Rassegna stampa 12 dicembre

 

L’amnistia necessaria, il valore della battaglia di Pannella

 

Corriere della Sera, 12 dicembre 2005

 

Sono passati tre anni da quando il Parlamento italiano accolse con un’ovazione Giovanni Paolo II che a Montecitorio implorava deputati e senatori affinché si impegnassero per l’amnistia. Tre anni dopo, con una solenne cerimonia, una targa commemorativa ha ricordato quella visita papale: ma dell’amnistia, nemmeno l’ombra. Sono passati cinque anni dal Giubileo, quando il Pontefice chiese un gesto di clemenza nei confronti dei detenuti nelle carceri italiane: molti applausi e apprezzamenti, ma nessun provvedimento; molte dichiarazioni, ma in pratica solo mediocri compromessi. Se non mancassero altre ragioni per sostenere lo sciopero della fame di tre giorni iniziato oggi da Marco Pannella per l’amnistia, basterebbe il richiamo della decenza che impone una minima corrispondenza tra le parole e le cose, tra la retorica dei discorsi e ciò che effettivamente esce dalle aule parlamentari. Milita insomma a favore dell’amnistia una ragione di dignità, oltre che l’urgenza di sanare una situazione esplosiva e anche incivile.

L’emergenza è tutta racchiusa in poche ma sconfortanti cifre. È rappresentata dalla denuncia del Consiglio d’Europa che nei giorni scorsi, per colpa dei processi che non si possono neanche celebrare, ha accusato l’Italia di innumerevoli violazioni della convenzione europea dei diritti dell’uomo a partire addirittura dal 1980. È raffigurata dal totale di otto milioni e 942.000 processi pendenti la cui durata media è di 35 mesi per il primo grado e di 65 per l’appello; dal record di detenuti (circa 60.000) mai raggiunto nella storia dell’Italia repubblicana; dalla percentuale di suicidi nelle carceri italiani che supera di ben 19 volte quelli che funestano l’Italia ogni anno; dall’80 per cento dei delitti denunciati in cui l’autore resta sconosciuto, fonte di un’iniquità di cui sono evidenti le ripercussioni sul modo con cui gli italiani registrano il malfunzionamento della giustizia. Dati e cifre inoppugnabili che vengono sistematicamente ignorati, generando un riflesso condizionato ostile a un’amnistia che certo non è la chiave risolutiva ma almeno riflette la consapevolezza sullo stato miserevole della giustizia e della condizione carceraria.

Si capisce che alla vigilia delle elezioni l’amnistia non risulta tra i provvedimenti più popolari all’interno di schieramenti politici visibilmente preoccupati dall’allarme sociale suscitato dalla criminalità che avvelena l’esistenza quotidiana dei cittadini. Ma allora, ci sarà mai un momento giusto per proporla e darne pratica attuazione? Non ci saranno sempre una scusa, un’emergenza, un episodio destinati a scuotere la sensibilità sociale e la psicologia collettiva capaci di suggerire al Parlamento di soprassedere e di far finta di niente? E del resto, provvedimenti e leggi che configurano una pseudo-amnistia selettiva e fonte di ingiustificabili privilegi non esasperano la sensazione di una giustizia opaca, inesistente, inaffidabile e iniqua? Non è detto però che lo spirito bipartisan, spesso invocato a sproposito e ipocritamente, stavolta non possa ispirare un’amnistia utile e giusta nello stesso tempo. È a questa elementare buona volontà che si rivolgono lo sciopero della fame di Pannella e la sua proposta di una Marcia di Natale. Lo accuseranno, come al solito, di velleitarismo. Ma è sempre la stessa accusa di chi non tollera di essere scosso dal proprio torpore.

Giustizia: perché l’amnistia, perché l’indulto

 

Agenzia Radicale, 12 dicembre 2005

 

"Organizzare per il 25 dicembre a Roma una grande Marcia di Natale per l’Amnistia, la Giustizia, la Libertà alla quale ci auguriamo possa partecipare anche Adriano Sofri, non solo "in spirito" come prima del suo malore aveva preannunciato, ma anche "in corpo", forte e libero di camminare.

Una marcia per sostenere questa proposta e questo percorso e per rendere visibile il disagio degli operatori della giustizia e di quelli del carcere, dei detenuti e delle loro famiglie, delle organizzazioni sociali e del volontariato chiamati a supplire al vuoto di politiche e di luoghi capaci di coesione sociale, dei cittadini tutti che non ottengono giustizia e delle fasce sociali più deboli che non vedono egualmente garantiti i loro diritti".

Così Marco Pannella, che ha iniziato alla mezzanotte del 12 dicembre uno sciopero della sete di dialogo, in particolare con i leader del centrosinistra, annunciando la sua proposta per una Marcia di Natale per l’Amnistia le cui ragioni sono riassunte nei tredici punti che seguono:

Gli ultimi provvedimenti di amnistia e di indulto risalgono a 15 anni fa.

Sono passati 5 anni dal Giubileo e dalla campagna per l’amnistia e l’indulto e per un "Piano Marshall" per le carceri e il reinserimento sociale.

Sono passati 3 anni da quando il Parlamento applaudì ripetutamente Giovanni Paolo II mentre invocava una riduzione delle pene.

A chiedere l’amnistia e l’indulto non sono soltanto i detenuti e le associazioni ma anche gli operatori, la polizia penitenziaria, i medici e gli infermieri, gli educatori e gli assistenti sociali, i direttori, gli avvocati, i magistrati.

Attualmente sono 60.000 i detenuti in Italia, un vero e proprio record nella storia repubblicana. Altre 50.000 persone sono in misura alternativa alla detenzione. Altre 70-80.000 persone, già condannate a pene inferiori a 3 anni (4 in caso di tossicodipendenza), sono in attesa della decisione del giudice circa la possibilità di scontare la condanna in misura alterativa. Totale: 180-190.000 persone, che significa una crescita esponenziale di 6 volte nel volgere di 15 anni.

In Italia un’amnistia di fatto esiste già. È clandestina e di classe. Basti pensare che, solo negli ultimi cinque anni, ben 665.073 persone hanno beneficiato della prescrizione dei reati per i quali erano state inquisite. Se crescono le carcerazioni, crescono ancora di più le prescrizioni: da 66.556 nel 1996 a 94.181 nel 2000 a 221.888 nel 2004.

Non è vero che aumentando le carcerazioni si riducono i reati. E se la mano pesante della giustizia si scarica per intero sugli esclusi, senza avvocato e senza difesa, soprattutto immigrati e tossicodipendenti, in totale sono 8.942.932 i processi pendenti, di cui 5.580.000 penali. Tra la data del delitto e quella della sentenza la durata media è di 35 mesi per il primo grado del processo e di 65 mesi per l’appello. Sono moltissimi i reati che non vengono nemmeno perseguiti: nel 2003 le persone denunciate sono state 536.287 e i delitti denunciati per i quali è iniziata l’azione penale sono stati 2.890.629 (in crescita rispetto all’anno precedente), ma nell’80,8% dei casi l’autore era ignoto.

Il problema della sicurezza e della legalità riguarda la società libera, ben più che il carcere. Le vittime del reato hanno interessi non dissimili da quelli delle vittime di un sistema della giustizia forte con i deboli e debole con i forti. Una giustizia che sia efficace ed efficiente ed equa è una necessità di tutti.

Il carcere è spesso un luogo illegale, dove le leggi non sono applicate. Come, ad esempio, il Regolamento penitenziario, varato nel 2000 e rimasto in buona parte lettera morta.

Spesso sono leggi inique a indurre criminalità. Basti osservare come sia risibile il numero degli immigrati regolari in carcere, mentre è crescente quello degli immigrati senza permesso di soggiorno. L’impossibilità di ingresso legale produce illegalità e reati, mentre chi ha possibilità di regolarizzazione dimostra di essere pressoché esente da pratiche illegali e criminali.

L’amnistia e l’indulto, da semplici provvedimenti umanitari e razionalizzanti, diventano l’unica risposta a quella che è divenuta una vera e propria emergenza sociale. Una questione che, direttamente e indirettamente, riguarda la vita e le condizioni di milioni di cittadini e di famiglie italiane. Per costruire una nuova giustizia, occorre rimuovere questo enorme "tappo" con un’amnistia. Attraverso l’indulto, invece, è possibile riportare il numero delle presenze a quello delle capienze, vale a dire ridurre di almeno 15.000 gli attuali detenuti.

L’amnistia e l’indulto non sono contraddittori con un’attenzione ai temi della sicurezza. È questo carcere che produce recidiva, commissione di nuovi reati. I dati dicono che se la percentuale della recidiva è del 75% nei casi di detenuti che scontano per intero la condanna in carcere, questa si abbassa drasticamente al 27% nel caso di tossicodipendenti condannati che scontano la condanna o una parte di essa in affidamento ai servizi sociali, e al 12% nel caso di non tossicodipendenti affidati ai servizi sociali.

Investire sul recupero e sulla prevenzione è la vera politica per la sicurezza, una politica meno costosa socialmente, umanamente ed economicamente. Tenere una persona in carcere, peraltro nelle attuali condizioni miserevoli, costa 63.875 euro l’anno, in gran parte per la struttura, mentre per il vitto di ogni recluso si spendono mediamente solo 1,58 euro al giorno. Tenere un tossicodipendente in carcere (e sono almeno 18.000) costa il quadruplo che assisterlo in una comunità o affidarlo a un servizio pubblico.

Amnistia: Di Pietro (Idv); solito ipocrita rituale natalizio

 

Apcom, 12 dicembre 2005

 

"Ogni anno, al ridosso del Santo Natale, va in scena l’ipocrita rituale dell’amnistia che altro non è se non un modo per scaricarsi le coscienze e distogliere l’attenzione dal vero problema". Lo dichiara in una nota Antonio Di Pietro, presidente di Italia dei Valori. "La questione - precisa l’ex pm - è che il sovraffollamento delle carceri, i tempi brevi della giustizia, la certezza della pena, la risocializzazione e rieducazioni dei carcerati è un problema che esiste 365 giorni l’anno e non un solo giorno l’anno".

"Questi sono i veri problemi - prosegue - che necessitano di risposte concrete ed urgenti e che non possono essere certo liquidate con un ipocrita buona azione natalizia: rieducazione e reinserimento sociale della popolazione carceraria, senza la quale chi si ritroverebbe grazie all’amnistia fuori dal carcere oggi, molto probabilmente vi rientrerebbe domani, certezza della pena, che funga da deterrente per coloro che delinquono, tempi più brevi per i processi e corrispondenza tra posti a disposizione e numero di reclusi, anche attraverso la costruzione di nuove case circondariali se necessario". "Italia dei Valori - conclude il presidente Di Pietro - annuncia una grande manifestazione sulla legalità qualora la questione dell’amnistia dovesse trovare una qualche una qualche via parlamentare".

Giustizia: sull’amnistia Pannella lancia la sfida ai Poli

 

Il Mattino, 12 dicembre 2005

 

C’è una città grande quanto Cremona di soli detenuti: sono sessantamila quelli ospitati nelle carceri italiane, record della storia repubblicana. A mezzanotte è scattato l’ennesimo sciopero della fame di Marco Pannella: durerà tre giorni sperando che arrivi qualche risposta sull’amnistia. "Sarà il digiuno del dialogo", spiega il leader radicale che sfida Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Al leader dell’Unione viene chiesto di "recuperare il ritardo" circa l’organizzazione della marcia di Natale; al premier Pannella si appella affinché l’atto di clemenza possa divenire realtà, una richiesta di impegno "in ragione della sua responsabilità di presidente del Consiglio e di capo della maggioranza parlamentare. Come hanno scritto sia Voltaire che Dostoevskij - aggiunge Pannella - il grado di civiltà di un paese si misura osservando la condizione delle sue carceri". La speranza che si possano riaccendere i riflettori sull’amnistia chiesta tre anni da papa Giovanni Paolo II nell’aula di un Parlamento che l’applaudiva. Misura sollecitata anche dal Consiglio d’Europa che il mese scorso ha denunciato "i ritardi della giustizia in Italia che sono causa di numerose violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sin dal 1980 e costituiscono un pericolo effettivo - è scritto - per il rispetto dello stato di diritto". Situazione che diventa di estremo allarme se al numero di coloro che sono rinchiusi nei penitenziari vanno aggiunti i 50mila che godono di misure alternative al carcere e i circa 80mila già condannati a pene inferiori a tre anni, in attesa della decisione del giudice circa la possibilità di scontare la condanna in modo alternativo. Una marcia partirà a Natale, a presiedere il comitato organizzatore è don Antonio Mazzi, ma con lui ci sono i senatori a vita Giulio Andreotti, Emilio Colombo, Francesco Cossiga e Giorgio Napolitano; il diessino Cesare Salvi, il presidente dello Sdi, Enrico Boselli; oltre a Emma Bonino, Benedetto della Vedova, Giuliano Pisapia di Rifondazione, il verde Pecoraro Scanio, una rete di associazioni di vario tipo ed estrazione. Schieramento ampio che per il momento non sembra faccia rumore, nonostante si tenti di spiegare da anni che con l’amnistia non si provocano falle al sistema della sicurezza, piuttosto un carcere affollato è quasi sempre ulteriore fonte di illegalità. Il centrosinistra ricorda di essere sempre stato favorevole al gesto di clemenza che deve però essere varato con una maggioranza qualificata. Indispensabile l’intesa promessa a Karol Wojtyla il 14 novembre del 2002 quando nell’aula della Camera denunciò "le condizioni di penoso sovraffollamento" dei detenuti, chiedendo "un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena". Parole di un Papa morto senza aver visto onorato l’impegno che il mondo della politica in quell’occasione si assunse con lui applaudendolo a lungo.

Giustizia: Manconi; su amnistia noi d’accordo, decida la Cdl

 

Il Mattino, 12 dicembre 2005

 

"La battaglia per l’amnistia si deve fare, è una battaglia degna da essere affrontata". Ne è convinto Luigi Manconi, responsabile dei Diritti civili per i Ds, fra i promotori della marcia di Natale proposta da Marco Pannella per rilanciare il tema dell’amnistia. Manconi, il centrosinistra non ha più remore sull’amnistia? "L’amnistia incontra perplessità in tutto il Parlamento. Certamente le ostilità maggiori sono nel centrodestra, dove ci sono due partiti, la Lega e Alleanza nazionale, compattamente ostili a qualunque provvedimento di clemenza, mentre dentro il centrosinistra c’è un orientamento positivo, ma anche resistente. Il risultato è che finora non s’è trovata una maggioranza sufficente a sostenere un’iniziativa di questo tipo". Basta una marcia, anche se di Natale, per ottenere un provvedimento negato anche a Papa Wojtyla? "Evidentemente no. E nessuno è così sciocco da crederlo. Io ritengo che sia sempre opportuno rilanciare il tema e, quindi, ho ritenuto giusta l’iniziativa dei radicali". Può l’amnistia da sola risolvere i problemi del carcere? "Certo che no. Ma nessun problema del carcere, non dico possa essere risolto, ma neppure affrontato, se non si riduce in maniera significativa il sovraffollamento. E questo si può fare solo con l’amnistia". Che però contrasta con l’esigenze della sicurezza. "Se una misura è necessaria e equa, il fatto che sia impopolare non è un buon argomento per non assumerla. Va ricordato che le attuali condizioni del carcere sono oggi il primo motivo di insicurezza dal momento che sono un fattore di riproduzione allargata del crimine". Ma con le elezioni vicine l’amnistia non rischia di rimanere comunque tabù per i partiti? "Il provvedimento è a maggioranza qualificata. Ciò significa che i costi sarebbero ripartiti fra i vari partiti. Nessuno potrà dire che la colpa è del partito avversario, perché seppure esistesse e, a mio avviso esiste meno di quanto si creda, i costi del provvedimento impopolare non ricadrebbero su un solo partito, ma sull’intero sistema politico". Non crede che sui no al provvedimento abbiano pesato finora i nodi irrisolti su Tangentopoli e il caso Sofri? "Tutti questi discorsi non valgono. In carcere non c’è nemmeno uno condannato per Tangentopoli. Il caso Sofri non c’entra neppure alla lontana con il provvedimento che riguarda la popolazione carceraria nel suo complesso e che avrebbe il solo effetto di far uscire dal carcere chi ha già scontato una parte significativa della pena".

Reggio Calabria: consiglio comunale organizza musical per i detenuti

 

Adnkronos, 12 dicembre 2005

 

Anche il teatro è uno strumento per ricucire lo strappo sociale della detenzione, nell’ottica dei percorsi rieducativi e di reinserimento sociale destinati ai detenuti. E così, questa mattina, nell’auditorium della casa circondariale di via San Pietro di Reggio Calabria, di scena il musical "U veru amuri" del "Piccolo Teatro Pellarese", per la regia di Gianni Festa e la direzione artistica di Giuseppe Minniti. La manifestazione odierna rientra nell’ambito delle iniziative assunte dall’Ufficio di presidenza del Consiglio comunale, d’intesa con la Conferenza dei capigruppo, che hanno come scopo la costituzione della figura del Garante per i diritti dei cittadini detenuti, o comunque privati della libertà personale.

Francia: tre evadono in elicottero da prigione in Savoia

 

Ansa, 12 dicembre 2005

 

Tre detenuti sono evasi ieri pomeriggio in elicottero dal carcere di Aiton, in Savoia, e finora le ricerche non hanno avuto esito positivo. L’elicottero era stato prenotato circa un mese fa. Due persone hanno costretto il pilota a cambiare piano di volo e a dirigersi verso la prigione e a farlo posare nel cortile del carcere durante l’ora d’aria. Il velivolo ha poi raggiunto una zona di campagna vicino a Grenoble, a 60 km dalla prigione, dove un’auto attendeva i 5 malfattori.

Droghe: Cnca Calabria dichiara "pericolosa" filosofia del ddl Fini

 

Redattore Sociale, 12 dicembre 2005

 

A pochi giorni dalla chiusura della Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze di Palermo (e della contro-conferenza organizzata dal cartello "Non incarcerate il nostro crescere"), il Cnca Calabria torna sull’argomento con una riflessione a freddo sui motivi che hanno impedito al Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza di recarsi all’appuntamento istituzionale.

Afferma a tal proposito don Giacomo Panizza: "Alcune comunità della Calabria non siamo andate alla conferenza governativa di Palermo sulla droga. Non abbiamo voluto. I gruppi del Cnca credono che si debba combattere la droga e non far la guerra ai giovani con problemi di droga, che occorra colpire pesante il commercio e lo spaccio illeciti, e non dedicarsi a punire indiscriminatamente i consumatori, specialmente i giovani e giovanissimi".

"Dissentiamo sul disegno di legge Fini, quando accorpa in una sola tabella pseudo scientifica le più svariate sostanze stupefacenti, dando sanzioni indifferenziate senza fare distinzioni opportune, considerando i possessori di ‘fumo’ alla stregua di spacciatori di eroina o di cocaina, prevedendo pene dai 6 ai 20 anni di reclusione come si fa per i criminali pericolosi - continua don Panizza -. Dissentiamo su una filosofia che crede e pretende di educare attraverso punizioni e ricatti tra carcere o obbligo in comunità, andando contro ogni etica umana, e contro qualsiasi logica educativa di presa in carico, di riabilitazione, di terapeuticità. Dissentiamo con l’onorevole Fini e con quei servizi e comunità che, anche in Calabria, lo hanno ospitato e subìto senza contrastare la filosofia punitiva a cui si ispira la sua proposta di legge sulla droga. Al rappresentante di An e del Governo, che intende varare subito lo stralcio al suo disegno di legge anche chiedendo la fiducia, i nostri gruppi opporranno resistenza (è il caso di dirlo!?) invitando politici, servizi, operatori e educatori, ad una seria riflessione sui temi dell’educazione e delle libertà connesse".

E conclude: "Per questo e altro ancora noi siamo andati alla controconferenza, a Roma, con Cgil, Cisl, Uil, Forum Permanente del Terzo Settore, Acli, Agesci, Antigone, Arci Ragazzi, Lila, Movi, Federserd, Exodus, Salesiani, Saman, e tante altre organizzazioni sociali ed educative laiche e religiose. Ci siamo andati per caldeggiare il ritiro della proposta legislativa di Fini, e per proporre che il Governo, piuttosto, scommetta fattivamente e non a parole sul sostegno a tanti servizi pubblici e privati, ai luoghi e agli strumenti dell’educazione, della prevenzione, cura e recupero delle persone che fanno uso e abuso di droghe, di tutte le droghe".

 

 

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