Rassegna stampa 19 agosto

 

Firenze: ultimatum del Comune alla direzione di Sollicciano

 

Toscana TV, 19 agosto 2005

 

Dovrebbero bastare per presentare un piano dettagliato dei lavori di risanamento della struttura secondo le indicazioni giunte dall’Azienda sanitaria di Firenze. L’ispezione del personale dell’Ufficio Igiene e sanità pubblica, effettuata il 22 giugno scorso, aveva infatti evidenziato alcune gravi carenze in un carcere, come quello fiorentino, già al centro di discussioni per la questione del sovraffollamento, ospitando più del doppio dei 450 detenuti consentiti dalla capienza complessiva.

Tra le principali carenze rilevate dal personale sanitario: pareti con evidenti tracce di deterioramento di imbiancatura e intonaco, coperture di luci arrugginite, infiltrazioni di acqua e umidità nei corridoi di collegamento tra le varie sezioni della struttura e anche nei locali degli ambulatori, questi ultimi tra l’altro privi di finestre e anche di un impianto di condizionamento funzionante. Altrettanto importanti le carenze igieniche nella zona cucina detenuti: dalla cella frigo priva di scaffali con gli alimenti trovati appoggiati direttamente sul pavimento, agli scaffali del magazzino inservibili perché rotti. Una situazione ritenuta dall’assessore alla sanità Graziano Cioni difficile per gli stessi operatori del carcere, ma ancora di più per i detenuti (disposti anche in 9 nella cella cosiddetta grande di circa 27 metri quadri): nel complesso ben 935 uomini, 86 donne e 7 minori. Adesso, dopo una scambio di lettere tra Comune, azienda sanitaria e direzione della casa circondariale, è tempo di ultimatum: in assenza di un piano di lavoro preciso allo scadere della proroga, si profilano seri provvedimenti del Comune.

Asti: per ottenere il trasferimento in Puglia minaccia di suicidarsi

 

La Stampa, 19 agosto 2005

 

Prosegue la protesta del detenuto di origine pugliese attualmente ospite del carcere di Quarto. Patrizio M., 24 anni, chiede da tempo il trasferimento in una casa circondariale nella sua terra d’origine, dopo che nei mesi scorsi aveva fatto analoga richiesta al ministero per poter essere trasferito al Nord. Un caso come aveva spiegato il direttore del carcere, Domenico Minervini, di difficile soluzione attualmente perché "non ci sono posti liberi al Sud". Ma il giovane detenuto non si rassegna e chiede di poter essere accontentato per poter rivedere l’anziana madre. Una situazione che rischia ora di esasperarsi: Patrizio M. minaccia il suicidio e preannuncia di voler continuare lo sciopero della fame. In una lettera a "La Stampa" dice di sentirsi abbandonato e di piangere tutti i giorni". Nei giorni scorsi il direttore del carcere Minervini aveva assicurato che il caso viene seguito con attenzione dal personale e dagli educatori. "Questo nostro ospite - aveva detto il dirigente - non deve pensare di essere lasciato solo. Sta scontando una pena per rapina e segue un percorso di riabilitazione che dovrebbe consentirgli di ottenere anche dei benefici".

Savona: il rock entra in carcere con un concerto per i detenuti

 

Secolo XIX, 19 agosto 2005

 

Fabrizio De André cantava "se non sono gigli, son pur sempre figli vittime di questo mondo". Alberto Giacolla nella vita lavora in officina a Valleggia con il papà, per hobby suona la batteria, ma per il suo gruppo - i Pakidharma, "suoniamo rock veloce e cantiamo in italiano" - la musica non è solo passione e l’impegno sociale non è qualcosa con cui sciacquarsi la coscienza. Ma "azione concreta". Anche per questo, martedì varcheranno le porte del carcere savonese di Sant’Agostino. Per portare dietro le sbarre di uno dei peggiori carceri italiani - da anni autorità e associazioni si battono per la sua chiusura e il ministero ha promesso i fondi per la realizzazione di un nuovo istituto di pena - le note del rock e un motivo di svago alla quarantina di detenuti che vi sono rinchiusi. È il primo concerto dietro le sbarre del carcere savonese.

L’iniziativa è della cooperativa il "Miglio Verde" già balzata agli onori delle cronache alla fine del 2004, per aver aperto un nuovo locale - per l’appunto, il music-club Miglio Verde - nella Vecchia Darsena. Nel cuore del porto di Savona, epicentro delle notti esclusive del divertimento e dell’incontro, il Miglio Verde ha rilevato uno storico locale (prima Mokambo, poi Negrita, infine Puerto Escondido) per dare lavoro a una dozzina di detenuti in semilibertà o affidati a progetti di recupero. A presiedere la cooperativa un noto imprenditore, Paolo Perotti - "serviva un incensurato che mettesse la faccia per consentire questa chance di rilancio a persone che la meritano", disse all’epoca - e sua vice suor Cesarina, impegnata da sempre all’interno del Sant’Agostino. A crederci, ad impegnarsi anima e corpo nella nuova impresa, anche Leonardo "Provolino" Paradiso, notissimo ex ristoratore condannato per vicende di droga.

È lì, in porto, al Miglio Verde, che nasce il contatto con i Pakidherma. Quattro ragazzi - il già citato Giacolla alla batteria, Marco Lima alla chitarra, Matteo Lima al basso e Federico Illarcio voce - ai quali capita di suonare nel locale e ai quali non sembra vero di poter dare seguito alla loro idea di sociale, di mondo più giusto e più umano. Parte una rete frenetica di contatti che coinvolte l’educatore del carcere, la direzione. Tutti d’accordo. Come alcuni anni fa, quando i detenuti furono coinvolti in una riuscita esperienza di teatro. "Sarò emozionato, certo, molto emozionato", dice con orgoglio Alberto. L’appuntamento è per le 16,30, gli strumenti saranno montati nel cortile del carcere. E, per un paio d’ore, le pareti cadranno abbattute dalle note: "Sì, dedicheremo senz’altro una canzone ai ragazzi detenuti. Vedremo quale", concludono i Pakidharma.

Venezia: alla Giudecca la festa nell’orto delle meraviglie

 

Il Gazzettino, 19 agosto 2005

 

Nove anni fa, e precisamente il 28 ottobre 1996, la società cooperativa sociale Rio Terà dei Pensieri ha inaugurato l’Orto delle Meraviglie, recuperando un fondo esistente nel carcere femminile della Giudecca a Venezia. "Dicevamo allora - spiega l’ex presidente Raffaele Levorato, ora consigliere della cooperativa - che l’Orto delle Meraviglie era un nome pieno di ambizioni e speranze, voluto dalle stesse detenute, le quali, aderendo alle iniziative della nostra cooperativa, avrebbero provveduto alla cura dell’impianto e alla produzione".

Nove anni dopo, e precisamente il 10 settembre 2005 alle 9.15 la cooperativa vuole ricordare con una festa nell’Orto delle Meraviglie una nuova tappa del suo "viaggio", che nel frattempo si è allargato al laboratorio di cosmetica, al laboratorio di legatoria, al laboratorio di calzoleria. Per l’occasione le produzioni saranno esposte, vendibili e ordinabili in loco. Ma Levorato assicura ci saranno, se ci riesce, altre sorprese. Al saluto dell’attuale presidente della cooperativa, ing. Gabriele Millino, seguirà l’intervento del direttore delle tre carceri veneziane, dott.ssa Gabriella Straffi. "Non è prevista alcuna passerella - conclude Levorato - ma saranno graditi eventuali interventi significativi e propositivi in un’ottica di concretezza a favore del personale "ristretto" le cui problematiche sono comunque a tutti note". Seguirà un buffet tutto biologico. Verso le 13 tutti a casa.

Terrorismo: decreti sulla sicurezza, stretta su voli e internet point

 

Il Gazzettino, 19 agosto 2005

 

Contro il rischio di attacchi terroristici, giro di vite su esplosivi, internet point e voli. Sono stati infatti pubblicati in Gazzetta Ufficiale tre decreti del ministero dell’Interno che riguardano altrettanti articoli del pacchetto Pisanu entrato in vigore lo scorso 2 agosto. I provvedimenti sono stati presi tenendo conto delle tecniche usate nei precedenti attacchi: dall’11 settembre, quando i terroristi si addestrarono a scuole di volo americane, a quelli dell’11 marzo 2004 a Madrid e dello scorso 7 luglio a Londra, quando furono usati esplosivi. Quanto alla stretta sugli internet point, queste postazioni sono state spesso utilizzate dalle cellule islamiche per scambiarsi comunicazioni.

Da ieri dunque è scattato l’obbligo per i gestori degli internet point di identificare i clienti che accedono ai terminali. Devono inoltre informare, "anche in lingue straniere, il pubblico delle condizioni d’uso dei terminali mesi a disposizione", nonché rendere disponibili, a richiesta, i dati acquisiti - esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni - alla Polizia postale.

Quest’ultima può accedere ai dati del traffico solo previa autorizzazione della magistratura. I dati vanno conservati fino al 31 dicembre 2007. I gestori devono anche "memorizzare e mantenere i dati relativi alla data ed ora della comunicazione ed alla tipologia del servizio utilizzato, abbinabili univocamente al terminale utilizzato dall’utente, esclusi comunque i contenuti". Infine, chi offre l’accesso alle reti telematiche in aree messe a disposizione del pubblico è tenuto ad impedire l’uso di terminali che non consentono l’identificazione dell’utente.

Il secondo decreto prevede che l’ammissione ai corsi di addestramento al volo sia subordinata, fino al 31 dicembre 2006, al nulla osta, dopo una serie di verifiche, del questore della provincia di residenza degli interessati.

Scattano, infine, speciali limiti all’importazione, commercializzazione, trasporto ed impiego di detonatori ad accensione elettrica a bassa e media intensità, nonché all’impiego ed al trasporto degli altri esplosivi di seconda e terza categoria. Per quanto riguarda i detonatori, la fabbricazione, importazione, esportazione, detenzione e commercializzazione, sono consentite "esclusivamente per le esigenze operative e di studio delle forze armate e dei corpi armati dello Stato". Su questi strumenti devono inoltre essere apposti specifici marchi, preventivamente approvati dal ministero dell’Interno, per migliorarne la tracciabilità. Qualora i detonatori siano legittimamente detenuti in seguito ad autorizzazioni rilasciate prima del decreto, essi potranno essere utilizzati solo per attività di cava, estrattive o di ingegneria civile. Per gli esplosivi di seconda e di terza categoria, l’autorizzazione al trasporto su strada per usi civili è subordinata alla verifica delle condizioni tecniche, logistiche ed organizzative, volte ad assicurare la costante sorveglianza dei veicoli. Il trasporto deve sempre essere fatto con mezzi chiusi, non telonati, muniti di idonei apparati di telecomunicazioni, nonché di idoneo sistema di teleallarme o tele sorveglianza.

Immigrazione: ora spunta un terzo Cpt italiano in Libia

 

Il Manifesto, 19 agosto 2005

 

Non sono due, ma tre. Le informazioni sui campi che l’Italia sta costruendo in Libia continuano ad arrivare, sempre frammentate, sempre disperse tra mille altri dati, sempre poco chiare. L’ultima è contenuta nel capitolo sull’immigrazione clandestina del voluminoso rapporto del Viminale sullo stato della sicurezza in Italia 2005. In poche righe si rende noto che "nell’ambito della collaborazione con la Libia sono state perfezionate, nel gennaio scorso, le procedure che porteranno alla costruzione, in località Garyan, non distante dalla capitale libica, del primo centro (dei 3 previsti) per il trattenimento degli stranieri irregolari da rimpatriare, con una capacità ricettiva di mille posti". Che il governo italiano stesse spendendo soldi per costruire questi famosi centri, che hanno infuocato il dibattito politico in tema di immigrazione, è cosa nota. A fine luglio la relazione della Corte dei Conti sulle spese dello stato aveva già dato notizia dell’impegno italiano in Libia per la costruzione di due campi, citando proprio quello di Garyan. Anche una relazione della Commissione europea pubblicata ad aprile accennava alla costruzione di due campi "italiani". Lo scrivevano i funzionari che si erano recati nel paese nordafricano per monitorare le operazioni di contrasto dell’immigrazione clandestina in vista di un possibile accordo tra l’Unione e la Libia, sulla falsariga di quello voluto dal ministro Pisanu. I rapporti bilaterali tra il nostro paese e il governo di Gheddafi, evidentemente, fanno passi da gigante e i campi da costruire sono diventati già tre. La cosa interessante è che questa volta la notizia scaturisce direttamente da un documento del Viminale, mentre finora si è sempre trattato di notizie di "seconda mano".

Ciò non toglie che si continua a brancolare nel buio: chi finirà in questi centri? Gli stranieri che la Libia vuole rimpatriare, o quelli rimandati indietro dall’Italia? E chi gestirà questi centri? L’Italia pretenderà una supervisione di qualche tipo su questi campi o lascerà fare tutto ai libici? "Suscita preoccupazione questo rafforzamento dei rapporti tra Italia e Libia che, lo voglio ricordare, si basa su un accordo che non è mai stato presentato al parlamento e che quindi viola i principi della nostra costituzione. Vale lo stesso per le risorse finanziarie che il governo ha deciso di impiegare per questi progetti: non sappiamo nulla di preciso", dice la senatrice dei Verdi Tana De Zulueta.

Intanto ieri è arrivata la notizia che nel giorno di ferragosto la Libia ha arrestato 69 persone che cercavano di emigrare verso l’Italia dal porto di Zuara. Si tratta di egiziani, tunisini, nigeriani, ma anche di sudanesi che, in Italia, avrebbero probabilmente vista accolta una loro eventuale richiesta di asilo in base alla Convenzione di Ginevra. Anche il 12 agosto la polizia libica era entrata in azione arrestando 53 egiziani, 14 tunisini e otto cittadini del Ghana, tutti in partenza per l’Italia. È stato il Viminale a voler evidenziare questi risultati, ribadendo che la collaborazione Italia-Libia mira a combattere le reti di trafficanti che speculano sull’immigrazione illegale.

Inoltre, il pattugliamento delle coste ha permesso di salvare molte persone: il 12 agosto, le autorità libiche hanno tratto in salvo 37 cittadini tunisini, egiziani e marocchini in difficoltà al largo delle coste libiche dopo che la barca su cui si trovavano era affondata. Ma la Libia si muove anche sul fronte interno per controllare l’ingresso degli stranieri, che molto spesso si riversano in quel paese con l’intento di cercare lavoro e non per emigrare. Nei giorni scorsi, ad esempio, è stata approvata una legge che impone agli stranieri che vogliano entrare in Libia di avere in tasca almeno 300 euro in contanti.

Immigrazione: Gorizia; il Cpt di Gradisca verrà aperto a gennaio

 

Il Piccolo, 19 agosto 2005

 

"Il Cpt di Gradisca aprirà i battenti fra dicembre e gennaio". La doccia fredda sulle speranze degli enti locali, Provincia e Comune in testa, di scongiurare l’apertura del centro immigrati con un ricorso al Tar è arrivata ieri mattina dalle parole del nuovo questore di Gorizia, Emilio Ruocco, nel suo incontro con la stampa.

Missione romana. La dichiarazione giunge proprio nelle ore in cui il presidente della Provincia, Giorgio Brandolin, ha deciso di recarsi personalmente al Viminale per ottenere gli incartamenti desecretati dal ministero dell’Interno, promessi dal capo dipartimento per l’immigrazione Annamaria D’Ascenzio nel corso della recente visita a Gradisca. "Ci eravamo dati 10 giorni di tempo per l’ottenimento della documentazione, ma in Provincia non è ancora arrivato nulla. Ne approfitterò per farmi ricevere al Viminale e chiedere spiegazioni" garantisce il presidente della Provincia, che ha ripetuto anche al nuovo questore come in quegli atti le istituzioni locali contano di trovare un appiglio per un contenzioso con il ministero, a causa dei vizi procedurali avvenuti nell’iter di realizzazione della struttura.

"Non è un carcere". "La ditta appaltatrice ha garantito che fra ottobre e novembre i lavori alla Polonio saranno definitivamente conclusi - ha invece spiegato Ruocco -: a quel punto inizierà un’altra fase, che porterà alla gara d’appalto per la gestione del Cpt. Proprio per questo è ragionevole pensare che entro l’inizio del 2006 il centro di temporanea permanenza possa iniziare a svolgere la propria funzione".

Il questore, naturalmente, è consapevole delle polemiche che hanno accompagnato la realizzazione del centro, e ha fornito la propria chiave di lettura dell’annosa vicenda: "L’istituto dei Cpt è figlio di due governi, uno di Centrosinistra e uno di Centrodestra, segno che si tratta di una soluzione ampiamente condivisa nello scacchiere politico sul difficile fronte del fenomeno migratorio. Quello di Gradisca non sarà né un lager né un carcere, ma una struttura rispondente a tutti i requisiti di umana accoglienza - ha continuato Ruocco -: i lunghi lavori di restauro sono stati particolarmente concentrati su questo aspetto".

Nodo-gestione. Due le questioni da definire una volta ultimati i lavori: l’ufficializzazione del contingente di forze dell’ordine stabilmente impegnato nella vigilanza e nell’attività operativa, vale a dire dalle 80 alle 100 unità (come già anticipato dal predecessore di Ruocco, Gaudenzio Truzzi, e confermato dal prefetto D’Ascenzio), ma soprattutto la gestione del centro. Attualmente, nei Cpt sparsi sulla penisola, sono quattro gli enti ammessi alla gara d’appalto: Caritas, Confederazione nazionale delle Misericordie, Croce rossa italiana, Associazione nazionale Carabinieri.

Taranto: grande successo per la sfilata delle detenute-stiliste

 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 19 agosto 2005

 

Ricominciare dalla passerella. Detenute del carcere stiliste di moda sotto le stelle di Campomarino. Ha avuto il suo coronamento positivo l’altra sera, con una sfilata di abiti sportivi ed eleganti, oltre che di costumi da spiaggia, il corso di studi cominciato il 17 gennaio nella casa circondariale di Taranto. In via Speziale, 19 detenute tra i 30 ed i 35 anni (metà delle quali extracomunitarie) hanno studiato per conseguire il diploma da stilista di moda e realizzato trenta abiti che mercoledì sera sono stati indossati in tre tranche sulla passerella del porticciolo di Campomarino. Un’iniziativa, denominata "Fuori moda", seconda in Italia soltanto a Roma, resa possibile dalla Provincia di Taranto, grazie alla consigliera per le Pari opportunità, Perla Suma, all’accademia della moda, di cui è responsabile Maria Antonietta Calò, e alla Casa circondariale di Taranto. La serata è stata presentata dalla stilista Patrizia Ventura e dalla giornalista Rosalba De Giorgi.

"L’obiettivo finale di questa manifestazione - ha precisato Perla Suma durante la sfilata - è quello di riuscire a creare un vero e proprio laboratorio, così da permettere non soltanto il reinserimento in società delle giovani ospiti del carcere, ma anche un’occupazione una volta scontata la pena. È questo infatti un percorso in grado di creare loro un contatto esterno con la realtà diverso dalla famiglia e dai figli, che le faccia sentire utili". Tra il pubblico, oltre al sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali, ai responsabili del carcere di Taranto, e a diversi magistrati, anche una delle 19 protagoniste di "Fuori moda", che hanno disegnato i modelli, e realizzato i capi con le stoffe messe a loro disposizione. Vivaci e assortiti i colori di tutte e tre le collezioni.

Quasi a voler lanciare un messaggio di positiva vitalità. Dal verde al rosso, dal giallo all’arancio; a tinta unita e a fiori, ma anche nella fantasia militare. Persino una gonna di jeans. Tutti capi per l’estate, anche quelli eleganti, soprattutto in bianco e in nero, e l’abito da sposa con un corpetto di pizzo. La pena ed il recupero compiono così la loro effettiva missione grazie al primo corso di formazione con due diverse funzioni: pratico-applicativa e propedeutica-lavorativa. "L’idea di questa sfilata è partita dalle stesse detenute - ha evidenziato Perla Suma - al culmine di 6 lunghi e faticosi mesi di studio intenso, ma anche di piacere". "Fuori moda" è stata patrocinata dalla Provincia di Taranto, dal Comune di Mareggio e dalla Camera di Commercio ionica. Durante la sfilata di moda, anche l’esibizione del piccolo coro, "La banda di bambù", coordinato dal maestro Salvatore Moscogiuri. Tre i brani suonati, il più caratteristico dei quali: "Il vino del mio vicino", un richiamo alle nostre origini.

 

Vitali: Taranto e Roma le uniche protagoniste del progetto

 

Il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali, a "Fuori moda" contro ogni pregiudizio verso i detenuti. Con questo spirito l’onorevole ha raggiunto Campomarino, mercoledì sera, per ammirare le 30 creazioni di moda realizzate da 19 detenute del carcere di Taranto. "È una manifestazione fondamentale - ha detto Vitali - per il reinserimento in società di chi, anche se ha commesso un reato, ha pagato il suo pegno alla giustizia. Spesso purtroppo, per la maggior parte delle gente risulta difficile comprenderlo e si alimentano numerosi pregiudizi nei confronti degli ex detenuti. Ecco allora che occorrono queste manifestazioni per garantire comunque una possibilità di reintegrazione. Taranto come Roma, uniche realtà protagoniste di quest’iniziativa, mirano alla realizzazione di tali obiettivi". Il "pianeta-carcere" d’altronde, non è più quello di una volta. Oggi è diventato quasi naturale comprendere che riconoscere ai detenuti la loro dignità di esseri umani è educativo soprattutto per questi ultimi al momento del reinserimento nella società. Di recente, infatti, la norma ha previsto anche l’esistenza di attrezzature quali asili nido nelle carceri, laddove ce ne siano l’opportunità e la necessità. "È così in Puglia - ha detto l’onorevole Vitali - a Bari, Lecce e Foggia".

Padova - Porto Azzurro: "Cose dall’Altro Mondo" raddoppia

 

Lettera alla redazione, 19 agosto 2005

 

Gent.ma Redazione, sono Domenico Zottola, il Responsabile dell’Area Trattamentale della casa di Reclusione di Porto Azzurro e Vice Presidente della Cooperativa San Giacomo. Ho sulla rassegna stampa del 13 agosto in merito all’iniziativa dei detenuti del carcere di Padova di scrivere un libro. Fin qui niente di sorprendente, tanto è nota l’esigenza di esportare dal carcere notizie che abbiano i crismi della veridicità. La cosa che mi ha sorpreso è il titolo del libro "Cose dell’Altro Mondo" che riprendere pari pari il nome del negozio della Cooperativa San Giacomo a Porto Azzurro nel quale vengono venduti i prodotti artigianali ed artistici dei detenuti di Porto Azzurro e di altri istituti penitenziari (Venezia, Viterbo, Livorno, Montelupo Fiorentino, Rebibbia Femminile).

Si tratta certamente di una casualità, ma credo che tale casualità meriti certamente un spazio pubblicitario sul "Ristretti", qualche copia del libro in omaggio ed un accordo per vendere il libro nel negozio "Cose dell’Altro Mondo". Cordialmente, Domenico Zottola.

Sahara Occidentale: il Fronte Polisario libera 400 prigionieri

 

Peace Reporter, 19 agosto 2005

 

Il Fronte Polisario (organizzazione per la liberazione del Sahara Occidentale) ha annunciato ieri la scarcerazione degli ultimi quattrocento prigionieri di guerra marocchini. Il gesto rappresenta una tappa di fondamentale importanza nel lento ed estenuante processo di risoluzione della questione Saharawi, che si protrae dal ‘91, anno in cui il cessate il fuoco decretato sotto l’egida delle Nazioni Unite ha aperto la strada a numerosi, quanto vani, tentativi di raggiungere un assetto definitivo per l’ex colonia spagnola. Il referendum che avrebbe dovuto tenersi sotto la supervisione della missione Onu (Minurso), e che avrebbe chiamato i saharawi ad esprimersi sull’autodeterminazione è da sempre osteggiato dal Marocco. La Croce Rossa Internazionale, che da anni monitora le condizioni di salute dei prigionieri, ha espresso "rallegramenti per la liberazione, che ha posto fine ad una lunga detenzione". Molti dei 404 ufficiali, sottufficiali e soldati marocchini erano detenuti nelle prigioni algerine di Tindouf da due decadi, da quando cioè cominciò nell’ex colonia spagnola un conflitto che tra il ‘75 e il ‘91 vide fronteggiarsi il Marocco (che aveva annesso il territorio saharawi) e l’Esercito di liberazione popolare Saharawi, appoggiato dall’Algeria. Gli ex prigionieri saranno trasportati stasera con due aerei messi a disposizione dal governo degli Stati Uniti nella città marocchina di Agadir.

Un gesto difficile. "Abbiamo chiuso i conti con il passato e saldato il nostro debito", ha riferito a PeaceReporter il portavoce del Polisario in Italia, Omar Mih, che sulla scia di un comunicato rilasciato dalla rappresentanza europea dell’organizzazione, ha dichiarato che la decisione "rappresenta una sollecitazione e una sfida al Marocco per la liberazione dei 150 prigionieri di guerra Saharawi, dei quali Rabat tuttora nega l’esistenza, e anche un tentativo di far luce sulla sorte di oltre 500 dispersi dall’inizio della guerra". Un’iniziativa che evidenzia la buona volontà del Polisario nonostante "il Marocco - spiega Mih - continui la sua politica di repressione e incarcerazione di cittadini saharawi. La speranza è che il gesto, sollecitato in passato anche dalla comunità internazionale e dagli Usa, possa contribuire a una soluzione che garantisca il diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi". Cosa si aspetta adesso dal Marocco? "Che ritrovi la ragione. Ciò che noi ci aspettiamo è che Rabat rispetti la legalità internazionale, che accetti il piano Baker e la risoluzione delle Nazioni Unite per chiudere finalmente la questione".

La sorte di un popolo. La Minurso, la missione Onu che dal ‘91 vigila sul rispetto del cessate il fuoco, deve anche organizzare il referendum per l’autonomia del Sahara Occidentale. Quando il popolo Saharawi potrà finalmente decidere della propria sorte? "Tutto dipende da due elementi: primo, il Marocco deve mostrare la volontà di arrivare ad una soluzione politica pacifica, garantendo l’autodeterminazione dei Saharawi. Secondo, la comunità internazionale, le Nazioni Unite, i Paesi che contano, devono fare pressioni sul Marocco perché si persegua questa soluzione, in conformità con la risoluzione Onu. Ho visto due gesti assai importanti in questo ultimo mese, gesti che noi valutiamo positivamente: la nomina dell’italiano Francesco Bastagli e dell’olandese Peter van Walsum rispettivamente rappresentante speciale e inviato personale di Kofi Annan per il Sahara Occidentale. Speriamo che queste due personalità di alto livello possano far rispettare le deliberazioni del Consiglio di Sicurezza Onu e preparare la strada al referendum".

 

 

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