Rassegna stampa 30 giugno

 

Giustizia: su riforma ordinamento Castelli pronto alla fiducia

 

Il Sole 24 Ore, 30 giugno 2005

 

Il Presidente della Repubblica aveva rinviato alle Camere il testo di riforma del sistema giudiziario il 16 dicembre 2004 perché ritenuto in contrasto con gli articoli della Costituzione sull’autonomia della magistratura. Il Senato, dopo sei mesi di discussione con l’opposizione ma anche all’interno della stessa maggioranza, è intervenuto sui quattro punti segnalati da Carlo Azeglio Ciampi. il nuovo testo approvato dovrà ora passare alla Camera, e a Montecitorio il Governo potrebbe far ricorso alla questione di fiducia in modo da eliminare possibili nuovi interventi, voluti da An e Udc. La nuova versione conferma l’impianto originale della riforma, con la separazione delle funzioni di giudici e pm, concorsi per la carriera interna e colloqui psico-attitudinali.

Quattro i punti sui quali erano state rintracciate tracce di incostituzionalità. Il testo precedente prevedeva una comunicazione annuale del Guardasigilli alle Camere sulle linee di politica giudiziaria del Governo, giudicato dal Capo del Stato non in linea con la Costituzione. Con le modifiche del Senato, il Ministro presenta una relazione sui programmi legislativi del Governo in materia di giustizia ma questa viene considerata solo un’anticipazione delle leggi e delle riforme da proporre al Parlamento, senza implicazioni di politiche di indirizzo. Il Quirinale aveva espresso dubbi sul nuovo ufficio incaricato di tenere sotto controllo le requisitorie dei Pm, per verificare i casi di accertata infondatezza delle richieste punitive. Palazzo Madama, in questo caso, ha accolto pienamente l’indicazione e ha cancellato l’istituzione della struttura inizialmente prevista.

Altri rilievi sollevati dal Presidente della Repubblica erano relativi al ridimensionamento dei poteri del Csm sui concorsi. Il nuovo testo chiarisce che le assunzioni e le promozioni dei magistrati continueranno a passare per il Csm: i corsi e gli esami della nuova Scuola superiore della magistratura serviranno solo a concedere una idoneità, ma l’ultima parola sarà sempre del Consiglio superiore della magistratura.

Dubbi di costituzionalità erano stati sollevati anche sulla facoltà del Ministro di impugnare davanti al Tar le delibere del Csm riguardanti il conferimento o la proroga degli incarichi direttivi dei magistrati. Il nuovo testo sancisce che i casi di divergenza tra Csm e Ministro dovranno essere risolti dalla Corte Costituzionale, che dovrà decidere sul conflitto di attribuzione. Il Ministro avrà il potere di rivolgersi direttamente alla giustizia amministrativa solo nel caso in cui i conferimenti degli incarichi da parte del Csm presentino vizi di legittimità. All’interno del testo approvato c’è anche la cosiddetta norma anti Caselli, presentata dal relatore Luigi Bobbio (An) che, intervenendo sui tempi di entrata in vigore dei limiti di età per accedere ai superincarichi, di fatto esclude la possibilità per alcune personalità, tra cui anche l’attuale procuratore capo di Torino, dalla corsa al vertice della Procura nazionale Antimafia.

L’Anm parla di "Una giornata triste per la giustizia e per il Paese", conferma lo sciopero proclamato per il 14 luglio e definisce la riforma approvata dal Senato "un regolamento di conti, una offensiva contro la magistratura". Le toghe lamentano l’assenza di discussione e la blindatura della legge, rivendicando anche il mancato accoglimento dei rilievi di incostituzionalità mossi alla riforma non solo dall’Anm, ma anche dal capo dello Stato, preoccupato di intromissioni del potere politico nell’azione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati auspica che la Camera voglia approfondire i temi ed esaminare le proposte che la stessa Anm ha formulato. Secondo Virginio Rognoni, vice presidente del Csm "I richiami di Ciampi, per cui la legge fu inviata al parlamento, sono stati elusi. Questo è un errore, anche dal punto di vista politico".

Per Francesco Saverio Borrelli "Ciò che i magistrati stanno pagando è l’operazione Mani pulite e in generale la linea di severità assunta nei confronti di determinati reati di colletti bianchi". Ettore Randazzo, Presidente delle Camere Penali parla di "riforma mortificante".

Il diessino Giuseppe Ayala si dice certo dell’introduzione di modifiche alla Camera e quindi della necessità di un ritorno del testo al Senato. Ma il Ministro Castelli è pronto a scommettere il contrario e non esclude il ricorso al voto di fiducia a Montecitorio. An e Udc però non sembrano disposte a rinunciare alle modifiche che hanno proposto.

La destra sociale del Ministro Alemanno continuerà a combattere alla Camera la sua battaglia. Il senatore Roberto Salerno lo dice chiaramente: l’emendamento battezzato taglia-concorsi, presentato da alcuni esponenti di An e bocciato dall’assemblea del Senato, potrà essere riproposto a Montecitorio, presentato da Cirielli, il deputato padre della legge sulle prescrizioni che ritirò la sua firma quando vi fu inserita la norma "salva-Previti". E a questo punto in Senato l’attenzione si sposta proprio sulla legge ex Cirielli, che, oltre all’aumento delle pene per i recidivi, prevede anche una drastica riduzione dei tempi di prescrizione. Il centrosinistra sostiene la tesi di uno scambio scellerato pattuito nella maggioranza, con un accordo per il via libera all’ordinamento giudiziario in cambio di nessun mal di pancia sulla ex Cirielli, tanto cara a Forza Italia.

L’approvazione del Senato alla riforma, secondo Nando Dalla Chiesa, senatore della Margherita, "per Governo e maggioranza è una vittoria di Pirro che diventerà sconfitta lungo un percorso accidentato: Camera dei Deputati, Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale e infine il giudizio di magistrati, avvocati e cittadini".

Massimo Brutti, Ds, lo definisce "un testo sbagliato, ingiusto, destinato ad aggravare la crisi di efficienza della giustizia italiana oltre che a comprimere l’indipendenza e l’autonomia della magistratura". Renato Schifani, presidente dei deputati di Forza Italia, ribatte: "La sinistra avrebbe criticato qualunque legge. E questa invece è una buona legge, che risponde alle esigenze dei cittadini e rispetta gli impegni assunti dal governo. Spero che i magistrati la apprezzino e non la contestino". Luigi Bobbio, An, relatore, sottolinea che la riforma "trova il suo più grande pregio nel fatto d’essere stata realizzata dopo sessant’anni di vigenza dell’attuale testo dell’ordinamento giudiziario che la stessa Costituzione dichiara da adeguare ai principi fondamentali dalla stessa dettati". E se Ciampi non firmerà per la seconda volta? Il Ministro Castelli la definisce un’ipotesi "fantascientifica".

Giustizia: quei giornalisti che aizzano l’opinione pubblica

di Livia Rossi (Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma)

 

Il Messaggero, 30 giugno 2005

 

È sempre più frequente, in occasione di efferati eventi di cronaca, leggere articoli giornalistici che aizzano l’opinione pubblica contro il presunto buonismo dell’Autorità Giudiziaria, che consentirebbe a pericolosi criminali di andare in giro indisturbati anziché rimanere ristretti nelle patrie galere. È ciò che è accaduto anche di recente in occasione del duplice omicidio commesso da un pregiudicato resosi responsabile - circa 30 anni or sono - di un orribile analogo delitto di cui si parlò molto sulle cronache e al quale, da poco, era stata concessa la semilibertà.

L’ampio risalto dato all’episodio dagli organi d’informazione tendeva, più che ad interrogarsi sulle motivazioni e le dinamiche del delitto, a gettare la croce addosso al Tribunale di Sorveglianza che aveva concesso la misura alternativa alla detenzione ad un ergastolano. Nessuno ha inteso evidenziare la circostanza che è la legge stessa a prevedere - ricorrendo determinati presupposti - che anche colui che sia incorso in una pesante condanna, trascorso un determinato numero di anni, possa usufruire di misure alternative. Nessuno ha del pari inteso evidenziare - nel caso di specie - che il soggetto in questione, pur resosi responsabile di uno dei più orribili delitti che le nostre cronache giudiziarie ricordino, è pur sempre, nel nostro Paese, tra i pochi condannati - compresi terroristi e mafiosi - ad aver scontato trenta anni effettivi di pena detentiva.

Ferma restando l’esigenza dell’effettività della pena, che nessuno intende contestare, resta il fatto che la superficialità e la disinformazione con cui vengono diffuse dagli organi preposti le notizie aventi ad oggetto la cronaca e la politica giudiziaria destano spesso vero allarme e altro non fanno se non esasperare ulteriormente la già provata tolleranza dell’opinione pubblica. Un’analisi costruttiva del problema criminalità imporrebbe piuttosto un serio esame di tutte le disfunzioni che affliggono il mondo carcerario (dal sovraffollamento alla carenza di strutture di supporto a livello medico, psicologico, sociologico, educativo, culturale ecc.) e che, di fatto, svuotano di significato le pur vigenti disposizioni previste dall’Ordinamento Penitenziario tese, sulla carta, al recupero del condannato così come previsto dalla nostra Costituzione. Perché spesso si dimentica che la pena non è sterile retribuzione, è previsto che essa abbia un fine ed un’utilità sociale: la prevenzione.

Verona: giornalisti in carcere, non solo per una sfida calcistica

 

L’Arena di Verona, 30 giugno 2005

 

Quando Sebastien, l’omone che fischia, nero, simpatico, truce il giusto, come dev’essere un arbitro, dice ch’è finita, i ragazzi di qui alzano le braccia. "Abbiamo vinto" ci dicono. "però, voi dovete tornare, vi diamo la rivincita...". Una stretta di mano, "...ok, sarà rivincita, promesso". Anche Sebastien, cerca la stretta di mano. E a chi chiede un rigore clamoroso, volutamente ignorato, risponde con un sorriso e una strizzatina d’occhio. "Tranquilli, ho visto bene, io non ho bisogno di moviola...". Si ride, si scherza. Qualcuno dei ragazzi ci promette di inviare uno scritto, una poesia, "...perché qui la vita non passa mai e c’è tanto tempo per pensare".

I "ragazzi di qui", sono i detenuti del carcere di Montorio, che la Rappresentativa Giornalisti di Verona è andata a trovare. Un’esperienza molto intensa, un pomeriggio che ci ha regalato sensazioni inattese. Maurizio Ruzzenenti, instancabile animatore di mille iniziative (questa, rientra nel Progetto Carcere 663, col Csi), ci aspetta all’ingresso. "I documenti sono in regola". Si entra, dopo il primo stop. Fa uno strano effetto, anche il silenzio ha un rumore diverso. "Gli spogliatoi? Vi avvertiamo, non c’è la doccia e vi dovete togliere tutto, catene, anelli, braccialetti...".

Controlli severissimi. Ecco lo spogliatoio, c’è un’aria strana, non è né può essere, quella solita di un prepartita. Questa non è una partita come un’altra. "Ho messo in piedi una rappresentativa italiana e una straniera" spiega Ruzzenenti. Ecco il campo. Poca erba, molta sabbia, qualche sasso. Ecco gli "avversari". Maglie diverse, chi ha quella della Juve, chi quella del Milan. C’è tempo per una foto, "...non potete farla con loro" ci dicono. Peccato. Poi Sebastien fischia.

"Venite qui" chiama a centrocampo. "Io sono l’arbitro, per favore non protestate...". Si comincia. Anche giocare è difficile. Giocare con ragazzi e uomini come noi, rinchiusi chissà per quanto. "Molti di noi hanno sbagliato, ma qualcuno di noi paga anche colpe non sue..." ci dicono. "E poi, si vive in condizioni precarie, non c’è spazio per tutti questi ragazzi. Basta guardare il campo, per capirlo...". Già, è un carcere per 400, ce ne sono molti di più. La partita va avanti, Sebastien fischia la fine del tempo, con gli stranieri è finita 0-0. "Tocca a voi" urla Sebastien.

Non c’è tempo da perdere, il programma è severo. Con gli italiani ci va male, becchiamo 3-2, ma non è importante. Anzi. Il gioco è l’ultimo dei nostri pensieri. E se serve a dare un minimo di allegria a questi ragazzi, beh, decisamente meglio perdere. Quando Sebastien fischia tre volte strizzando l’occhio, è finita davvero. "Rigore? Ma siete matti?". Ci si abbraccia. I "ragazzi di qui" ci consegnano alcuni souvenir. Un pallone bianco, dei portachiave, dei libri. Forse avrebbero tante cose da dire e vorrebbero parlarci a lungo. Maurizio Ruzzenenti ci accompagna dal responsabile della Polizia penitenziaria, Luca Bontempo.

"Vi ringrazio della vostra presenza. Un segno importante per i detenuti, ma anche per la Polizia penitenziaria" osserva. "Tante volte si pensa al carcere soltanto come a un luogo per espiare delle colpe. Ma c’è anche chi, come noi, qui ci vive e a volte può sentirsi un po' dimenticato. Grazie se vorrete portare all’esterno questi pensieri. Vi aspetto ancora". Ce ne andiamo. Da una finestrella, lassù in alto, si sporge una mano. Un richiamo. "Tornate, ricordatevi la rivincita...". Già, promesso. Torneremo.

Verona: indagati responsabili "Progetto Integrazione Rom"

 

Redattore Sociale, 30 giugno 2005

 

È scattato stamattina il blitz dei Carabinieri che ha portato alla custodia cautelare in carcere di 8 rumeni della comunità dei rom per sfruttamento della prostituzione minorile e spaccio di droga e 6 italiani per violenza su minori. In un’indagine parallela dell’Arma sono finiti agli arresti domiciliari i 2 responsabili dei progetti sociali nei due campi nomadi in questione. L’accusa: concussione, in cambio di posti letto e contratti di lavoro. I progetti, patrocinati dal comune di Verona, erano gestiti da Comunità dei Giovani e Istituto Don Calabria. Abbiamo intervistato sulla versione dei fatti Luca Piccotti, presidente della Comunità dei Giovani.

 

Presidente, partiamo dalla storia del Progetto Integrazione Rom. Quando sono nati i due campi e in quale contesto avete lavorato fino ad oggi?

"Guardi la nostra storia è davvero sintomatica delle forze popolari e politiche che si muovono sul territorio veronese. Partiamo dalle elezioni comunali del 2002, vinte da uno schieramento di centro-sinistra in una città tradizionalmente di centro-destra con una forte componente leghista. La nuova giunta appoggiò subito il progetto per l’integrazione di una forte comunità rom che si trovava sul nostro territorio in situazione di diffusa illegalità e forte marginalità. I rom erano mal visti da una serie di forze politiche: la Lega in primis, Alleanza Nazionale e la sinistra estrema dei centri sociali. L’amministrazione si fece carico dell’emergenza e affidò a noi l’incarico di sviluppare un progetto di recupero e integrazione sociale. Abbiamo lavorato fino ad oggi nei due campi, dove sono ospitate circa 300 persone, favorendo la scolarizzazione dei bambini, la garanzia di condizioni igienico-sanitarie, l’integrazione lavorativa, il supporto alla maternità, la sistemazione abitativa e la graduale autonomia".

 

Voi avete gestito i due campi fino ad oggi. Non avete mai ravvisato episodi criminosi che potessero far pensare alla rete di pedofilia smascherata con questo blitz dei carabinieri?

"Vede, chi lavora nel sociale sa che le situazioni di estrema marginalità si accompagnano spesso a situazioni criminose, e i nostri campi evidentemente non fanno da eccezione. Ravvisammo noi stessi possibili episodi criminosi, che lasciavano pensare ai reati emersi in questa indagine, e fummo noi stessi, alcuni mesi fa, che comunicammo le nostre preoccupazioni alle forze dell’Ordine, con le quali siamo stati costantemente in contatto in tutto questo tempo, come da progetto. È dalla nostra segnalazione che è nata l’indagine".

 

Indagine che tuttavia ha condotto anche agli arresti domiciliari per concussione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dei due responsabili dei progetti. Cosa ha da dire circa queste accuse?

"Intanto che se avessimo avuto le mani sporche è evidente che non avremmo mai segnalato gli episodi che sopra le dicevo alle forze dell’Ordine. Per quanto riguarda l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina lei sa che si tratta di un rischio messo in conto da chi lavora nel terzo settore e che viene in contatto con percorsi migratori di estrema marginalità. Dopotutto per incorrere in questo reato è sufficiente non denunciare una persona irregolarmente soggiornante nel nostro paese….Per quanto riguarda l’accusa di concussione c’è da dire in primo luogo che questo reato può essere notificato solamente ad un pubblico ufficiale e che i nostri responsabili non ricoprono tale ruolo nei nostri progetti e pertanto non possono essere accusati di un reato che formalmente non possono compiere. Inoltre a garanzia della nostra buona fede ci sono i registri dei nominativi delle persone in carico al progetto, che periodicamente spedivamo al Comune e alle forze dell’ordine. Questi elenchi provano che non c’è stato scambio di denaro per vendere posti letto né per concedere contratti di lavoro o permessi di soggiorno. Gli unici spostamenti di persone che abbiamo fatto, e registrato, sono stati decisi in base al percorso delle singole persone nel progetto. Insomma escludo che gli operatori abbiano accettato denaro per alcuno dei servizi. Lo escludo sulla base di un rapporto di piena fiducia tra di noi e sulla base di una serie di prove evidenti che dicono il contrario. Ho fiducia che la magistratura farà chiarezza in questa vicenda".

 

Tuttavia le indagini sono chiare e le accuse parlano da sole. Il problema che si pone a questo punto è il seguente. Se lei esclude il reato, da dove sono partite le denunce? Questa inchiesta avrebbe la valenza di una ritorsione di qualche vecchio utente? O piuttosto un movente politico?

"È chiaro che questo è il vero problema. I Carabinieri non hanno parlato di denunce personali, ma di intercettazioni telefoniche che avrebbero dato una svolta all’indagine. Io potrei dirle tutto e niente, perché non ho abbastanza elementi e vedo poco chiaro anch’io nella vicenda. Certo non escluderei una vendetta di vecchi utenti allontanati dai nostri servizi in passato. Né posso negare il fatto che dalla loro apertura i nostri progetti non sono mai stati ben accetti dalla classe politica locale, oltre che da uno strato della popolazione. E lei capisce che l’intera faccenda ha conseguenze immediatamente politiche, screditando il nostro progetto e l’amministrazione stessa, che tanto ci ha sostenuto. Soprattutto sono preoccupato per lo schiacciamento delle dimensioni dell’indagine sopra un unico livello. Si sta facendo commistione tra le accuse di pedofilia, spaccio, sfruttamento della prostituzione minorile e concussione. Finisce tutto dentro uno stesso calderone e noi sembriamo stare dietro a tutta la vicenda. Una vicenda che, vale la pena ricordarlo, fummo noi per primi a denunciare alle autorità". Gabriele Del Grande

Verona: il Cestim è solidale con gli operatori indagati

 

Comunicato stampa, 30 giugno 2005

 

Il Cestim manifesta sconcerto per il modo in cui si sta diffondendo la notizia dell’operazione antipedofilia conclusasi oggi nel veronese. Ritiene inaccettabile e vergognosa l’equivoca attribuzione mediatica di responsabilità ad alcuni operatori dei servizi sociali e degli enti convenzionati con il Comune.

Operatori che il Cestim sa da anni impegnati con onestà, generosità, intelligenza e competenza in progetti per i Rom rumeni che vanno nella direzione esattamente contraria a quella di un’accusa infamante che comunque non li può riguardare nella maniera più assoluta. Quanto al reato di concussione che verrebbe loro imputato, nel Cestim si è convinti che si basa su riscontri che all’esame approfondito della magistratura risulteranno del tutto privi di fondamento. Alla Giunta comunale che giustamente si dichiarerà parte offesa, ai servizi sociali del Comune, al Don Calabria e alla Comunità dei Giovani, il Cestim esprime tutta la sua solidarietà, condividendo l’amarezza del momento.

 

Cestim - Centro Studi Immigrazione onlus

via S. Michele alla Porta 3 - 37121 Verona

Tel. 045.8011032 - fax 045.8035075

info@cestim.org - www.cestim.it

Verona: operatori non c’entrano con operazione antipedofilia

 

Comunicato stampa, 30 giugno 2005

 

La Comunità dei Giovani Onlus e il Centro Polifunzionale Don Calabria in relazione all’operazione "Gagio", portata a termine oggi dal Comando provinciale dei carabinieri di Verona e dalla polizia municipale che riguarda presunti reati di pedofilia, sfruttamento della prostituzione minorile, spaccio di sostanze stupefacenti all’interno dei campi rom di Boscomantico e Monsuà, vogliono mettere in evidenza:

che le accuse di presunta concussione rivolte agli operatori delle due onlus nulla hanno a che fare con la notizia relativa ai pesantissimi reati che ha portato all’arresto di quindici persone; non esiste infatti nelle ipotesi della magistratura, alcuna relazione tra i vari reati che riguardano fenomeni che le due onlus proprio all’interno del progetto Rom combattono da sempre e, anzi, aiutano a monitorare

che gli operatori dei due campi rom hanno sempre collaborato con le forze dell’ordine e con le istituzioni per prevenire ed evitare che fenomeni di questo genere trovassero sedimento nella città, attraverso una serie di azioni (inserimento di giovani nel mondo del lavoro, di bambini e ragazzi nel mondo della scuola)

che è proprio in situazioni di degrado estremo che può trovare terreno fertile quell’alleanza tra soggetti, come gli arrestati per reati sessuali e di violenza contro i minori ( in questo caso otto cittadini veronesi, tra questi alcuni già pregiudicati per reati che vanno dalla pedofilia alla detenzione di materiale pedopornografico) e i genitori di adolescenti che vivono in una condizione di pesante compromissione morale.

la trasparenza e la capacità professionale degli operatori coinvolti, nei confronti dei quali la fiducia della Comunità dei Giovani e del Centro Polifunzionale Don Calabria è rimasta intatta. A loro la solidarietà dei colleghi e dei responsabili delle Onlus che condividono quotidianamente il loro impegno in situazioni sociali di frontiera com’è quella della gestione dei campi rom.

Ovviante ci dichiariamo fin da ora disponibili a collaborare in tutti modi con la magistratura perché il nostro lavoro possa risultare il più trasparente possibile. Per chiarire meglio ogni cosa vi invitiamo alla conferenza stampa che si terrà domani, venerdì 1° luglio, alle ore 11.30, presso il centro polifunzionale don Calabria, in Via San Marco 121 a Verona.

 

Cooperativa Comunità dei Giovani

Centro Polifunzionale Don Calabria

Bologna: reintegrazione sociale, il lavoro nobilita il detenuto

 

Bandiera Gialla, 30 giugno 2005

 

Recentemente, presso la cappella farnese, si è svolta la premiazione del concorso letterario per detenuti intitolato "Parole scatenate". L’iniziativa è partita dal Sic (consorzio di 14 cooperative sociali), dal Comune di Bologna ed è stata sostenuta dalla Provincia di Bologna, dalla Regione Emilia Romagna e dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia. "Lo scopo è quello di rivalutare la funzione di socializzazione del sistema penitenziario, poiché è difficile diffondere una cultura della reintegrazione di coloro che commettono reati", così spiega Elisabetta Calari, coordinatrice del progetto per il Sic.

Si tratta di un concorso che rientra nell’ambito del progetto "Il profumo delle parole", grazie al quale, alcuni detenuti del carcere della Dozza hanno avuto la possibilità di lavorare nella tipografia /casa editrice nata all’interno della stessa casa circondariale. Alla premiazione erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, e la giuria del concorso, composta da Gianni Sofri (presidente del consiglio comunale) e Alessandro Castellari (Presidente Associazione culturale Italo Calvino). Iniziative del genere sono necessarie affinché il reinserimento sociale dei detenuti riduca sempre di più il numero dei recidivi. Come sostiene la Calari, infatti, "C’è un clima di tolleranza zero che rallenta e indebolisce le iniziative di reintegrazione, anche da parte delle forze politiche progressiste".

Nonostante questo però, negli ultimi anni sono nate molte iniziative nel nostro Paese in favore del reinserimento sociale del detenuto. Ciò è stato facilitato dalla legge 22 giugno 2000, n° 193, detta anche legge Smuraglia, la quale prevede sgravi fiscali per le imprese che assumono lavoratori detenuti per un periodo di tempo non inferiore ai trenta giorni o che svolgono effettivamente attività formative nei confronti dei detenuti, e in particolare dei giovani. Peraltro, come dichiara Sebastiano Ardita, Direttore dell’Ufficio Centrale Detenuti e Trattamento del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in un’intervista a www.ristretti.it, "Il lavoro svolto sinora da detenuti alle dipendenze di terzi è risultato sempre di elevata qualità, a dispetto di quanto possano pensare gli scettici".

"Grazie alla legge Smuraglia e alla politica di rilancio delle lavorazioni da parte del Dipartimento (non bisogna dimenticare che uno degli obiettivi prioritari dell’azione del DAP è proprio il rilancio del lavoro all’interno degli istituti penitenziari) c’è un certo fermento da parte del mondo imprenditoriale e cooperativistico". "Anche se - aggiunge Ardita - i fondi stanziati per le spese d’organizzazione e di svolgimento, negli istituti penitenziari, di tutte le attività inerenti l’azione rieducativa sono fortemente insufficienti".

Tanti comuni spesso definiti "chiusi e refrattari al nuovo" hanno dato una dimostrazione d’attenzione e sensibilità a un’esperienza così innovativa. Per esempio, Bergamo e molti piccoli comuni della rispettiva provincia, hanno vissuto negli anni recenti un momento di grande fermento sotto questo punto di vista. Grazie al progetto denominato "Albatros" infatti, c’è chi ha aperto panifici-scuola in cui lavorano carcerati; chi ha utilizzato la manodopera carceraria per falegnamerie industriali; chi infine ha fatto svolgere ai detenuti compiti che vanno dalla manutenzione del verde a incarichi negli uffici amministrativi.

Si possono ancora ricordare le esperienze del comune di Pisa, dove un lavoro di pazienza e di precisione come quello di sbobinare le registrazioni dei consigli comunali e provinciali è affidato ai detenuti. O quelle della cooperativa sociale Blow Up a Roma, la quale, grazie soprattutto al lavoro svolto dai detenuti, è divenuta "Centro di informatica musicale e sviluppo software" e si è consolidata nell’ambito informatico - telematico, integrando al suo interno dei soci tecnici informatici.

Insomma, le esperienze positive non mancano. Come ha affermato il Sindaco Cofferati nell’occasione della premiazione del concorso letterario di Bologna, è necessario che questi successi siano punti di partenza e non di arrivo, nella prospettiva di ampliare il raggio d’azione di iniziative di questa natura. Bisogna quindi fare ancora molto.

Forse il vero passo avanti, sul terreno del reinserimento di detenuti ed ex detenuti, sarebbe che ogni paese, ogni cittadina, ogni comunità anche piccola facesse la sua parte, riconoscendo che il carcere è parte della società e assumendo quindi qualche detenuto. Tra l’altro, l’esperienza ci insegna che proprio le piccole comunità, all’inizio forse più diffidenti perché la persona "diversa" si nota subito in luoghi nei quali ci si conosce tutti, alla fine sono quelle che adottano le persone in situazione di disagio e le curano con particolare attenzione.

Mamone: furti in carcere, dieci avvisi di garanzia ad agenti

 

L’Unione Sarda, 30 giugno 2005

 

Avrebbero messo in piedi una vera e propria organizzazione specializzata nello far sparire ogni sorta di ben di dio dalla colonia penale di Mamone: formaggi, agnelli, cuscini, coperte, legna, persino bombole di gas. Merce che almeno parzialmente sarebbe stata ritrovata in casa degli indagati nel corso di alcune perquisizioni. Con questa pesante accusa dieci guardie all’epoca dei fatti in servizio nel penitenziario che sorge tra Bitti e Onanì, sono state raggiunte da altrettanti avvisi di garanzia (tecnicamente di conclusa indagine) inviati in questi giorni dalla Procura di Nuoro. L’ipotesi di reato prospetta dal pm Maria Angela Passanisi è quella di peculato continuato, ma qualcuno degli agenti sarebbe sotto inchiesta anche per sporadici episodi di lesioni ai danni di alcuni detenuti. Il fascicolo era stato aperto nel 2001 dopo alcune segnalazioni provenienti dalla stessa amministrazione penitenziaria. All’epoca titolare dell’indagine era il pm Maria Grazia Genoese (nel frattempo trasferito ad altra sede) che dopo i primi riscontri dispose una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali che portarono poi alla raffica di perquisizioni. Dopo il blitz, nel 2002, due delle guardie indagate, un agente e un sottufficiale residenti in un paese della zona, finirono addirittura in manette (poi gli furono concessi gli arresti domiciliari).

Dopodiché dell’inchiesta non si seppe più nulla. Nei giorni scorsi la svolta, con la notifica degli avvisi di conclusa indagine ai dieci agenti e ai loro legali. Impossibile al momento sapere il valore di quanto sarebbe stato trafugato dalla colonia penale nel corso degli anni (l’ipotesi originaria infatti era che il business illegale durasse da molto tempo). Si tratterebbe comunque di quintali di merce, anche perché Mamone è forse la principale "azienda" agroalimentare della provincia. Un carcere all’aperto che si estende per centinaia di ettari in cui i detenuti, tutti soggetti che hanno riportato piccole condanne e ritenuti non socialmente pericolosi, scontano la pena lavorando nei campi o accudendo il bestiame. Un piccolo gioiello in un panorama desolante come quello dei penitenziari sardi, capace di produrre ogni anno tonnellate di carne, ortaggi e prodotti caseari, ma soprattutto di dare una chance di reinserimento a chi si trova a trascorrere parte della propria vita dietro le sbarre.

Lanusei: una nuova sede per il carcere, ok dal ministero

 

L’Unione Sarda, 30 giugno 2005

 

Sul nuovo carcere il ministero della Giustizia è rimasto ingabbiato dalle proteste. I residenti di Genna Sarritzu hanno vinto la loro battaglia. Con l’aiuto del sindaco Tonino Loddo, hanno convinto i responsabili del Dipartimento di amministrazione penitenziaria a fare marcia indietro sul rione periferico a valle della città, scelto qualche mese fa per ospitare la nuova casa circondariale da cinquanta milioni di euro e da 250 posti. la svoltaLa buona notizia per le dieci famiglie che sul quel pianoro hanno costruito villette e possiedono vigneti e frutteti a perdita d’occhio è arrivata giusto qualche giorno fa, dopo l’incontro a Roma, in ministero, tra il sindaco Tonino Loddo e l’ingegner Carmelo Cavallo. Ovviamente, il funzionario non ha ammesso apertamente il dietrofront, ma ha mostrato la disponibilità a rivedere i piani sull’area di Genna Sarritzu.

Che in concreto vuol dire che il Comune deve trovare un altro spazio. A fargli cambiare idea, nonostante soltanto nel febbraio scorso i funzionari dei ministeri della Giustizia e delle Infrastrutture, in visita a Lanusei, avessero individuato quel pianoro come destinazione ideale e ad aprile avessero chiesto al Comune la collaborazione per l’acquisizione dei terreni, le proteste dei proprietari. Meglio trovare un’altra area dove non esistano problemi di ordine pubblico, avrebbero confidato gli uomini del ministero a Tonino Loddo durante l’incontro romano.

E il sindaco ha colto la palla al balzo e ha assicurato che in tempi brevissimi, forse già prima dell’estate, per il carcere verrà pensata una soluzione alternativa, in grado di soddisfare le esigenze richieste dal dicastero e di non creare ulteriori tensioni in città. "battaglia vinta"Soddisfatti, anche perché ci speravano poco, i residenti del pianoro: "È davvero una bella notizia - fa sapere uno di loro, Pietro Boi - dobbiamo ringraziare il sindaco per la riuscita di una trattativa che ormai sembrava chiusa. Ora speriamo che non ci siano altre brutte sorprese".

A questo punto, se i residenti di Genna Sarritzu ridono, altrettanto non può permettersi di fare il Comune, che in tempi brevi anzi brevissimi (cioè entro l’estate) dovrà trovare la nuova futura sede della casa circondariale. Non è una questione di soldi che rischiano di essere perduti - si parla sempre di cinquanta milioni di euro, che però al momento non ci sono - ma di scadenze che il ministero non è più disposto a prorogare. E bisogna ripartire da capo, procedura compresa. Le alternative"Abbiamo già pensato a varie alternative, che possano rispondere a diverse esigenze - premette il sindaco Loddo -. Intanto, il carcere non dovrà essere troppo lontano dal centro abitato e al tempo stesso non dovrà gravare su abitazioni già esistenti. Poi, dovrà sorgere in una zona servita adeguatamente dalla rete stradale.

Ultimo, ma non meno importante, dovrà garantire alla città reali benefici logistici". Il fatto che la struttura verrà costruita dove non ci sono case, è evidente, terrà lontano ministero e amministrazione da sicure controversie e nuove proteste da parte di residenti. Ma per adesso le località rimangono top secret: "Posso solo dire che stiamo considerando un’area a monte della città". Stop. Inutile fare ora il toto carcere e in ogni caso si dovrà attendere ancora poco perché la scelta del Comune dovrà essere comunicata nel giro di poche settimane. Daniele Casale

Immigrazione: con i Cpt le città sono davvero più sicure?

di Giacomo Mancini, deputato dell’Unione

 

Quotidiano di Calabria, 30 giugno 2005

 

I governatori di Calabria e Puglia si sono schierati a favore della chiusura dei centri per gli immigrati. In Italia sono funzionanti dodici Cpt che, nelle intenzioni di chi li ha introdotti, dovevano essere luoghi all’interno dei quali prestare assistenza agli immigrati che sbarcavano nel nostro Paese nell’attesa di controllare la legittimità della loro permanenza in Italia.

Invece, rapidamente, sono stati trasformati in strutture di reclusione, circondate da filo spinato, all’interno delle quali sono trattenuti, per periodi che possono arrivare fino a sessanta giorni, individui nei confronti dei quali non è ipotizzata la commissione di alcun reato e che, non poche volte, hanno denunziato di subire maltrattamenti e sevizie. Per questo i presidenti di Calabria e della Puglia, nonostante appartengano a generazioni diverse, si siano formati a culture politiche differenti ed appartengano a mondi lontani, insieme hanno deciso di denunziare la negazione dei diritti individuali nei confronti degli immigrati che vengono rinchiusi nei Cpt.

Le critiche contro tali strutture sono condivise da gran parte del mondo politico. L’anno scorso è insorta la regione Marche che ha votato contro l’apertura del centro di Corridonia; poi è stata la volta del Friuli Venezia Giulia contro quello di Gradisca d’Isonzo. In questo clima di concordia stona la posizione del Ministro dell’Interno Beppe Pisanu, che in tante altre circostanze si è fatto apprezzare come uomo di governo dotato di equilibrio e di sensibilità, che invece difende l’esperienza dei centri di permanenza.

Il tema della salvaguardia della dignità umana all’interno dei Cpt racchiude in sé la sfida che incombe sulle moderne società che devono riuscire a coniugare la sicurezza e il rispetto della legalità con quello della tutela dei diritti individuali dell’individuo. Con questo intendimento il Cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown ha impegnato il governo britannico insieme agli altri partner del G8 a varare provvedimenti che cancellino il debito di ventotto paesi dell’Africa, dell’Asia e del Sud America così da porre le basi per la riduzione dei flussi migratori di migliaia di disperati verso i Paesi più sviluppati.

Il governo italiano, invece, dimostra anche su queste tematiche scarsa sensibilità e inefficacia nelle soluzioni adottate. Infatti è sempre più evidente da una parte il fallimento delle politiche volute dalla destra per garantire città più sicure, testimoniato dal ripetersi di episodi brutali che ormai quotidianamente feriscono le comunità delle grandi realtà metropolitane e quelle dei piccoli centri di provincia; dall’altra, la scarsa attenzione della destra rispetto alla tutela delle garanzie individuali e della dignità umana rappresentata dall’indifferenza riguardo alle drammatiche situazioni vissute all’interno delle carceri e dalla apatia con la quale si consente l’esistenza dei centri di permanenza temporanea. Anche da qui può iniziare una nuova sfida dell’Unione di centrosinistra che deve saper soddisfare la richiesta sempre più pressante di livelli più alti di sicurezza per tutti i cittadini ed insieme deve avere il coraggio di cancellare l’ignominia dei lager per gli immigrati.

Empoli: spettacolo "I semi della libertà" conquista il pubblico

 

Comunicato stampa, 30 giugno 2005

 

Se nella antica leggenda Maya gli uomini belli, intelligenti e perfettamente somiglianti agli Dèi, furono creati dalle pannocchie, ieri sera lo spettacolo teatrale, I semi della libertà, il primo appuntamento della manifestazione aperta al pubblico esterno, Estate…al fresco", ha conquistato la numerosa platea. Un progetto della Regione Toscana, diretto dalla compagnia Giallo Mare Minimal Teatro, rappresentato dalle donne-detenute che per quasi un’ora si sono sentite delle vere attrici.

La storia ancestrale del cibo, la creazione del mondo nelle sue più evidenti diversità, un palcoscenico fatto di quinte ‘improvvisatè nel grande giardino del Pozzale, semplici oggetti che comunicavano un testo del ‘principiò, immagini e suoni coinvolgenti: questo è stato il successo della serata, apprezzata per le tante emozioni che quelle donne sono riuscite a trasmettere tra serietà e comicità.

Presente il pubblico comune di tutte le età e località. E se all’inizio il timore di non sentirsi a proprio agio era forte ed evidente, entrando per la prima volta in un carcere, l’accoglienza delle ospiti dell’Istituto, di tutto il personale di Polizia penitenziaria che ha permesso che l’iniziativa si sia svolta in tranquillità, della direzione, degli operatori, ha fatto sì che questa sensazione lasciasse posto alla voglia di stare semplicemente bene in quel giardino, non molto lontano dalla città, con quelle donne che stanno ricostruendo a piccoli passi la propria vita. La direttrice dell’Istituto Margherita Michelini ha espresso parole di ringraziamento per tutti gli intervenuti, mettendo al primo posto "quanto sia fondamentale sentire il sostegno della città, per creare insieme a voi, alle Istituzioni, alle associazioni, una rete di relazioni che serviranno nel futuro di queste donne che dovranno tornare a vivere fuori da queste mura".

Il sindaco Luciana Cappelli ha sottolineato "quanto questa prima iniziativa aperta al pubblico, sia una scommessa e la riprova che la nostra città ha la forza di non scappare di fronte alle diversità e che non si lascia sfuggire occasioni di integrazione, come questa, di persone che al momento vivono delle situazioni di limitazione della propria libertà".

Tra gli altri intervenuti, il Consigliere regionale Vittorio Bugli; il Consigliere regionale Luca Ciabatti; l’assessore provinciale alle politiche sociali, Alessandro Martini; gli assessori del Comune alle dipendenze Mercedes Frias, alla mobilità Antonio Matteo Cinquini, alle politiche giovanili Maurizio Cei; il capogruppo dei Democratici Sinistra di Empoli, Paola Sani; Brenda Barnini dell’Unione comunale dei Democratici di Sinistra di Empoli.

Nell’occasione è stato preparato un buffet ad offerta, il cui ricavato andrà a sostegno di due progetti umanitari della Misericordia di Empoli in Colombia e nel Burkina Faso. La raccolta fondi andrà avanti per tutti gli appuntamenti di Estate… al fresco! È stata allestita anche una mostra fotografica di quello che negli anni è stato il ‘viaggiò del laboratorio teatrale della compagnia Giallo Mare Minimal Teatro con le donne dell’Istituto, creando attraverso la produzioni di spettacoli un contatto comunicativo alternativo tra la città ed il carcere.

Poco distante dalla fontana del giardino del Pozzale, un banchino con esposte ed in vendita delle magliette particolari, prodotte dai detenuti di Porto Azzurro e Pianosa, che lavorano con la cooperativa "San Giacomo". Una cooperativa sociale il cui obiettivo è la creazione di posti di lavoro per i detenuti, sia all’interno del penitenziario che sul territorio, secondo i parametri corrispondenti a strategie e livelli professionali riscontrabili nel mondo del lavoro. Molte sono le attività messe in campo dalla "San Giacomo". Ad ogni prossimo evento di Estate…al fresco! saranno presenti vari articoli, stampati dai detenuti di Porto Azzurro e Pianosa, che lavorano anche su commissione per conto di aziende esterne. Per qualsiasi informazione: www.coopsangiacomo.it; telefono e fax 0565.95444; coopsangiacomo@virgilio.it.

Estate…al fresco! torna mercoledì 13 luglio con la prima serata "in musica e di musica" con Los Variones, 12/Ottavi, Silvy e le Sinapsi interrotte,Ance. Ricordiamo che per poter partecipare è necessaria la prenotazione dieci giorni prima di ogni evento. Gli indirizzi a cui inviare i propri dati anagrafici sono: ragazzefuori@virgilio.it, 0571757626; info@segnalidifumo.net, 057180516.

Droghe: Giovanardi; infondato allarme su consumo tra i ragazzi

 

Redattore Sociale, 30 giugno 2005

 

"È del tutto infondato l’allarme lanciato da alcuni mezzi di informazione secondo cui il fenomeno delle tossicodipendenze coinvolgerebbe i ragazzi fin dalle scuole elementari". Il Ministro per il rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, con delega per le politiche antidroga, ha smentito questo pomeriggio a Palazzo Chigi il quadro allarmante disegnato dai media alcuni giorni fa.

Presentando la Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia nel 2004, Giovanardi ha ribadito che si tratta di "un fenomeno preoccupante relativo al quindicenni, ma la relazione dimostra che scolarità e istruzione abbattono in maniera significativa il ricorso alle sostanze e insieme alla famiglia sono importanti per la prevenzione del fenomeno". Proprio riguardo alla prevenzione, il ministro ha auspicato "uno sforzo comune da parte di Sert, privato sociale e istituzioni pubbliche nel diffondere un messaggio univoco; non c’è diversità tra droghe leggere e pesanti per quanto riguarda i danni all’organismo".

Rispetto ai dati relativi ai decessi dei cocainomani emerge che ben il 31% muore in seguito ad un incidente stradale, mentre ilo 43% delle morti sono provocate da suicidi, omicidi, incendi; infine il 25% delle morti sono attribuibili a overdose. Infine Giovanardi ha riferito che gli ultimi mesi sono stati chiusi dai prefetti 29 locali da ballo a Nord e Centro Italia, a motivo dell’uso di droghe; se diminuisce il consumo di eroina, "aumenta quello di cocaina e droghe sintetiche", ha ricordato il Ministro invitando alla prevenzione e al recupero.

A questo proposito ha invitato a "valorizzare l’esperienza del carcere di Castelfranco: un modello per recuperare i tossicodipendenti durante il periodo di detenzione, a cui seguirà un passaggio in comunità e l’inserimento nel circuito lavorativo". Giovanardi ha concluso annunciato "l’improbabile approvazione della proposta di riforma del Ministro Fini, composta da 111 articoli. Siamo ormai agli sgoccioli della legislatura, però cercherò di estrapolare alcuni punti qualificanti delle pdl: il primo è consentire al tossicodipendente in comunità, la cui sentenza passa in giudicato, di proseguire il suo percorso di recupero senza dover scontare la pena in carcere; il secondo punto è definire la quantità che si può detenere è per uso personale e quella che invece comporta la pena. In questo campo infatti vige una grande discrezionalità che rischia di vanificare anche l’operato delle forze dell’ordine".

Droghe: Giovanardi; nuova legge non entro questa legislatura

 

Corriere della Sera, 30 giugno 2005

 

"I tempi parlamentari non sono tali da consentire un impegno delle Camere su questo punto - ha detto Giovanardi durante la conferenza stampa di presentazione del Rapporto annuale sulle tossicodipendenze -. Vedremo però con il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga se non sia il caso di estrapolare alcuni punti qualificanti dalla legge. E uno di questi, ha spiegato Giovanardi, potrebbe essere quello di elevare la pena in maniera tale che i giovani che hanno già fatto recupero per mesi in comunità, una volta che la sentenza passa in giudicato, non vadano in carcere, ma continuino il percorso di recupero in comunità".

Un’altra questione che l’esecutivo considera urgente è "definire con chiarezza quando il possesso di sostanze stupefacenti possa indurre a comminare una pena, risolvendo il problema con la giurisprudenza che oggi è talmente incerta che non si capisce quale sia il limite in cui è lecito o illecito tenere per uso personale le sostanze".

Le modifiche allo studio - La legge Fini è composta di 111 articoli. Presentata nel maggio dello scorso anno e ora in discussione al Senato, contiene alcuni punti contestati dall’opposizione. Tra questi, l’abolizione della distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere, l’equiparazione dei servizi privati a quelli pubblici per la certificazione dello stato di tossicodipendenza e la reintroduzione del concetto di "dose giornaliera"..

I dati del rapporto - Dalla relazione annuale al Parlamento è emerso che il 26% della popolazione alfabetizzata di età compresa tra i 15 e i 24 anni ha fatto uso di cannabis almeno una volta nella vita. Il 5,4% dei soggetti intervistati ha invece riferito di aver fatto uso di cocaina almeno una volta nella vita. Tra gli studenti, il 32,1% ha fatto uso di cannabis e il 4,8% di cocaina almeno per una volta. L’analisi lascia intuire che il primo contatto con sostanze stupefacenti avvenga per molti anche prima dei 15 anni di età. L’uso di eroina è invece in calo. Un dato per tutti: nel 2004 ne ha fatto uso il 2,5 per cento degli studenti di 16 anni, rispetto al 4,5 per cento del 2000.

Tossicodipendenze: aumenta uso cocaina e droghe sintetiche

 

Sole 24 Ore, 30 giugno 2005

 

Declina l’eroina, aumenta l’uso di cocaina e droghe sintetiche. Lo segnala la relazione annuale al Parlamento del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga sullo stato delle tossicodipendenze in Italia per il 2004, presentata questo pomeriggio a Roma a Palazzo Chigi, dal ministro Carlo Giovanardi. Si registra un incremento dell’uso di ecstasy, amfetamine e allucinogeni e un abbassamento della percezione del rischio per la propria salute tra gli studenti in relazione all’uso di sostanze illegali. Moltissimi i casi di poli-abuso, dove gli psicostimolanti sono associati a cocaina e amfetamino-derivati (per il 99% il poli-consumo è associato a cannabis). Sono 171.724 le persone trattate dai servizi territoriali per le tossicodipendenze, mentre 17.143 sono stati inviati in strutture terapeutiche e di reinserimento. Nell’82% il trattamento farmacologico è a base di metadone. Oltre ai decessi per overdose, 441 nel 2004, la sezione di Tossicologia dell’Università di Milano ha riscontrato che tra i positivi alla cocaina alla verifica autoptica circa il 25% sono attribuibili a overdose, il 31% sono dovuti a incidenti stradali, mentre il 43% delle morti sono provocate da suicidi, omicidi o incendi. "La crescente diffusione del consumo di cannabis - sottolinea la ricerca - si associa a una generalizzata sottovalutazione dei rischi per la salute e le conseguenze psicologico-comportamentali. I consumatori spesso ignorano le problematiche inerenti l’ambito cognitivo e della memoria, le possibili compromissioni delle performance scolastiche e professionali, le disfunzioni nelle relazioni affettive e nella strutturazione dell’identità personale". La cocaina, nonostante la sua capacità di indurre dipendenza, sindromi neurologiche, disturbi psico-motori, ideazione paranoide, viene ancora presentata come droga da usare in ambito ricreazionale, utilizzata in luoghi di aggregazione, nelle feste private e nelle discoteche (lo scorso anno ne sono state chiuse 29).

La fotografia scattata dal rapporto mette in luce che il 26% fra i 15 e 44 anni ha fatto uso, almeno una volta nella vita, di cannabis, il 5,4% di cocaina. Esaminando la popolazione studentesca emerge che il 32,1% ha fatto uso di cannabis e il 4,8% di cocaina almeno una volta. Spesso la droga si associa all’uso di alcolici e di sigarette: dalla ricerca emerge, infatti, che il 70% degli studenti che ha riferito di essersi ubriacato negli ultimi 30 giorni dice di aver fatto uso almeno una volta di droga illegale, identica affermazione fanno il 73% dei ragazzi attratti dal tabacco. L’esposizione alle sostanze illegali, già consistente fra i quindicenni, avviene già qualche anno prima per una fetta di giovanissimi. Il consumo di cocaina interessa soprattutto Centro e Nord Italia, mentre è meno diffuso al Sud. Aumentano i consumi di amfetamine e derivati nel Centro Italia (passati dal 3,5 al 4,5%), che continua a essere consistente nel Nord-Est e nel Nord-Ovest. Sul fronte degli allucinogeni, il cui consumo interessa soprattutto il Centro-Nord, si assiste a un dimezzamento dappertutto, mentre è stabile nelle regioni del Centro Italia. Si punta su prevenzione, repressione e recupero. "Prevenzione - dice il ministro Carlo Giovanardi – perché si diffonda sempre più la cultura dei danni irreversibili che può provocare il consumo di sostanze stupefacenti; repressione perché di rafforzi a livello nazionale e internazionale il contrasto ai mercati della morte; recupero perché chi entra nel tunnel della droga non si senta abbandonato e abbia la possibilità di reinserirsi a pieno titolo nella società". Fattore di prevenzione, oltre al monitoraggio dei genitori, è la scolarità: più si è istruiti, più si ha successo sui banchi di scuola, meno si cade nella trappola della droga. Rappresentano fattori di rischio, invece, il comportamento aggressivo e l’impulsività.

Sul fronte della normativa il ministro Giovanardi ha intenzione, prima della fine del mandato, di proporre due modifiche alle disposizioni: una definizione chiara del limite di possesso di sostanze e della pena corrispondente, oltre alla possibilità per i giovani che procedono al recupero di restare in comunità invece di tornare in carcere quando la sentenza passa in giudicato.

Immigrazione: Pisanu; non cambieremo la linea finora seguita

 

Ansa, 30 giugno 2005

 

"Il governo e il ministero dell’interno non intendono discostarsi di un passo dalla linea sin qui seguita: chi vuole immigrare in Italia deve farlo secondo le regole stabilite dalle nostre leggi e dai trattati internazionali; chi, invece, intende violare quelle regole, deve sapere che prima o poi dovrà piegarsi alla forza dello stato di diritto". È quanto ha affermato il ministro dell’interno, Giuseppe Pisanu, intervenendo in aula al Senato sui temi legati all’immigrazione clandestina. Per il ministro dell’interno il sistema, nel suo complesso, funziona e "sarebbe sbagliato sottoporlo a sterzate improvvise". Insomma, per Pisanu il contrasto all’immigrazione clandestina ha ottenuto successi rilevanti "che rischiano però di essere vanificati dalla carenza dei controlli alle altre frontiere esterne dell’Unione". Per questo il titolare del Viminale sottolinea la necessità di definire misure veramente efficaci in sede Ue. A questa convinzione - ha aggiunto - ho improntato la mia iniziativa durante il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea. Oggi, il problema è stabilmente inserito nell’agenda dei ministri dell’interno e della giustizia, ma i risultati finora ottenuti sono piuttosto deludenti. Possiamo perciò realisticamente prevedere che, almeno nell’immediato, dovremmo fare affidamento ancora sulle nostre sole forze per difendere confini che non sono più soltanto nazionali, ma europei".

Caltanissetta: aiutate i parenti dei detenuti e gli ex detenuti

 

La Sicilia, 30 giugno 2005

 

Perché considerare "poveri" e disagiati soltanto quelli del reddito minimo di inserimento e concentrare l’attenzione e le premure esclusivamente su di loro se ci sono altre categorie altrettanto disagiate e bisognose di essere aiutate e sostenute? Il presidente dell’associazione "Papillon" pone la delicata questione "Aiuti ai parenti dei detenuti e non solo agli ex Rmi"

È quanto si chiede il responsabile dell’associazione culturale "Papillon" per la difesa e i diritti delle famiglie dei detenuti ed ex detenuti Alfredo Maffi il quale rileva: "Sono consapevole del fatto che nella città di Caltanissetta le condizioni economiche di tanti cittadini sono alquanto disagiate e che arrivare a fine mese significa vivere i quotidiani stancamente, ma mi stupisce il fatto che l’attenzione dei mass-media locali e di molti uomini della politica nissena sono interessati solo dei cosidetti "poveri" del reddito minimo di inserimento". Maffi pone quindi una serie di domande: "I disagiati sono solamente coloro che hanno concluso il ciclo del reddito minimo di inserimento? E tutte le altre persone che vivono quotidianamente l’ira della disoccupazione e della fame non sono disagiate?" per poi affermare: "Eppure nessuno ne parla" e fare una considerazione: "Evidentemente qualche forza politica ha pensato bene di dare voce solo a un limitato numero di persone che, comunque, hanno avuto la fortuna di lavorare per 2 anni e, invece di ringraziare, hanno la pretesa del posto fisso".

Specificando comunque che "la mia parola non vuole essere una polemica del "povero contro povero"; vuole solamente chiedere il perché di questo silenzio assoluto da parte dei nostri politici locali nei confronti di tutte le altre persone che si trovano disagiate e che non hanno beneficiato del reddito minimo di inserimento".

Per Maffi, tra le altre persone disagiate, ci sono anche quelle "che hanno avuto alle spalle un passato legato ai problemi di giustizia e che nessuno ha osato azzardare di scrivere articoli di giornali o di interessare le forze politiche per venire in loro aiuto. Sono disagiati pure loro e lo sono doppiamente perché se a Caltanissetta è difficile trovare lavoro per chi ha un passato pulito, lo è ancor di più per chi ha avuto problemi con la giustizia". E si pone altre domande: "Forse chi ha sbagliato una volta è condannato a sbagliare sempre? O forse non merita l’interesse dell’amministrazione pubblica?". Si rivolge pertanto al sindaco e a tutti gli altri politici perché si interessino pure "di coloro che per la società odierna sono persone a rischio e che vivono la loro sofferenza morale e materiale dietro i riflettori spenti".

Usa: senatori d'accordo nel difendere carcerieri di Guantanamo

 

Il Denaro, 30 giugno 2005

 

Non solo si oppongono alla chiusura del carcere, ma elogiano anche il trattamento riservato ai detenuti di Guantanamo. Sono alcuni senatori americani, sia democratici che repubblicani secondo l’edizione on line del New York Times. Di ritorno da un weekend trascorso a osservare da vicino il funzionamento del campo di prigionia, dove vengono raccolti sospettati militanti del terrorismo, i senatori hanno rilasciato commenti univoci: il campo di Guantanamo ha una reputazione che non merita, e non deve essere chiuso. "L’ho trovato molto buono", ha detto il democratico dell’Oregon Ron Wyden, riferendosi al trattamento dei detenuti. A fargli eco il senatore del Nebraska Ben Nelson, mentre il rappresentante repubblicano del Kentucky Jim Bunning, ha espresso la sua positiva sorpresa in quanto i prigionieri godrebbero di "aria condizionata e docce semi-private".

Il senatore repubblicano dell’Idaho Micheal D. Crapo, ha addirittura sottolineato che sono i soldati a dover sopportare "maggiori abusi da parte dei detenuti" piuttosto che il contrario. Lo scorso mese alcuni senatori, repubblicani inclusi, avevano chiesto al Congresso di aprire un’inchiesta sugli abusi a cui sono sottoposti i prigionieri di Guantanamo o, in alternativa, di deciderne l’immediata chiusura. Un funzionario di Amnesty International, Jumana Musa, ha liquidato la visita al campo di prigionia della delegazione di senatori, alla stregua di un "piccolo show", aggiungendo ironico: "Che la gente creda o meno alle galline arancioni, non è il nodo della questione".

Giustizia: Associazione Diritti Civili; clemenza per i detenuti

 

Asca, 30 giugno 2005

 

Parte dalla Calabria una iniziativa politico-istituzionale per denunciare il dramma delle carceri e chiedere al Governo e al Parlamento un provvedimento di clemenza per tutti quei detenuti, condannati per piccoli reati, per quelli gravemente malati e per quelle 60 donne-madri, in cella insieme ai loro bambini. Promotore dell’iniziativa il leader del Movimento Diritti Civili e consigliere provinciale di Cosenza, Franco Corbelli, che, a questo proposito, ha presentato un ordine del giorno al Presidente del Consiglio provinciale cosentino, sottoscritto anche da altri due consiglieri provinciali, Marino Reda, di Rifondazione Comunista, e Gianfranco Ponzio, di Forza Italia. Con l’ordine del giorno (totalmente condiviso dal Presidente del Consiglio, on. Francesco Principe, dal presidente dell’Amministrazione provinciale, on. Mario Oliverio, e da tutti i consiglieri provinciali dei diversi partiti politici) si chiede alla Provincia di Cosenza di farsi promotore e di coinvolgere, con una iniziativa analoga (richiesta di un provvedimento di clemenza per i detenuti), tutti gli altri Enti provinciali e regionali italiani.

Corbelli parla di situazione esplosiva, oggi, nelle prigioni, per il sovraffollamento, le disumane condizioni igieniche, aggravate dal grande caldo di questo periodo, ricorda, con cifre allarmanti, il dramma delle carceri e gli appelli del Santo Padre Giovanni Paolo II, che, ripetutamente, chiese, anche in occasione della sua visita alla Camera dei Deputati, un provvedimento di clemenza a favore dei detenuti. "Sono 60 mila oggi i detenuti nelle carceri italiane, 14 mila in più della capienza prevista. Oltre 1800 i morti negli ultimi 12 anni (650 suicidi e 1200 morti per cause naturali). Addirittura anche 60 bambini sono "reclusi" insieme alle loro mamme. Questo è oggi il quadro drammatico del pianeta carceri in Italia. È una situazione esplosiva, aggravata dalle condizioni igieniche allucinanti e dal grande caldo di questo periodo".

 

 

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