Rassegna stampa 15 agosto

 

Carceri strapiene, governo e opposizione non corrono ai ripari

 

Il Piccolo di Trieste, 15 agosto 2005

 

Carceri che scoppiano e agenti penitenziari al limite della sopportazione: l’allarme sul livello di guardia nelle prigioni lo lancia il Sappe - il maggior sindacato autonomo di polizia penitenziaria - che preannuncia un autunno caldo, denuncia la latitanza del governo, chiede l’approvazione di indulti e amnistie. "Per fortuna - dice ironicamente un comunicato - sta funzionando anche quest’anno la politica dell’incrociamo le dita: ringraziamo Dio che anche nel 2005 è arrivato Ferragosto senza che sia accaduto nulla nelle carceri italiane". In questi giorni "il sistema penitenziario si avvia a raggiungere il record assoluto di detenuti senza che nessun partito, maggioranza e opposizione, si faccia carico di una situazione da Terzo mondo".

Il sindacato rileva che "l’attuale maggioranza parlamentare, preferisce tener conto dei sondaggi elettorali piuttosto che attendere ai propri doveri morali rispetto a una situazione disperata, indegna di un paese che pretende di essere tra i primi otto al mondo". Per uscire da questa emergenza, il Sappe invoca "amnistia ed indulto incondizionati", e "provvedimenti urgenti in favore del personale del Corpo, come l’aumento di organico ed il riordino della carriere".

"Non sappiamo - avverte la nota - fino a che punto il Governo potrà abusare della abnegazione dei poliziotti penitenziari, condannati a scontare una pseudo-detenzione, non meritata né voluta, oltre ogni umana sopportazione". "Le carceri non chiudono né a Ferragosto, né a Pasqua e né a Natale, questo i politici non devono dimenticarlo mai",

Sappe: carceri invivibili, servono subito l'amnistia e l'indulto

 

Comunicato stampa, 15 agosto 2005

 

Per fortuna sta funzionando anche quest’anno la politica "dell’incrociamo le dita" messa in atto dal Governo in materia di esecuzione penale. In altre parole ringraziamo Dio che anche quest’anno è arrivato ferragosto senza che sia accaduto nulla nelle carceri italiane.

Vietato soltanto pronunciare le parole amnistia ed indulto, il sistema penitenziario italiano si avvia a raggiungere il record assoluto della popolazione detenuta senza che nessun partito politico, di maggioranza o di opposizione, si faccia carico di una situazione carceraria da terzo mondo.

Nessun cittadino italiano può permettersi di ignorare la drammatica situazione delle carceri del paese dove sessantamila detenuti sono ristretti ammassati uno sopra all’altro in una condizione detentiva che dovrebbe far vergognare il Governo della Nazione.

Il Governo, e l’attuale maggioranza parlamentare, preferisce tener conto dei sondaggi elettorali piuttosto che attendere ai propri doveri morali rispetto ad una situazione carceraria disperata indegna di una paese che pretende di essere annoverato tra i primi otto al mondo.

Amnistia ed indulto incondizionati, ma anche provvedimenti urgenti in favore del personale del Corpo, come l’aumento d’organico ed il riordino della carriere, per una forza di polizia spesso ignorata e bistrattata dallo Stato.

Non sappiamo fino a che punto il Governo potrà abusare della pazienza e della abnegazione dei poliziotti penitenziari, condannati a scontare una pseudo-detenzione, non meritata né voluta, oltre ogni umana sopportazione.

Le carceri non chiudono né a ferragosto, né a Pasqua e né a Natale, questo i politici non devono dimenticarlo mai, né devono dimenticare che in quelle stesse carceri prestano servizio - in nome e per conto dello Stato - quarantaquattromila poliziotti penitenziari che non meritano di essere bistrattati ed abbandonati, così come non meritano di essere "dimenticati" sessantamila detenuti.

Nessuno creda che i poliziotti penitenziari continuino a sopportare con rassegnazione l’inerzia del Governo e del Parlamento rispetto alla situazione delle carceri italiane: il Sappe preannuncia un autunno di fuoco sulla questione penitenziaria a cominciare da una grande manifestazione nazionale indetta per il prossimo 28 settembre.

Firenze: appena uscito dal carcere, 36enne muore di overdose

 

La Nazione, 15 agosto 2005

 

Ha un nome l’uomo trovato morto martedì scorso sotto il ponte da Verrazzano. Si tratta di un extracomunitario di 36 anni, Fathi Bejaouni, già segnalato per reati legati allo spaccio di droga e una volta anche per rapina. L’uomo è stato identificato dalla squadra mobile. Sulle origini, diverse le nazionalità fornite alle forze dell’ordine: libanese, marocchina, tunisina, algerina e anche siriana. L’uomo era uscito dal carcere il 28 luglio scorso: era stato arrestato a Firenze il 15 ottobre 2004.

All’identificazione dell’uomo si è arrivati attraverso la comparazione delle impronte digitali rilevate sul cadavere, che quando è stato trovato era in avanzato stato di decomposizione. Sulle cause della morte, in attesa dei risultati degli esami istologici e tossicologici, una delle ipotesi fatte è che l’uomo possa essere deceduto per un’overdose di sostanza stupefacente. Il luogo dove è stato trovato il cadavere - solitamente frequentato da tossicodipendenti - e anche il passato dell’uomo, compreso il fatto che fosse appena uscito dal carcere, sembrano far propendere per questa ipotesi.

L’uomo era da anni in Italia. La prima volta che fu fermato risale al 1988, a Roma, per spaccio. Poi fu bloccato a Firenze nel 1990, sempre per droga. Nel ‘91 a suo carico fu emesso un provvedimento di espulsione dalla questura di Pescara, un’altra segnalazione, per rapina, risale al ‘93 nel capoluogo toscano. Poi era stato fermato a Cassino, a Roma, e a Perugia per spaccio, ancora a Firenze nel 2001 e 2003. L’ultima volta l’ottobre scorso.

Intercettazioni: Rizzo (Pdci); il gossip non è certamente giustizia

 

Ansa, 15 agosto 2005

 

"Come sempre, il buon senso e l’equilibrio sono armi preziose anche contro chi tenta di strumentalizzare la vicenda della pubblicazione di stralci delle intercettazioni inerenti la vicenda Antonveneta Bankitalia per distogliere l’attenzione da quello che è il problema principale: che ruolo ha avuto il governatore Fazio? Davvero c’era un accordo tra i soggetti intercettati? Su quale tipo di interessi si basava? Tutto lecito? La magistratura farà il lavoro che a lei è preposto. I reati vanno perseguiti. Questo per noi è un punto fermo.

Le intercettazioni, dunque, devono servire a un più efficace svolgimento delle indagini. Ma che senso ha fornire a stampa e mass media in genere informazioni che nulla c’entrano con le questioni in oggetto, ma che riguardano esclusivamente la vita privata degli intercettati? Che c’entra il gossip con la giustizia? Più oculatezza dunque nel scegliere le informazioni utili ai fini di inchieste e processi, ma più riserbo. E una raccomandazione a Berlusconi: eviti di fare la vittima. Alla tragedia di avere un premier che interviene solo quando si legge intercettato e pubblicato, almeno agli italiani sia risparmiata la farsa vera e propria". Lo afferma l’europarlamentare del Pdci Marco Rizzo.

Roma: Radicali in sit-in davanti alle porte di Regina Coeli

 

Agenzia Radicale, 15 agosto 2005

 

Oggi 15 agosto, dalle 10.30 alle 12.30, militanti e dirigenti radicali si ritroveranno simbolicamente davanti al carcere di Regina Coeli in Via della Lungara a Roma per denunciare l'illegalità delle carceri italiane e manifestare la loro volontà di lotta al fianco delle vittime del sistema carcerario, siano esse detenuti oppure agenti di polizia penitenziaria. Al sit in prenderanno parte il segretario e la tesoriera di Radicali Italiani Daniele Capezzone e Rita Bernardini, il segretario e il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni Marco Cappato e Maurizio Turco, la segretaria e l'esponente dell'Associazione "Il Detenuto Ignoto" Irene Testa e Salvatore Ferraro, il segretario e la tesoriera di Nessuno Tocchi Caino Sergio D'Elia ed Elisabetta Zamparutti, e Matteo Mecacci, membro del Consiglio Generale del Partito Radicale Transnazionale.

Brescia: Ferragosto Radicale con i detenuti di Canton Mombello

 

Agenzia Radicale, 15 agosto 2005

 

Chieste alla direzione misure minime immediate per migliorare le condizioni di vivibilità interna, al limite della tortura per il sovraffollamento, il caldo e la mancanza d'aria. Nuova diffida al Sindaco perché ordini, sulla base delle relazioni dell'Asl di Brescia degli ultimi due anni, l'apertura notturna delle porte blindate delle celle per evitare i rischi di collasso dei cittadini detenuti affetti da patologie cardiache e respiratorie. Manifestazione radicale a ferragosto davanti alla Casa Circondariale di Brescia-Canton Mombello per ricordare alla classe politica, anche in Lombardia, la necessità e l'urgenza di un provvedimento di amnistia che segni l'inizio di una riforma della funzione detentiva in senso costituzionale e di un razionale ridimensionamento del sistema penale. Ma per esigere intanto - in dolosa assenza di tutto ciò o addirittura in controtendenza - le doverose e concrete misure di mitigazione delle tremende condizioni di vivibilità interna alle carceri, che i Direttori possono adottare a loro discrezione, e che i responsabili territoriali della salute dei cittadini detenuti - le ASL e i Sindaci - hanno il dovere di imporre. Per tutto il giorno, Lucio Bertè del Comitato nazionale di "Radicali Italiani" terrà un sit-in per sollecitare la Direzione affinché nel periodo del caldo estivo, oltre a garantire maggiore disponibilità di acqua, di frutta, di docce, di apertura diurna delle celle (sovraffollate all'inverosimile), ordini, come è avvenuto nelle carceri milanesi di Opera e San Vittore, che le porte blindate restino aperte anche di notte - anche nelle sezioni ad Alta Sicurezza ed in quelle ad Elevato Indice di Vigilanza - per evitare rischi di collasso per mancanza d'aria, soprattutto tra i cittadini detenuti affetti da patologie cardiache e respiratorie. L'iniziativa prosegue quella avviata il 5 agosto dalle Associazioni radicali "Il Detenuto Ignoto" ed "Enzo Tortora", con la richiesta al Dott. Luigi Pagano, Provveditore regionale agli Istituti di Pena, di disporre analoghe misure di mitigazione per tutte le carceri lombarde. Il 12 agosto il Provveditorato dichiarava di non essere a conoscenza delle misure adottate se non quelle apparse sui giornali e relative alle carceri citate, e che comunque non riteneva di poter interferire nell'autonomia dei singoli Direttori. Lucio Bertè ha dichiarato: "In tutte le carceri italiane, e a Canton Mombello in particolare, l'ignobile inzeppamento di carne umana è un affronto alla dignità dei cittadini detenuti e determina un aggravio certo e illegittimo della pena : siamo al limite della tortura, tollerata e incrementata dalle scelte del Parlamento. A maggior ragione l'Amministrazione penitenziaria e la Magistratura di Sorveglianza dovrebbero attestarsi saldamente sulla difesa dei diritti fondamentali dei cittadini detenuti per porre un argine alla irresponsabilità dell'attuale politica giudiziaria e penitenziaria. D'altra parte non è più tollerabile che un ulteriore elemento di ingiustificata disparità nell'esecuzione della pena dipenda dalle differenti decisioni lasciate all'arbitrio dei Direttori, che non sentono tutti allo stesso modo il dovere di alleviare l'indebita sofferenza dei detenuti con misure minime che dipendono solo da loro. Occorre che agiscano le ASL e i Sindaci, responsabili per legge della salvaguardia del fondamentale diritto alla salute ed alla incolumità dei cittadini, anche di quelli detenuti. Voglio sottolineare che già dall'agosto 2003, da Consigliere regionale, avevo lanciato l'allarme e diffidato i Sindaci di Brescia, Como, Busto Arsizio e Milano affinché ordinassero l'apertura delle porte blindate. L'ASL di Brescia confermò con una ispezione i motivi di quell'allarme, ma si limitò a "raccomandare" l'apertura dei blindati, invece di ordinarla. I blindati, da allora, restano chiusi di notte, così come di giorno restano chiuse le celle. Se la direzione non provvederà, nei prossimi giorni diffiderò direttamente la Direzione sanitaria dell'ASL e ancora una volta il Sindaco, perché intervenga sulla base delle relazioni della stessa ASL redatte dal 2003 a oggi. Poi ci saranno le denunce per omissione di atti d'ufficio, ma spero che non sia necessario. Intanto dedico il mio sit-in ai detenuti di Canton Mombello che per due giorni, nelle scorse settimane, hanno manifestato in modo nonviolento per l'amnistia e per la loro dignità".

Treviso: sentenza del Tribunale; indossare burqa non è reato

 

Repubblica, 15 agosto 2005

 

Indossare il burqa per motivi religiosi non è reato. A dirlo - dopo le rinnovate polemiche dei giorni scorsi e il recente varo del "pacchetto" Pisanu che inasprisce le pene per chi copra integralmente il viso in luogo pubblico - è ora il tribunale di Treviso, che ha archiviato la denuncia nei confronti di una donna bengalese finita l’anno scorso nelle maglie dell’ordinanza anti-burqa sostenuta dal vice sindaco Giancarlo Gentilini. A chiedere l’archiviazioni del procedimento - riferisce "la Tribuna di Treviso" - era stato del resto lo stesso pm Antonio de Lorenzi, secondo il quale l’abbigliamento della donna era giustificato dalla religione islamica. E il gip Deli Luca ha accolto la richiesta e la tesi del giustificato motivo. La donna, una ventinovenne originaria del Bangladesh e sposata con un connazionale dipendente da un’azienda trevigiana, era stata denunciata dai vigili urbani per violazioni dell’art. 5 della legge 152, la cosiddetta legge Reale.

Il provvedimento era stato emesso il 23 settembre, quando i vigili avevano atteso che la donna accompagnasse il figlio a scuola per poi chiederle di seguirli al comando per l’identificazione. In quell’ occasione, la donna avrebbe detto di avere compreso le ragioni della denuncia, ed era uscita dall’ufficio solo con un velo sui capelli. La giovane bengalese non era stata l’unica vittima dell’ ordinanza di Gentilini, simile ai provvedimenti adottati in quel periodo anche da altre amministrazioni leghiste, dalla Lombardia al Friuli Venezia Giulia.

La tesi della liceità di burqa e chador è tornata d’ attualità nei giorni scorsi anche per l’intervento del procuratore generale di Venezia Ennio Fortuna, secondo il quale coprirsi il volto per motivi religiosi non è reato a meno che non vi sia un rifiuto a sollevare il velo di fronte ad un’ eventuale richiesta delle forze dell’ordine. Una tesi che non aveva mancato di suscitare nuove polemiche e di destare la reazione dello stesso Gentilini, che non solo ha ribadito la sua posizione sul burqa, ma ha anche aperto un nuovo fronte contro i camicioni lunghi fino ai piedi indossati da alcuni immigrati.

Salerno: Radicali e Socialisti protestano davanti al tribunale

 

Agenzia Radicale, 15 agosto 2005

 

Oggi Sandro Livrieri, Coordinatore cittadino dello Sdi, Michele Capano, del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, e Viola Di Caprio, Presidente dell’Associazione Radicale Salernitana "Antonio Russo", con un gruppo di militanti radicali e socialisti, gireranno intorno al palazzo di giustizia salernitano.

Considerato che in merito alla denuncia radicale per la mancata distribuzione di metadone al carcere di Fuorni (presentata nel luglio del 2003) il Sostituto Roberto Penna ha chiesto ed ottenuto l’archiviazione sulla base di una perizia - affidata ad una biologa - secondo la quale i farmaci antidepressivi somministrati al posto del metadone ai detenuti tossicodipendenti di Fuorni dovevano ritenersi - sulla base di insindacabile scelta medica - cure idonee. Contro gli avvisi dei protocolli terapeutici in uso in tutto i mondo civile per il trattamento medico della tossicodipendenza.

In merito alla morte di Rosina Marotta, avvenuta nel marzo 2004 a 56 anni - la donna non fu accompagnata in Ospedale nonostante evidenti gravissime condizioni segnalate dalle compagne di cella -, il Sostituto Ernesto Sassano ha chiesto l’archiviazione sulla base di perizia secondo cui, pur curata, sarebbe morta ugualmente. Contro la legge (che in ogni caso punisce anche la semplice omissione di soccorso) e la decenza.

Questi ed altri "episodi" riguardano la vita di un carcere nel quale i detenuti ed i familiari dei detenuti segnalano (da ultimo in occasione della visita del 5 Agosto di Daniele Capezzone, Gennaro Mucciolo, Michele Capano) essere all’ ordine del giorno abusi e pestaggi; Ida Landi ha presentato presso la stazione dei Carabinieri di Pontecagnano una denuncia per un violento pestaggio che suo figlio - il ventisettenne Mario Fortunato detenuto a Fuorni - avrebbe subito dagli agenti penitenziari il 4 agosto. I Radicali e i Socialisti salernitani ritengono che entro le mura del carcere di Fuorni - a tutto danno dei cittadini che ivi scontano una pena - si sia diffuso il convincimento che il "rito istruttorio salernitano" conosce (ruba galline a parte) solo tranquillizzanti esiti "archiviatori".

Per questo, per due ore, i cartelli citati ricorderanno agli uomini della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno: da un lato che "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato" (articolo 27, comma 3, della Costituzione), dall’altro che "è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà" (art. 13, comma 4, della Costituzione).

Cuneo: inchiesta dei Radicali, carceri cuneesi vicine al collasso

 

La Stampa, 15 agosto 2005

 

Capienza prevista 234 persone, ma i detenuti ospitati sono 379. Indice di sovraffollamento: 162%. Sono le cifre della "Felicina", contenute nell’ultimo dossier sui penitenziari italiani a cura di Maurizio Turco, già relatore del Parlamento europeo sui diritti dei reclusi, che ha elaborato dati del ministero di Giustizia. Il carcere saluzzese è sotto i riflettori da martedì scorso, quando un detenuto ha aggredito un agente provocando una dura reazione da parte della polizia penitenziaria e del mondo politico, che ha chiesto l’intervento del ministro di Giustizia Roberto Castelli.

I dati parlano chiaro: anche nella "Granda" gli istituti di pena sono sovraffollati. E le guardie sott’organico. Nulla è cambiato dall’ultimo appello, di un anno fa, dell’allora consigliere regionale Bruno Mellano che denunciò la situazione di "collasso" dei penitenziari cuneesi. Secondo i dati forniti un anno fa dagli stessi radicali, alla "Felicina" servirebbero altri 80 agenti. Nelle stesse condizioni della "Felicina" anche le altre case di reclusione. A Cuneo, che ospita 306 persone contro le 285 previste, servono altre 40 guardie. Alba ha una capienza di 114 detenuti e ne ospita 191 (gli agenti sono sott’organico di 25 unità). Mancano agenti anche a Fossano (21): qui la capienza è di 138 reclusi, invece ne sono ospitati 160.

Ma i mille detenuti della "Granda" non fanno eccezione rispetto agli oltre 56 mila reclusi nelle altre carceri del Paese. A detta del ministero di Giustizia, in 49.529 (l’87,76%) vivono in istituti le cui condizioni di detenzione, dal punto di vista della capienza delle strutture, non sono regolamentari. L’Italia, rispetto ai 25 Paesi membri dell’Unione europea, ha una densità penitenziaria (133,9%) tra le più alte, superata solo dalla Grecia (156%) e dall’Ungheria (159%). Per favorire il lavoro e il reinserimento sociale, Cuneo nei mesi scorsi ha promosso l’insediamento in Provincia di una Commissione mista, su proposta del presidente Raffaele Costa, che ora dovrà cercare risposte concrete al bisogno di lavoro degli istituti. L’obiettivo è quello di riuscire a far sì che dall’esterno ci siano commesse di lavoro per chi vive dietro le sbarre.

Asti: sciopero del vitto per protesta, c’è tensione in carcere

 

La Stampa, 15 agosto 2005

 

Da un paio di giorni, circa 250 detenuti (sugli attuali 330) del carcere di Quarto hanno incominciato lo sciopero del vitto, analogamente a quanto avviene in altri istituti di pena italiani, per protestare contro le condizioni di vita carcerarie. I reclusi rifiutano il cosiddetto "carrello" con gli alimenti forniti dalle cucine del carcere, mentre un altro detenuto, Patrizio M., 24 anni, di origine pugliese (deve scontare una pena per rapina) ha inviato una lettera a "La Stampa" preannunciando lo sciopero della fame. "Chiedo da tempo di essere trasferito in Puglia, perché sono senza padre, un fratello è morto e altri due sono in carcere. Mi resta solo mia madre" scrive. Una richiesta che però al momento non può essere accolta, come spiega il direttore del carcere, Domenico Minervini: "Il detenuto aveva a suo tempo chiesto il trasferimento dalla Puglia ad un istituto di pena nel Nord Italia. La richiesta era stata accolta dal ministero che ora non può accontentarlo perché i carceri del Sud sono sovraffollati e bisogna aspettare che si liberi qualche posto". Il recluso nei giorni scorsi aveva già anche tentato di tagliarsi le vene dei polsi con una lametta.

Roma: vogliono espellerlo, 24enne tenta suicidio nel Cpt

 

Il Manifesto, 15 agosto 2005

 

Lo hanno trovato alle 8 e mezza di ieri mattina. Le lenzuola strette attorno al collo, penzoloni nel bagno del Centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria a Roma. Il sangue gli colava dalla bocca, quasi non respirava. Gli altri immigrati rinchiusi nel centro hanno chiamato la polizia. Alla fine tutto è finito bene. Ora Lazak Kamrouol, 24 anni del Bangladesh, è ricoverato nel reparto psichiatrico del Forlanini. È ancora in stato confusionale, ma per fortuna non ha subito contraccolpi gravi a causa del tentato suicidio. Tuttavia ci è voluto che si stringesse le lenzuola attorno al collo per far venire a galla una vicenda poco chiara. Gli altri bangladeshi rinchiusi nel Centro di permanenza sono da ieri mattina in sciopero della fame per protesta. Il ragazzo non è in grado di dire cosa lo abbia spinto a provare ad uccidersi.

L’unica cosa che si riesce a capire è che non vuole ritornare in Bangladesh, dove invece sta per essere rimandato. "Problemi politici", dice in un inglese stentato. Lazak ha fatto richiesta di asilo politico, ma la commissione territoriale che lo ha esaminato non ha trovato elementi per poter concedere lo status di rifugiato. Né a lui né agli altri 34 uomini del Bangladesh che sono arrivati con Lazak il 28 maggio a Lampedusa. Perché il lato più oscuro di questa storia gioca proprio sulle date. Una per tutte: Lazak e gli altri sono sbarcati a Lampedusa il 28 maggio. Questo vuol dire che sono passati più di due mesi da quando sono arrivati in Italia, e finora non hanno fatto altro che passare da un campo all’altro, da un centro di identificazione a un centro di permanenza. E alla fine di tutta questa trafila la risposta per tutti è stata l’espulsione.

Ma non finisce qui, perché le date non tornano neanche sulle convalide delle espulsioni. I bangladeshi hanno chiesto asilo politico a Caltanissetta, tra il 9 e il 27 luglio sono arrivate le risposte, negative per tutti. Ma il giudice lo hanno visto una sola volta: l’8 agosto a Roma. "I documenti che riguardano i 7 del gruppo che ho assistito - spiega l’avvocato Simona Sinopoli - sono contraddittori. Da una parte c’è scritto che la notifica dell’espulsione è stata fatta il 5 agosto, e quindi i conti tornerebbero poiché la convalida del giudice deve intervenire al massimo entro 96 ore. Ma da un’altra parte c’è scritto che la notifica è stata fatta il 27 luglio, giorno in cui è stata decisa l’espulsione, il che sarebbe per altro logico. Allora mi chiedo, com’è possibile che siano passati 11 giorni prima che queste persone abbiano potuto vedere un giudice? Oppure dove erano tra il 27 luglio e il 5 agosto?".

Per un bangladeshi che appartiene allo stesso gruppo il giudice ha deciso la sospensione dell’espulsione appena si è accorto di questa incongruenza. Per uno solo però e non per tutti. Per gli altri tra cui Lazak le espulsioni erano già state convalidate, quindi pazienza. Come se non bastasse la vicenda dello sfortunato gruppo di bangladeshi era già stata presa in considerazione dall’europarlamentare della sinistra europea Giusto Catania, che li aveva incontrati tutti nel Centro di identificazione di Caltanissetta, e sul loro caso ha presentato un esposto alla procura, che ha aperto una indagine. Poi arrivarono le espulsioni e il trasferimento a Ponte Galeria.

Proprio martedì scorso Lazak è stato portato fino a Fiumicino per l’espulsione. Ma problemi tecnici dell’aereo avrebbero impedito che l’espulsione si compisse. Comunque, Lazak aveva capito che il rimpatrio era a un passo. E lui in Bangladesh proprio non vuole tornare. "Appartiene a un gruppo politico in Bangladesh che si trova all’opposizione - racconta Baciu, dell’associazione Duumchatu - se torna in Bangladesh potrebbe rischiare la prigione". Secondo l’associazione tra il gruppo di bangladeshi ci sarebbero anche persone colpite dallo tsunami. Neanche a loro è stata concessa la protezione umanitaria.

Verbania: 50 detenuti impegnati in pulizia spiagge di Arona

 

Adnkronos, 15 agosto 2005

 

Saranno ripulite dai detenuti del carcere di Verbania le spiagge di Arona, sul Lago Maggiore, chiuse da circa 20 anni. L’iniziativa prende il via domani. I detenuti coinvolti nel progetto sono una cinquantina. Autori e coordinatori sono due poliziotti penitenziari, Vincenzo Lo Cascio e Marco Santoro, del gruppo operativo mobile, il reparto speciale che opera alle dirette dipendenze di Giovanni Tinebra, il capo dell’amministrazione penitenziaria. Il dirigente, dopo aver promosso l’iniziativa, seguirà di persona le attività della giornata.

 

Telegramma di congratulazioni di Ciampi

 

Un telegramma di congratulazioni del Capo dello Stato ha salutato la seconda edizione del progetto di recupero ambientale per i detenuti. I carcerati di Verbania, dopo la positiva esperienza dello scorso anno, hanno di nuovo ripulito la spiaggia di Arona, sul Lago Maggiore. "Esprimo apprezzamento all’organizzazione del progetto - ha scritto Ciampi - che significa inserimento in un contesto più ampio di un progetto che esalta e valorizza il significato sociale ed educativo del lavoro".

Forlì: Sauro Turroni (Verdi); "il carcere è vicino al collasso..."

 

Corriere della Romagna, 15 agosto 2005

 

Sovraffollato, sezione femminile in condizioni critiche, mancanza di personale, mancanza di fondi che compromette anche i programmi di reinserimento e non permette di pagare neanche le bollette. Non è certo un quadro che induce all’ottimismo quello dipinto da Sauro Turroni, realizzato dopo una delle visite che il senatore dei Verdi periodicamente conduce alla casa circondariale di Forlì per valutarne lo stato di efficienza. "Mai come quest’anno - dice sconsolato Turroni - mi sono trovato di fronte ad una situazione di così forte affollamento: ben 199 detenuti in una casa circondariale che ne può contenere 135 e ne potrebbe tollerare 165.

Le donne sono quelle che si trovano nella situazione peggiore: sono 31 ammassate in locali che ne potrebbero ospitare al massimo 18. Sono anche 6 per cella, con letti a castello in locali piccolissimi. La sezione femminile di Forlì è l’unica esistente in tutta la Romagna ed è destinata ad accogliere recluse di tre province nelle quali nel periodo estivo vi è una vera e propria esplosione di presenze". Dei 199 detenuti attualmente ospitati a Forlì, ben 101 sono stranieri, 47 dei quali sono in attesa di giudizio (76 in totale, mentre 22 sono appellanti una condanna di primo grado e 20 ricorrenti contro una condanna di secondo grado e solo 75 sono i reclusi con condanna definitiva). È la prima volta che il numero dei reclusi stranieri supera quello degli italiani.

"È questo uno degli effetti negativi della legge Bossi-Fini - riprende Turroni - una legge che ha fatto esplodere le nostre carceri senza raggiungere gli obiettivi di sicurezza che si erano prefissi i suoi sostenitori. Nello stesso tempo però non ci sono le risorse per far funzionare il carcere, non c’è personale a sufficienza, l’affollamento compromette anche i programmi di reinserimento per coloro che si trovano nella sezione attenuata, nella quale sono reclusi giovani per reati legati alla tossicodipendenza. Infatti per i problemi di sovraffollamento un buon numero di detenuti comuni (12) sono messi nello stesso reparto dei giovani (25) sottoposti a custodia attenuata e a trattamenti di recupero, col risultato che le celle devono essere aperte alternativamente per le due diverse categorie di reclusi per ovvi motivi di incompatibilità mentre le attività di recupero sono ostacolate e rese estremamente difficili".

"Il carcere - attacca Turroni - non è in grado con le attuali risorse di pagare le bollette dell’acqua, del gas e dell’elettricità né può mettere in atto alcuni progetti, anche assai modesti, per ridurre i consumi. Alcune categorie di farmaci non sono più disponibili gratuitamente e per i detenuti più indigenti ciò rappresenta un vero problema a cui spesso sopperiscono i medici con le medicine dei loro ambulatori. I problemi cronici di mancanza di personale sono aggravati da numerosi distacchi e anche dal fatto che ora, a personale invariato, spetta alla polizia penitenziaria la traduzione dei detenuti nei diversi tribunali, a visite mediche di Pronto soccorso, nei luoghi delle indagini, sottraendo le guardie alle normali attività di custodia. "Nei prossimi giorni - concluso Turroni - invierò una nota al ministro Castelli chiedendogli almeno di coprire i posti mancanti per distacco e di inviare a Forlì del personale uscito dai recentissimi corsi per polizia penitenziaria femminile. Intendo fare anche un appello alle aziende erogatrici di servizi chiedendo loro di donare al carcere, per esempio, dei riduttori di flusso o qualche pannello per il solare termico e scaldare l’acqua: sarebbe anche una cosa conveniente per loro dal momento che sarebbero ridotti i crediti che vantano annualmente".

"Cerco di visitare il carcere di Forlì più volte l’anno, credo sia un dovere civile – ha dichiarato il parlamentare verde – e la visita nel periodo estivo è ormai un appuntamento fisso. Infatti l’estate è il periodo di massimo affollamento della struttura carceraria, soprattutto per l’aumento della popolazione della provincia per l’arrivo di tante persone durante la stagione turistica. Mai come quest’anno mi sono trovato di fronte ad una situazione di così forte affollamento : ben 199 detenuti in una casa circondariale che ne può contenere 135 e ne potrebbe "tollerare" 165. Le donne sono quelle che si trovano nella situazione peggiore : sono 31 ammassate in locali che ne potrebbero ospitare al massimo 18. Sono anche 6 per cella, con letti a castello in locali piccolissimi, praticamente senza spazi per muoversi. Su 31 poi 21 sono di cittadinanza straniera, tutte molto giovani e per lo più recluse per problemi legati alla droga.La situazione può essere descritta da un episodio che ho appreso durante la visita : la casa circondariale è dovuta andare in prestito di 5 letti dalla omologa casa di Ravenna perché quelli a disposizione non erano più sufficienti. La sezione femminile di Forlì è l’unica esistente in tutta la Romagna ed è destinata ad accogliere recluse di tre province nelle quali nel periodo estivo vi è una vera e propria esplosione di presenze. Dei 199 detenuti ben 101 sono stranieri , 47 dei quali sono in attesa di giudizio".

È la prima volta che il numero dei reclusi stranieri supera quello dei reclusi italiani " È questo uno degli effetti negativi della legge Bossi-Fini, una legge che ha fatto esplodere le nostre carceri senza raggiungere gli obiettivi di sicurezza che si erano prefissi i suoi sostenitori": ha aggiunto Turroni.

Dei 199 reclusi ben 76 sono in attesa di giudizio, mentre 22 sono appellanti una condanna di primo grado e 20 ricorrenti contro una condanna di secondo grado. Solo 75 sono i reclusi con condanna definitiva.

" Senz’altro - ha aggiunto Turroni - la situazione è destinata ad aggravarsi ulteriormente con l’entrata in vigore delle norme antiterrorismo. Nello stesso tempo però non ci sono le risorse per far funzionare il carcere, non c’è personale a sufficienza, l’affollamento compromette anche i programmi di reinserimento per coloro che si trovano nella sezione attenuata, nella quale sono reclusi giovani per reati legati alla tossicodipendenza. Infatti per i problemi di sovraffollamento un buon numero di detenuti comuni (12) sono messi nello stesso reparto dei giovani (25) sottoposti a custodia attenuata e a trattamenti di recupero, col risultato che le celle devono essere aperte alternativamente per le due diverse categorie di reclusi per ovvi motivi di incompatibilità mentre le attività di recupero sono ostacolate e rese estremamente difficili".

A parere di Turroni: "Il carcere non è in grado con le attuali risorse di pagare le bollette dell’acqua, del gas e dell’elettricità né può mettere in atto alcuni progetti, anche assai modesti, per ridurre i consumi. Alcune categorie di farmaci non sono più disponibili gratuitamente e per i detenuti più indigenti ciò rappresenta un vero problema a cui spesso sopperiscono i medici con le medicine dei loro ambulatori Per fare un esempio della entità della mancanza di fondi si noti che la direzione non ha potuto acquistare 10 riduttori di flusso perché non sono disponibili i pochi euro necessari. I problemi cronici di mancanza di personale sono aggravati da numerosi distacchi e anche dal fatto che ora, a personale invariato, spetta alla polizia penitenziaria la traduzione dei detenuti nei diversi tribunali, a visite mediche di pronto soccorso, nei luoghi delle indagini ecc. sottraendo le guardie alle normali attività di custodia".

" Nei prossimi giorni - dice ancora Turroni -invierò una nota al ministro Castelli, anche se ho poche speranze che sappia o voglia fare qualcosa, dal momento che da quando è ministro i reclusi in Italia sono passati da 50.000 a 59.000 mentre le carceri ne possono accogliere solo 45 mila, chiedendogli almeno di coprire i posti mancanti per distacco e di inviare a Forlì del personale uscito dai recentissimi corsi per polizia penitenziaria femminile che invece sono incredibilmente state dirottate in carceri privi della sezione femminile".

"Intendo fare anche un appello alle aziende erogatrici di servizi - ha concluso - chiedendo loro di donare al carcere,per esempio,dei riduttori di flusso o qualche pannello per il solare termico e scaldare l’acqua : sarebbe anche una cosa conveniente per loro dal momento che sarebbero ridotti i crediti che vantano annualmente".

Terni: 40 detenuti al corso su Aldo Capitini e la non violenza

 

Il Messaggero, 15 agosto 2005

 

"La Nonviolenza arriva là dove nessuno sa andare". Alla luce del pensiero di Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, si è tenuta presso la casa Circondariale di Terni la terza edizione del Corso sulla Nonviolenza, a cura del coordinamento nazionale di Perugia.

Personalità del movimento, politiche e della cultura, religiose, hanno tenuto lezioni su argomenti di grande interesse che hanno catalizzato l’attenzione ed offerto forti stimoli di riflessione ai 40 detenuti presenti. Il corso, avviato il 1 agosto, si è svolto in sette incontri per concludersi ieri alla presenza del sindaco di Terni, Paolo Raffaelli, che ha consegnato gli attestati di partecipazione ai detenuti. L’intento dell’iniziativa rientra nella politica di offrire, per quanto possibile, un ventaglio di opportunità (attraverso attività culturali, lavorative, ricreative, sportive), con un’azione educativa che tende a farsi mezzo dell’autopromozione della persona detenuta, attraverso l’auto conoscenza ed il diritto di modificare il proprio progetto di vita. In questa prospettiva si cerca di coinvolgere i detenuti, valorizzando e potenziando le attitudini e le capacità anche di confronto e di dialogo per stabilire corretti percorsi di comunicazione con gli operatori e con il mondo esterno, ma che aiutino anche i rapporti all’interno del carcere.

Vicenza: Brecht dietro le sbarre, con una forte carica eversiva

 

Giornale di Vicenza, 15 agosto 2005

 

"L’opera da tre soldi" per una compagnia di teatro-carcere? Sembrerebbe una scelta ovvia. Ma non certo per allineare i detenuti-attori a una "trasfigurazione scenica" banale: criminali, cioè, che fanno i criminali. Qualcosa che Armando Punzo non avrebbe mai voluto per la sua "Compagnia della Fortezza", aperta dal regista 18 anni fa nel carcere di Volterra. Le ragioni sono altre, come ha potuto ben vedere il pubblico presenta alla serata di apertura di Azioni inclementi, da quest’anno a Schio: festival inaugurato proprio dal "Sing sing cabaret" firmato da Punzo.

Quando debutta, nel 1928, "L’opera da tre soldi" di Brecht conquista e sconcerta il pubblico: proponendo, nelle forme di un’opéra comique fitta di ballate, una radicale invettiva contro l’ipocrisia della società. Invettiva tanto attuale da aver meritato longevità straordinaria all’opera: evidentemente, l’equiparazione tra il "criminale" e il "borghese per bene" ha senso oggi come l’aveva allora. E non molto deve essere cambiato se ancora mantiene una carica eversiva la sfilata di puttane, ladri, poliziotti corrotti: oggetto di una medesima rimozione sociale.

È questo che interessa primariamente a Punzo: mostrare come il "gioco sociale" sia lo stesso, al di là del tempo trascorso. Sul palco si sbertuccia il modello borghese, in platea i borghesi ridono. Presa in giro? Piuttosto, operazione maieutica che porta il pubblico a confrontarsi con una serie di verità negate, e appunto rimosse. Lasciando, dietro le risate, l’amaro.

Per mantenere intatto lo spirito di Brecht, Punzo ne stravolge la forma: ovviamente, molte delle ballate frutto del sodalizio Brecht-Weill cadono, a favore di brani più adatti all’oggi (il sorprendente ma coerente finale con "Fuori dal tunnel" dello scapigliato Capa Rezza). Operazione analoga a quella brechtiana nell’adattare, a suo tempo, la settecentesca "Opera del mendicante". Valido alleato si dimostrano le "Ceramiche Lineari", gruppo musicale capace di ben alternare alle sezioni di accompagnamento strumentale inserti cabarettistici. Non solo: tra le fonti testuali compare, ad esempio, il Nietzsche della predicazione contro l’uomo, "una cosa che deve essere superata". Il resto è dato dall’energia, esplosiva e assieme assai controllata, portata dagli attori-detenuti della "Compagnia della Fortezza", affiancati dall’attore "puro" Stefano Cenci e dalla danzatrice Pascal Piscina. Tutti impegnati in un aggressivo concerto recitato di grande impatto.

Per una seconda parte di travolgente potenza espressiva, si assiste a una prima tranche più opaca e meno coerente, plausibilmente segnata da una certa ristrettezza produttiva: l’opera acquisita da Azioni inClementi non è nella versione con l’ intera compagnia. Resta il rimpianto, ma si sa: come cantano i personaggi brechtiani, "Solo saziato l’uomo può farsi migliore".

Yemen: iracheni detenuti per terrorismo denunciano torture

 

Tg Com, 15 agosto 2005

 

Tre detenuti iracheni hanno denunciato presunte violenze subite durante gli interrogatori. I tre avrebbero anche confessato di essere ex membri dei servizi di intelligence del passato regime di Saddam Hussein, e di aver pianificato attentati contro le ambasciate di Gran Bretagna e Stati Uniti nello Yemen. Le confessioni sono state rese note in tribunale a San’a.

 

 

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