Rassegna stampa 16 aprile

 

Milano: pdl "Meduri", sotto accusa politiche governative

 

Redattore Sociale, 16 aprile 2005

 

Torna la denuncia contro le politiche sul carcere. A tre mesi di distanza dalla loro prima apparizione pubblica (vedi lancio del 22 novembre 2004; ndr) i promotori dell’appello "Carceri, un disastro annunciato" tornano a far sentire la loro voce. "Stiamo assistendo ad un ridimensionamento delle politiche di welfare e ad un aumento delle politiche di contenimento e di esclusione sociale - dice Giorgio Roversi, coordinatore del dipartimento Welfare della Cgil Lombardia -.

Riprendiamo la nostra protesta alla vigilia della discussione della proposta di legge "Meduri", in discussione alla Camera il 19 aprile, in cui è contenuto il ridisegno dei Cssa (Centri di servizio Sociale per gli Adulti)". Per discutere i contenuti di questo disegno di legge, che secondo i promotori dell’appello accentuerebbe le funzioni di controllo della pena a scapito della funzione di inserimento curata dagli assistenti sociali, lunedì 18 aprile alle 11 è stata indetta una conferenza stampa davanti alla sede del Cssa di Piazza Venino 1 a Milano. All’ordine del giorno anche le altre iniziative governative sul mondo del carcere.

I punti della protesta - Secondo i promotori dell’appello, "La popolazione detenuta in questi ultimi anni è cambiata profondamente: l’emarginazione e il disagio sociale rappresentano la quasi totalità delle presenze all’interno degli istituti di pena lombardi e italiani". In particolare, gli iniziative e progetti di legge del governo minaccerebbero la costruzione dei progetti di reinserimento sociale, tendendo a "risolvere le manifestazioni del disagio sociale con interventi di natura esclusivamente di contenimento fisico e penali, con un cambiamento culturale che s’incentra solo sul provvedimento restrittivo".

La preoccupazione più urgente riguarda la trasformazione dei "Cssa" in "Uffici di esecuzioni penale" (ddl n° 5141), già approvata al Senato e in discussione alla Camera il 19 aprile. Una proposta che accentua "le funzioni di controllo della pena rischiando di negare, o di porre in second’ordine, gli interventi realizzati dalle assistenti sociali per un efficace inserimento sociale, nella funzione di accompagnamento alla persona e alla famiglia.

Un atto grave -dicono i promotori- che nega il rispetto dei diritti e della dignità della persona e restringe gli spazi per un percorso di recupero sociale". Un altro tema dibattuto è quello su "Carcere e droga", con particolare riguardo alla nuova Casa Lavoro per tossicodipendenti di Castelfranco Emilia e al disegno di legge "Fini" che penalizza il consumo di droghe leggere. "Per contro - proseguono i promotori - si registra un investimento pressoché inesistente sull’area pedagogica-trattamentale: appena 50 educatori recentemente inseriti a tempo determinato che vanno ad aggiungersi ai 400 educatori presenti in tutte le carceri italiane".

Destano preoccupazione anche altri progetti di legge tesi a "definire il mondo della detenzione esclusivamente come ambito privo di diritti e sottoposti a regimi fortemente sicuritari". In particolare, viene denunciato il tentativo di sottrarre all’autorità dei direttori delle carceri il personale della Polizia Penitenziaria istituendo una autonoma Direzione Generale del Corpo di Polizia Penitenziaria all’interno del Ministero (proposte di legge Pecorella e Ascierto n° 2867 e n° 971 all’esame della Commissione Giustizia della Camera), e il tentativo della Lega (progetto di legge n° 3458, primo firmatario Guido Tossi) di negare i più elementari diritti in merito alla legislazione sul lavoro introducendo il lavoro non retribuito per i detenuti. Timori anche per la modifica della legge 266/91, che potrebbe causare problemi alle realtà di volontariato attive in carcere. Sotto accusa anche la legge "ex Cirielli" che, "affossando completamente o in parte gli effetti della legge Gozzini, con un inasprimento delle pene, porterà ad un aumento della popolazione carceraria (si stimano circa 20.000 persone in più), poiché nei fatti si propone di togliere i benefici alternativi alla pena ai detenuti recidivi (circa l’80% delle persone oggi in carcere), e rischia di paralizzare il già disastrato sistema carcerario italiano, annullando e vanificando le esperienze che tanto coraggiosamente sono state tentate pur nel gravissimo contesto che conosciamo". I sostenitori. "Questa situazione dà il senso di come il carcere, gli operatori del volontariato, gli assistenti sociali e gli stessi agenti di custodia vengono attaccati su più fronti -dice Licia Roselli, direttrice dell’Agesol, tra gli aderenti all’iniziativa-.

Se queste leggi diventeranno operative, nelle carceri la situazione peggiorerà: si va verso un business penintenziario di stampo americano". L’appello è stato sottoscritto anche da Cgil Lombardia e da varie Cgil provinciali; dall’assessore della Provincia di Milano Francesca Corso; da don Virginio Colmegna; da esponenti politici dei Ds e dei Verdi; dalle associazioni Gruppo Abele, Emergency,Antigone, Saman e Uisp e dagli operatori volontari del carcere di Vigevano. (ar) 

Teramo: accordo col Comune, i detenuti puliranno l’arenile

 

Il Messaggero, 16 aprile 2005

 

I detenuti del carcere di Castrogno in permesso-premio puliranno le spiagge libere di Giulianova. L’accordo con la direzione dell’istituto di pena teramano è stato raggiunto ieri mattina nel corso di un incontro che il sindaco Claudio Ruffini ha avuto, assieme al vice Francesco Mastromauro e all’assessore Laura Ciafardoni, con il direttore del carcere, Giovanni Giammaria. L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle "giornate dell’ambiente" con il coinvolgimento dei detenuti che, volontariamente, hanno dato la disponibilità a collaborare alla pulizia delle spiagge libere.

Il progetto si concretizzerà a partire da sabato 7 maggio e sarà esteso anche alle altre giornate estive, quando maggiormente ci sarà bisogno di offrire e turisti e residenti un arenile pulito ed ordinato. Il sindaco ha sottolineato l’importante valenza del progetto "perché riesce a coniugare una doppia sensibilità, quella ambientale e quella sociale". "Si prosegue - ha aggiunto il vicesindaco Mastromauro - nel coinvolgimento delle istituzioni in progetti di valore che hanno una ricaduta positiva sia rispetto all’amministrazione della cosa pubblica sia rispetto all’impegno di reinserimento sociale di soggetti svantaggiati, in piena sintonia con i dettami della Costituzione".

I detenuti arriveranno a Giulianova con un pullmino (saranno tra i sette e i dieci) ma potrebbero arrivare anche liberamente, visto che sono in permesso-premio e non ci saranno, dunque, guardie a "vigilare" su di loro. Il Comune offrirà loro i pasti, ma non si sa se i detenuti-lavoratori, è solo una semplice curiosità finora non soddisfatta, al termine del lavoro, volendo, potranno fare il bagno. "Spero di sì", ha detto Mastromauro, che è anche avvocato, sottolineando con una battuta, che "finalmente quello non sarà un bagno penale". F.M. 

La certezza della pena contro la giustizia "amnistiosa"

di Luca Zaia (Presidente della Provincia di Treviso)

 

Il Gazzettino, 16 aprile 2005

 

Una virgola. Tanto basta in Italia per mandare a piede libero un delinquente. E c’è chi ha il coraggio di parlare di indulto, addirittura di amnistia. Mi viene il dubbio che chi torna periodicamente a chiedere certi provvedimenti non abbia, nella migliore delle ipotesi, ben chiara la situazione della giustizia nel nostro paese. E mi rincresce constatarlo, certi politici avrebbero bisogno di un piccolo ripasso. Questo non vale per gli italiani, però, la gente comune, che ha dimestichezza con certi vocaboli, purtroppo. Decorrenza dei termini, cavillo giudiziario, non luogo a procedere, difetto di forma... Volete che giochiamo al rilancio?

E invece no, c’è poco da stare allegri e da giocare. Soprattutto quando la delinquenza aumenta e le nostre città non sono per niente sicure. Avete presente, tanto per fare un esempio a me molto vicino, i due carabinieri accoltellati nel trevigiano e quanto sono aumentate le aggressioni subite in casa dagli abitanti del Veneto? Soprattutto quando le forze dell’ordine, rischiando la pelle sulle nostre strade, ogni sacrosanto giorno, la sera catturano i trasgressori della legge e la mattina dopo se li ritrovano al bar a fare colazione.

Ma sarà mai possibile che debbano lavorare in queste condizioni? Con una giustizia che ha tempi da bradipo (avete presente quell’animaletto buffo che per fare un passo ci impiega un quarto d’ora?), di una lentezza esasperante e una magistratura che, nel migliore dei casi, non ha gli strumenti per tenere in galera chi ha commesso un reato. Abbiamo un codice penale che sembra il galateo: la forchetta si mette così, il cucchiaio colà e in un battibaleno, tutti a casa. Viviamo in uno stato di amnistia costante perché, passatemi il termine, il nostro sistema giudiziario è "amnistioso".

Non sarebbe neppure la prima volta che si ricorre a un tale provvedimento, dicono i sostenitori, basti pensare al ‘59 quando è stata concessa per l’anniversario di Vittorio Veneto, al ‘63 per il Concilio Vaticano II o, per finire, al ‘66 per il ventennale della Repubblica. Ora si vuole un atto di clemenza in memoria di Papa Giovanni Paolo II scomparso in questi giorni.

Mi chiedo e vi chiedo: non ha un pò il sapore di una beffa concedere adesso quello che allora, durante il Giubileo del 2000, al Santo Pontefice non era stato accordato? È vero, la morale cristiana predica il perdono. E noi, infatti, perdoniamo. Diamo la possibilità a chi ha sbagliato di saldare il proprio debito e di reinserirsi nella società. Ma pensando a coloro che hanno subito l’offesa, è fuori discussione che si accetti di rilasciare i colpevoli.

Rispetto per gli offesi oltre che per chi ha offeso, mi sembra il minimo. E per ottenere ciò, c’è solo una strada percorribile quella della certezza della pena. Ripeto: quello che ci vuole è la certezza della pena. A queste condizioni, in presenza di una condanna certa e senza appello, uno ci penserebbe due volte prima di commettere delle infrazioni. Il ministro della giustizia, Castelli, che noi abbiamo voluto leghista appositamente, si è battuto in questi anni per attuare una riforma complessiva del sistema giustizia, ma in Parlamento si è dovuto scontrare con l’opposizione di quanti, oggi come allora, propongono l’amnistia. In Italia esistono due partiti, il nostro, quello della tolleranza zero e l’altro, quello dei perbenisti che per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri non trovano niente di meglio che proporre di aprirne i cancelli. Con buona grazia di quanti non vedono l’ora di approfittarne per non pagare per i reati commessi e per i danni procurati.

Iraq: rissa in carcere dopo omicidio detenuto, 12 feriti

 

Agi, 16 aprile 2005

 

Nuovi disordini in un carcere nel sud dell’Iraq, gestito dalle forze statunitensi. A Camp Bucca, situato appena fuori dalla città portuale di Umm Qasr, ieri sera è stato assassinato un detenuto e ne è seguita una gigantesca rissa, la seconda nelle ultime due settimane.

"Le guardie hanno ripreso il controllo della situazione e proceduto immediatamente a dare assistenza medica ai dodici detenuti feriti durante la rissa", si legge in una nota che precisa: "Gli incidenti sono stati un fatto interno ai detenuti e non erano diretti contro le forze statunitensi".

Il cadavere del detenuto assassinato, una volta completata l’autopsia, sarà consegnato alle autorità irachene che a loro volta lo restituiranno ai familiari. Camp Bucca ospita seimila detenuti ed è il più grande centro di detenzione in Iraq gestito dagli statunitensi. Nello stesso carcere due settimane una rivolta fece dodici feriti tra i detenuti e altri quattro tra le guardie statunitensi. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha sollecitato un’inchiesta su quegli incidenti che, secondo un collaboratore di Moqtada Sadr, il leader radicale sciita, scoppiarono quando a un loro simpatizzante fu negata assistenza medica. Alla fine di gennaio Camp Bucca fu teatro di un’altra rivolta che fece quattro morti e sei feriti. 

Milano: Via Corelli, un carcere speciale per gli immigrati

 

Social Press, 16 aprile 2005

 

Un taglio netto, che attraversa il braccio. L’ambulanza che arriva dopo 40 minuti e i medici del San Raffaelle che prestano finalmente i primi soccorsi a una persona ormai svenuta e che rischiava di morire. Salam, quella notte, era al Centro di detenzione di via Corelli, tutti i diritti e si subiscono continui soprusi e vessazioni, come denunciano ora, da più di una settimana, i suoi compagni di detenzione, in sciopero della fame per rivendicare la libertà di tutti, perché essere immigrato non è reato. Fuori, le associazioni che in questi anni si sono battute per la chiusura di via Corelli e di tutti i centri di permanenza in Italia, hanno dato vita a un Comitato di appoggio alla lotta dei detenuti di Corelli e seguono quello che succede nel Centro.

Ma la prefettura e la questura di Milano stanno procedendo alle espulsioni di tutti gli immigrati che riescono ad avere qualche contatto con l’esterno per far sentire le loro rivendicazioni. Anche Salam, da ieri sera, si trova nuovamente in Tunisia, nonostante quella ferita e il fatto che la sua testimonianza fosse indispensabile per ricostruire ciò che era successo quella notte all’interno del centro: perquisizioni violente della polizia entrata nelle camerate in tenuta antisommossa, foto di famiglia calpestate, un corano strappato.

Evidentemente, si vuole insabbiare tutto, le responsabilità della polizia, così come quelle della Croce rossa gestore del Centro. Per questo, il Comitato di appoggio alla lotta dei detenuti di Corelli annuncia un presidio davanti al Centro per sabato 16 aprile alle ore 16, per fare in modo che la stampa possa finalmente varcare i muri di un luogo di non diritto gestito in un’assoluta segretezza, accompagnata da una delegazione del comitato.

Droghe: Ds; su conferenza Pescara no a sirene dipartimento

 

Ansa, 16 aprile 2005

 

I Ds dicono "no" alla conferenza nazionale sulle tossicodipendenze che si terrà a settembre a Pescara: "nessuna collaborazione" ha detto il responsabile progetto tossicodipendenze del partito, Giuseppe Vaccari, che ha esortato Federserd (la Federazione degli Operatori dei Servizi e Dipartimenti delle Dipendenze), che ha deciso di parteciparvi, a "non lasciarsi incantare dalle sirene del Dipartimento antidroga".

Intervenendo a un convegno della Cgil su la svolta repressiva sulle droghe, in corso a Roma, Vaccari - che è anche dirigente del Sert di Modena - ha detto che "il fronte della società civile va tenuto compatto" e ha invitato le nuove amministrazioni regionali, "quasi tutte di centrosinistra, a dare un segnale comune su questo tema".

Anche a livello nazionale, ha aggiunto, "ci sono le condizioni per costruire una proposta che superi le contraddizioni della legge vigente". L’esponente della Quercia ha spiegato che il suo partito è contrario alla legalizzazione, mentre dice sì alla depenalizzazione del consumo e a sperimentazioni come la somministrazione controllata di eroina nell’ottica della riduzione del danno. "Ci sono margini per una posizione comune all’interno del centrosinistra su questo tema - ha spiegato - perché anche la Margherita ha preso atto che lo strumento per la lotta alle tossicodipendenze non può essere la repressione". "Ciò che davvero serve - ha aggiunto - è un vero lavoro di prevenzione e informazione". 

Droghe: Russo Spena (Prc); attenti colpo di coda del governo

 

Ansa, 16 aprile 2005

 

Sia che si vada a elezioni anticipate in autunno, sia che si voti regolarmente nel 2006, il centrosinistra deve essere pronto a eventuali "colpi di coda" del governo Berlusconi su temi ideologici come la lotta alle tossicodipendenze: lo ha detto il vicepresidente del gruppo del Prc alla Camera, Giovanni Russo Spena, il quale ha esortato l’Unione a organizzare un convegno per avanzare una proposta comune.

L’iniziativa, ha detto l’esponente comunista intervenendo a un convegno della Cgil sulla tossicodipendenza, si deve "basare su due pilastri: legalizzazione differenziata e somministrazione controllata. "Non possiamo limitarci a fare le sentinelle dell’esistente - ha esortato riferendosi alla legge in vigore, la Iervolino-Vassalli, che ha definito "punitiva" - ma dobbiamo andare avanti, anche sul piano normativo". Anche il lavoro in seno al Parlamento europeo, ha aggiunto, va "in una direzione sempre più antiproibizionista, basata su: lotta al traffico, prevenzione, cura e limitazione del danno". 

Droghe: Pecoraro Scanio; proporrò a Prodi strategia unitaria

 

Ansa, 16 aprile 2005

 

Sul tema delle tossicodipendenze "l’Unione deve avere una strategia unitaria", per cui "sono pronto a chiedere a Prodi che una sessione della Fabbrica si dedichi a questo": lo ha detto il leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, intervenendo a un convegno della Cgil sul problema delle tossicodipendenze. Secondo Pecoraro Scanio, il problema delle tossicodipendenze va affrontato "non in modo ideologico ma pragmatico, con un approccio scientifico".

Ha quindi aggiunto che su questo ci sono "ostilità di tipo culturale anche nel centrosinistra, nelle aree centriste che potrebbero riportarci indietro". "Anche nella nostra coalizione - ha detto ancora Pecoraro - ci sono esponenti politici ignoranti sul tema, che ci potrebbero riportare", e perciò bisogna "fare lo sforzo di inserire nel programma del futuro governo un approccio diverso al tema della droga".

Pecoraro Scanio ha sottolineato che "è necessaria un’azione forte per riprendere il percorso sulla legalizzazione, che - ha precisato - non è, come abbiamo detto più volte, liberalizzazione". Nel programma del centrosinistra, quindi, secondo il leader dei Verdi, ci potrebbe essere una "parte ampiamente condivisa, ma lasciando aperte delle opzioni". "Magari - ha concluso - qualche Regione potrebbe fare un passo avanti sulla sperimentazione della legalizzazione".

Padova: detenuto suicida col gas, indagato compagno di cella

 

Il Gazzettino, 16 aprile 2005

 

C’è un indagato nell’ambito dell’inchiesta della morte del giovane giostraio di San Martino di Lupari, uccisosi l’altro ieri nel carcere di strada Due Palazzi con il gas di una bomboletta da campeggio. La vittima è Redi Massariol, di ventuno anni. L’indagato è il suo compagno di cella. Un romeno, Lician Cheomas, coetaneo della vittima, difeso dall’avvocato Orazio Giraldin. Il pubblico ministero Emma Ferrero ipotizza due reati nei confronti dello straniero.

L’istigazione al suicidio oppure l’omissione di soccorso. L’accusa sostiene che il giovane giostraio è morto davanti agli occhi del romeno. E ieri mattina il sostituto procuratore ha affidato l’incarico ai consulenti tecnici. L’autopsia sarà eseguita dal dottor Alberto Raimondo, dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Padova, mentre gli esami tossicologici sono stati affidati al professor Santo Davide Ferrara, direttore del Centro di tossicologia dell’Istituto di medicina legale dell’Università. Ufficialmente la morte sarebbe avvenuta per avvelenamento del gas contenuto nella bomboletta in dotazione ai detenuti per alimentare un fornelletto da campeggio che viene utilizzato nelle celle. Ma poi si è trattato di vero suicidio? Alcuni detenuti, che fanno uso di droga o di alcol, durante la restrizione della carcerazione aspirano il gas della bomboletta per gli effetti neurologici che produce. E questa è probabilmente l’ipotesi sulla quale sta lavorando il pubblico ministero Ferrero. 

Verona: gli ex carcerati chiedono un’opportunità…

 

L’Arena, 16 aprile 2005

 

Chi ha fatto l’esperienza del carcere merita accoglienza. Se dovessimo cercare uno slogan per la manifestazione che si svolgerà domani a Casette, questo sarebbe probabilmente perfetto. Per un’intera giornata, infatti, nella parrocchia dedicata a Sant’Antonio i racconti di chi sta vivendo delle pene detentive si intrecceranno con i problemi dei familiari di persone carcerate, con l’obiettivo di diffondere una cultura della solidarietà e superare il silenzio che spesso circonda queste situazioni. La giornata inizierà alle 10 con la messa, nel corso della quale verrà letto un documento firmato dai detenuti del carcere veronese di Montorio e fra Beppe Prioli, il coordinatore del volontariato penitenziario in Veneto, racconterà la sua esperienza e parlerà dell’accoglienza degli ex carcerati. Quindi, in parrocchia, ci sarà un incontro al quale parteciperanno detenuti in permesso, famiglie di persone in carcere e alcuni volontari della Fraternità.

L’associazione, che ha sede nel convento veronese di San Bernardino, si occupa di prevenzione, dell’assistenza in carcere e aiuta chi ha scontato la propria pena, facendo anche l’accompagnamento dei detenuti in permesso, in affidamento o in semilibertà. A chiudere l’incontro, che è stato organizzato dalla parrocchia e dall’associazione veronese, sarà quindi un pranzo che si svolgerà a Corte Samuele. "Questa iniziativa, che domani si svolgerà per la prima volta nel Basso veronese, rientra in un’azione nata dall’appello che i carcerati di Montorio hanno voluto fare in apertura del Sinodo al vescovo, ai parroci e a tutti i religiosi", spiega fra Beppe Prioli. "Un appello all’accoglienza che purtroppo pochi hanno colto ma che a Casette ha trovato attenzione. Per questo, considerato anche il fatto che nel legnaghese ci sono famiglie con congiunti in carcere, abbiamo voluto creare un’occasione di conoscenza e approfondimento. Un’occasione volta a promuovere la solidarietà e a far superare la cultura del silenzio. D’altronde, come dico sempre, se ogni istituto religioso e ogni parrocchia accogliesse una persona in difficoltà avremmo tanta violenza in meno, perché il carcere fa pensare chi ci deve stare ma non ne risolve i problemi". (lu.fi.)

Nuoro: i sindacati degli agenti; "condizioni ormai invivibili"

 

L’Unione Sarda, 16 aprile 2005

 

Diventa sempre più rovente la polemica sulle condizioni di sovraffollamento e carenze strutturali in cui versa il carcere nuorese di Badu ‘e Carros. Le ultime notizie dal fronte sindacale riguardano l’apertura di una terza sezione che era stata considerata inagibile ma che oggi ospita già duecento detenuti, mentre nelle ultime settimane almeno sessanta nuovi reclusi sarebbero arrivati a Nuoro dai penitenziari del continente. Facile allora capire come in questa situazione tutti i sindacati di categoria della polizia penitenziaria abbiano deciso di scendere sul piede di guerra annunciando clamorose iniziative di protesta.

"Nei prossimi giorni - si legge in una nota firmata congiuntamente da Cgil, Cisl, Uil, Sinape e Sappe - renderemo pubblico un dossier di denuncia delle condizioni in cui ci troviamo ad operare ed una piattaforma che individua possibili soluzioni per venir fuori da questo stato di crisi, preannunciando sin d’ora un prossimo sit-in da tenersi presso l’istituto penitenziario che sarà l’occasione per presentare i suddetti documenti, non escludendo di organizzare entro la prima decade del mese di maggio una manifestazione unitaria a Cagliari di fronte alla sede del provveditore Regionale".

La mobilitazione insomma è iniziata e questa volta i rappresentanti degli agenti penitenziari di Badu ‘e Carros, che da anni puntano il dito contro l’inadeguatezza degli organici e i turni di lavoro massacranti, sembrano disposti ad andare sino in fondo. "Denunciamo ancora una volta il nostro disagio - prosegue il documento inviato a tutte le autorità compreso il ministro della Giustizia Roberto Castelli - perché pur rinunciando ai nostri diritti non siamo posti nelle condizioni di assicurarli agli altri e ci vediamo ogni giorno costretti a subire legittime rimostranze che alla lunga potrebbero degenerare in comportamenti difficilmente gestibili".

L’unica soluzione insomma era quella di alzare il livello della vertenza, cosa che puntualmente è stata fatta. "Tutto ciò - scrivono Cgil, Cisl, Uil, Sinape e Sappe -, insieme all’indifferenza generale che registriamo rispetto alle nostre problematiche, ci ha convinto a rompere le relazioni sindacali e soprattutto delle necessità di promuovere una forte campagna di mobilitazione con iniziative pubbliche per portare all’attenzione di tutti ciò che non è solo una questione di mera rivendicazione contrattuale ma di valenza sociale e di civiltà".

Da qui dunque l’idea di organizzare una manifestazione davanti alle mura di Badu ‘e Carros durante cui distribuire un dossier sulle condizioni di vita all’interno del carcere e ipotizzare una missione a Cagliari per gridare il proprio profondo malcontento sotto le finestre della sede del Provveditore regionale alle carceri. "Di questa vertenza - concludono i sindacati della polizia penitenziaria - vengono investite oltre le strutture territoriali anche quelle regionali e nazionali per promuovere tutti i passi necessari presso la direzione centrale per l’avvio di un’immediata azione risolutrice".

Oristano: nuovo carcere, via libera dai tecnici ministeriali

 

L’Unione Sarda, 16 aprile 2005

 

Il sì sembra essere convinto e senza riserve. Quegli ettari dietro il campo sportivo di Massama vanno bene per costruire il nuovo carcere. I funzionari del Ministero della Giustizia e di quello delle Infrastrutture, ieri mattina, hanno visitato la zona e hanno espresso il loro parere positivo. Il sindaco Antonio Barberio e l’assessore Mariano Biddau hanno incassato con orgoglio, ma ancora resta da capire cosa pensano gli abitanti della piccola frazione. Non tutti sembrano essere d’accordo: in pochi pare siano disposti a convivere con i detenuti. Però non c’è molto tempo a disposizione: da Roma attendono una risposta al più presto, anzi subito.

I soldi ci sono, il progetto pure e ora non resta che approvare la destinazione della struttura. Dettagli tecnici che dovranno passare all’esame del consiglio comunale. Dopo la bocciatura senza appello per trasferire il penitenziario nella zona di Pabarile ora la proposta di ricostruire il penitenziario a Massama incassa il primo parere positivo. Niente dubbi, neanche da parte dei rappresentanti del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria della Sardegna, del vice procuratore generale di Cagliari e del direttore del carcere di piazza Manno.

Ieri mattina gli ingegneri dei due ministeri hanno controllato con la lente d’ingrandimento le planimetrie della zona. Hanno osservato con attenzione tutta l’area circostante e hanno preso in esame la rete viaria: i collegamenti con la città e con la superstrada. Hanno misurato con precisione il tempo necessario per arrivare a Massama partendo dal centro cittadino e dal palazzo di giustizia. Sette chilometri precisi, in meno di dieci minuti, qualcuno in più nelle ore di punta.

La nuova casa circondariale sarà costruita proprio alle spalle del campo sportivo, su un terreno messo a disposizione in parte dall’amministrazione comunale e in un’area di proprietà di una famiglia di agricoltori del paese. Poco meno di nove ettari in tutto, all’ombra di un boschetto di eucaliptus. L’edificio dovrà essere un quadrato o un rettangolo perfetto, perché le guardie penitenziarie possano osservare senza ostacoli tutto il perimetro. Per mettere su celle e sbarre sono già a disposizione ben trentasei milioni di euro: promessi, assicurati e garantiti dal ministero della Giustizia. (n.p.)

Ascoli: violenze a un detenuto marocchino, agenti assolti

 

Il Messaggero, 16 aprile 2005

 

Sono trascorsi dieci anni da quando un detenuto marocchino denunciò di essere stato picchiato nel carcere di Marino del Tronto da alcuni agenti di polizia penitenziaria. Ma non sono bastati per arrivare a stabilire se quei tre secondini sono responsabili o meno dei fatto loro addebitati dalla procura di Ascoli. Per tutti e tre il Tribunale di Ascoli ha pronunciato una sentenza di "non doversi procedere" per intervenuta prescrizione e per la concessione delle attenuanti generiche riconosciute equivalenti alle aggravanti. Il Pm Carmine Pirozzoli aveva chiesto una condanna a tre anni.

Una sentenza che sostanzialmente scontenta tutte le parti, compresi gli imputati per i quali non è stata riconosciuta l’estraneità alle accuse di abuso d’ufficio e lesioni aggravate che potranno comunque avere conseguenze sul piano disciplinare. Per questo i tre agenti di Marino del Tronto stanno valutando insieme agli avvocati Nazario Agostini e Anna Balena se ricorrere in appello per ottenere una assoluzione con formula piena. Figuriamoci se può essere contenta la presunta parte lesa, il marocchino. A fare andare per le lunghe il processo sono stati vari avvicendamenti nel collegio giudicante che ogni volta è stato costretto a ricominciare da capo.

Le guardie erano accusate di aver picchiato il marocchino procurandogli una lesione alla spalla (prognosi di 40 giorni). L’uomo non aveva denunciato il fatto nell’immediatezza, ma l’aveva riferito un paio di giorni dopo alla coordinatrice dell’area pedagogica del carcere che, per altro, quando fu sentita in tribunale per testimoniare disse che per quella denuncia raccolta era stata trasferita in un altro istituto di pena. Solo dopo un ricorso al Tar quel trasferimento era stato annullato.

Civitavecchia: diploma di aiuto cuoco per 15 detenuti

 

Il Messaggero, 16 aprile 2005

 

È partito in punta di piedi, con la discrezione tipica dei progetti pilota, ma ha superato positivamente ogni tipo di aspettativa. Si tratta del corso professionale integrato da "aiuto cuoco" per i detenuti del bagno penale. Ideato dalla responsabile del locale CTP (Centro Territoriale Permanente), Stefania Grenga, l’interessante progetto è diventato realtà grazie alla collaborazione della preside dell’Istituto alberghiero, Pina Maniglia, e della coordinatrice ufficiale del CTP Vincenza La Rosa, all’importante avallo del Ministero di Giustizia ed alla massima disponibilità di Silvana Sergi, direttrice dell’istituto penitenziario.

Venticinque giovani detenuti, dopo aver frequentato 150 ore di lezione, suddivise tra 40 ore di teoria tenute da Stefania Grenga, 80 teorico-pratiche tenute dall’insegnante cuoco Saverio D’Elia e 30 di stage esterno alla struttura carceraria presso i ristoranti "Reef", "Da Vitale", "Ò Pescatore" e "Sora Maria", si sono diplomati a pieni voti con grande soddisfazione degli organizzatori tutti. Mercoledì scorso, in occasione della consegna degli attestati di fine corso, i neo "aiuto cuoco" hanno confezionato con le loro mani e offerto a tutti gli ospiti invitati, compresi i loro docenti, gli assessori rispettivamente all’Istruzione, Servizi Sociali e personale Gabriella Saracco, Alessia Calanni e Anita Cecchi, e alla locale referente Unicef Pina Tarantino, un ottimo pranzo formato da gustose pietanze. Entusiasta la direttrice Sergi per "l’effetto positivo di tale esperienza sulla dignità dei giovani carcerati e soprattutto per l’opportunità di sana reintegrazione nel tessuto sociale e lavorativo che tale professionalità regala ai detenuti coinvolti".

 

 

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