Rassegna stampa 11 gennaio

 

Giustizia: ex Pdl Cirielli in Senato, modificabile ma non troppo

 

Apcom, 11 gennaio 2005

 

Nessuna blindatura per la ex pdl Cirielli, o salva Previti come preferisce chiamarla l’opposizione. Il provvedimento, che tra mercoledì e giovedì comincia il suo iter in commissione Giustizia al Senato, potrà essere modificato. Ad assicurarlo è Luigi Vitali, già relatore alla Camera, e ora neo sottosegretario cui toccherà, come esponente del governo, seguire il percorso del testo in Parlamento. "Il provvedimento non è affatto blindato, siamo pronti- spiega l’esponente azzurro - a eventuali modifiche che siano di buon senso e complementari all’impianto. Ben vengano se servono a eliminare qualche sbavatura".

Insomma, una legge modificabile ma non troppo. Difficilmente, infatti, all’interno del provvedimento sulla recidiva, che già contiene le norme sulla prescrizione e quelle che cosiddetto pacchetto Napoli, potrà essere inserita anche la cosiddetta "salva Dell’Utri", ossia la proposta del senatore di An, Luigi Bobbio, per cancellare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. "Io non credo - spiega infatti Vitali - che questa sia la modalità migliore per affrontare un tema così complesso e sul quale ci sono anni e anni di giurisprudenza da considerare. Si rischia di appesantire la legge senza poi fare un buon lavoro".

Lo stesso Bobbio spiega che valuterà mercoledì, anche con il relatore della ex Cirielli al Senato, il forzista Guido Ziccone, se sia il caso di presentare l’emendamento. Più probabilmente la proposta sarà presentata sottoforma di apposita proposta di legge.

Ma all’esame del Senato c’è anche la riforma dell’ordinamento giudiziario, tornato alle Camere dopo il rinvio di Ciampi. La conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama dovrebbe decidere lunedì prossimo quando l’Aula sarà chiamata a votare sul parere del relatore che prevede che il testo sia ritoccato nei soli quattro punti richiamati dal capo dello Stato. In settimana, probabilmente tra mercoledì e giovedì, ci dovrebbe essere un nuovo vertice dei "saggi" della giustizia della Cdl per decidere come sciogliere il nodo del rapporto tra la scuola della magistratura e l’autonomia del Csm.

Roma: un palcoscenico a Rebibbia, per salvare l’asilo nido

 

Corriere della Sera, 11 gennaio 2005

 

A Rebibbia si entra in fila indiana. Ci vuole un permesso speciale per la chitarra di Federico Zampaglione, cantante e leader dei Tiromancino. Valerio Mastandrea maneggia un megafono di latta, gli servirà sul palco durante lo spettacolo: a lui non hanno chiesto un permesso per portarlo dentro. "Chi sono gli artisti?", chiede una guardia carceraria nel suo accento del sud Italia che si incrocia con i mille dialetti di colleghi e detenuti. In fila indiana si passa sotto il metal detector, si supera la prima pesante porta di acciaio che si chiude alle spalle.

Un’altra porta e un’altra ancora. Una porta si apre su un cortile. Poi il teatro, in fondo a una scalinata. Ha le poltrone viola. "Non siamo scaramantici", scherza un "ospite" di Rebibbia. Una battuta rubata al vociare dei cento uomini che arrivano in sala. L’iniziativa serve a raccogliere i fondi per l’asilo nido del carcere. I detenuti hanno i volti segnati dalla solitudine e dalla tristezza, più che dalle rughe e dalle cicatrici. Ci sono giovani e vecchi. Tre extracomunitari siedono lontano dagli altri. E sfilano due transessuali, con lunghi capelli biondi e i jeans che lasciano scoperto l’ombelico. Vorrebbero stare in mezzo agli altri. Ma no, non va bene, dicono le guardie e la coppia viene dirottata in un angolo vuoto. Non manca nel rituale che precede l’inizio di ogni spettacolo: la cerimonia degli incontri, dei saluti e degli abbracci. Poi si spengono le luci in sala e si accendono i faretti sul palco.

Federico Zampaglione, chitarra a tracolla, canta una manciata di canzoni: in mezzo "Felicità" di Lucio Dalla, alla fine "La descrizione di un attimo" e dalla platea un ragazzo urla: "Bella, fratè". Ma il vero divo è Valerio Mastandrea. Con l’aspetto di chi si trova per caso sul palco, recita "Nonna Italia". Alla fine scherza: "L’ho scritto con Adamo Dionisi, se l’ho fatto con lui posso farlo con voi". E dalla platea: "Quando te pare".

La crew di rapper romani porta un po’ di scompiglio con la musica a tutto volume. Arriva il cabarettista Stefano Fabrizi con lo sketch su un ladro (in manette) il cui slogan è "Siamo tutti innocenti!". Il pubblico non si fa pregare per una battuta: "Bravo, pure noi". E giù risate. Ivano De Matteo si ritaglia gli spazi più toccanti: legge la poesia di un ex-carcerato e poi fa proiettare il documentario "Codice a sbarre", riflessione sulla vita dei detenuti. Si replica (con nuovi artisti) il 21 febbraio, nel carcere femminile di Rebibbia.

Caltanissetta: festa della Befana con i figli dei detenuti

 

Comunicato stampa, 11 gennaio 2005

 

Il comitato Territoriale dell’ARCI di Caltanissetta, l’associazione di Promozione sociale Cantieri Culturali Ciccianera, l’associazione Papillon (associazione per la promozione dei diritti dei detenuti e degli ex detenuti) con il patrocinio della amministrazione comunale di Caltanissetta hanno organizzato giovedì 6 gennaio - dalle ore 17.00 presso i "Cantieri Culturali Ciccianera" in via Federico De Roberto 8 – la Festa della Befana rivolta ai bambini residenti nel quartiere Ciccianera e ai figli dei soci della associazione Papillon. Alla Festa ha partecipato anche il Sindaco di Caltanissetta Salvatore Messana.

 

Per ARCI di Caltanissetta, Claudio Lombardo

Per i Cantieri Culturali Ciccianera, Claudia Lanteri

Per l’Associazione Papillon, Alfredo Maffi

Milano: polemiche sul clochard morto, "vietato morire di freddo"

 

Corriere della Sera, 11 gennaio 2005

 

"Vietato a Milano morire di freddo". Mettiamolo così, senza commozioni e senza patetismi, l’obbligo, estetico prima ancora che etico, di dimora notturna garantita a tutti, con o senza documenti. Mettiamo il tema dalla parte della legge e dell’ordine, come ama l’efficienza neo-conservatrice dal ciglio asciutto. Porta danni alla metropoli l’illegalità di morti connesse a uno strappo, pur formalmente imposto dalla legge, nelle maglie della solidarietà.

Il disordine di una estrema indigenza nuoce alla città. Lasciamo perdere le lamentazioni dei cuori teneri. L’immagine di Milano paga un costo non corretto. Se ogni notte sette camper girano per le strade offrendo riparo a chi manca di tutto, anche di una coperta, se 1.482 posti letto si offrono ai senza tetto, se otto associazioni si convenzionano con il Comune per dare sinergia al soccorso, se il volontariato, cattolico e non, mette in campo quotidianamente le sue forze migliori, se la Chiesa ambrosiana si struttura come una permanente organizzazione della carità, non è giusto che poi smagliature giuridiche restituiscano all’opinione pubblica un’idea di Milano turbata dalle sofferenze lontane dello tsunami ma distratta davanti a morti vicine per assideramento.

Se qualcuno chiede aiuto sotto casa tua e grida più forte di quel che consente il regolamento del condominio, che cosa fai? Il buon senso soccorre di volta in volta.

1) Il buon senso cittadino per prima cosa chiede di mettere da parte, nella discussione sul metodo, ogni passione e ogni malizia politiche. Meschina è la tentazione di dimostrare che il cuore dell’avversario è un po’ più duro del nostro.

2) Il buon senso giuridico ci ricorda che nelle norme preliminari alle singole leggi esiste un "Habeas corpus", radicalmente valido per ogni persona, regolare o irregolare. Si può invocare per un bambino immigrato che ha bisogno di una scuola, per un clandestino malato che chiede alla pubblica sanità di essere curato, non può essere negato per l’urgenza abitativa minima. A un uomo che rischia di morire di freddo si possono concedere 24 ore prima di pretendere i suoi documenti. L’amministratore teme che non sia così, nel ginepraio delle 200mila leggi italiane, che pur contemplano gli "stati di necessità"? Si crei una commissione di giuristi autorevoli per un "parere pro ventate".

3) Nel Paese di Santa Proroga e Santa Deroga, Patrone di condoni da far slittare, invocate per una sigaretta da fumare o per una multa da non pagare, non è un peccato prospettare un minuto ritocco invernale alle norme che impongono di segnalare immediatamente ogni utente irregolare di un tetto contro il gelo. Incartarsi nelle parti inessenziali delle leggi è destino amaro di ogni amministratore. La disobbedienza pubblica è però pessimo esempio. Lasciamolo agli estremisti della chiacchiera. Ma una rapida azione politica per una deroga con la "d" minuscola, magari per decreto, sarebbe invece cosa saggia.

Genova: Marassi, quando "l’ora d’aria" diventa "ora di fumo"

 

Ansa, 11 gennaio 2005

 

Come in ogni altro luogo o locale pubblico, nonostante le condizioni siano comprensibilmente differenti, anche nel carcere genovese di Marassi si esce all’aperto per fumare: l’ora d’aria dei detenuti, infatti, è il momento consentito per aspirare qualche "bionda", "ma si può fumare anche in cella - spiega il direttore Salvatore Mazzeo - solo se gli altri compagni sono d’accordo".

La legge entrata in vigore oggi non ha colto di sorpresa gli istituti penitenziari: "certo, per noi è una normativa difficile da far rispettare - prosegue Mazzeo - e molto impegnativa sia per i detenuti, che praticamente fumano tutti, che per gli agenti di polizia penitenziaria, ma cerchiamo di adeguarci: nelle aree comuni il divieto vige da tempo, così come nelle aule e nell’area ospedaliera, dove ci sono tutti i regolari cartelli".

Uniche eccezioni consentite sono i servizi igienici al cambio d’ora delle lezioni e le celle: "la regola è che si possa fumare se gli altri sono d’accordo". "Nei limiti del possibile cerchiamo anche di accontentare chi chiede di essere trasferito perché non sopporta il fumo - conclude il direttore del carcere genovese - ma è chiaro che non si possono attrezzare delle aree apposite: già i carceri sono sovraffollati così, ci mancherebbe anche di creare degli spazi per i fumatori...".

Dipendenze: l’azzardo è droga, forse per difetti circuiti piacere

 

Ansa, 11 gennaio 2005

 

Il gioco d’azzardo è una droga e l’innescarsi di questa dipendenza potrebbe derivare dalla distruzione o parziale compromissione dei circuiti nervosi del piacere. È quanto scoperto dall’equipe di neurologi coordinata da Christian Buchel della Universitaets-Krankenhaus Eppendorf, ad Amburgo, in Germania in una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Neuroscience.

Il circuito nervoso mal funzionante è lo ‘striato ventralè che, posto in profondità nel cervello, lavora a ritmo ridotto nei giocatori incalliti come avviene nei tossicodipendenti. Lo striato ventrale segnala le gratificazioni, si attiva cioè quando proviamo piacere.

Perciò tutte le sostanze stupefacenti che creano dipendenza come l’alcol, la cocaina, l’eroina e la nicotina, ne determinano l’attivazione, ha spiegato Buchel in un intervento. I neurologi tedeschi, durante un semplice gioco di carte, hanno confrontato l’attività del cervello di giocatori d’azzardo e di persone non abituate al gioco.

Gli esperti hanno chiesto a tutti i volontari di cimentarsi in un gioco simile a quello delle tre carte: ciascuno doveva scegliere una carta, quella vincente era di colore rosso. I fortunati vincevano un euro, ma il gioco era truccato in modo che tutto il campione vincesse e perdesse la stessa quantità di denaro. Ciò nonostante i ricercatori, che durante tutta la prova avevano monitorato il cervello dei volontari con la risonanza magnetica funzionale per mappare le aree cerebrali attive, hanno scoperto che l’attività dello striato ventrale era molto più scarsa nei giocatori incalliti rispetto agli altri individui sotto esame.

"A parità di stimolo che mette in moto lo striato, quindi, il differente livello di attività riscontrato - ha detto lo scienziato - potrebbe significare che i giocatori sentono meno piacere degli altri, anche se tale ipotesi è difficile da dimostrare con misurazioni oggettive". Quel che è certo, ha concluso Buchel, è che lo striato funziona di meno in chi è irretito nella dipendenza dal tavolo verde, proprio come si è già visto nei tossicodipendenti.

Droghe: Costa (Onu), timore aumento overdose per eroina afgana

 

Ansa, 11 gennaio 2005

 

Lo sbilanciamento tra la domanda di eroina, in calo, e l’offerta che arriva dall’Afghanistan, in aumento, "provocherà una crescita della purezza della droga trafficata e, di conseguenza, delle morti per overdose".

È quanto ha sostenuto Antonio Maria Costa, vicesegretario generale dell’Onu e direttore dell’ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc), inaugurando, oggi a Torino, il Master in criminologia e politica criminale. Al corso di specializzazione, organizzato nei locali all’ Unicri (Interregional crime and justice research institute) partecipano una trentina di allievi, laureati in Giurisprudenza e Scienze Politiche.

"Un tempo - ha detto Costa - l’Afghanistan produceva soprattutto oppio grezzo, ma in questo periodo post-bellico ha aumentato considerevolmente la trasformazione in eroina: nel 2004 ne ha prodotte 500 tonnellate, contro un consumo mondiale di 300-400 tonnellate. Per questo motivo temiamo nei prossimi mesi un aumento della purezza della droga e abbiamo lanciato un’allerta alle strutture sanitarie sul rischio imminente".

E c’è un altro aspetto che allarma: "Dai traffici di droga - ha spiegato Costa - derivano proventi per il terrorismo, i talebani e quel che resta di Al Quaeda in un paese per cui il processo di normalizzazione sarà ancora lungo e dove la corruzione a livello locale è ancora elevata. Gruppi legati al terrorismo - ha aggiunto Costa - impongono il pizzo due volte: ai trafficanti di droga e a chi importa in Afghanistan i precursori chimici necessari a trasformare l’oppio in eroina e che in Afghanistan non esistono".

Napoli: fumo in celle separate, cole regole per i detenuti

 

Il Mattino, 11 gennaio 2005

 

L’ora d’aria, l’ora del fumo. Anche in carcere, da ieri, si esce all’aperto per fumare. Accade in quello genovese di Marassi come nel carcere fiorentino di Solliccianino. Si può fumare poi in cella, considerata alla stregua di un’abitazione privata, ma soltanto se gli altri compagni sono d’accordo. A Solliccianino, poi, nelle celle a due posti si è cercato di mettere i fumatori con i fumatori e si è organizzata una sala per i fumatori Proibito già da molto tempo, fumare negli spazi comuni come la mensa, la biblioteca, sala cinema e laboratori.

La tutela della salute dei detenuti non fumatori è stata disciplinata già da alcuni mesi sulla base di una circolare trasmessa dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria alle direzioni di tutte le carceri italiane. Rispetto alla nuova legge, una prigione vanta sicuramente alcune specificità: non può, infatti, essere considerata "tout court" alla stregua di un’abitazione privata, ma non è nemmeno soltanto un luogo di lavoro né un locale dal quale gli ospiti possano liberamente uscire per andare a fumare una sigaretta all’aperto.

Ecco perché in carcere la legge anti-fumo si applica sostanzialmente all’incontrario, cioè non puntando a creare, come altrove, degli spazi destinati esclusivamente ai fumatori, ma piuttosto accorpando i detenuti che ne facciano richiesta in celle che siano occupate soltanto da "non fumatori".

Chi fuma, invece, potrà continuare a fumare tranquillamente nella stanza che divide con altri fumatori. Sigarette assolutamente vietate, invece, nelle mense, nelle biblioteche e in tutte le altre aree chiuse comuni. Nella casa circondariale di Poggioreale, dove "le bionde" sono compagne di prigionia della stragrande maggioranza della popolazione carceraria, il detenuto può dichiarare di essere un "non fumatore" appena entrato in carcere e subito dopo l’assegnazione al futuro reparto di custodia. Il personale dell’amministrazione penitenziaria provvederà, quindi, ad inserirlo in una cella dove siano reclusi altri detenuti non fumatori. 

Roma: due ore di "evasione" per 200 detenuti di Rebibbia

 

Il Messaggero, 11 gennaio 2005

 

Due ore di "evasione" per circa duecento detenuti di Rebibbia. Nessun allarme: quella di ieri pomeriggio al Teatro Circondariale del penitenziario romano non è stata una fuga vera e propria, ma si è trattato di un lungo viaggio con la fantasia per gente in attesa di giudizio e ancora ignara della pena che dovrà scontare. Un folto gruppo di attori e artisti romani già dalle 14 si era dato appuntamento davanti al civico 70 di via Majetti, protagonisti dell’iniziativa "Belli come il sole", un progetto curato dalle associazioni culturali "Blow up" e "Il Pavone" rivolto ad assicurare un permanenza più sana per i figli delle detenute, autorizzate a tenere con se in carcere i propri figli fino al raggiungimento del terzo anno d’età.

Ecco Valerio Mastandrea, Federico Zampaglione dei Tiromancino, il regista Ivano De Matteo, il cabarettista Stefano Fabrizi, il cantante Andrea Rivera e alcune formazioni rapper della scena underground della Capitale. "Sono emozionato e teso, è la prima volta che entro qui", commenta Mastandrea prima di mettere piede nel carcere. Alle 15 si entra per un’ora di prove, prima dello spettacolo. Tutti insieme ci si libera degli effetti personali pronti a varcare i cancelli. C’è tempo per le ultime battute, per stemperare l’aria tesa e la responsabilità di recitare davanti a persone che chissà quando metteranno piede dentro ad un teatro vero.

Appena varcato l’ingresso regna il silenzio. I passi che attraversano i lunghi corridoi prima del palco sembrano non finire mai. Si è dentro ed ecco, subito dopo, guardati a distanza da decine di "secondini", fare ingresso i detenuti. Entrano a gruppi, tutti uomini, appartengono al nuovo complesso circondariale. Tra loro c’è Gennaro, nipote di secondo grado del principe Antonio De Curtiis che, per la sua buona condotta, sconta una pena più lieve, lavorando all’interno di Rebibbia. "Dopo tre anni a Poggioreale qui a Roma è tutta un’altra cosa. Lì è davvero un inferno, assiepati in dodici in una cella. Ho cominciato a dodici anni a fare su e giù nelle carceri". Ma almeno questa è l’ultima volta? "Vuole la sincerità: non lo so".

Inizia lo spettacolo. Accende i motori Federico Zampaglione, leader dei Tiromancino. Poi l’esilarante Stefano Fabrizi fa impazzire la platea con la storia tragicomica di un ladruncolo di periferia. Entra Mastandrea ed è boato da stadio con il suo monologo "Nonna Italia". Tante risate e momenti di svago, poi il bellissimo documentario di Ivano De Matteo, "Codice a sbarre", restituisce ai reclusi (e da domani a chi lo vedrà nei circuiti) la malinconia della prigione. "Vi aspettiamo fuori", urlano gli artisti dal palco. E non è una minaccia. 

Brescia: lettera dal carcere "un grazie ai Radicali"…

 

Giornale di Brescia, 11 gennaio 2005

 

Caro direttore, le saremmo grati se ci concedesse un piccolo spazio. Siamo i detenuti del carcere cittadino, e vorremmo pubblicamente ringraziare la delegazione del Partito Radicale guidata dal consigliere regionale Alessandro Litta Modignani che ci ha reso visita la scorsa settimana.

Tale visita è stata da noi tutti vivamente apprezzata in quanto i 3 componenti hanno visitato tutte le 100 celle che compongono le sezioni della struttura intrattenendosi con gli occupanti di ognuna per comprendere a fondo quali siano le reali priorità oltre a quelle che hanno potuto constatare di persona visitando le fatiscenti docce comuni e l’invivibile sovraffollamento che contrasta in maniera più che palese con l’ordinamento penitenziario che prevede 16 mq per ogni detenuto mentre la situazione è di 5 persone in 20 mq.

È la prima volta che una visita di qualsivoglia istituzione o partito viene effettuata in maniera così esplicita di reale interesse per i nostri problemi. Il solo fatto di aver ricevuto una stretta di mano sincera ed un incoraggiamento ha fatto reale piacere a tutti noi. Sperando non resti un episodio isolato, rinnoviamo la nostra sincera gratitudine al Partito Radicale augurandoci che ciò serva da esempio a chi di dovere ricordando che ci sono altre priorità che vanno anteposte ad opere quale ad esempio la metropolitana.

 

I detenuti di Canton Mombello

Sassari. evade da casa e bussa in questura, "meglio il carcere"

 

L’Unione Sarda, 11 gennaio 2005

 

Agli arresti domiciliari, evade e fila dritto in questura: "Voglio tornare in carcere, mia madre soffre troppo". Ai poliziotti, dopo il primo momento di sconcerto, non è rimasto che accontentarlo. Vincenzo Fiori, disoccupato sassarese di 35 anni, è stato arrestato e rinchiuso in camera di sicurezza, nei locali della Questura. Dopo qualche ora di riflessione, assistito dall’avvocato Paolo Spano, il giovane è comparso davanti al giudice per la convalida del fermo.

Davanti al giudice il refrain: "Non me la sentivo più di pesare sul magro bilancio della mia famiglia, per questo sono evaso dagli arresti domiciliari e ho chiesto di poter tornare in carcere". Poche frasi per spiegare un gesto insolito, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Sassari, Massimo Zaniboni, che lo processava per evasione.

Finito in carcere un paio di mesi fa per un furto commesso all’interno di una palazzina disabitata e posta sotto sequestro nel quartiere popolare di Monte Rosello, Vincenzo Fiori dopo alcuni giorni trascorsi a San Sebastiano aveva ottenuto gli arresti domiciliari. "Non posso più rimanere a casa, vorrei rientrare in carcere - ha detto l’imputato al giudice - dover pesare sulle spalle di mia madre mi fa stare male". E la situazione in casa non era in effetti delle più rosee.

Un problema di tossicodipendenza mai risolto rendeva impossibile la convivenza in famiglia. Fino a quando l’uomo non ha deciso che era meglio cambiare aria, ritornare in una cella, dove sarebbe stato il solo a pagare. Il giudice lo ha accontentato: dopo la convalida del fermo Vincenzo Fiori è stato trasferito in carcere in attesa del processo fissato per giovedì prossimo. Non è la prima volta che a Sassari si verificano episodi del genere.

Alcuni mesi fa un altro giovane aveva fatto la stessa cosa. Per autodenunciarsi e poter tornare dietro le sbarre si era presentato direttamente all’ingresso dell’istituto di pena di San Sebastiano. Gli agenti di Polizia penitenziaria gli avevano spiegato che il carcere non è un albergo e lo avevano allontanato. Ma il giovane non si era arreso: dopo aver chiamato da un telefono pubblico i centralini di Polizia e Carabinieri, aveva denunciato la sua evasione e atteso l’arrivo delle forze dell’ordine sui gradini del Palazzo di giustizia.

Latina: rapina per disperazione, "volevo andare in carcere"

 

Il Messaggero, 11 gennaio 2005

 

"Ero disperato, volevo andare in carcere per avere un posto sicuro dove mangiare e dormire". Una rapina per disperazione quella avvenuta sabato in un negozio di ottica di Cisterna. P.A., un uomo di 38 anni abbastanza conosciuto in città, era entrato nel negozio minacciando il personale e intimando la consegna dell’incasso.

Erano circa le 11.30 quando l’uomo si è presentato dal titolare del negozio che lo ha riconosciuto. Ha tentato di convincerlo a desistere, a lasciar perdere. L’uomo evidentemente non sembrava molto convincente con quelle mani in tasca, come a voler dire di essere armato. Alla fine il titolare gli ha consegnato solo 10 euro e l’uomo si è allontanato.

Appena uscito, il commerciante ha chiamato i carabinieri che sono immediatamente intervenuti arrestando l’uomo, già conosciuto dalle forze dell’ordine per episodi simili. Si è giustificato dicendo di voler stare in carcere per avere un posto sicuro dove mangiare e dormire. Ieri mattina è comparso davanti al giudice monocratico Raffaele Toselli. Dopo la convalida, il legale ha proposto il giudizio con rito abbreviato. Il pm Simona Gentile ha chiesto 2 anni e 8 mesi. Il giudice ha optato per una condanna più mite: un anno e 4 mesi. L’uomo è tornato in libertà.

Biella: ora i detenuti devono spiegare perché vogliono leggere

 

Indymedia Piemunt, 11 gennaio 2005

 

Non è bastato che venissero tolti a alcuni detenuti del carcere di Biella i libri, gli oggetti personali e tutti i vestiti (eccezion fatta per un ricambio di biancheria); Ora il direttore rincara la dose, facendo presente che i detenuti possono richiedere altri libri, ma devono motivare la richiesta. Ovvero il direttore può decidere se un certo titolo può essere letto o no, decidendo se la richiesta sia motivata adeguatamente o no.

Sempre di più l’episodio sembra assumere le caratteristiche di un vero e proprio esperimento, eventualmente da estendere ad altri carceri. Il carcere di Biella infatti è adatto allo scopo, perché piccolo (circa 300 detenuti) e variegato, in quanto vi si trova anche una sezione speciale.

L’esperimento sui libri, iniziato nella sezione speciale, è stato ora esteso a tutto il carcere, dove si può assistere ad una totale schiavizzazione dei detenuti da parte del direttore, che pretende di dover autorizzare tutto all’interno del carcere. Inoltre la perquisizione è avvenuta senza motivazioni scritte e senza un inventario del materiale sequestrato.

Padova: detenuto tunisino di 21 anni si soffoca con sacchetto plastica

 

Ristretti Orizzonti, 11 gennaio 2004

 

Nella notte tra sabato e domenica un detenuto tunisino di 21 anni, di nome Mestiri Bayrem, si è ucciso infilando la testa in un sacchetto di plastica, normalmente usato per raccogliere la spazzatura. Per rendere la fine più rapida ha riempito il sacchetto con il gas della bomboletta da camping, prima di infilarselo in testa.

Poche ore prima aveva tentato di uccidersi, impiccandosi alle sbarre della finestra, ma era stato salvato in tempo. Però si è deciso di lasciarlo nella sua cella, invece di trasferirlo nella cosiddetta "cella liscia" (priva di qualsiasi suppellettile), come spesso avviene in questi casi.

 

 

Precedente Home Su Successiva