Rassegna stampa 25 settembre

 

Piacenza: detenuto algerino ingerisce droga e muore

 

Ansa, 24 settembre 2004

 

Un algerino di 32 anni, arrestato perché in possesso di g. 15 di droga, ha ingerito cocaina in cella ed è morto. Inizialmente si era pensato a un decesso per una crisi epilettica, invece il giovane algerino era probabilmente riuscito a inghiottire una parte dello stupefacente che aveva con sé e il gesto gli è costato una fine atroce. È morto sette ore dopo l’arresto, mentre si trovava in una cella delle Novate per overdose.

Civitavecchia: agente ferito alla testa da stesso detenuto

 

Il Messaggero, 24 settembre 2004

 

Nuova aggressione nel carcere di Aurelia. Protagonista è stato lo stesso detenuto, che domenica scorsa aveva colpito con un pugno sul naso un sovrintendente. Mercoledì il copione si è ripetuto. Stavolta, però, il recluso è stato ancora più violento. Il malcapitato agente di polizia penitenziaria che è stato preso di mira è stato infatti colpito ripetutamente alla testa addirittura con una caffettiera Moka. All’agente che è ricoverato per trauma cranico all’ospedale sono stati applicati ben 11 punti di sutura.

Il detenuto, un trentenne trasferito al complesso di Aurelia da Regina Coeli di recente, è un tossicodipendente il quale pare non accetti le cure e le terapie che gli vengono somministrate all’interno del penitenziario. Come era avvenuto anche domenica, l’aggressore è stato processato per direttissima, condannato. La sua pena, quindi, è destinata ad aumentare. E’ in carcere per rapina.

El Salvador: rivolte in carcere, 100 donne rapite

 

TG Com, 24 settembre 2004

 

Un piano organizzato nei minimi dettagli per così conquistare due dei principali carceri del Salvador. I membri di una banda della criminalità organizzata hanno messo in atto una doppia rivolta prendendo in ostaggio un centinaio di persone fra visitatori e secondini. Le due rivolte sono scoppiate quasi contemporaneamente.

Nel carcere della città di Cojutepeque, a 30 chilometri dalla capitale San Salvador, sono rimaste bloccate 60 persone, quasi tutte donne, parenti di altri prigionieri, e tre bambini. A Chalatenango, a 150 chilometri dalla capitale, gli ostaggi sono una quarantina. Anche in questo caso si tratta soprattutto di donne. Vi sono anche due guardie carcerarie e un sacerdote venuto a celebrare la messa. Secondo una portavoce delle autorità carcerarie, che ha parlato sotto anonimato, i rivoltosi non sarebbero armati. Ma la situazione è confusa, e le loro stesse richieste non sono chiare.

Pescara: bambini, anziani e detenuti con Legambiente

 

Il Messaggero, 24 settembre 2004

 

I bambini delle scuole elementari, i detenuti del carcere di San Donato, dipendenti e pensionati della Fater e centinaia di volontari, domenica, muniti di sacchi e rastrello, ripuliranno il comparto quattro della pineta dannunziana.

È l’iniziativa di Legambiente che riguarda 1.800 luoghi d’Italia. Pescara è stata selezionata anche da Ambiente Italia, la popolare trasmissione di Rai tre in onda la domenica pomeriggio. L’appuntamento è per domenica mattina alle 8,30 alla pineta.

"All’iniziativa hanno aderito - dice l’assessore all’ecologia Rudy D’Amico - il gruppo anziani della Fater, l’associazione Scout e il gruppo Pescara uno, il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, la casa circondariale, le scuole e la circoscrizione Portanuova".

Opera: ai detenuti-calciatori 90 minuti di libertà

 

Corriere della Sera, 24 settembre 2004

 

"Abbiamo mezzi e potenzialità per ottenere la promozione in prima categoria. Se non ce la facciamo, sciolgo la squadra. I giocatori lo sanno". Non ha dubbi Alberto Fragomeni, direttore del carcere di Opera e da quest’anno presidente del Freeopera, la squadra neroverde dei detenuti. Una reale minaccia o soltanto una boutade scaramantica, visto che l’anno scorso, dopo un analogo proclama, la squadra aveva centrato la promozione dalla terza alla seconda categoria dilettanti? Forse, però, non potendo intervenire sugli ingaggi o sui premi partita, è soltanto un modo per caricare i suoi "ragazzi" alla vigilia di un appuntamento storico. Per la prima volta, infatti, il Freeopera, disputerà una gara ufficiale in trasferta, al di fuori delle mura della prigione. Giocati e vinti per forza in casa i primi due incontri del campionato, domani pomeriggio la squadra di calcio del carcere di Opera scenderà in campo a Mediglia, per sfidare la locale Trigintese.

Allenata dall’algerino Noureddine Zekri, l’anno scorso i giocatori-detenuti di Opera avevano disputato tutte le gare del campionato sul campo del carcere. Per ragioni di sicurezza. Un’"imposizione" che aveva anche suscitato le proteste di alcune formazioni avversarie, costrette a entrare in carcere per poter sfidare il Freeopera. "Quella di domani è una tappa fondamentale - dice Alessandro Aleotti, attuale presidente del Brera Calcio, fondatore e primo presidente del Freeopera - che concretizza il sogno dei calciatori, dei detenuti e di tutti noi".

L’allenatore del Freeopera domani non potrà però schierare la formazione migliore. Alla trasferta prenderanno parte solo i detenuti che possono usufruire del permesso di uscita. "Dovremo fare a meno di quattro titolari - afferma Alberto Fragomeni -, che non hanno i requisiti per potere lasciare il carcere. Questo, dal punto di vista agonistico, è un vero guaio".

Il presidente-direttore è il primo tifoso della squadra, un appassionato che si trasforma in "ultrà" quando segue le partite. La squadra partirà in pullman dal carcere e non sono previste scorte, né particolari misure di sicurezza. "È l’ultimo dei miei problemi - prosegue Fragomeni -: da questo punto di vista sono più che tranquillo. Mi preoccupa di più l’esito della partita: l’importante è ottenere un risultato positivo".

Non teme atteggiamenti ostili da parte del pubblico? "Assolutamente no - conclude Fragomeni -. E comunque ognuno si qualifica da solo, con il proprio comportamento. I miei ragazzi sono persone che hanno sbagliato e che stanno pagando il loro debito. Ma questo non ha nulla a che vedere con una partita di calcio".

Sulmona: politici in visita al carcere di via Lamaccio

 

Il Messaggero, 24 settembre 2004

 

Il senatore Giovanni Legnini, l’onorevole Giovanni Lolli e Stefania Pezzopane, presidente della Provincia dell’Aquila, accompagnati da Oreste Tolone, presidente del Consiglio comunale che ha promosso l’iniziativa, hanno fatto visita al supercarcere di via Lamaccio.

All’uscita, incontrando i giornalisti, tutti hanno messo in risalto come la struttura li ha sorpresi positivamente, nel senso che "non è una cosa - ha detto Giovanni Lolli - di cui doversi vergognare. Anzi, con i problemi di organico che ci sono da tempo, affrontano egregiamente i problemi quotidiani".

Giovanni Legnini ha messo in evidenza, a sostengo di quanto detto da Lolli, che i problemi derivanti dala mancanza di 50 operatori diventa difficile da gestire se si pensa che ci sono un quarto dei detenuti che ha problemi psichici "e questo - ha sottolineato - con la presenza di uno psichiatra che fa 60 ore al mese!".

Stefania Pezzopane ha raccolto il messaggio che è venuto dagli operatori e dalla direzione di creare rapporti più stretti e proficui tra il carcere e la Città. "Non è pensabile - ha detto - che una struttura di questa portata, uno dei 5 carcere di massima sicurezza italiani, abbia un trattamento molto inferiore agli altri. Altro tema da approfondire, e istituiremo un tavolo con le istituzioni, è quello dei problemi sanitari e dello scarso interesse dalla Asl per questa struttura". Insomma, una visita che apre prospettive e che cancella quell’immagine che, a torto, è stata data di questo carcere dopo gli ultimi, drammatici, avvenimenti.

Catanzaro: impegno del prefetto per polizia penitenziaria

 

Quotidiano di Calabria, 24 settembre 2004

 

All’incontro con il prefetto Alberto Di Pace di mercoledì scorso, la Uil-Pa ha presenziato, con il proprio segretario generale Enzo Cantafio e con il segretario nazionale del settore specifico (Uil-Pa- Penitenziari) Gennarino De Fazio. In quella circostanza - ha sottolineato la Uil-Pa - abbiamo denunciato (oltre alle deficienze di organico pubblicizzate stranamente dalla sola Cisl-Fps, quando si era convenuto che il documento fosse unitario) anche il mancato intervenuto dell’Amministrazione penitenziaria in materia di approvvigionamento ed equa assegnazione dei necessari incentivi in sede di eventuale ridistribuzione del personale di polizia penitenziaria con contestuale recupero alla attività istituzionale di tutti gli agenti attualmente utilizzati in mansioni amministrative".

"La Uil-Pa - prosegue la nota - ma in verità anche la Fp-Cgil, al prefetto di Pace ha chiesto che si facesse carico della necessità dell’immediato ripristino di corrette relazioni sindacali fra il provveditore regionale Quattrone e tutte le organizzazioni sindacali titolari di contrattazione decentrata, sottolineano che l’argomento trattato in questa sede, prima che il 22 luglio se ne interessasse anche la CIisl, aveva già costituito materia di dura protesta da parte della stragrande maggioranza di personale facente capo a Uil e Cgil, con tutta una serie di iniziative, anche di livello nazionale, sfociate nel sit-in del 19 dicembre 2003 davanti alla Prefettura. In quella sede, ad onore della verità, giova ricordare che una delegazione di lavoratori, accompagnata da dirigenti nazionali e regionali delle due organizzazioni Sindacali, in assenza del prefetto venne ricevuta dal viceprefetto Sebastiano Cento, il quale prese buona nota delle rivendicazioni dei lavoratori penitenziari di Catanzaro e di tutta la Calabria, rassicurando i presenti che la Prefettura avrebbe adottato le necessarie iniziative di propria competenza".

La Uil, di fronte a quello che ha definito "lo sbilanciamento del rapporto detenuti- agenti esistente nell’Istituto Penitenziario di Siano e vista l’indispensabilità dell’immediato recupero di concreti e fecondi rapporti con il dottor Quattrone", si è dichiarata "cautamente soddisfatta dell’impegno di quest’ultimo ad affrontare ed avviare a soluzione l’intera problematica, ancor prima della presentazione alle organizzazioni del documento programmatico predisposto alla apposita Commissione del Provveditorato, ma nel contempo, se non soprattutto, ha sottolineato il notevole valore del determinante intervento del prefetto di Pace per l’approfondimento ed il superamento di delicate vicende, che riguardano il mondo del lavoro del Dipartimento penitenziario a Catanzaro e nella regione".

Verona: Montorio scoppia, tre per cella e rischio malattie

 

L’Arena di Verona, 24 settembre 2004

 

"Siamo all’emergenza. Nel carcere di Verona i detenuti sono costretti a stare in tre all’interno di una cella di 12 metri quadrati, in condizioni igienico sanitarie intollerabili che hanno già portato ad un caso di Tbc, con gravi rischi di malattie, e dove quest’estate è stata anche sospesa per alcune ore al giorno l’erogazione di acqua per la carenza delle condutture idriche".

 

È quanto si sono trovati davanti i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil che tra ieri e l’altro giorno hanno voluto visitare il carcere veronese di Montorio. La delegazione, formata da Carla Pelegatta per la Cgil, Antonello Bova della Cisl e Mario De Amicis della Uil, ha incontrato il direttore della case di pena, Salvatore Erminio, ed ha voluto con questa visita rimarcare l’attenzione forte del sindacato confederale sulle problematiche della struttura carceraria scaligera, più volte denunciate dai sindacati di categoria della Polizia penitenziaria, oggetto di una recente raccolta di firme da parte degli stessi carcerati e al centro di numerose interrogazioni parlamentari.

A preoccupare di più è l’affollamento della struttura: le sezioni detentive studiate per una capienza ottimale di un detenuto per ogni cella per un totale di 243 uomini e 27 donne, ospita oggi 700 uomini e 65 donne, cioè praticamente tre persone per cella.

"Molte celle e le docce sono in condizioni pessime - hanno detto all’uscita dal carcere i tre sindacalisti - con infiltrazioni d’acqua, muri scrostati, cavi elettrici volanti. I detenuti praticamente non hanno spazi comuni dove poter stare, e quei pochi sono insufficienti e male attrezzati per cui non consentono lo svolgimento di attività ricreative. Allo stesso tempo, il sovraffollamento e la carenza di risorse economiche non permettono di far svolgere attività lavorative se non per un esiguo numero di detenuti. Teniamo presente che la scorsa primavera il finanziamento ministeriale ai lavori interni ha subito un taglio del 30%. Una situazione esplosiva che può solo produrre abbrutimento e perdita della dignità".

Questo si riflette anche sul lavoro della polizia penitenziaria, costretta a turni massacranti con un organico che risulta sottodimensionato. "La situazione del carcere di Montorio deve diventare una priorità per le forze sociali e politiche di Verona - hanno concluso i sindacalisti - e per questo chiediamo il ritorno a massimo due persone per cella operando con misure alternative alla carcerazione, interventi di ripristino delle condizioni igienico-sanitarie, maggiori momenti di incontro tra carcere e città, individuare spazi ulteriori da adibire ad attività lavorative coinvolgendo le imprese, cercare maggiori risorse per interventi strutturali, chiedere alla Regione di erogare nuovi fondi per la formazione, colmare la carenza del personale della polizia penitenziaria".

Rovigo: corso per imparare come "muoversi" in carcere

 

IL Gazzettino, 24 settembre 2004

 

Ridare una possibilità di inserirsi nella società agli ex detenuti è uno degli obiettivi cui i Servizi sociali puntano. Incontrando così quello del carcere stesso e delle tante associazioni che vi operano. Un percorso che procede con un nuovo corso di formazione per gli operatori penitenziari e per i volontari. "Siamo attivi insieme al Cssa di Padova, la casa circondariale, il Ctp, il Ser.T. dell’Ulss 18, la San Vincenzo, Porta Verta, il Centro francescano d’ascolto e Coldiretti su varie linee - ricorda l’assessore Gianni Saccardin - stiamo lavorando per il reinserimento di alcuni detenuti con problemi di alcolismo e tossicodipendenze.

E abbiamo attivato la presenza di mediatori culturali, corsi di formazione per detenuti, per fare altri esempi. Ora apriamo un nuovo progetto". Il direttore della casa circondariale Fabrizio Cacciabue evidenzia l’importanza dell’integrazione tra operatori e volontari, per questo il corso, che inizierà il 7 ottobre, "spazia su elementi fondamentali: la conoscenza reciproca, la comunicazione fra loro, il lavoro da fare in rete e come affrontare le varie problematiche dei detenuti.

È un corso equilibrato e completo che speriamo si sviluppi ancora in futuro. È una pietra miliare anche per le associazioni che sul territorio operano per la riduzione del disagio sociale".

Bergamo: San Vincenzo contro solitudine dei carcerati

 

L’Eco di Bergamo, 25 settembre 2004

 

Un’impronta digitale con un sorriso. È il logo scelto per la Giornata nazionale contro la solitudine, che si celebra domenica 26 settembre in Italia a cura della Società di San Vincenzo de’ Paoli sul tema "Prevenire e recuperare è meglio. Per tutti". Come nell’edizione 2003, per sottolineare l’urgenza del problema, anche quest’anno la solitudine da sconfiggere è quella che colpisce il carcerato al momento del suo reinserimento nella società. E i contributi raccolti nelle piazze e nelle parrocchie italiane saranno devoluti a questo scopo.

Nella nostra diocesi, la San Vincenzo scandirà la sua sensibilizzazione con il progetto "A ogni uomo una speranza", per offrire un alloggio a persone provenienti dal carcere cittadino e aiutarle nella ricerca di un posto di lavoro. Il progetto, avviato nel primo semestre di quest’anno, ha ottenuto dalla Fondazione Cariplo un finanziamento di 12.000 euro, pari al 50 per cento dell’impegno complessivo iniziale.

"Celebrando la Giornata nazionale lo scorso anno - sottolinea Rina Romagnoli, vicepresidente diocesana e regionale della Società di San Vincenzo - la nostra associazione ha avviato un progetto per un’iniziativa concreta finalizzata ad aiutare persone che stanno scontando una pena carceraria a recuperare i valori della propria umanità e a prepararsi al reinserimento nella comunità. Il progetto consiste nello svolgimento di un’attività di accompagnamento abitativo per persone provenienti dal carcere di Bergamo. Il fine è di favorire il loro reinserimento sociale, con l’impiego di un educatore professionale, la collaborazione di volontari e utilizzando un appartamento nella nostra città affittato e gestito dalla San Vincenzo". Questa attività procederà in stretto coordinamento con l’équipe socio educativa della casa circondariale di via Gleno e con la collaborazione dell’Opera Vismara.

Milano: i Gatti galeotti si mettono sul mercato

 

Corriere della Sera, 25 settembre 2004

 

Ad un marchio simpatico e allusivo - una cornicetta in cuoio dove è raffigurato un gatto sornione che tenta la classica evasione con il lenzuolo annodato fra le sbarre - Ecolab e Alice, due cooperative di pelletteria e sartoria che lavorano con detenuti, hanno affidato il loro futuro commerciale. Ironico è anche il nome del marchio, "Gatti galeotti", che servirà a lanciare una nuova linea di prodotti: sacche da viaggio, borsoni, shopping bag, astucci, porta documenti, beauty e magliette.

Le borse, in canapa, sono realizzate in due versioni, blu con inserti ecrù, rosso con inserti bianchi. Le t-shirt, in puro cotone, hanno il fondo bianco e il disegno del gatto in nero, e viceversa. Un primo test di prova è stato fatto a luglio, alla libreria Feltrinelli. Ora, però, arriva il vero debutto.

La vetrina per il lancio è il Mipel, il salone della pelle aperto fino a martedì 21 alla Fiera (i Gatti galeotti si trovano al padiglione 20, salone 1°, corsia D, stand 3, tel. 338.84.01.68.88).

"Siamo emozionati - confessa Massimo D’Angelo, presidente di Ecolab -. Fino ad ora avevamo lavorato solo dietro commesse, non osavamo pensare a una nostra linea, per mancanza di denaro ed energie. Poi un giorno chiacchierando con il direttore della sartoria Alice è uscita l’idea di unire gli sforzi per un progetto comune". Due battute, due schizzi, e sul foglio sono comparsi i "Gatti Galeotti".

"Una scelta di marketing molto precisa - conclude - che punta su un marchio accattivante per comunicare temi complessi: l’importanza della formazione professionale all’interno del carcere, infatti sia Ecolab sia Alice hanno laboratori a San Vittore, e del lavoro come strumento fondamentale nel processo di recupero della persona".

 

 

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