P.G. Favara: giustizia malata, crimini in aumento e processi lumaca

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 12 gennaio 2005

 

Sono quasi 9 milioni i processi pendenti nelle cancellerie dei palazzi di giustizia italiani e riguardano almeno 18 milioni di cittadini. È tutta in questo dato l’entità del dissesto in cui versa il nostro sistema giudiziario, e la cifra è accompagnata da uno dei rari punti esclamativi usati dal Procuratore generale della Cassazione, Francesco Favara, nella sua relazione letta stamani nell’Aula magna di Piazza Cavour davanti al Capo dello Stato, al Premier e al Guardasigilli.

A fronte di una simile "debacle" che costringe i cittadini a tempi di attesa che vanificano la richiesta di giustizia, Favara ha esortato il Parlamento e il Governo a dare al Paese riforme "giuste e condivise", perché la sola riforma dell’ordinamento giudiziario - "pur necessaria, a prescindere da ogni valutazione sul suo contenuto" - "non è assolutamente sufficiente".

Punti fermi devono, però, "sempre" rimanere l’indipendenza e l’autonomia della magistratura. Indubbiamente i magistrati, dice Favara, devono impegnarsi per migliorare il servizio ma a loro va restituita la "fiducia dei cittadini", anche tramite il rispetto per le sentenze e le loro decisioni. Tra i rimedi che il capo dei pubblici ministeri indica per questa situazione - osservata con "preoccupazione" anche dalla Corte di Strasburgo - c’è la richiesta di leggi che riducano la possibilità di ricorso, soprattutto quello dilatorio, e l’introduzione di filtri anche nel settore civile. Favara chiede inoltre di non rendere obbligatoria per legge l’azione disciplinare nei confronti dei giudici, altrimenti finirebbe al collasso anche la Procura da lui guidata a Piazza Cavour.

 

Fascicoli arretrati e tempi lunghi

 

Sono 3.365.000 le cause civili pendenti e 5.580.000 quelle penali. Nel civile la durata media dei giudizi di primo grado è passata per i giudici di pace da 313 a 328 giorni, nei tribunali da 860 a 888 giorni. In secondo grado, lo stand-by è migliorato nei tribunali calando da 1.061 a 837 gironi, mentre si impenna nelle corti di appello da quota 1.120 a 1.259 giorni. In pratica - dice Favara - una causa civile, comprensiva di passaggio in Cassazione, dura oltre otto anni, circa 3.041 giorni. Nel 2003, sempre per il civile, i tempi complessivi erano più corti di nove mesi.

Passando al penale la musica non cambia. Spiega il Pg: "vi è un consistente aumento di durata di tutte le fasi successive alle indagini preliminari". In tribunale occorrono 377 giorni e non più 348, in corte d’appello ne servono 606 anziché 543. Insomma per arrivare anche in Cassazione, servono - nel penale - 1.841 giorni (prima ne bastavano 1.800), pari a circa cinque anni. Ma i tempi, in realtà sono ancora più lunghi, avverte Favara, perché non sono calcolati i periodi per scrivere le sentenze e trasmetterle.

 

Primi condannati in Europa

 

In questa classifica negativa dei "processi lumaca", occupiamo il primo posto tra i 46 paesi del Consiglio d’Europa condannati per violazione dei diritti umani. Lo scorso anno siamo stati "puniti" 103 volte soprattutto per la lentezza, compresa quella che caratterizza gli sfratti.

 

Separazioni e divorzi non rallentano

 

I coniugi che si sono lasciati sono in "lieve aumento", compresi quelli che sono arrivati all’addio definitivo sancito dal divorzio. Rispetto al passato, le coppie arrivano dal giudice con maggior fair-play: sono aumentati del 6,8% i divorzi chiesti congiuntamente.

 

Delitti in aumento, boom delle truffe

 

Rispetto allo scorso anno, sono stati denunciati 104.029 reati in più (3,7%). In totale i crimini compiuti ammontano a 2.886.281. Crescono del 130% le truffe, specie quelle telematiche. Gli omicidi lievitano del 2%, le rapine calano del 6% e le estorsioni del 4%, le violenze sessuali crescono del 48%. Quasi tutto rimane impunito: come il 95% degli autori dei furti, il 50% degli omicidi, l’80% delle rapine. È proprio l’impunità - dice Favara - che "alimenta la delinquenza", e determina "quel senso di sicurezza oggi assai diffuso" nei cittadini.

 

Forte tentativo di infiltrazione Br

 

Il Pg segnala la rinnovata radicalizzazione del conflitto nei luoghi di lavoro, attuata dalla strategia dei nuovi terroristi e avversata "decisamente" dai sindacati e dai lavoratori.

 

Moschee per reclutamento "jiadista"

 

Qualche preoccupazione desta il "sospettato coinvolgimento di taluni religiosi in attività di supporto e sostegno al terrorismo internazionale". E certe indagini hanno scoperto che taluni luoghi di incontro venivano utilizzati come "osservatori per l’individuazione di possibili reclute".

 

In carcere meno detenuti in attesa di giudizio

 

Ma sono recluse 11.839 persone che non hanno ancora "ottenuto una verifica dibattimentale". Quelli che hanno ottenuto una condanna definitiva sono pari al 62,5% sul totale di 56.532 detenuti. Il sovraffollamento non è cambiato. L’indultino è stato un flop che ha aggravato il lavoro dei magistrati di sorveglianza. Bene le misure alternative, ma bisogna evitare che delinquenti pericolosi ne usufruiscano per effetto dei riti abbreviati. Promossi anche i permessi premio ai detenuti che - generalmente - rispettano i patti.

Relazione Favara: i Poli si dividono, accusandosi a vicenda

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 12 gennaio 2005

 

Il procuratore Generale della Cassazione Francesco Favara, nella sua relazione di apertura dell’anno giudiziario, punta il dito contro una giustizia malata, difende l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati, se la prende con la prescrizione che rischia di "fulminare" il processo penale, dichiara che si impongono "scelte coraggiose e innovative" e auspica riforme serie e condivise. I poli lo ascoltano e lo applaudono. Ma poi si dividono accusandosi a vicenda.

Il primo a intervenire è il ministro della Giustizia Roberto Castelli. Ringrazia il Pg per i "complimenti" che gli ha fatto e osserva che nella relazione "assai equilibrata" di Favara ci sono "più luci che ombre". È vero che il Pg ha detto che la riforma dell’ordinamento giudiziario non basta, chiosa il Guardasigilli, ma anche la Cdl è convinta di questo perché "occorre riformare ampiamente il sistema".

Ribadisce di volere il dialogo con i magistrati e si augura che per sabato prossimo, quando andrà a Palermo per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, le toghe non protesteranno così come hanno annunciato ("spero che magistrati stiano ad ascoltare quello che il ministro va a dire...") L’opposizione attacca la Cdl, responsabile dello "sfascio" in cui versa la giustizia, e se la prende anche con il ministro. "Altro che luci di cui parla Castelli! - tuona Armando Cossutta - Lo stato in cui versa la giustizia in Italia è una grande ombra che aleggia sulla testa dei giudici e dei cittadini". E sono in molti, nel centrosinistra, a pensarla così.

La responsabile Giustizia dei Ds Anna Finocchiaro definisce "sconfortante" il quadro che emerge dalla relazione di Favara e sottolinea come i ricorsi in Cassazione (il più ingolfato, secondo il Pg, degli uffici italiani) siano ormai solo "un modo per far prescrivere i processi". Analoghi i commenti del responsabile Giustizia della Margherita Giuseppe Fanfani e del leader dell’Idv Antonio Di Pietro che sottolineano "la crescita della criminalità" in Italia denunciata da Favara e invitano Castelli a rispondere su quanti processi si prescriveranno con la cosiddetta "salva-Previti" (la proposta di legge ora all’esame del Senato che dimezza i tempi di prescrizione dei reati ndr) visto che, mentre in Italia la giustizia "è allo stremo", la Cdl "si occupa solo di mettere a punto norme come la ‘salva-Previtì e la ‘salva-Dell’Utri". E il risultato di queste "leggine" fatte "per difendere gli inquisiti e attaccare i magistrati", sottolinea il leader dei Versi Alfonso Pecoraro Scanio, è che "la giustizia è più ingolfata e i crimini più impuniti".

"I reati - sottolinea ancora Marco Minniti (Ds) - aumentano. Non è dunque la solita congiura dell’opposizione. I fatti ci dicono che ci troviamo di fronte ad un’emergenza sicurezza...".

La maggioranza contrattacca e rispedisce le accuse al mittente. "Pecoraro come tutta la sinistra - risponde Isabella Bertolini (FI) - non può mettersi in cattedra sulla giustizia" perché "il crollo" di questa "è stato firmato dai malgoverni ulivisti". I problemi di cui parla Favara, incalza il vice-coordinatore ‘azzurrò Fabrizio Cicchitto, "non possono essere messi certo in conto all’attuale governo". L’attacco del centrosinistra su questo punto è del tutto "strumentale".

Anche il responsabile Giustizia di FI Giuseppe Gargani interviene e spiega che il Pg non ha voluto criticare la riforma dell’ordinamento giudiziario quando ha detto che non basta perché anche la Cdl è concorde su questo, ma lo attacca sul fronte delle prescrizioni: "lamenta la lentezza della giustizia ma al tempo stesso vuole la prescrizione eterna...". Entusiasta invece Enzo Fragalà (An) che, tra l’altro, ringrazia Favara per aver rotto "il granitico muro di omertà delle toghe per quanto riguarda l’improrogabile necessità di approvare riforme ordinamentali" che eliminino "il mercato dei privilegi degli addetti ai lavori".

Anche il segretario dello Sdi Enrico Boselli condivide le parole di Favara soprattutto quando parla di rivedere il sistema delle impugnazioni: "Quella dei tre gradi di giudizio - afferma - è una garanzia eccessiva figlia del mai sciolto nodo della separazione delle carriere...".

Visioni diverse invece nel Prc. Il deputato indipendente Giuliano Pisapia condivide il contenuto della relazione e parla di una "realtà desolante". Mentre il responsabile del Lavoro del partito Paolo Ferrero definisce "gravissime" le parole del Pg dal momento che "individua una connessione tra tentativi di infiltrazioni terroristiche nel mondo del lavoro e ripresa della conflittualità sindacale".

Più conciliante infine il giudizio di Paolo Cento (Verdi) che annuncia di voler proporre in commissione Giustizia della Camera un dibattito sulla relazione: "È positivo - dichiara - il richiamo alla necessità di riforme condivise da tutti e non a colpi di maggioranza. Anche se la proposta di revisione dei tre gradi di processo resta un grave errore. Le sollecitazioni che giungono dalla relazione di Favara comunque non devono restare, come altre volte, lettera morta...".

Delitto di Novi Ligure: permesso premio anche per Erika?

 

Vita, 12 gennaio 2005

 

"L’opinione pubblica provocata dalla notizia della richiesta di permesso-premio per Erika, deve sapere che l’ ordinamento giudiziario lo prevede. Da anni la pena non è più una punizione ma un programma di rieducazione".

Mario Boccassi, il legale che ha sempre seguito Erika De Nardo, nei prossimi giorni avrà un incontro con la direzione, la psicologa e l’equipe del carcere minorile Beccaria di Milano, per "valutare in generale che cosa fare". "I percorsi sono diversi per ognuno ma il principio è lo stesso - aggiunge - il permesso è un traguardo, ma non il più importante.

A questo punto Erika deve capire che cosa fare della sua vita". La ragazza di Novi, condannata a 16 anni per avere ucciso la madre e il fratello, è in carcere dal 23 febbraio 2001, due giorni dopo il duplice omicidio. In base all’ ordinamento giudiziario può accedere al beneficio del permesso-premio, sulla scorta delle relazioni favorevoli degli educatori e avendo già scontato un quarto di pena. Il magistrato di sorveglianza del tribunale dei minori lo scorso anno aveva accolto la richiesta di liberazione anticipata, che prevede ogni sei mesi trascorsi in carcere o ai domiciliari uno "sconto" di 45 giorni. Erika il prossimo 28 aprile compirà 21 anni e sarà trasferita dalla struttura di pena minorile ad un carcere per adulti, scelto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria anche in base al luogo di residenza dei familiari, quindi Piemonte o Lombardia.

Il padre di Erika, l’ingegner Francesco De Nardo, ogni mercoledì e domenica da quasi quattro anni compie il viaggio da Novi a Milano per andare a trovare la ragazza, che non ha mai lasciato sola. Anche i legali di Omar, all’ epoca fidanzato e complice di Erika nel duplice omicidio e condannato a 14 anni, hanno chiesto che possa usufruire di un permesso-premio e il primo potrebbe arrivare tra due-tre mesi, ma deve essere legato ad un progetto di volontariato all’ esterno del carcere di Asti, nel quale è rinchiuso da quando è diventato maggiorenne.

C.E.I.: situazione e prospettive della pastorale carceraria in Italia

 

Redattore Sociale, 12 gennaio 2005

 

Al centro dei lavori del Consiglio Episcopale Permanente della Cei anche la situazione e le prospettive della pastorale carceraria in Italia, oltre all’assistenza spirituale degli emigrati italiani. I temi saranno dibattuti dal Consiglio della Conferenza episcopale italiana, riunito a Bari dal 17 al 20 gennaio prossimi, in vista del Congresso Eucaristico Nazionale che si terrà sempre nel capoluogo pugliese dal 21 al 29 maggio sul tema

"Senza la domenica non possiamo vivere".

I lavori, che si svolgeranno presso il Palace Hotel (Via Francesco Lombardi, n. 13), si apriranno nel pomeriggio di lunedì 17 gennaio con la prolusione del Cardinale Presidente, Camillo Ruini. Nei giorni successivi i Vescovi definiranno il programma e il tema della prossima Assemblea Generale che si terrà a Roma dal 18 al 22 aprile, esaminando i temi del carcere e della pastorale degli emigrati, fornendo anche pareri su alcuni documenti proposti dalla Commissione episcopale per il laicato, dalla Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata, dalla Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace.

Il 18 gennaio i Vescovi italiani parteciperanno alla celebrazione eucaristica in occasione della riapertura della Cattedrale di Bari. Approvazione di statuti, regolamenti e ammissione di associazioni ecclesiali alla Cnal (Consulta nazionale delle aggregazioni laicali) e alcune nomine chiuderanno la sessione. Al termine dei lavori del Consiglio Episcopale Permanente si svolgerà una conferenza stampa (ore 12.00 del 20 gennaio presso il Palace Hotel di Bari) in cui interverranno il cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei, e mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari - Bitonto.

Tanzania: 15 in sciopero della fame nel braccio della morte

 

Agenzia Radicale, 12 gennaio 2005

 

Più di 15 prigionieri di un braccio della morte tanzaniano da cinque giorni stanno attuando uno sciopero della fame per protestare contro il sovraffollamento delle celle, i pestaggi cui sono sottoposti e la scarsità del vitto. Le autorità del carcere di massima sicurezza di Ukonga, presso Dar es Salaam, respingono le affermazioni dei prigionieri: stanno mentendo - ha detto il funzionario Augustine Nanyaro - aggiungendo che il Governo ha già provveduto a migliorare i loro pasti.

Il carcere di Ukonga ospita più di 3.000 detenuti, compresi i 90 in attesa di essere impiccati da più di 20 anni. Questi ultimi sostengono che i loro appelli non sono ancora stati esaminati. Molti di loro non avrebbero inoltre mai ricevuto visite da parte di parenti che li ritengono già giustiziati.

"Da un po’ di tempo a questa parte le condanne a morte non vengono eseguite" ha detto Nanyaro, aggiungendo che questo tipo di decisioni spettano al Procuratore Generale. Ad Ukonga, anche i detenuti con pene minori denunciano di aver subito pestaggi. Nel corso delle perquisizioni condotte in carcere alla ricerca di droghe e sigarette, i prigionieri sarebbero sottoposti anche ad ispezioni rettali. Il Ministero degli Interni ha recentemente annunciato di aver migliorato le condizioni all’interno di tutte le prigioni del Paese. La prossima settimana il Governo farà distribuire le nuove uniformi gialle a tutti i detenuti del Paese, sostituendo così le attuali uniformi bianche. Inoltre le autorità introdurranno nelle prigioni la formazione professionale, all’interno di programmi riabilitativi per i detenuti. In Tanzania la pena di morte è prevista per omicidio e tradimento. L’ultima esecuzione è avvenuta nel 1994. Nell’aprile 2002 il Presidente Benjamin Mkapa ha commutato in ergastolo le condanne a morte di 100 persone.

Favara: criminali tecnologici battono giustizia lenta e obsoleta

 

Gazzetta del Sud, 12 gennaio 2005

 

Criminali tecnologici battono la giustizia lenta e obsoleta. È una sintesi estrema e parziale del panorama dipinto dal procuratore generale presso la Cassazione Francesco Favara nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Presenti Ciampi, Berlusconi e le massime cariche dello Stato il Pg è andato giù duro tracciando i contorni di una situazione ai limiti dello sfascio nella quale la lunghezza dei processi anestetizza qualsiasi speranza, i reati aumentano privilegiando la sfera informatica e delle nuove tecnologie mentre l’apparato che dovrebbe fronteggiarli fa i conti con pochi uomini e ancor meno mezzi peraltro obsoleti; i responsabili la fanno franca per la maggior parte dei casi; i criminali diventano sempre più baby e sempre più "medio borghesi"; le violenze sessuali e sui minori conoscono un rilancio inaspettato e il terrorismo internazionale punta a parcellizzarsi sul territorio facendo leva sui punti di aggregazione e persino sui luoghi di culto islamici.

E, per finire, occhio alle Br che, seppure bastonate da arresti e indagini, non hanno perso del tutto la grinta del passato e mirano a infiltrare il mondo del lavoro e quello del sindacato. Di buono c’è che gli italiani, spiega Favara, divorziano sempre di più in modo consensuale seppure si accapigliano fino alla Corte suprema sull’affidamento dei figli.

Un’ansia da genitori che si evince anche dall’aumento delle domande di adozione internazionale mentre l’istituto dell’affido non riesce a decollare. Su tutto pesano i numeri: 9 milioni di processi pendenti con incognite mai risolte per quasi 18 milioni di cittadini. Soluzioni?

Favara ne individua alcune e sollecita il Parlamento a fare nuove leggi anche per ridurre la possibilità di ricorso. Quindi sollecita Parlamento e Governo a dare al Paese riforme "giuste e condivise".

Numeri – 3.365 cause civili pendenti, 5.580.000 quelle penali. La piaga dei processi lumaca lascia una sgradevole scia: l’Italia è in testa nell’hit parade europea sui paesi condannati per violazione dei diritti umani. L’anno scorso siamo stati puniti 103 volte.

Boom delle truffe – Rispetto all’anno scorso i reati denunciati sono stati 104.029 in più. Crescono del 130% le truffe, specie quelle telematiche. Aumentano del 2% gli omicidi e del 48% le violenze sessuali. A finire in carcere sono in pochi: il 95% degli autori dei furti restano impuniti, il 50% degli omicidi si chiude senza assassini conosciuti, l’80% delle rapine non trova colpevoli. Terrorismo Br - Secondo il Pg ci troviamo di fronte ad una rinnovata radicalizzazione dei conflitti nei luoghi di lavoro e occorre vigilare contro le infiltrazioni. Perché l’organizzazione è ancora viva e non tutti i suoi affiliati sono stati arrestati. Terrorismo internazionale - Desta preoccupazione il "sospettato coinvolgimento di taluni religiosi in attività di supporto e sostegno al terrorismo internazionale". Queste le parole usate da Favara che cita alcuni luoghi di incontro utilizzati come "osservatori per l’individuazione di possibili reclute per la jihad".

Carceri sovraffollate – Non c’è un capitolo della relazione che non volga verso l’allarme. Il problema delle case di detenzione piene oltre misura non è cambiato e per questo motivo il Pg sottolinea la positività delle misure alternative da non allargare, precisa il magistrato, ai detenuti più pericolosi. Al momento risultano dietro le sbarre 11.839 persone che non hanno ottenuto ancora "una verifica dibattimentale". Rappresentano il 62,5% dei detenuti che sono 56.532. Mafia ed ecomafia - La criminalità organizzata si sta attrezzando, secondo il Pg, mentre poco si è fatto per contrastare l’ecomafia. La risposta non è stata "pronta e immediata".

Costi abnormi – Mancano le risorse economiche per la giustizia ma lievitano i costi: per le intercettazioni sono stati spesi 146 milioni di euro. Il Pg invita i magistrati a "contenere e razionalizzare".

 

A Palermo sgarbo a Castelli

 

Le toghe palermitane voltano le spalle al ministro della Giustizia, Roberto Castelli. I giudici e i pubblici ministeri, infatti, diserteranno sabato la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario in cui è prevista la sua presenza, per dare vita ad una vera e propria contromanifestazione. Ci saranno, invece, i colleghi della corte d’Appello che, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, dovranno assicurare la regolarità formale dell’udienza di apertura dell’anno giudiziario.

La clamorosa protesta si terrà prima in piazza della Memoria, nell’atrio della "cittadella della giustizia", che aveva già visto i magistrati con tanto di toga prendere parte al recente sciopero. Poi si recheranno nell’aula magna della Procura dove, in un’assemblea aperta a cittadini, a esponenti di forze politiche e sociali e all’avvocatura, si confronteranno "sull’assoluta inadeguatezza - spiega il presidente distrettuale dell’Anm, Massimo Russo - rispetto alle vere cause del disservizio e dell’inefficienza dell’amministrazione della giustizia, dei progetti di riforma e sui loro evidenti limiti costituzionali".

Detenuti stranieri in Italia, in un anno quasi 900 espulsi

 

Corriere della Sera, 12 gennaio 2005

 

Quasi 900 stranieri detenuti in Italia, sono stati espulsi lo scorso anno, in applicazione della legge sull’immigrazione Bossi-Fini. In media, oltre un’ottantina al mese, per la maggior parte albanesi e rumeni. È il quadro che emerge dalla prima analisi statistica sul fenomeno, condotta dall’Amministrazione Penitenziaria per valutare l’impatto sul sistema carcerario delle misure previste dalla Bossi-Fini, che ha introdotto l’espulsione come sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione.

Tra gennaio e ottobre del 2004, le espulsioni dei detenuti stranieri sono state 881. Il picco più alto si è avuto a marzo (102) e luglio (100), la maggiore contrazione a settembre (75). Ma l’andamento, nei dieci mesi, è stato più o meno costante.

Provenienza - e dunque destinazione - dei detenuti espulsi, sono state soprattutto Albania (159), Romania (157), Marocco (142), Tunisia (100), Sudamerica (108) ed ex Jugoslavia (53).

Catanzaro: in mostra le opere realizzate dai detenuti…

 

Quotidiano di Calabria, 12 gennaio 2005

 

Aprirà i battenti domani, nei locali del centro di aggregazione sociale di via Fontana Vecchia a Catanzaro, la prima mostra di arte, cultura e artigianato allestita con gli oggetti e le opere realizzata dai detenuti del carcere di Siano.

L’iniziativa è stata promossa dalla direzione del carcere catanzarese in collaborazione con le associazioni Unitalsi e Caritas, il patrocinio dell’assessorato comunale alla Cultura ed il coinvolgimento degli istituti scolastici Vivaldi e Grimaldi. "La rassegna - è detto in un comunicato - si propone di mostrare alla società esterna quali siano alcuni dei percorsi riabilitativi mirati al recupero ed al reinserimento sociale dei soggetti condannati.

Inoltre, si punta a cercare di avvicinare la comunità al microcosmo carcere allo scopo di abbattere i pregiudizi avverso gli individui ristretti, agendo per coinvolgere la comunità medesima nell’azione tesa al reinserimento e, nel contempo, a testimoniare l’operato delle associazioni di volontariato all’interno dell’istituto penitenziario cittadino. Il tutto - prosegue la nota - per offrire un momento di crescita, permeato da una forte valenza educativa, agli studenti degli istituti scolastici Vivaldi e Grimaldi nell’ambito di un progetto di educazione alla legalità". La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 14 gennaio dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.15.

Nuoro: in carcere per diserzione, a naja ormai abolita...

 

L’Unione Sarda, 12 gennaio 2005

 

Sarà probabilmente ricordato come uno degli ultimi disertori tra i militari di leva dell’esercito italiano. Da ieri un ventitreenne di Nuoro G.G.L. si trova rinchiuso in una cella del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere per un reato che dal primo gennaio di quest’anno non potrà più essere contestato a nessuna recluta, proprio perché dallo stesso giorno non esiste più la classica naja che ha caratterizzato dal lontano 1861 la vita di intere generazioni di giovani, lasciando così posto ad un esercito e ad una difesa di soli professionisti. Per il giovane renitente invece, i classici dodici mesi di servizio militare, gradualmente ridottisi negli ultimi mesi in attesa che la radicale riforma si concretizzasse, sono diventati dieci pesantissimi mesi di detenzione da scontare, questa volta interamente, nel carcere militare della provincia di Caserta.

Alla sentenza definitiva, emessa due anni fa dai giudici del Tribunale di Cagliari, ha cercato di opporsi il legale del disertore, chiedendo la commutazione della pena in una misura alternativa alla detenzione in carcere.

Un provvedimento decisamente più blando che con tutta probabilità sarebbe stato concesso solo se G.G.L. avesse deciso di rispondere alle ripetute richieste di incontro che gli sono state ripetutamente rivolte dagli assistenti sociali del Comune che dovevano esprimere un parere sul comportamento del giovane con l’avversione per la divisa, ma anche, a quanto pare, per l’alternativa prevista per legge da oltre trent’anni del servizio civile per gli obiettori di coscienza (oltre settecentomila i giovani in Italia che hanno scelto questa strada).

È toccato dunque ai Carabinieri del capoluogo l’ingrato compito di far scattare le manette ai polsi del ragazzo, che dopo un breve periodo di servizio al centro addestramento reclute di Macomer aveva deciso di tornarsene a casa, ma anche di non curarsi troppo delle possibili conseguenze di un suo mancato ritorno in caserma. Un comportamento invece duramente sanzionato dalla legge come i fatti alla fine hanno confermato.

Lunedì pomeriggio gli uomini dell’Arma lo hanno dovuto arrestare in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso nel dicembre dello scorso anno dal Tribunale militare di Cagliari andandolo a prendere nell’abitazione dove attualmente vive coi suoi genitori. Poi un lungo viaggio sotto scorta fino alla Campania, dove salvo clamorose sorprese, si dovrà trattenere per dieci lunghi mesi per espiare la pena. Una soluzione che poteva essere decisamente evitata se ci fosse stata anche solo una dose di buon senso e di attenzione optando magari, così come hanno fatto davvero in tanti dal 1972 (grazie alla legge 772 che aveva istituito il servizio civile in alternativa a quello militare) dichiarandosi obiettore di coscienza.

"Capisco la particolarità e la singolarità del caso del giovane disertore - ha commentato il comandante provinciale dei Carabinieri Salvatore Favarolo - ma non possiamo evitare di applicare la legge. Malgrado la coscrizione obbligatoria non esista più - ha poi concluso il colonnello - continua ad esistere ed avere efficacia il codice militare che va rispettato".

Giustizia: su reato diffamazione, iter accelerato al Senato

 

Gazzetta del Sud, 12 gennaio 2005

 

Iter accelerato al Senato per il ddl sulla diffamazione, approvato dalla Camera lo scorso 26 ottobre, e che oggi dovrebbe essere inserito nel calendario della commissione Giustizia. Una accelerazione che tiene anche conto del cosiddetto "caso Jannuzzi" e della richiesta di una "corsia preferenziale" che era stata sollecitata espressamente dal presidente del Senato Marcello Pera prima della pausa natalizia. Il presidente della commissione Antonino Caruso chiederà oggi di inserire il provvedimento nell’agenda dei lavori e di esaminarlo rapidamente anche se vi sono altri provvedimenti che attendono un esame rapido come l’ordinamento giudiziario o la legge sulla recidiva, denominata ex Cirielli.

La principale novità del testo è la cancellazione del carcere per i giornalisti condannati per diffamazione. Inoltre, contiene una norma transitoria (che si può applicare anche ai processi in corso e con sentenza già passata in giudicato) "ritagliata" sul senatore di FI, da tempo agli arresti domiciliari. Il prossimo 25 gennaio ci sarà l’udienza del tribunale di sorveglianza di Napoli per decidere nuovamente sulla sorte di Jannuzzi che rischia di passare dagli arresti domiciliari, con possibilità di espletare attività di senatore, al carcere.

È ben difficile che il provvedimento possa essere approvato prima della data del 25 dato che solo il 18 di questo mese l’aula di Palazzo Madama tornerà a riunirsi e, viste alcune riserve già espresse, è anche possibile che si prevedano ulteriori ritocchi con la necessità di un nuovo passaggio alla Camera. Sulla questione Jannuzzi, Caruso dice: "Il problema esiste e quindi si potrebbe approvare il testo così come è solo per lui. Ma la cosa è complicata e si deve trovare ancora il relatore".

Nuoro: corte di Strasburgo dà ragione a Carmelo Musumeci

 

Repubblica, 12 gennaio 2005

 

Condannato per omicidio, Carmelo Musumeci, accusato di essere a capo di un’organizzazione di tipo mafioso, è ricorso ai giudici della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo che gli hanno dato ragione contro l’applicazione del cosiddetto 41 bis - riferito al carcere duro per i mafiosi - e perché la sua posta sarebbe stata sottoposta a censura.

Sull’applicazione del 41 bis i giudici di Strasburgo hanno dato ragione al ricorrente perché di fronte ai suoi ricorsi nessuna decisione è intervenuta nel tempo di 10 giorni nel quale il tribunale competente doveva dare una risposta a queste domande.

Il non rispetto sistematico, spiega la Corte di Strasburgo, ha sensibilmente ridotto, se non annullato, l’impatto del controllo esercitato dai tribunali sugli arrestati. Da qui la Corte stima che il ritardo con il quale il tribunale è intervenuto sul ricorso ha leso un diritto e per questo i giudici hanno concluso all’unanimità sulla violazione dell’articolo 6 della Convenzione.

La sinistra e la legge antifumo: "giusta, ma troppo restrittiva"…

 

Corriere della Sera, 12 gennaio 2005

 

Ma se fossero stati loro al governo? Se ci fosse stato il centrosinistra alla guida del Paese, una legge come quella antifumo appena entrata in vigore l’avrebbe fatta? Meglio: se alla prossima legislatura l’opposizione dovesse arrivare al governo, questa legge la vorrebbe cambiare? Marco Rizzo, leader dei comunisti italiani, alza le spalle davanti alla provocazione lanciata dal Riformista : "La verità è che una volta arrivati al governo ci sarebbero così tante cose da cambiare prima della legge anti-fumo che davvero non riesco a pormi il problema, adesso". Rizzo non ha dubbi sulle priorità: "Lavoro, pensioni, immigrazione...". Però un’idea su questa nuova legge sul fumo anche il leader dei comunisti italiani ce l’ha: "Sono moderatamente contrario. La vedo un po’ troppo restrittiva: se potessi, la renderei un po’ più libertaria".

Il pensiero di Rizzo non è dissimile da quello di Fausto Bertinotti. Che però prima di commentare, preferisce ricordare l’impegno che proprio Rifondazione comunista ha messo in prima linea per rendere meno costrittiva questa norma. A cominciare dall’emendamento sulle carceri: alla fine è passato, in cella si può fumare, impossibile pensare di costruire spazi idonei dentro i penitenziari. Detto questo, in linea di principio il leader di Rifondazione non è contrario a questa legge. "La paura piuttosto è il problema di una ricaduta culturale. La paura di legittimare una crociata antiproibizionista: oggi contro i fumatori, domani contro qualcun altro". E se proprio la dovesse cambiare questa legge il leader dei comunisti avrebbe idee assolutamente simili a quelle di Alfonso Pecoraro Scanio.

Il portavoce dei Verdi non esita: "L’ideale sarebbe proporre incentivi in favore degli esercenti affinché possano attrezzare in maniera adeguata le proprie strutture. In particolare mi riferisco, ovviamente, agli esercenti meno facoltosi: così fatta questa legge rischia di essere discriminatoria verso chi non può permettersi i lavori di ristrutturazione dei locali". Pecoraro Scanio, comunque, guarda con favore a questi nuovi divieti sul fumo: "Bisogna tutelare la libertà di respirare" dice. E poi ammette: "Sono anche un non fumatore. Tuttavia è ovvio che l’importante è avere un’applicazione intelligente della legge, non troppo restrittiva".

Enrico Boselli, segretario dello Sdi, non ha dubbi: "È una legge assolutamente civile. Certo, in questo momento potrebbe sembrare un provvedimento poco amato, ma tra qualche anno ce lo ricorderemo come una cosa del tutto naturale". Torna indietro con il pensiero Boselli: "Quando ero ragazzino ricordo che al cinema non si riusciva quasi a vedere il film perché si poteva fumare dappertutto. Ora non ci pensiamo neanche lontanamente".

Spoleto: murales per sognare, disegno di 30 metri su muro cortile

 

Redattore Sociale, 12 gennaio 2005

 

Trenta metri di muro grigio trasformati in un paesaggio che va oltre, che oltrepassa le sbarre del limite dell’illegalità e quelle del pregiudizio. "Un murales per sognare" è l’opera che da qualche giorno colora uno dei lati del cortile dedicato all’ora d’aria del carcere di alta sicurezza di Maiano di Spoleto. È stato realizzato dagli stessi detenuti, allievi della classe V della sezione dell’Istituto d’arte L. Leonardi interna alla casa di reclusione. Il progetto grafico e la realizzazione dell’opera si devono ad Aldo Anaclerio, con la collaborazione di Giordano Epifani, Francesco Castorina, Enzo Cefariello, Emanuele Marino e Michele Della Corte. Quasi 24 mesi di lavoro, condotto nel corso degli ultimi due anni scolastici, per arrivare ad un’opera ben riuscita, piacevole e di grande impatto visivo. L’idea è nata in classe. Una frase buttata lì da Aldo Anaclerio: "Mi piacerebbe realizzare un murales. Chiederò un colloquio al direttore e gli esporrò il mio proposito".

Il progetto iniziale prevedeva forte il senso dello sfondamento prospettico, un varco in un muro continuo, un arco la cui luce avrebbe fatto spaziare lo sguardo verso l’altrove. Poi, ci racconta Ciro Sarno, altro allievo della scuola d’arte che ci fa da cicerone, "da un susseguirsi di parole, idee, schizzi, colori, sogni, è nata l’idea del disegno quale è oggi": un paesaggio dove gli allievi hanno messo in pratica tutte le conoscenze acquisite negli anni di scuola, dove classico e moderno si uniscono, si mescolano colonne tuscaniche (ocra con capitelli grigi) e stile liberty, elementi classici e uso della luce, nei fili d’erba, al modo degli impressionisti; laghetti e piccoli paesi si aprono nel verde a ricordare i paesaggi della pittura del ‘400 e ‘500, mentre alcuni dettagli risentono anche dello studio dei Fiamminghi.

Il verde con le sue sfumature predomina su tutto. L’azzurro incerto del cielo - non mancano i cirri - sovrasta. Tra gli elementi classici non manca Atena, resa come cariatide in stile liberty, che porta il simbolo suo e della sapienza, la civetta. All’altra estremità del muro l’altra figura femminile è la personificazione della fecondità, che offre una mela - "creata da Dioniso per farne dono ad Afrodite dea dell’amore", spiega ancora Ciro - all’osservatore. Chiarisce Aldo, l’autore del murales, che "tutta la concezione dell’opera è incentrata sulla femminilità. Il messaggio che vogliamo dare è che gli uomini hanno fatto poco per l’umanità, affidiamoci alle donne".

Ed ecco animali dei due diversi generi che si guardano, si contrappongono, si corteggiano (il gatto, lo scarabeo, le farfalle). Appoggiati ad un esile tronco d’albero, l’unico in primo piano di tutta la rappresentazione, campeggiano nel paesaggio alcuni libri, uno con la copertina dell’uomo vitruviano di Leonardo: "Oltre a ricordare un genio del Rinascimento, i libri rappresentano la sapienza, il viaggio, l’intervento dell’uomo nell’esistenza", precisa Ciro.

Un lavoro fortemente concettuale e simbolico, dove gli allievi hanno voluto anche esprimere concetti con cui si sono confrontati nelle lezioni di filosofia e di fisica che frequentano con interesse all’interno della struttura. Al margine del disegno è stata apposta la scritta "Philosophiae naturalis principia matematica", titolo dell’opera con la quale Isaac Newton dimostrava che i moti di tutti i corpi, sia terrestri che celesti, erano governati dalle medesime leggi universali e forniva la visione di un universo ordinato e armonioso che poteva essere compreso senza ricorrere alla presenza di un essere supremo. Il disegno prosegue in alto sul soffitto del portico antistante il muro.

Per il murales è stata usata una tecnica mista, spiega l’autore, acrilico con polveri. "Abbiamo anche usato spazzolini da denti per rendere la porosità delle colonne e per il cielo, che non è un cielo stabile ma in movimento, vuole dare l’idea del cambiamento", dice Aldo.

Alla presentazione del murales, l’altra mattina, c’erano tante persone nel cortile del carcere di Spoleto. Detenuti, insegnanti (Lidia Antonini, Giuliana Bertuccioli, Marco Balucani, Roberto Belardi) agenti di sicurezza, autorità cittadine, amici. A dare il benvenuto il direttore Ernesto Padovani: "Comune è la volontà di rendere la pena vivibile, soprattutto puntando sulle relazioni. Il murales rientra in questo progetto che è didattico e anche umano e sociale. L’obiettivo è lavorare insieme, ciò che dà senso al durante e riabilita per il dopo. Benvenuti - ha concluso il direttore - e sentiamoci un po’ a disagio... Non si sa chi sta dietro le sbarre, dipende dal punto di vista, come per tante altre cose". "In tanti hanno fatto diventare un brutto muro un muro d’artista - ha detto il preside dell’Istituto d’arte Beniamino Nicodemo -, scuola e società diano fiducia e speranza".

Delle 8 persone che componevano lo scorso anno la V classe dell’Istituto d’arte interna alla casa di reclusione, 3 si sono iscritte all’università. Uno è Ciro Sarno. Napoletano, con davanti una pena ancora lunga da scontare, si è iscritto alla facoltà di Beni culturali a Perugia. Ora si sta preparando per l’esame di storia medievale, e non sa ancora se sarà accompagnato a sostenere la prova oppure se una commissione di docenti verrà in carcere per questo.

Aldo Anaclerio, l’autore del murales, anch’egli napoletano e con un ergastolo, vorrebbe iscriversi all’Accademia di Belle Arti ma ritiene che "non ha senso farlo se non ho la possibilità di frequentare i corsi". Il "murales per sognare" potrebbe rappresentare davvero la porta per una strada di rieducazione e riabilitazione alla legalità e alla fiducia, da dare e da ricevere, potrebbe davvero contribuire a rompere i muri mentali del pregiudizio che sono dentro e fuori?

"Ostinati possessori di speranze, abbiamo imprigionato la luce nella forma, cercando di colmare l’amarezza che si separa dall’avvenire con la meraviglia della conoscenza" ha scritto Aldo Anaclerio. "Non sarà un’illusione ottica a modificare lo spazio-tempo che ci rende solitari... Speriamo solo che la vanitosa idea di certezza, solco di pregiudizi, possa affacciarsi senza temere vertigini sull’abisso dipinto dai peccatori con gli stessi colori dei saggi".

Avellino: "Carcere e cittadinanza", un libro di Beppe Battaglia

 

Il Mattino, 12 gennaio 2005

 

Una voce dal "mondo del silenzio". Una testimonianza lucida, critica, in rivolta contro i luoghi comuni, i sonni della ragione, la glaciazione delle passioni. Ma soprattutto, una pietra d’inciampo contro "l’arroganza del potere e i suoi peccati di azione e omissione, la tirannide delle iniquità sociali e delle ingiustizie, il morbo mortifero della solitudine generato da un quadro istituzionale disgregante, lo scempio dell’infanzia e del suo diritto a un futuro sostenibile, l’inattualità della politica partitica: ovvero intesa come "parte" e non come polis, cittadinanza inclusiva in un welfare di comunità.

Per tutti, spiega Beppe Battaglia, che non a caso annovera tra i suoi "eroi positivi" don Lorenzo Milani, il prete di Barbiana fautore della disobbedienza civile, da lui conosciuto nella stagione calda degli anni 60. Quando si dice la profezia del nome: Battaglia è un uomo militante, operatore di comunità al servizio permanente di una giusta causa, il principio speranza.

Obiettivo perseguito con ostinazione, in esperienze pilota di legalità realizzate in due istituti campani di custodia attenuata per il trattamento delle tossicodipendenze (gli Icatt di Eboli e Lauro), attraverso una faticosa rete di integrazione tra più forze: le agenzie del pubblico e del privato sociale. Una scommessa di formazione, cultura e lavoro - risposta alla domanda sociale di sicurezza - giocata anche laddove sembra star di casa la disperazione impotente, l’illegalità irrimediabile, la violenza: come in quel mondo a parte che sono le carceri italiane, popolate da 57 mila reclusi di cui due terzi (38 mila persone) tossicodipendenti e immigrati, detenuti "sociali" per svantaggio culturale-economico, marginalità e devianza, "problemi tirannici" dice Battaglia "che segnano destini umani nella doppia trappola della droga e giudiziaria".

Battaglia lo racconta in un libro di forte impatto informativo ed emotivo, Carcere e cittadinanza, appena pubblicato dalle edizioni Phoebus di Pasquale Testa (pagg. 207, euro 12) con una prefazione di don Luigi Ciotti. Beppe Battaglia lo conosce bene, il mondo del carcere. Dentro e fuori. Un doppio vissuto che senti palpitare con la forza concreta dei fatti anche nelle pagine del libro, storia densa, documentata e paradigmatica di "buone pratiche": dalla reclusione come problema alla re-inclusione sociale come risorsa; dal carcere alla comunità.

Un percorso realizzato con intelligenza collettiva dalla sensibilità di operatori interni ed esterni, che al di là dei piccoli numeri degli Icatt (18 in tutta Italia) addita comunque itinerari progettuali possibili, che mettono in discussione la gestione delle carceri tout court nell’ottica degli interessi di tutti: "Perché dalla cella, alla fine, si esce, ma senza riabilitazione umana ci si rientra fatalmente", sottolinea Battaglia. Settimo di otto figli, 59 anni scolpiti nel suo viso segnato dalla vita - iniziata in Calabria e proseguita a Genova da emigrante, operaio, sindacalista, acceso giovane "resistente antifascista" poi passato alla lotta armata - Battaglia ha trascorso da detenuto per motivi politici vent’anni di inferno, peregrinando (dal 1971 al ‘91) in 28 penitenziari.

Un’esperienza dura, spesso inumana, che anziché piegarlo lo ha rafforzato nel suo impegno: dapprima da volontario, poi, scontata fino in fondo la sua pena, da operatore dell’Associazione Il Pioppo di Somma Vesuviana. "Qualcuno si meraviglia che abbia scelto di nuovo il carcere per il mio contributo operativo" sorride Battaglia "In realtà c’è continuità con le ragioni ideali della mia gioventù. L’unica rottura è nell’uso dei mezzi impiegati per gli stessi fini sociali".

Anche per questo ha scritto Carcere e cittadinanza: "Perché resti memoria di un’esperienza positiva" dice "e in un momento di inversione di tendenza restrittiva si sappia che è possibile un’esecuzione penale diversa, rispettosa delle persone, dei loro bisogni, diritti e doveri. La legalità non basta nominarla, bisogna renderla appetibile. Proprio come sa esserlo, in negativo, la camorra per i giovani che da molti boss si sentono accolti, riconosciuti, rassicurati con un progetto di lavoro garantito". La deriva, altrimenti, è scontata.

Catania: spettacolo di rock per i minorenni detenuti nell’Ipm

 

La Sicilia, 12 gennaio 2005

 

Uno spettacolo del gruppo musicale "Zapato e The Blusacci" si terrà domani alle 10 nel carcere minorile di Bicocca. L’iniziativa è dell’assessorato comunale ai Servizi sociali. Alle ore 11, a conclusione dello spettacolo, nell’area esterna della zona detenzione, cantanti, funzionari dell’assessorato ai Servizi Sociali, il direttore del carcere Rita Barbera, la coordinatrice di area tecnica, Maria Randazzo e il comandante di reparto, ispettore Biagio Nicosia, insieme all’assessore Forzese, incontreranno i giornalisti per raccontare di una esperienza che mette al centro le persone in condizioni di difficoltà.

La scelta del gruppo "Zapato e The Blusacci" nasce dalla volontà di offrire un momento di spettacolo incentrato sulla storia del rock a Catania, con uno dei suoi maggiori esponenti. Cantante, attore, cabarettista, Zapato è un ballerino scatenato sul palco, dotato di una verve esplosiva e di un ritmo trascinante di rock ‘n roll. Insieme al gruppo i Blusacci (Alfio Sciacca, Seby Barbagallo, Giovanni Arcuri, Stefano Grasso e Andrea Abadessa), un momento di spettacolo a testimonianza del calore della vita "al di fuori delle mura."

Avezzano: detenuto morto, una perizia infittisce il "giallo"

 

Il Messaggero, 12 gennaio 2005

 

Clamorosa svolta per quanto riguarda la morte in carcere dell’extracomunitario per la quale furono inviati vari avvisi di garanzia e ci fu un’interrogazione parlamentare. L’avvocato Laonardo Casciere ha depositato ieri la perizia di parte redatta dall’illustre professor Sacchetti di Roma con la quale è stato determinato che la morte dell’extracomunitario si verificò per asfissia da impiccamento e non da strangolamento.

Le ecchimosi e le ferite lasciate sul collo, infatti, farebbero pensare proprio ad una corta non essendo "ortogonali" ma "perpendicolari". La perizia, dunque, di fatto contesta quella redatta da parte del Pm nell’inchiesta. Dunque il caso si tinge ancor più di giallo e resta ancor più appassionante. Certo Casciere vi sta profondendo tutto il suo impegno visto che a suo tempo contestò con una lettera anche l’interrogazione parlamentare.

Napoli: Protocollo d’Intesa, il volontariato invece del carcere

 

Il Mattino, 12 gennaio 2005

 

È una sorta di risarcimento verso la società "offesa": riguarda le persone in esecuzione penale esterna alle quali il giudice di sorveglianza, in alternativa al carcere, ha concesso l’affido in prova al servizio sociale, andranno a dare una mano agli organismi di volontariato.

Ieri, presso il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, diretto da Tommaso Contestabile, è stato stipulato un protocollo d’intesa, promosso e curato dall’Ufficio dell’esecuzione penale esterna, di cui è responsabile Dolorosa Franzese, con la Conferenza regionale Volontariato Giustizia, con la Caritas, Legambiente e Movi. Obiettivo: realizzare progetti di "giustizia riparativa" che, naturalmente, non sostituiscono l’espiazione della condanna.