Rassegna stampa 5 agosto

 

Porto Azzurro: detenuto tenta suicidio, è in gravissime condizioni

 

La Nazione, 5 agosto 2005

 

Un detenuto della casa di reclusione di Porto Azzurro ha cercato di togliersi la vita impiccandosi. Lo hanno salvato gli agenti della Polizia Penitenziaria che si sono accorti della tragica situazione durante un controllo di routine. L’uomo, V.M., 30 anni, di origine milanese, è però in gravissime condizioni. Da ieri mattina è ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Livorno dove è stato trasferito con un ambulanza del Santissimo Sacramento a sulla quale, insieme all’autista Enzo Fornino e agli uomini della penitenziaria, ha preso posto anche il primario di anestesia dell’ospedale di Portoferraio Antonio Marino. L’allarme è scattato verso le 6 quando gli addetti alla sorveglianza, ispezionando la cella dove l’uomo dormiva da solo, hanno fatto la drammatica scoperta. Per mettere in atto il proposito suicidiario, l’uomo, che deve scontare oltre 20 anni per omicidio, ha utilizzato le stringhe delle scarpe.

Salute: il virus dell’hiv non risparmia nessuno, neppure i detenuti

 

Gay News, 5 agosto 2005

 

Anche lui è dietro le sbarre. Il virus dell’Hiv non risparmia nessuno, neppure i detenuti. Secondo le stime del ministero degli Interni nelle carceri italiane sono rinchiusi 1472 persone affette da Hiv (dicembre 2004). Nel 92,3% dei casi si tratta di uomini, mentre le donne sono solo il 7,6%. Per molti essere sieropositivi significa avere anche problemi di tossicodipendenza: sono 81,4% le persone infette che fanno uso di stupefacenti. "I numeri sono sottostimati – commenta Luca Massari, responsabile del settore Carcere della Caritas ambrosiana -. In Italia il test non è obbligatorio, quindi le cifre si basano sulle dichiarazioni dei detenuti. È difficile ammettere di essere sieropositivi: gli italiani di solito lo dicono per godere dei benefici. Qualche straniero non sa neanche di avere contratto il virus".

Parlare di aids in carcere è difficile, ma c’è qualcuno che prova a fare prevenzione. "In Europa esistono programmi specifici per sensibilizzare i detenuti - prosegue Massari -. In alcuni carceri vengono installati distributori di siringhe e profilattici. Nel nostro Paese non è possibile, ma le Asl e le associazioni di volontariato si preoccupano di spiegare come prevenire la trasmissione dall’Hiv". In un editoriale apparso oggi sulle pagine del New York Times si sostiene che l’Europa sia all’avanguardia nella prevenzione della diffusione della malattia all’interno delle strutture penitenziarie. Le differenze esistono e non sono solo numeriche. "In Italia c’è un detenuto ogni mille abitanti, negli Usa si arriva a 8 per mille – spiega Luca Massari -. Le possibilità di contagio aumentano, ma occorre considerare che la gestione delle carceri in America è affidata a privati che si occupano di mantenere ordinate e pulite le celle piuttosto che preoccuparsi delle condizioni socio-sanitarie dei detenuti".

Ogni settimana, dal 1992, i volontari del progetto Ekotonos, a cui aderiscono diverse associazioni che lottano contro l’Aids, come Asa, Ala e Exodus, fanno il loro ingresso nel carcere di San Vittore. Con un unico obiettivo: parlare di contagio. "Teniamo due incontri – racconta Laura di Asa Milano -. Parliamo con i tossicodipendenti del secondo raggio e con le categorie "protette" del sesto raggio, dove sono detenuti gli omosessuali, i transessuali e chi ha commesso delitti sessuali". Agli incontri partecipano da un minimo di 12 a un massimo di 20 persone, sieropositivi e non. "Diversamente finiremmo per creare un ghetto – continua la volontaria di Asa -. E poi riusciamo a raggiungere più persone: l’anno scorso abbiamo incontrato 500 tossicodipendenti". I comportamenti a rischio esistono anche nelle celle. "La droga entra in carcere, non hanno le siringhe, ma se la iniettano con le biro. Il passaggio è lo stesso – racconta Laura -. Alcuni se lo sono trasmessi così, altri attraverso rapporti sessuali non protetti. Dobbiamo dirlo, senza paura: qui la vita è come fuori". Il pericolo di trasmissione esiste, non solo per i detenuti. "Il rischio c’è sempre e per tutti. Anche per gli agenti che si trovano a soccorrere chi si produce tagli e ferite solo per attirare l’attenzione".

Cosenza: bimbo scrive ad Ass. "Diritti Civili"; aiuta me e mia mamma

 

Quotidiano di Calabria, 5 agosto 2005

 

Una lettera scritta in carcere da un bambino, "detenuto" insieme alla sua mamma, è stata indirizzata e recapitata al leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, da anni impegnato a difesa dei diritti dei detenuti e di quei 60 bambini, "reclusi" insieme alle loro mamme. Questo il testo della missiva. "…Io sono un bambino che vive con la sua mamma nella cella del carcere. Ti scriviamo questa letterina io e la mamma perché ci hanno detto che tu aiuti i carcerati e i bambini come me. La mamma ha detto che tu non devi dire come ci chiamiamo perché noi abbiamo paura che poi ci fanno del male e non ci fanno più uscire dalla cella… Io dico sempre alla mamma e alle guardie che non ci voglio stare dentro il carcere, che voglio andare casa nostra, a giocare con gli altri bambini, voglio andare sulle giostrine, al mare.

La mamma mi dice sempre che ancora non ci posso andare che sono troppo piccolo, però gli altri bambini io li vedo alla televisione che ci vanno al mare e giocano con le macchinette. Io invece devo restare sempre chiuso con la mamma dentro la cella. La mamma mi promette sempre che tra poco usciremo e ritorneremo insieme nella nostra casetta dove ci sono i nonni, i cuginetti, gli zii che mi aspettano e che vengono a trovare nella cella a me e alla mamma e mi portano pure i regalini… Io glielo dico sempre a tutti, anche alle guardie, che voglio ritornare con la mamma a casa. Ma nessuno ci aiuta. Non ci vogliono bene. Ci lasciano sempre qua, chiusi. Io piango, prego Gesù, di farmi uscire con la mamma dalla cella.

C’era il Papa vecchio e buono che voleva aiutare i bambini e i carcerati. Ma adesso, mi ha detto la mamma, non c’è più. Era malato ed è volato al cielo… Chi aiuterà i bambini e le mamme che sono nella cella? Quelli che comandano adesso sono al mare, a fare i bagni, a divertirsi e non ci vogliono aiutare. La televisione e i giornali, mi ha detto la mamma, non parlano mai di noi, parlano solo dei ricchi e di quelli importanti…Io sono rimasto solo con la mia mamma. Nel carcere mi vogliono tutti bene, ma io non ci voglio stare più. C’è brutto, ci fa tanto caldo, siamo sempre chiusi nella stanzetta, usciamo solo ogni tanto. La mamma mi ha detto che ci sono anche altri bambini che stanno, come me, nella cella dentro il carcere! Perché un bambino lo tengono carcerato nella cella? Perché non mi fanno andare a casa con la mia mamma? Io prometto che sarò buono e non farò arrabbiare mai la mamma e il papà che non lo vedo, perché è lontano.

Pure la mamma è buona e mi dice sempre che non ha mai fatto del male a nessuno. La fanno stare nella cella perché deve lavorare… Però io lo so che la mamma mi dice una bugia: perché anche la mamma dopo il lavoro vuole ritornare a casa nostra. E non la fanno uscire… La sera le guardie ci vengono a chiudere la porta della cella. Io piango. Anche la mamma ogni tanto piange, mi abbraccia e mi dice sempre che mi vuole tanto bene, anche io voglio tanto bene alla mia mamma, voglio stare sempre vicino e non la lascio mai. Signor Corbelli aiutaci tu, facci uscire dalla cella e facci ritornare a casa…". Il leader di Diritti Civili, che ha, insieme a Vittorio Sgarbi, preparato una proposta di legge per estendere i benefici degli arresti domiciliari a tutte le donne detenute con bambini da assistere sino a 10 anni di età (oggi sono previsti gli arresti a casa solo per le mamme detenute con bambini sino a 3 anni di età) , giudica i bambini in carcere (sono attualmente 60): "Una vergogna nazionale, un fatto indegno di un Paese civile".

Roma: protocollo tra Garante dei detenuti e Direzione Regina Coeli

 

Redattore Sociale, 5 agosto 2005

 

Garantire la tutela dei diritti dei detenuti e il rispetto delle regole di legalità nel carcere e organizzare attività di formazione congiunta tra gli operatori del carcere e dell’Ufficio del Garante del Lazio dei detenuti. Sono questi i punti più importanti del protocollo d’intesa siglato nei giorni scorsi dal Garante regionale dei detenuti Angiolo Marroni e dal Direttore del carcere di Regina Coeli Mauro Mariani. Per l’Ufficio del Garante si tratta del secondo protocollo del genere dopo quello firmato, nelle scorse settimane, anche con il carcere di Rebibbia Nuovo Complesso.

Con il Protocollo la direzione di Regina Coeli si impegna anche a garantire la presenza in carcere del personale dell’Ufficio del Garante, anche in casi di estrema urgenza, per incontrare e colloquiare con i detenuti. sulla base di domande presentate tramite la direzione o su attivazione delle stesso Ufficio del Garante. Ufficio del Garante e direzione del carcere hanno anche concordato sulla necessità di valorizzare il momento della comunicazione immediata e verbale dei problemi. "Non bisogna mai dimenticare che lo scopo fondamentale della reclusione non è solo quello di espiare una colpa, ma anche ad essere preparati per tornare nella società - ha detto il Garante Angiolo Marroni . Un rientro che deve avvenire con la pienezza e la consapevolezza dei propri dovere e dei propri diritti. Per questo è importante che si capisca che i detenuti non sono cittadini di serie B e che hanno anche loro dei diritti da far valere".

Bologna: il Garante; se passa l'ex-Cirielli conseguenze drammatiche

 

Redattore sociale, 5 agosto 2005

 

Un disegno di legge - la ex-Cirielli - che, se completerà l’iter parlamentare, "avrebbe conseguenze drammatiche sulla vita in carcere". A sollevare il problema è Desi Bruno, Garante delle persone private della libertà personale di Bologna: "Da tempo - spiega in una nota diffusa - istituzioni, associazioni, organi di stampa, politici e singoli cittadini si preoccupano, e a ragione, del sovraffollamento carcerario, che certo non risparmia neppure la locale casa circondariale (la Dozza, ndr), con una presenza costante di circa 900-1000 persone, il doppio di quelle che potrebbe ospitare". Il continuo aumento della popolazione carceraria, composta per il 60% da persone con problemi di tossicodipendenza e cittadini immigrati, "viene indicato come il principale fattore del peggioramento delle condizioni di vita delle persone private della libertà personale".

A questo proposito "è passata quasi sotto silenzio - sottolinea l’avvocato Bruno - la recente approvazione al Senato del disegno di legge denominata ancora come ex-Cirielli, riguardante i termini di prescrizione dei reati e la recidiva". Contro la proposta si sono fatti sentire i docenti universitari di diritto, "preoccupati che la previsione di tempi di prescrizione brevissimi per gravi reati, quali per esempio l’usura e la corruzione, possa avere effetti criminogeni, rafforzando il senso di impunità rispetto ad alcune tipologie di reati, mentre si prevede, in violazione del principio di ragionevolezza e uguaglianza, l’allungamento degli stessi termini per le persone che hanno già commesso reati, a prescindere, in alcuni casi, anche dalla gravità delle condotte".

L’approvazione definitiva del disegno di legge, passato ora alla Camera, "avrebbe conseguenze drammatiche sulla vita in carcere - sottolinea il Garante - , rendendolo sempre più contenitore di marginalità sociale da gestire". La proposta tende "a consacrare l’esistenza di un diritto minore per la marginalità sociale, che si affronta con un progetto demagogico e illusorio di tolleranza zero, basato sulla assoluta centralità della pena detentiva, come se l’esperienza non insegnasse ogni giorno che questa scelta, tesa a creare un falso senso di sicurezza, non porta a nessun risultato". Inoltre la tutela delle vittime "non ha nulla a che vedere con la scelta di introdurre un nuovo "tipo d’autore", il recidivo reiterato, destinatario di pene molto più lunghe, oggetto di un automatismo in tema di concessione delle attenuanti generiche e di bilanciamento delle circostanze che preclude al giudice di valutare la gravità del fatto e la personalità dell’imputato e destinatario altresì di un trattamento penitenziario che svuota di contenuto l’impianto della legge Gozzini".

Lanciano: nel carcere apre osservatorio psichiatrico per i detenuti

 

Il Messaggero, 5 agosto 2005

 

A breve entrerà in funzione al supercarcere di Lanciano l’osservatorio psichiatrico per detenuti con tale patologia, unico centro dell’Abruzzo con 10 posti per i malati con tale patologia. Lo psichiatra dell’ospedale di Lanciano, nonché consigliere comunale, Danilo Montinaro lancia l’allarme sulla possibilità che la speciale sezione detentiva possa essere gestita da medici privati o in convenzione. "Un simile osservatorio deve essere gestito da strutture pubbliche - dice Montinaro -. Si potrebbero avere situazioni che rischiano di peggiorare le condizioni dei detenuti pazienti". Anche i sindacati di polizia penitenziaria si sono detti preoccupati, perché l’osservatorio verrebbe gestito con lo scarso e già penalizzante numero di agenti in servizio al carcere.

Teramo: i detenuti tinteggiano alcuni locali del Tribunale

 

Il Messaggero, 5 agosto 2005

 

Proseguono le esperienze di collaborazione tra la Casa circondariale di Castrogno e le istituzioni locali, nell’ambito della promozione di attività a favore dei detenuti. Tre reclusi nel carcere teramano sono impegnati nella tinteggiatura di alcuni locali del Tribunale che ospitano i detenuti imputati nei processi. L’iniziativa viene realizzata con il supporto del Centro servizi sociali per adulti di Pescara e con il contributo dell’Associazione di volontariato per istituti penitenziari "Verso il futuro", operante nella zona di Teramo. I detenuti prestano la loro opera in maniera del tutto volontaria e fruiscono di permessi giornalieri che consentono ad essi di uscire dal carcere per recarsi nel Tribunale. L’attuale esperienza segue quelle realizzate, in collaborazione con il Comune di Giulianova, per la pulizia delle spiagge e il coinvolgimento di detenuti nell’apparato organizzativo dei volontari nel corso dell’ultima edizione della Coppa Interamnia.

Napoli: Moretto (An); smantellate il carcere di Poggioreale

 

Caserta 24 Ore, 5 agosto 2005

 

"Ci chiediamo cosa si aspetta ancora a smantellare quel vero e proprio lager rappresentato dal carcere di Poggioreale che ospita un’enorme massa di detenuti, molto al di sopra delle sue effettive capacità" - dichiara il Consigliere Comunale Vincenzo Moretto di AN in una dettagliata interrogazione consiliare trasmessa al Sindaco di Napoli. Da troppi anni continua questo assurdo sovraffollamento del carcere di Poggioreale, che determina il logico fallimento di ogni tentativo per un positivo recupero rieducativo del detenuto,- prosegue la nota del consigliere moretto - anzi, gli inumani e altissimi standard di sovraffollamento carcerario alimentano promiscuità, violenze sessuali omofobie, devianze, forme di illegalità che danneggiano conseguentemente i processi di recupero e la stessa comunità.

Considerato che nella città di Napoli è in corso una vera e propria riqualificazione edilizia ed urbanistica, che sembra interessare il vicino Centro Direzionale, vorremmo conoscere quest’Amministrazione di centro sinistra cosa aspetta ad utilizzare l’immensa area del suddetto carcere per utilità sociale? Sollecitiamo ancora una volta il Sindaco di Napoli - conclude Moretto - ad attuare concretamente il nostro progetto che venne presentato il 27.01.98 e recepito dallo stesso Consiglio Comunale, che prevedeva proprio lo smantellamento di questo invivibile e disumano Istituto carcerario di Poggioreale, ed in particolare proponeva una moderna riqualificazione urbana e sociale dell’intera area, a favore dei cittadini e delle famiglie del quartiere, migliorando la stessa immagine di Napoli nel mondo."

Caltanissetta: abusi al Cpt, Prc presenta esposto alla Procura

 

La Sicilia, 5 agosto 2005

 

L’europarlamentare di Rifondazione Comunista Giusto Catania ha presentato ieri alla procura della Repubblica di Caltanissetta un esposto per chiedere che vengano effettuati accertamenti sugli abusi che sarebbero stati commessi nel centro di permanenza temporanea di Pian del Lago e da lui già lamentati. In particolare ha chiesto di "accertare se i cittadini stranieri (o alcuni dei cittadini stranieri) ospitati presso il centro di prima accoglienza di Caltanissetta si trovino in una condizione di limitazione della libertà personale" e "se nei loro confronti siano stati adottati e notificati provvedimenti amministrativi - e quali - che giustifichino tale privazione d’urgenza della libertà personale da parte delle autorità di polizia".

Ha chiesto inoltre di "accertare se i migranti cittadini del Bangladesh trattenuti in data 27 luglio 2005 presso il Cpt di Caltanissetta abbiano inoltrato domanda di asilo o di riconoscimento dello status di rifugiato" e "se il vice console del Bangladesh abbia fatto ingresso nel Cpt e se abbia avuto colloquio con i suoi concittadini richiedenti asilo" e "in caso affermativo di accertare a quale titolo e da quale autorità il vice console del Bangladesh sia stato autorizzato ad entrare nel Cpt e a svolgere colloquio con i suoi concittadini richiedenti asilo", nonché "se il vice console abbia costretto con minacce i richiedenti asilo suoi concittadini a sottoscrivere delle rinunce alla richiesta del riconoscimento dello status di rifugiato".

Tutto questo per verificare "se nella fattispecie in esame ricorrano gli estremi dei reati di cui agli articoli 610 comma 2 c.p. a carico di ignoti autori delle minacce e del reato di cui all’articolo 323 c.p. e altre disposizioni sanzionatorie penali". Le richieste scaturiscono dal fatto che "in data 27 luglio 2005 - ha scritto nell’esposto l’on. Giusto Catania - mi recavo presso il Cpt Pian del Lago di Caltanissetta per effettuare un’ispezione e verificare le condizioni di vivibilità del centro e ho potuto accertare, in seguito a colloqui tenuti con varie persone trattenute dentro il suddetto Cpt, che il vice console del Bangdalesh in Italia ha terrorizzato e minacciato i migranti ivi trattenuti.

In particolare ho potuto accertare che, circa trenta giorni fa, il diplomatico è entrato nel Centro di permanenza temporanea, autorizzato dal governo italiano, ed ha incontrato ben 23 richiedenti asilo in violazione delle norme a tutela del diritto all’asilo che vietano al rappresentante di un governo di avvicinare cittadini che fuggono da quel Paese". L’europarlamentare ha anche denunciato che "i migranti mi hanno anche riferito che il vice console avrebbe fatto loro pressione al fine di costringerli a firmare il foglio di rinuncia alla richiesta asilo minacciandoli che in caso contrario "sarebbero state tagliate loro le mani e sarebbero rimasti chiusi per venti anni in un carcere", arrivando addirittura a minacciare di "farli buttare a mare in pasto ai pesci".

Taranto: come sperimentare percorsi alternativi al carcere

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 5 agosto 2005

 

Una sperimentazione finalizzata all’inserimento e l’integrazione di persone sottoposte all’esecuzione penale esterna. È stato quanto proposto ieri all’assessore ai Servizi sociali del Comune di Taranto, avv. Alessandro Forleo, al consigliere comunale Graziana Bruno, capogruppo di An, ed ai presidenti delle circoscrizioni dal dott. Guastamacchia, direttore reggente del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Centro servizi sociali per adulti di Taranto. Proposta che ha trovato disponibilità ed accoglimento. Sostanzialmente si tratterà di riservare uno spazio all’interno di ogni circoscrizione al lavoro degli assistenti sociali del Ministero della Giustizia che periodicamente incontrano i detenuti.

Incontri che appunto non avverrebbero più presso l’ufficio dell’amministrazione penitenziaria, ma direttamente nei quartieri di residenza dei detenuti. Un escamotage - in fondo - per consentire al servizio del Ministero della Giustizia ed ai servizi comunali di confrontarsi più agevolmente ed avviare un lavoro in modo sinergico in una logica di servizio ai cittadini. "Molte volte - afferma Forleo - i nuclei familiari di cittadini sottoposti a misure restrittive sono già seguiti dai nostri assistenti sociali. Questa ci pare un’ottima opportunità di intervenire anche attraverso l’attivazione di alcuni progetti in maniera più coordinata sulle diverse situazioni.

Disagi per i nostri operatori? Ritengo che un disagio iniziale possa essere fisiologico, ma tutto dovrà essere finalizzato proprio al superamento di questi disagi ed allo scopo di venire incontro alle esigenze di utenti ed operatori". Si tratterà, dunque, ora nei prossimi mesi di mettere in piedi questa nuova organizzazione che - ribadisce l’assessore Forleo - è a costo zero per l’amministrazione comunale la quale metterà solo a disposizione periodicamente i propri spazi, senza ulteriore aggravio di competenze e lavoro per gli assistenti sociali del Comune ("le competenze in materia penale sono di altri operatori").

Inoltre, questa organizzazione di certo terrà anche conto del nuovo Piano di decentramento circoscrizionale. Anzi proprio l’attivazione di questo nuovo impianto è stato, per altro verso, oggetto di ulteriore confronto tra l’amministrazione ed i presidenti circoscrizionali. Naturalmente seguiranno nuovi incontri. Intanto, prosegue presso l’assessorato ai servizi sociali, il servizio del call center per l’emergenza anziani. Attivato lo scorso primo luglio, andrà avanti sino al 30 settembre. Una ventina gli operatori formati proprio allo scopo di prestare un servizio socio-assistenziale alle fasce più deboli della popolazione. E l’accusa di scaricare ad altri servizi l’intervento? "Certo se si tratta di una richiesta di assistenza sanitaria - dice Forleo. Non siamo tenuti a questo. Pertanto se la domanda è di quel tipo, attiviamo il 118 se è un’emergenza o i medici di base e i distretti quando la richiesta riguarda il tipo di assistenza da questi ultimi effettuata".

Trieste: Cisl-Fps preoccupata per la carenza di personale

 

Il Piccolo, 5 agosto 2005

 

La segreteria territoriale Cisl-Fps denuncia la carenza di organico della casa circondariale di via Barzellini. Secondo la confederazione, per garantire un livello minimo di sicurezza, tanto per i detenuti quanto per tutti coloro che operano all’interno della struttura, il personale operante nel carcere goriziano andrebbe incrementato almeno del 40 per cento. In una nota, la Cisl Fps si dice preoccupata per la scarsa attenzione riservata ad un importante settore della giustizia come è quello penitenziario e annuncia, se la situazione non verrà risolta al più presto, un prossimo incontro paritetico con le autorità territoriali competenti.

Teramo: le detenute protestano per avere ora d’aria tra il verde

 

Il Centro, 5 agosto 2005

 

Abbiamo ricevuto dal carcere di teramo, dove è rinchiusa anche la nostra compagna Claudia, il seguente comunicato da parte delle detenute: "Noi detenute del carcere di Castrogno vogliamo con lo sciopero dell’ aria e la battitura serale denunciare e richiedere ciò che ci spetta e cioè: l’ora d’aria al verde e non in un buco di cemento. D’estate non nelle ore di caldo insopportabile quindi vogliamo farla dalle 16.30 alle 18.30, mentre la saletta dalle 13.30 alle 15.30; docce tutti i giorni (non solo 3 volte alla settimana) anche il pomeriggio e non con acqua gelata; diritto ad avere soprattutto per chi non ha possibilità economiche l’indispensabile per sopravvivere cioè carta igienica, dentifricio, assorbenti, sapone per i piatti e varechina; avere a disposizione il medico tutti i giorni. Essistono situazioni gravi: detenute con invalidità superiore al 70%, sieropositività, ipertensioni, diabete, cirrosi epatica e gravi problemi psichiatrici. Non c’è controllo medico continuativo. Non esiste la possibilità di avere un controllo medico giornaliero adeguato e in caso di necessità gravi notturne il personale sanitario è completamente latitante o al massimo ci fornisce in abbondanza di tranquillanti sperando di annebbiare le nostre menti o di placare la nostra protesta. Chi non ha la possibilità di acquistare medicine ha diritto ad avere comunque la possibilità di curarsi e chi pur avendo disponibilità economica e perciò potrebbe curarsi con i propri mezzi non riesce ad avere medicinali e le domandine tornano indietro con su scritto "non disponibile" (dove vengono acquistati i farmaci?). Chi ha problemi gravi di salute non dev’essere detenuto; in saletta abbiamo solo 7 sgabelli a disposizione, un tavolino misero, un biliardino rotto per 38 detenute; chiediamo di poter utilizzare la biblioteca 2 ore al giorno per avere uno spazio per scrivere e leggere in pace; si chiede infine e no per ultimo che i bambini non entrino in detenzione con le loro madri mai più lo sciopero è iniziato il 3 agosto 2005".

Per trenta minuti hanno fatto rumore battendo contro le inferriate delle celle. In questo modo le trenta detenute della sezione femminile del carcere di Teramo mercoledì sera hanno protestato per chiedere di trascorrere l’ora d’aria in un posto verde e non nell’area del carcere. Intanto a Castrogno gli agenti di polizia continuano ad essere richiamati dalle ferie per garantire una sorveglianza 24 ore su 24 ai quattro detenuti a rischio suicidio. La decisione ha sollevato le proteste del sindacato Sappe, che ha chiesto al provveditorato di trasferire i detenuti a rischio visto la grave carenza di personale che si trascina ormai da anni. I rappresentanti dell’organizzazione sindacale, inoltre, chiedono al provveditore di trasferire anche 100 detenuti, visto che il carcere di Castrogno è ritenuto il più affollato di tutta la regione. Nel carcere ci sono 364 detenuti e 193 agenti.

La pianta organica è quella del 1999, quando c’erano solo 200 reclusi. Ora il numero è raddoppiato visto che il carcere ospita anche la sezione protetti, la sezione tossicodipendenti e quella femminile che raccoglie detenute provenienti non solo da tutto l’Abruzzo, ma anche dal Molise e da una parte delle marche. Per garantire i servizi gli agenti sono costretti a fare turni di lavoro di 8-9 ore al giorno invece delle 6 previste. Spesso, inoltre, saltano congedi, risposi e ferie. Ora, con l’emergenza suicidi, la situazione è al collasso.

Intanto, da qualche giorno tre detenuti del carcere sono impegnati nella tinteggiatura di alcuni locali del tribunale. "L’iniziativa", si legge in una nota del direttore del carcere Giovanni Battista Giammaria, "è stata realizzata con il supporto del centro servizi sociali per adulti di Pescara e con il prezioso contributo dell’associazione di volontariato per istituti penitenziari "Verso il futuro". I detenuti prestano la loro opera in maniera volontaria e fruiscono di permessi giornalieri".

Palmi: direttore sotto inchiesta per mancato ricovero detenuto

 

Il Giornale di Napoli, 5 agosto 2005

 

Il sostituto procuratore di Palmi, la dottoressa Sassi, ha aperto un’inchiesta sul caso del detenuto Giovanni Totaro, per il quale la Corte di Appello di Napoli ha disposto da oltre due mesi e ripetutamente il trasferimento in ospedale per le sue precarie condizioni di salute. Nei prossimi giorni il direttore del carcere di Palmi sarà interrogato. In pratica il direttore della casa circondariale di Palmi dovrà spiegare perché non ha ancora disposto il trasferimento di Totaro nel Policlinico di Napoli nonostante le ordinanze dei giudici napoletani e nonostante la struttura sanitaria abbia ampiamente dato la disponibilità ad ospitare il paziente.

Il pm di Palmi ha disposto anche l’acquisizione della documentazione da e per il Policlinico per accertare altre eventuali responsabilità nell’inspiegabile ritardo. Una vera e propria battaglia per i legali di Totaro, gli avvocati Vittorio Trupiano e Massimo Guadagni. In più i legali hanno depositato un’ulteriore istanza alla Corte di Appello di Napoli, visto che non si vuole applicare il precedente provvedimento di ricovero, la concessione degli arresti domiciliari. Giovanni Totaro sta male, ha gravissimi problemi cardiovascolari. Già lo scorso giugno era stato disposto per lui un ricovero urgente all’ospedale Cardarelli, ma per tutta risposta l’amministrazione penitenziaria trasferì il boss nel carcere di Palmi, in Calabria. In Calabria le condizioni di Totaro sono visibilmente peggiorate in poco tempo. Ora la magistratura calabrese ha aperto un’inchiesta sperando di fare luce su una vicenda che si è tinta di giallo.

Napoli: dopo morte sieropositivo chieste ispezioni a Secondigliano

 

Il Manifesto, 5 agosto 2005

 

In seguito alla morte di Luigi Maione, un detenuto affetto da Hiv, avvenuta nel carcere di Secondigliano (Napoli) il 7 luglio scorso, le associazioni che si occupano dei diritti dei detenuti hanno chiesto di effettuare ispezioni nelle carceri campane. Samuele Ciambriello, presidente dell’associazione Città Invisibile, e Dario Stefano Dell’Aquila, portavoce dell’associazione Antigone Napoli hanno rivolto la richiesta ai parlamentari e ai consiglieri regionali.

"Luigi Maione - hanno affermato - è stato ritrovato agonizzante in cella e non c’è stato nemmeno il tempo di trasportarlo in ospedale. Crediamo - hanno proseguito - sia necessario istituire un osservatorio regionale permanente sui problemi della detenzione considerato che la regione Campania ha competenze sia per la sanità penitenziaria che per la formazione all’interno degli istituti di pena"

Vicenza: detenuti e Francescani insieme in "cammino notturno"

 

Comunicato stampa, 5 agosto 2005

 

Incontro giovani e Gi.Fra (Gioventù Francescana) con i Frati Minori del Triveneto: "Chiara, una stella nella notte". Cammino notturno con i detenuti e Gi.Fra in occasione della Festa di Santa Chiara d’Assisi. 10 agosto 2005, partenza ore 23.00 dalla parrocchia di Cagnano (VI) Arrivo ore 6.00 al Monastero delle Clarisse a Montagnana (PD) Ore 7.30 Santa Messa nel Monastero. Colazione, intrattenimento e confronto con i giovani, incontro con le Suore Clarisse. Rientro e sosta al Convento di San Bernardino (Verona), breve visita in città con rientro in carcere alle ore 20.00.

 

 

Precedente Home Su Successiva