’Amministrazione Penitenziaria e dei Servizi Minorili è un documento articolato da presentare, nei prossimi giorni, all’Assessore regionale alla Solidarietà Sociale: vengono richiesti dei finanziamenti per la realizzazione di tirocini formativi che favoriscano l’entrata delle persone nel mondo del lavoro. Si darà notizia dell’esito di questo lavoro dopo l’estate. La Conferenza Regionale della Basilicata sta anche aprendo il suo sito Internet: appena pronto sarà messo in rete e, anche di questo, ne sarà data informazione il prima possibile.

Per ora, è alta la soddisfazione tra i membri della Conferenza lucana per questo primo atto ufficiale della sua storia: costituitasi nel marzo 2004, conta attualmente otto Associazioni membri. La speranza è quella di continuare a lavorare e ad essere propositivi in regione, espressione di una società civile accogliente e attenta a far evolvere la cultura della legalità e della difesa della dignità di ogni persona.

 

 

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