Rassegna stampa 14 giugno

 

Giustizia: Ciampi; su grazia ministro non può dire di no

 

Reuters, 14 giugno 2005

 

Il ministro Guardasigilli Roberto Castelli non può rifiutarsi di controfirmare la grazia a Ovidio Bompressi decisa dal presidente della Repubblica, perché l’atto di clemenza rientra nelle esclusive competenze del capo dello Stato. E’ questa una considerazione contenute nel ricorso del Quirinale alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, come riferito da fonti giudiziarie.

"Non spetta al ministro della Giustizia il potere di rifiutare di dare corso alla determinazione alla quale il Capo dello Stato è pervenuto, di concedere la grazia a Ovidio Bompressi", si legge nel ricorso di Carlo Azeglio Ciampi, secondo le fonti. Il presidente della Repubblica difende così "l’intregrità della propria esclusiva attribuzione costituzionale nell’esercizio del potere di concessione della grazia". Castelli ha finora negato la sua controfirma alla grazia a Bompressi, condannato con Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi nel 1972, quando i tre erano dirigenti di Lotta Continua.

I giudici della Corte Costituzionale dovranno quindi stabilire se, per concedere la grazia, il capo dello Stato abbia bisogno dell’assenso del ministro della Giustizia, oppure sia una sua esclusiva competenza. Ciampi è pronto da tempo a firmare l’atto di clemenza e nell’aprile 2004 chiese al Guardasigilli "la cortesia istituzionale" di accelerare una risposta, che arrivò sette mesi dopo e fu negativa. Il ministro ha commentato ieri che la richiesta di Ciampi alla Consulta contribuirà a fare chiarezza. A differenza di Bompressi, Sofri non ha mai chiesto la grazia al Presidente della Repubblica, anche se vari esponenti politici del centrosinistra e della Casa delle Libertà hanno sollecitato un atto di clemenza verso l’ex numero uno di Lotta Continua, ora in carcere.

Giustizia: grazia a Bompressi, Ciampi si rivolge alla Consulta

 

L’Unione Sarda, 14 giugno 2005

 

Il conflitto davanti alla Corte Costituzionale era già preannunciato da tempo. Ma resta un conflitto istituzionale senza precedenti. Era lo scorso novembre quando il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi aveva informato il ministro della Giustizia Roberto Castelli che si riservava di assumere le proprie decisioni di fronte al no del Guardasigilli alla grazia ad Ovidio Bompressi, l’ex di Lotta Continua condannato a 22 anni assieme ad Adriano Sofri per l’omicidio del commissario Calabresi. Trascorsi sei mesi, il Capo dello Stato è passato dalle parole ai fatti.

E, dopo aver dato incarico al suo ufficio legislativo di studiare la questione, ha presentato a Palazzo della Consulta, attraverso l’Avvocatura generale, il ricorso con cui ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. La titolarità del potere di grazia è un’esclusiva del Capo dello Stato? Oppure il ministro della Giustizia, se non è d’accordo, può esercitare un potere di veto? A queste domande dovrà rispondere la Corte Costituzionale. Storicamente è un conflitto senza precedenti, se si pensa che alla Consulta, in 50 anni di storia, non sono mai arrivate questioni di tale portata. O meglio, si sono risolte prima.

È il caso del conflitto che l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli decise di sollevare contro la decisione dell’allora Presidente Cossiga di concedere la grazia a Renato Curcio: il ricorso fu ritirato e mai esaminato dalla Corte. In questo caso niente ripensamenti, il conflitto c’è e viene accolto con "favore" dal Guardasigilli Castelli, secondo il quale ora "si farà chiarezza una volta per tutte sulla natura del potere di grazia" e "ciascuno potrà assumersi finalmente le proprie responsabilità".

Il braccio di ferro è di vecchia data. Ciampi ha cominciato ad esaminare fin dal 2002 la posizione di Bompressi e di Sofri, maturando progressivamente un orientamento favorevole al gesto di clemenza suggerito da un atto umanitario. Una posizione, questa, che si è subito scontrata con la contrarietà del ministro leghista Castelli. In un primo tempo, il Quirinale ha sperato di superare la divergenza con il dialogo. Di fronte alla situazione di stallo, a dicembre 2003 Ciampi ha prima dichiarato apertamente di puntare sull’approvazione della proposta di legge presentata da Marco Boato, che si proponeva di chiarire in modo inequivocabile che il potere di grazia del capo dello Stato non è sottoposto al concerto con il Guardasigilli.

Ma il 17 marzo del 2004 la norma è stata bocciata alla Camera con i voti di An e della Lega. Dopo qualche giorno di riflessione, il 30 marzo del 2004, il gesto clamoroso del Capo dello Stato: a Castelli viene chiesto, per lettera, di istruire un fascicolo per la grazia ad Adriano Sofri (anche se il detenuto di Pisa non ha mai presentato una domanda di clemenza) e di aggiornare il fascicolo per la grazia a Bompressi, da tempo a casa perché, per motivi di salute, la pena gli è stata sospesa. In questo caso il Quirinale ha invocato espressamente l’art. 681 del Codice di procedura penale, in base al quale la grazia può "essere concessa in assenza di domanda o di proposta", dunque propendendo per un’interpretazione del potere autonomo di grazia del Capo dello Stato. Il Guardasigilli si è sempre fatto forte di quanto previsto dall’art.89 della Costituzione, secondo cui "nessun atto del presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilità".

Giustizia: Pecoraro; bene Ciampi, Consulta chiuderà querelle

 

Agi, 14 giugno 2005

 

"Benissimo ha fatto il Presidente della Repubblica Ciampi a sollevare di fronte alla Corte Costituzionale il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato sulla concessione della grazia. Un atto che gli spetta costituzionalmente, nonostante i boicottaggi ed i pasticci del ministro Castelli, della Lega e di An ". Lo ha dichiarato il Presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio.

"Si sta parlando - afferma Pecoraro - di concedere la grazia ad un detenuto dalla condotta irreprensibile e che non rappresenta assolutamente un pericolo per nessuno, quindi non si comprende perché questa legittima facoltà del Presidente debba essere limitata dall’ostruzionismo e dal boicottaggio dei leghisti e di chi vuole farne una battaglia ideologica". "La sentenza della Consulta - conclude il leader del Sole che Ride- chiuderà finalmente una querelle tra poteri dello Stato che finora non ha giovato a nessuno".

Castelli: lo Stato punisca i colpevoli in modo esemplare

 

Il Messaggero, 14 giugno 2005

 

"Credo che sia giunto il tempo per cui il nostro popolo deve avere la netta sensazione che lo Stato lo protegge e lo protegge anche punendo esemplarmente chi commette questi efferati delitti". Così il ministro della Giustizia Roberto Castelli risponde al Tg5 ad una domanda sulla vicenda di Varese. Ribadisce, Castelli, "che occorre agire nei limiti dello stato di diritto e non lasciarsi andare a reazioni inconsulte. Quindi, è lo Stato che deve agire, non certo i cittadini, ma deve agire in modo esemplare". Il ministro difende anche la legge Bossi-Fini, grazie alla quale "stiamo rimpatriando, ormai da due anni e mezzo, circa cento clandestini al mese. È una formula che funziona molto bene e ci consente di controllare il grave problema del sovraffollamento dei penitenziari".

La polemica politica, intanto, sale di tono. "Siamo giunti ad una situazione intollerabile. Gli immigrati irregolari vanno spazzati via", afferma il presidente dei deputati della Lega Nord Andrea Gibelli rivolgendosi al ministro dell’Interno Pisanu. "Bisogna usare il pugno di ferro - prosegue - anche con chi concede, in ogni forma, ospitalità ai clandestini". Immediata la replica di Paolo Cento, coordinatore dei Verdi: "Siamo di fronte ad una nuova vergognosa campagna anti-immigrati da parte dei ministri leghisti che non esitano a strumentalizzare il tragico omicidio di Varese. Da spazzare via è la legge Bossi-Fini, perché è evidente il suo fallimento".

Giustizia: suicidi "dentro" 20 volte superiori a "fuori"

 

Nuova Ecologia, 14 giugno 2005

 

Da gennaio 2005 sono almeno 29 i detenuti morti in cella. La denuncia di Ristretti Orizzonti. Da gennaio 2005 nelle carceri italiane ci sono stati almeno 29 casi di morte: 20 suicidi, 4 per cause da accertare, 3 per malattia e un omicidio. Lo denuncia Morire di carcere, il dossier di Ristretti Orizzonti, centro studi gestito da detenuti. Che avverte: "I casi "raccolti" non sono la totalità. Le statistiche ufficiali risalgono al 2001 e non siamo in grado di fare comparazioni, ma il nostro obiettivo è raccontare storie, dare dimensione umana ai numeri".

Numeri che fanno paura, come quelli diffusi dal Forum per la tutela della salute dei detenuti: i suicidi "dentro" sono 20 volte superiori a quelli tra le persone libere (la fascia più colpita va dai 21 ai 30 anni). A luglio 2003 si contano nei penitenziari 14.507 tossicodipendenti, 887 alcolisti, 1.737 in trattamento metadonico. I detenuti affetti da Hiv sono 1.473, 5.000 i sieropositivi, 9.500 i colpiti da epatite cronica, 7.500 quelli che soffrono di turbe psichiche.

La popolazione carceraria - sono dati del Dap aggiornati al 28 febbraio 2005 - conta 56.840 detenuti (2.704 le donne, 18.584 extracomunitari) in 206 istituti, a fronte di una capienza di 42.540 posti. A poco è servito l’indultino, la legge del 2003 che ha scarcerato 5.936 persone. Sono 42.500 gli agenti di Polizia penitenziaria, appena 551 gli educatori (su 1.376 previsti). Per lo stanziamento di fondi per il servizio sanitario si è passati dai 115 milioni del 1998 agli 81 del 2004.

Giustizia: Manconi; atto di clemenza? Prova di buon senso

 

Il Campanile, 14 giugno 2005

 

"Merita attenzione la situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento. Un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità". Con queste parole Karol Wojtyla, si rivolgeva al Parlamento italiano nella storica visita del Papa polacco a Montecitorio. Era il 14 novembre 2002 e il "Palazzo", quello che conta, applaudiva all’unanimità il discorso del Peregrino pacis. Un grande consenso destinato a perdersi nell’eco di quel battito di mani. A quasi tre anni dal discorso dell’operaio dell’est tutto è rimasto come prima: i penitenziari italiani soffrono ancora una condizione difficile e drammatica.

La morte di Giovanni Paolo II, ha rilanciato l’emergenza. Mentre da più parti i campanelli d’allarme continuano incessantemente a suonare. Il sovraffollamento resta il nemico da combattere. Ma il rincorrersi delle proposte e dei disegni di legge continua a segnare il passo, nel pantano di strutture inadeguate e carenze di personale tra polizia penitenziaria, educatori e psicologi. "Il problema è strutturale", afferma Luigi Manconi, garante dei detenuti del Comune di Roma. Un problema che non risparmia certo neppure i penitenziari della capitale.

 

Gli ultimi dati sulle condizioni attuali delle carceri italiane e romane in particolare, evidenziano un tasso di sovraffollamento ai limiti della tolleranza. Come di è arrivati a questo punto?

"La causa del sovraffollamento è strutturale: in Italia dopo una periodica frequenza di provvedimenti amnistia-indulto, a partire dall’ultimo che è quello del 1990, non c’è stata più alcuna misura che andasse in quella direzione. Dal 1990 i detenuti presenti nelle carceri italiane sono passati da 40mila a 55-56mila. C’è poi almeno un altro fattore: un ingresso massiccio di stranieri e tossicodipendenti. Se consideriamo queste due categorie la percentuale complessiva raggiunge circa il 50% della popolazione carceraria".

 

Le misure alternative potrebbero essere una soluzione al problema?

"C’è da dire che in Italia più che in altri paesi, peggio che in altri paesi, per ragioni culturali assai robuste, succede che la sola forma di sanzione non solo realizzata, ma addirittura immaginata, sembra essere la reclusione in una cella. Sotto il profilo giuridico siamo di fronte ad un orrore. Per paradosso, e solo per paradosso, si potrebbe dire che una misura alternativa al carcere potrebbe essere la fustigazione, oppure, non per paradosso ma per una concezione diversa della pena, che le sanzioni da applicare possano essere i lavori socialmente utili. Quello che io contesto è che in Italia, più che in altri paesi, la forma di pena immaginata sembra essere esclusivamente quella della reclusione".

 

Altri due problemi emersi dall’indagine e legati alla questione della compatibilità con il regime carcerario riguardano poi l’emergenza sanitaria e l’allarme suicidi...

"L’incompatibilità con il regime carcerario è oggi prevista per le persone affette da Aids conclamato. Ci deve, però, essere una sentenza che stabilisca l’incompatibilità. E anche dopo, una volta intervenuta la sentenza, restano aperti numerosi problemi di applicabilità visto il numero limitato delle strutture di accoglienza esterne, cui affidare persone che necessitano di cure particolari. In carcere, diversamente, tutto diventa più difficile sotto tutti i punti di vista. Così, ad esempio, chiedere un farmaco di fascia A si trasforma in una operazione complicata che, non di rado, finisce per restare insoddisfatta. Quanto al fenomeno dei suicidi, purtroppo, non ci sono organizzazioni di sostegno. Esiste una struttura ("Servizio nuovi giunti", ndr) istituita nel 1987 che contava inizialmente 16 presidi. Un numero rimasto invariato nell’arco degli ultimi 18 anni e, naturalmente, insufficiente se rapportato alle 205 strutture carcerarie dislocate sul territorio nazionale. Un numero irrisorio di strutture, insomma, per di più alle prese con organici ridotti all’osso ed ore di straordinario pagate sempre meno".

 

E proprio sul fronte del personale, la carenza di organico finisce per essere ancora più onerosa se messa a confronto con le cifre del sovraffollamento. Lei che idea si è fatto?

"La carenza del personale è senza dubbio un dato di fatto. In particolare mancando risorse economiche, finiscono per mancare di conseguenza fondi per pagare le ore di straordinario che il personale, proprio perché insufficiente, è costretto fisiologicamente a fare. E l’effetto non può che essere uno solo: la carenza di personale, o la carenza di ore di straordinario pagate, fa sì che vengano sacrificate tutte le attività che non siano quelle di custodia. Insomma, a rimetterci, sono tutte quelle attività, come l’istituzione scolastica, il lavoro, le attività ricreativa, che richiedono presenza di agenti di polizia penitenziaria e che per altro perseguono l’obiettivo prioritario della rieducazione del detenuto".

 

Tra le categorie più a rischio all’interno del mondo carcerario ci sono poi quelle delle donne-madri e delle donne-incinte. Qual è al riguardo la situazione nei penitenziari della capitale?

"Nel carcere femminile di Rebibbia, è stato ristrutturato da poco il settore che ospita donne con bambini. Ho avuto modo di visitarlo di recente e devo dire che, per quanto riguarda lo stato complessivo della struttura, è stato fatto certamente un passo avanti. Ma resta inconcepibile che, pur vigendo in Italia una legge che prescrive l’uscita dal carcere per le madri con figli da zero a tre anni, da quando quella legge è stata approvata nel 2001, nelle carceri italiane continuano a restare circa sessanta - settanta madri con prole, guarda caso, proprio di quell’età. E’, ripeto, una situazione inconcepibile".

Giustizia: Radicali; saltino fuori strutture promesse 4 anni fa

 

Agenzia Radicale, 14 giugno 2005

 

Dichiarazione di Irene Testa, segretario dell’Associazione Radicale "Il Detenuto Ignoto" e membro della Giunta Nazionale di Radicali Italiani. Il ministro della Giustizia Castelli, nel constatare che la situazione di sovraffollamento delle carceri gli sta "scappando di mano", sembra prendersela coi Radicali e con la stampa, in particolare con il settimanale "L’Espresso", colpevole di aver pubblicato notizie sul coinvolgimento del suo consulente e braccio destro Carlo Magni in particolari giri di appalti per la costruzione di nuovi penitenziari. Purtroppo, però, per i quasi 60.000 detenuti rinchiusi nelle carceri italiane queste dichiarazioni non serviranno certo a far spuntare fuori, quasi fossero funghi, gli istituti promessi, e non è lamentandosi dell’operato degli antagonisti politici e della stampa che potrà rimediare a ciò che in quattro anni di governo non è stato fatto.

Non pensi ora che una situazione di allarme continuato, denunciato da tempo dalla totalità degli operatori che lavorano nelle strutture penitenziarie, della quale, infine, è costretto lui stesso ad ammettere, possa essere risolta cercando di riempire ogni interstizio e metro quadro rimasto ancora libero negli istituti con ulteriori presenze umane. È invece più che mai in tempo per esprimere il suo favore a collaborare col Parlamento, e questo non è che l’ennesimo invito a farlo, per l’approvazione di un provvedimento di amnistia e indulto, in vista della imminente discussione parlamentare fissata dall’Onorevole Pecorella alla riapertura dei lavori in Commissione Giustizia.

Pistoia: assistenza e informazione fiscale anche per i detenuti

 

Fisco Oggi, 14 giugno 2005

 

E’ forse il protocollo d’intesa che meglio di altri rappresenta il segno dei tempi che cambiano, quello stipulato il 6 giugno tra il direttore dell’ufficio di Pistoia, Maria Concetta Consoli, e il direttore della Casa circondariale di Pistoia, Silvano Fausto Castrano. Con l’avvio della campagna di informazione e assistenza su Unico 2005, infatti, i rappresentanti locali delle due Amministrazioni hanno deciso di aprire le porte del carcere al Fisco, o meglio, ad un funzionario dell’ufficio di Pistoia che martedì pomeriggio ha varcato per la prima volta il cancello della casa di reclusione per illustrare ai detenuti i servizi che l’Agenzia delle Entrate offre ai contribuenti.

Poco da stupirsi, del resto. Se è vero che la campagna di assistenza e informazione per Unico 2005 può dirsi riuscita nel momento in cui il cittadino si rivolge all’ufficio per ottenere assistenza nella compilazione e nella trasmissione telematica della dichiarazione, non si poteva certo permettere che questa opportunità fosse preclusa in modo netto a quanti in ufficio proprio non possono andarci, anche volendo.

Il contenuto dell’intesa è volutamente flessibile. Solo nei prossimi giorni si saprà se l’iniziativa avrà un seguito: dall’esito delle effettive richieste da parte dei detenuti, infatti, si saprà se il funzionario tornerà di nuovo nella Casa circondariale di Pistoia per acquisire i dati relativi alle dichiarazioni e, una volta trasmesse, per rilasciarne regolare ricevuta. "E’ un servizio che rende onore all’Agenzia e al funzionario che lo svolge" commenta il direttore regionale della Toscana, Carlo Di Iorio. "La restrizione della libertà personale non deve necessariamente rappresentare una barriera all’utilizzo dei servizi messi a disposizione della collettività. Credo - e mi auguro - che l’iniziativa avrà un seguito".

Varese: barista ucciso; cortei, disordini e due feriti

 

Ansa, 14 giugno 2005

 

Alcune decine di amici di Claudio Meggiorin, il giovane barista ucciso l’altra notte a Besano hanno dato vita ad un corteo nel centro di Varese urlando slogan contro gli albanesi. Una manifestazione organizzata dagli "ultras" della squadra di calcio varesina a cui apparteneva il giovane assassinato. Lungo il corteo, partito dal Palazzo di Giustizia e diretto verso la stazione, abituale ritrovo degli extracomunitari, ci sono stati momenti di tensione con le forze dell’ordine.

Secondo le prime ricostruzioni, ci sarebbe stata una rissa tra una frangia del corteo degli ultras e un gruppo di albanesi con un giovane extracomunitario ferito. Ferito anche un agente delle forze dell’ordine intervenute per far cessare gli incidenti. Entrambi i feriti sono ricoverati all’ospedale di Varese in condizioni non gravi. I manifestanti hanno quindi raggiunto il carcere dove sono detenuti i due albanesi fermati per l’omicidio del barista e hanno tenuto un presidio sotto il controllo degli agenti.

Usa: Guantanamo non chiude; Cheney "prigionieri terroristi"

 

Tg Com, 14 giugno 2005

 

Guantanamo continuerà il suo lavoro. Il vice presidente degli Stati Uniti, Dick Cheney esclude che si possa chiudere il carcere militare di Cuba dove vengono rinchiusi "i combattenti nemici". La discussa definizione riguarda in gran parte prigionieri per attività terroristiche. "La cosa importante da capire - ha dichiarato Cheney - è che le persone rinchiuse a Guantanamo sono gente cattiva, in gran parte terroristi". Il contrordine del vice presidente arriva dopo che George Bush nei giorni scorsi era parso possibilista dichiarando che si stavano esplorando alternative.

Infuria la polemica negli Stati Uniti sul carcere di Guantanamo, in merito al trattamento riservato ai detenuti privati di ogni diritto. La polemica è giunta al punto che anche alcuni elementi del partito Repubblicano si sono schierati a favore della chiusura della terribile prigione. A riscaldare il dibattito sono giunte nuove rivelazioni del settimanale Times sul trattamento riservato a Mohammed Al Qahtani. Il presunto terrorista è considerato il 20esimo dirottatore dell’11 settembre. Cheney non intende cedere e ha ribadito: "La maggior parte di loro sono terroristi, imprigionati in Afghanistan o catturati in quanto appartenenti alla rete di Al Qaeda". I prigionieri attualmente rinchiusi a Guantanamo sono circa 540. "Noi - conclude il vice presidente - abbiamo già analizzato la posizione dei casi singoli e una parte di loro sono stati rimandati nei loro paesi d’origine. Ma quello che è rimasto è il nocciolo duro".

A proposito di Al Qathani il Pentagono in una nota ribadisce: "Il dipartimento della Difesa rimane impegnato a standard di trattamento umano per tutti i detenuti, e il piano d’interrogatorio di al Qathani era guidato da questo stesso stretto standard. Il fatto che esista un registro degli interrogatori prova che questo è andato avanti secondo un piano dettagliato condotto da professionisti addestrati in un ambiente controllato, sotto un’attiva supervisione".

Genova: per Serse Cosmi una due giorni tra i detenuti

 

Secolo XIX, 14 giugno 2005

 

Due giorni in carcere, per stare vicino a chi soffre. Per fare sentire la propria solidarietà a chi sta trascorrendo un periodo difficile e cerca di riscattarsi. Come lui. Oggi alle 14 Serse Cosmi interverrà con il presidente della regione Claudio Burlando all’inaugurazione del campo di calco della casa circondariale di Marassi, dove assisterà alla partita inaugurale fra detenuti, organizzata dalla direzione e dal Centro Sportivo Italiano di Genova.

Domani il bis a Massa. Per mantenere una promessa fatta nello scorso inverno: tornare in caso di promozione. Parteciperà ad una partita con alcuni detenuti insieme fra gli altri agli ex blucerchiati Vergassola, Spalletti e Arnuzzo e all’ex rossoblu Lorieri. Contro una compagine di magistrati capitanata dal procuratore capo Francesco Lalla. Come promesso, dopo avere portato il Genoa in A Serse Cosmi torna a condividere con i detenuti della casa di reclusione di Massa la gioia della vittoria. "Quello di Serse Cosmi - afferma il direttore del carcere Salvatore Iodice - è un bel gesto di solidarietà, che esplicita grandi valori morali in una società in cui il decadimento degli ideali è sempre più latente, e che contribuisce a rendere giustizia ad un mondo, come quello del calcio, spesso rappresentato come mero "paradiso di frivolezze".

Siracusa: recita dei detenuti della Casa di reclusione

 

La Sicilia, 14 giugno 2005

 

Fine anno scolastico per i detenuti della Casa di Reclusione di Noto. A coronamento delle fatiche del percorso scolastico è stata presentata una commedia brillante ai compagni della Casa, con replica domani per i familiari. Difficile descrivere l’atmosfera della cappella settecentesca in cui è stato allestito il palcoscenico.Emozionati ma sereni gli esordienti attori di "La forse vera storia di Cristoforo Colombo", che fra improvvisazioni e battute da copione sono riusciti a divertire il pubblico regalando un’ora di spensieratezza. Emozionate anche le insegnanti: la prof. Blandini, regista, le professoresse Guerri e Cartia e le educatrici Alì e Di Falco, che con professionalità e sensibilità guidano gli ospiti della Casa di Reclusione nel loro impegnativo cammino. Soddisfatta per gli obiettivi raggiunti anche la direttrice, dott.ssa Lantieri, che in apertura ha voluto sottolineare l’impegno e la disponibilità del corpo docente.

Particolarmente intenso è stato anche il ringraziamento del gruppo di detenuti infioratori alle sig.re Biondani e Moscuzza, che ogni anno si impegnano a dare visibilità alla creatività dei detenuti. Trama d’argomento storico è quella di "La forse vera storia di Cristoforo Colombo", ricostruzione inedita della vita del navigatore a opera del presuntuoso alunno Battistuzzi, alias Orazio Cantarella. Un Colombo tutto catanese, che durante la navigazione si lascia andare ad accenti di nostalgia: "Mi manca Catania e tutto S. Cristoforo!". Esilaranti anche le scene di menage domestico fra Colombo e la moglie Beatrice (Giuseppe Munzone), in cui aleggia la presenza del fantomatico zio Crisostomo il cui ritratto, realizzato dal pittore Salvatore Cosentino, impreziosisce la scenografia. Efficace la scelta delle musiche. Nei lunghi anni di attesa del navigatore genovese e dei suoi uomini, il miraggio di una vita nuova in una terra libera.

Milano: detenuti-attori di Volterra all’ex Paolo Pini

 

Corriere della Sera, 14 giugno 2005

 

Si inizia con il gruppo dei detenuti-attori di Volterra. Omaggi a Pazienza e a Pasolini. Piatto forte, il teatro con 14 debutti milanesi Il gruppo di Olinda I detenuti vanno dai matti, la "ligera" s’impossessa del palco, mentre i fumetti di Pazienza prendono voce e lo spirito di Pasolini protegge la scena. Benvenuti ad Olinda, la miracolosa cittadella delle arti nata sulle ceneri dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini. Un piccolo mondo ideale, capace di trasformare emarginazione in ricchezza e la periferiain un vivace crocevia di socialità e cultura, dove sono protagonisti i perdenti e gli invisibili. Perché ad Olinda tutti sono convinti che "Da vicino nessuno è normale".

Anche quest’anno l’associazione presieduta da Thomas Emmenegger propone nel prezioso parco di via Ippocrate il suo cartellone estivo, frutto di un lavoro di cooperazione con associazioni di volontariato, teatri, comunità straniere e con l’ospedale Niguarda, fin dall’inizio partner della rassegna, giunta all’ottava edizione col sostegno della Provincia, del Comune e di numerosi enti, tra cui le Fondazioni Cariplo e Corriere della Sera. Un palco sotto le stelle, aperto dal 13 giugno al 31 luglio per concerti, film e soprattutto teatro: in cartellone quest’anno ben 15 spettacoli di cui 14 debutti milanesi (in luglio anche Alfonso Santagata, Natalino Balasso e Giuseppe Cederna).

Lunedì apre la manifestazione l’attesa Compagnia della Fortezza, il gruppo di detenuti-attori del carcere di Volterra (già due premi Ubu alle spalle) che, dopo 12 anni d’assenza da Milano, approda ad Olinda con "I Pescecani", ovvero quello che resta di Bertolt Brecht, di Armando Punzo (anche regista). Un ironico ed appassionato Kabarett da Germania anni Venti che, tra parole e musica denuncia ingiustizie e soprusi, smascherando i vari pescecani, responsabili del delirante virus che sta divorando il mondo. "Pompeo" è invece il titolo dell’imperdibile reading di martedì 14 dedicato all’ultima opera di Andrea Pazienza.

A dare voce ai fumetti del disegnatore, geniale e disperato interprete di una generazione, un suo amico, Stefano Benni. Tra gli appuntamenti più interessanti di giugno, "Parole Corsare" della Fondazione Corriere della Sera: tre serate, a ingresso gratuito, in omaggio alla poliedrica figura di Pierpaolo Pasolini, curate da Paolo Di Stefano. Il pensiero del controverso autore tornerà protagonista con la voce di interpreti molto diversi tra loro: Franco Branciaroli, Giovanni Lindo Ferretti e Ferdinando Bruni. Ogni serata si concluderà con un film, dai "Comizi d’amore" a "Il vangelo secondo Matteo". "Da vicino nessuno è normale", dal 13 giugno al 31 luglio all’ex Paolo Pini, via Ippocrate 45. Teatro ore 21.45, 10 euro. Cinema, ore 21.45, 5 euro. Tel. 02.66200646

Napoli: il carcere possibile, detenuti sul palcoscenico

 

Il Denaro, 14 giugno 2005

 

I detenuti napoletani vanno in scena: è il progetto "Il carcere possibile" (nato tre anni fa) che, da oggi e fino a giovedì 16 giugno, porta un gruppo di detenuti, degli Istituti Penitenziari di Poggioreale, Pozzuoli, Nisida e Secondigliano, sul palcoscenico del Mercadante, Teatro Stabile di Napoli. L’iniziativa è promossa dalla camera penale di Napoli, presieduta da Domenico Ciruzzi, in partnership con La Feltrinelli. La presentazione del progetto, avvenuta ieri, è anche l’occasione per ribadire le ragioni dell’astensione delle udienze dei penalisti, in programma da lunedì 20 a venerdì 24 giugno: attuazione dei principi del "giusto processo" e interventi per ovviare alle carenze logistiche e di organico che penalizzano l’amministrazione giudiziaria.

"Una pena con un filo rieducativo è la strada migliore al recupero del detenuto - spiega Domenico Ciruzzi, presidente della Camera Penale di Napoli - Le condizioni delle carceri sono pessime. E’ possibile recuperare questi soggetti, che sono differenti da noi, perché hanno vissuto in condizioni diverse. Se si pensa che tutti partono da una stessa base, non è così. Intraprendere un percorso di rieducazione serio, significa lavorare in maniera continuativa, anche con progetti simili". "L’iniziativa de La Feltrinelli - dice Luigi Morra direttore della libreria partenopea - è un tentativo di trasformare un tempo di detenzione in un tempo di recupero, anche culturale".

Quattro i pezzi teatrali interpretati dai provetti attori e diretti da tre registi: Carlo Cerciello, Riccardo Zinna e Giorgia Palombi. La rassegna, nata da una idea dell’avvocato Riccardo Polidoro, apre domani con la proiezione, alle 18,30 alla Feltrinelli di Piazza dei Martiri, del corto "Codice a Sbarre", di Ivano De Matteo. Il film-documentario di circa 26 minuti, riprende quattro ex detenuti abitare una cella, riprodotta in plexiglas (e montata in Piazza Trilussa a Roma).

Il corto, tratto dalle riprese durate una giornata intera, vede i 4 protagonisti passare una giornata tipo in carcere, seguiti da una vera guardia giurata e osservati con curiosità dai passanti. Poi seguirà l’incontro dibattito "Certezza della pena e diritti negati" e, al termine, la consegna di alcuni libri, raccolti dalle sedi La Feltrinelli di Napoli e Salerno, nell’ambito dell’ iniziativa "In carcere è possibile.. leggere".

Immigrazione: la Lega attacca Pisanu; serve severità

 

Gazzetta di Parma, 14 giugno 2005

 

E’ il momento della severità, la vendetta sarebbe un errore. Dopo l’uccisione del giovane barista di Besano, a Varese, ucciso mentre cercava di sedare una rissa, il ministro della Giustizia Roberto Castelli interviene a Radio Padania Libera, emittente della Lega Nord. "La legge consente dice di giudicare con indulgenza o con severità e ciò è giusto, è giusto lasciare un margine di discrezionalità ai magistrati. Adesso però ci vuole severità perché la società percepisce delitti di questo tipo come gravissimi. Non possiamo lasciare i cittadini in balia dei delinquenti, noi stiamo combattendo contro questo stato di cose. Non facciamo come la sinistra che vorrebbe risolvere la questione del sovraffollamento delle carceri con amnistie e indulti", riflette il Guardasigilli.

Torino: nella casa circondariale nasce una torrefazione

 

Redattore Sociale, 14 giugno 2005

 

Nasce una torrefazione nella casa circondariale "Lorusso Cotugno" di Torino. Il progetto è della cooperativa sociale "Pausa Cafè" che importa una pregiata produzione di arabica, proveniente da una ristretta area geografica del Guatemala, ai confini con il Messico: la Huehuetenango, la più alta catena montuosa non vulcanica del Centro America, considerata come una delle aree più vocate a questa produzione. Slow Food ne ha fatto un presidio ed ha inserito la produzione nel circuito del commercio equo e solidale certificato Fairtrade TransFair, ma il caffè equo oltre ad essere solidale con il sud del mondo offre concrete possibilità di inserimento lavorativo ai detenuti.

Il caffè viene torrefatto artigianalmente nel carcere torinese, con il sussidio di un team di esperti torrefatori; la tostatura è lenta e leggera ed il caffè è raffreddato ad aria e lasciato riposare per almeno 48 ore così da consentire il naturale processo di degassazione, prima di essere macinato. E’ in distribuzione con la confezione ideata e disegnata dagli studenti dell’Istituto Bodoni di Torino e scelta dagli stessi consumatori, in base ad un progetto promosso da Novacoop. I consumatori possono degustare un caffè 100 per cento arabica, straordinario per la qualità in tazza, ma unico anche per le modalità di produzione. Per la prima volta infatti ai produttori non solo è riconosciuto un prezzo equo, ma è garantita la possibilità di partecipare al 50 per cento degli utili generati dall’intero processo di trasformazione e commercializzazione, dal quale sono normalmente esclusi. "Un’innovativa forma di alleanza tra i diversi protagonisti della filiera con cui si fornisce una risposta alla grave crisi internazionale dei prezzi del caffè, che colpisce proprio i piccoli produttori", spiega la cooperativa.

Catanzaro: Jole Santelli e Rosario Priore tra i giovani detenuti

 

Quotidiano della Calabria, 14 giugno 2005

 

È passato, da poco, mezzogiorno ma l’auto sulla quale viaggia il sottosegretario alla Giustizia, Jole Santelli, ritarda. Ad attenderla, nel cortile dell’Istituto penitenziario minorile di Catanzaro, uno stuolo di agenti ed un gruppo di giornalisti affiancati da numerose telecamere. Dopo qualche minuto, giunge un fuoristrada con i vetri scuri e si capisce subito che si tratta della vettura giusta. Scende, velocemente l’onorevole, lenti da sole sui capelli ed aspetto tirato. Accompagnata da alcuni funzionari e da agenti in borghese entra dritta nell’Istituto dove sono presenti ad aspettarla, all’interno di una delle celle vicino all’entrata, un gruppo di giovani detenuti. Bisognerà pazientare, oltre mezz’ora, prima che il sottosegretario si conceda alla stampa. Giusto il tempo che, l’onorevole di Forza Italia scambi qualche battuta con quei pochi minorenni, maledettamente, finiti lì.

Per fortuna, non sono molti i ragazzi rinchiusi nell’Istituto minorile catanzarese perché la legge penale sui minori concede numerose possibilità al giovane condannato prima di tramutarsi in vera e propria reclusione da scontare dietro le sbarre. Anzi, un corpo di leggi tra le più avanzate al mondo, sostengono gli addetti ai lavori presenti all’appuntamento. In compenso, però, le migliaia di detenuti delle carceri italiane, vittime del sovraffollamento e del disagio, rappresentano una nota dolente per il nostro Paese. Dopo un’attesa imprevista, eccola uscire dal braccio dell’Istituto, con il sorriso sulle labbra, e fermarsi prima dell’uscita.

 

Allora, onorevole, che cosa chiedono i giovani che stanno qui dentro?

Ci pensa un attimo e risponde: "Impegno, sì, chiedono di essere tenuti in considerazione per non essere abbandonati. E’ importante dare ascolto alle loro esigenze ­ spiega Jole Santelli - per capire quanto soffrono, quanta disperazione e senso di rivincita vi è in loro. Inoltre, abbiamo una popolazione immigrata che non accetta trattamenti tradizionali e quindi - ha affermato Santelli - la nuova sfida è quella di giungere ad una nuova sistemazione". Lentamente, ci si avvia, insieme verso l’uscita, le domande sono tante ed in rapida successione ma l’onorevole non intende glissare e fa di tutto per rispondere, colpo su colpo.

 

In che stato sono le carceri italiane? Qual è la situazione attuale?

"Il carcere è la spia dei problemi sociali di un Paese - ha aggiunto - e noi dobbiamo essere bravi a saper anticipare e capire l’importanza di questa problematica. Il problema del sovrannumero, del disagio, sì, in effetti, sono spie preoccupanti sulle quali dobbiamo lavorare bene".

 

Dell’amnistia che cosa pensa?

"Per quanto concerne l’amnistia ­ ha dichiarato l’onorevole ­ può essere considerata una valida soluzione ai tanti problemi ma anche su questo è necessario riflettere; comunque - ha concluso - non è l’unica strada da intraprendere". Il tempo è scaduto e la l’onorevole viene accompagnata, in auto, al vicino Auditorium del Tribunale dove ad attenderla sono in tanti. Sono presenti, per l’occasione, autorevoli personaggi che operano nell’ampio e variegato panorama della Giustizia minorile. Primo tra tutti, Rosario Priore, capo del Dipartimento della giustizia minorile.

"La situazione minorile - ha fatto osservare Priore - riusciamo a fronteggiarla con i nostri istituti che sono ad un livello così alto da essere invidiati da altri Paesi. Nei nostri istituti - ha commentato - ci sono detenuti per reati gravi e non quelli per reati di poco conto". Sono intervenuti anche Domenico Blasco, presidente del Tribunale dei minori e giudice di sorveglianza; Angelo Meli, dirigente del Centro minorile, Calabria e Basilicata; Serenella Pesarin, direttore generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari del dipartimento minorile; Romano De Grazia, magistrato; Roberto De Santis, rappresentante dell’Associazione giovani europei, che, insieme ad altri colleghi, ha incontrato i giovani dentro l’Istituto. Nel pomeriggio si è tenuto un convegno sui temi della giornata.

Pescara: detenuti-attori in "Cantieri", film della scuola edile

 

Il Messaggero, 14 giugno 2005

 

Il primo ciak, del cortometraggio "Cantieri", con protagonisti i detenuti del San Donato di Pescara, è stato dato. Diretto dal regista Maurizio Fiume e prodotto da Claudio Angelozzi, la pellicola cerca di ricostruire uno spaccato della vita lavorativa dei detenuti in semilibertà nella loro quotidianità: quando ogni mattina escono dal carcere e si recano, seguendo un percorso obbligato, alla Scuola Edile, l’Ente di formazione che sta offrendo loro la possibilità di potersi reinserire nella società. Nel film il regista segue passo passo la loro giornata, cercando di capire il loro stato d’animo, l’esperienza che stanno vivendo, le loro aspirazioni, i loro sogni. Il film, che si avvale del patrocinio del ministero della Difesa, è stato promosso dalla stessa Scuola Edile e dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Pescara, sostenuto dalle Province di Pescara e Chieti e dal Rotary Club.

"Cantieri" nasce dalla volontà di perseguire un progetto già iniziato tre anni fa con la realizzazione di "Confini" (girato all’interno del San Donato), il primo dei quattro cortometraggi aventi per tema il rapporto tra carcere e mondo esterno. Della troupe fanno parte i componenti della Coop Rosabella di Pescara, l’aiuto regista Giovanna Di Lello, e Francesco Calandra come responsabile del backstage. M.Cir.

 

 

Precedente Home Su Successiva