Rassegna stampa 20 settembre

 

Roma: An-Campidoglio, è scontro sulle carceri

 

Roma One, 20 settembre 2004

 

E’ polemica politica sul problema delle carceri. Lo stato disagevole in cui versano i detenuti negli istituti di pena romani suscita la protesta di alcuni esponenti di An. Questa mattina la coordinatrice regionale del partito ed euro parlamentare Roberta Angelilli, accompagnata dal Luca Malcotti, consigliere in Campidoglio, si è intrattenuta in una dimostrazione di protesta davanti al carcere di Regina Coeli. "Carcere: Municipio fantasma" è quanto recitava uno striscione affisso dai militanti del partito di via della Scrofa che si scagliano contro il Campidoglio colpevole, secondo loro, di "aver disatteso gran parte degli impegni" che l’amministrazione comunale ha preso in occasione di una seduta del Consiglio comunale risalente al 12 novembre 2002 direttamente nei locali di Rebibbia. I membri dell’opposizione puntano il dito contro il piano cittadino per il carcere mai operativo perché, affermano i due membri di An, "l’ufficio di coordinamento del piano per il carcere non è mai stato creato.

L’ufficio del difensore civico è stato si creato ma non funziona bene". An segnala inoltre il mancato aumento dei fondi per il carcere, "così come era stato deciso nella seduta del novembre del 2002", e poi ancora il kit di 48 ore, il progetto che permetteva al detenuto appena rilasciato di affrontare il disagio durante le primissime ore di libertà, un provvedimento che, come sottolineano, "è stato sperimentato con successo all’inizio del 2003, ma poi non ha avuto seguito".

Immediata la protesta del Campidoglio. "Trovo davvero paradossale che Alleanza nazionale - afferma Raffaella Milano assessore alle politiche Sociali - scopra oggi le condizioni drammatiche delle carceri romane e che soprattutto ne imputi la responsabilità non alla coalizione di governo che ha ogni diretta competenza in materia".

Dura la risposta dell’assessore Milano che difende il Campidoglio "fortemente impegnato da anni in attività di sostegno ai detenuti", impegno, ricorda, "che va ben oltre le funzioni di un’amministrazione locale". L’esponente capitolino ricorda poi come "il 17 marzo scorso, nell’aula Giulio Cesare, dopo un lungo lavoro che ha coinvolto tutte le istituzioni, compresa la Regione e la Provincia, è stato presentato il Piano cittadino per il carcere il quale è in corso di realizzazione".

Contro le dichiarazioni dei due esponenti di An insorge anche l’assessore al Lavoro con delega alle carceri Luigi Nieri, il quale sottolinea come "le competenze sulle carceri spettano al Ministero" e che "grazie alla Lega, partito del Ministro della Giustizia Roberto Castelli, in Italia non abbiamo il reato di tortura, anzi - secondo l’On.le Lussana, anche lei leghista, torturare una volta non sarebbe reato" e soprattutto che "il sovraffollamento penitenziario è il prodotto delle campagne di ordine e sicurezza che ha, fra i suoi sponsor, proprio An".

Nieri, uno dei bersagli della polemica di Angelilli e Malcotti, ribadisce come il Comune non ha competenze in materia ma "svolge solo un lodevole funzione di supporto, che non sempre viene facilitata dalle istituzioni governative".

Roma: Papillon annuncia protesta per 18 ottobre

 

Redattore sociale, 20 settembre 2004

 

"Va lentamente sfumando l’attenzione del mondo politico e dei mass media sui drammi quotidiani del carcere (…). Restano però con tutto il loro valore le prove di maturità fornite in queste settimane dalle proteste pacifiche dei detenuti di oltre trenta carceri, dalla Sicilia alla Sardegna, da Poggioreale ad Alessandria passando per Verona e Perugia, e via via sino all’importante prova di coraggio e di dignità delle detenute di Rebibbia femminile".

Ad affermarlo è l’associazione Papillon-Rebibbia onlus, che in una lettera inviata a tutti i Parlamentari e a tutti i Consiglieri regionali, provinciali, comunali e municipali, chiede che sul carcere non scenda nuovamente il silenzio.

Viene annunciata una pacifica mobilitazione nazionale dei detenuti che avrà inizio lunedì 18 ottobre in decine di carceri e che si snoderà per più settimane con scioperi della fame e altre forme di protesta.

"La decisione di protestare, tutti insieme e pacificamente – afferma l’associazione -, è un necessario atto di civiltà per richiamare alle sue responsabilità verso il dettato costituzionale un mondo politico che sembra fatichi ad accorgersi che nella stragrande maggioranza delle oltre duecento carceri italiane il Diritto è stato in un certo senso "sospeso a tempo indeterminato", poiché tutto si può dire tranne che là dentro vengano davvero perseguite la rieducazione e la risocializzazione delle donne e degli uomini reclusi. Ci rendiamo conto – continua - che affrontare concretamente in Parlamento una riforma del nostro sistema penale e penitenziario non è cosa facile, ma non per questo è tollerabile il permanere di una situazione che scivola ogni giorno di più oltre i limiti della legalità. A meno che per puri fini di speculazione elettorale non si voglia continuare a vendere ai Cittadini l’illusione che un sistema penale e penitenziario per molti versi "fuorilegge" è l’unico modo per garantire il loro sacrosanto Diritto alla sicurezza quotidiana".

"Anche soltanto sullo specifico dell’ordinamento penitenziario, ad esempio, non si può far finta di non vedere che da tutte le carceri i detenuti stanno denunciando il fatto che la catena di relazioni tra area educativa/direzione/forze di polizia/Magistratura di Sorveglianza sembra diventare ogni giorno più pesante e farraginosa, come se dappertutto venisse applicata una sorta di linea politica di riduzione ai minimi termini del Diritto ai permessi premio, alle misure alternative, al differimento della pena, all’uscita dall’incostituzionale art. 41 bis, alla liberazione anticipata, ecc.

Il che moltiplica gli effetti di un sovraffollamento che si accompagna alle delizie della malasanità penitenziaria, all’abuso della carcerazione preventiva, ai tanti, troppi suicidi e alla estrema limitatezza di spazi e di attività culturali e formative. Del resto, non siamo soltanto noi detenuti a sottolineare il limite di guardia ormai raggiunto nelle carceri. Anzi, un dato importante della nuova situazione è che oggi alcuni tra i più importanti sindacati del personale penitenziario riconoscono che per ristabilire nelle carceri un equilibrio minimamente accettabile occorrono misure che alleggeriscano davvero un sovraffollamento di oltre 13000 detenuti. E certo non vanno in questa direzione le annunciate ulteriori restrizioni in materia di droghe leggere e tossicodipendenza, e il continuo slittamento della discussione sulle proposte di riforma del Codice penale (già di per se molto timide)".

E conclude: "Inoltre, grazie ai detenuti e ai sindacati del personale penitenziario si è ormai completamente diradato anche il fumo ideologico che ha accompagnato l’approvazione del cosiddetto "indultino", lasciando in evidenza il suo carattere di Legge/truffa che invece di alleggerire il sovraffollamento non ha fatto altro che sovrapporsi, peggiorandole, alle già esistenti misure che prevedono l’affidamento in prova ai servizi sociali per i residui pena sotto i tre anni, limitando così la già scarsa applicazione di tutte le altre misure alternative preesistenti".

Spoleto: Dorigo ha ripreso lo sciopero della fame

 

Ansa, 20 settembre 2004

 

I legali di Paolo Dorigo, detenuto nel carcere di Spoleto per un attentato alla base militare Nato di Aviano rivendicato dalle Brigate rosse, chiederanno al Tribunale di sorveglianza di Perugia la sua "immediata liberazione incondizionata, anche al fine di scongiurarne la morte". Dorigo, infatti, condannato a 13 anni di carcere e da oltre dieci detenuto, si è sempre proclamato innocente ha ripreso uno sciopero della fame che aveva interrotto dopo avere ottenuto dallo stesso Tribunale di sorveglianza di Perugia l’autorizzazione allo svolgimento di esami clinici particolari quali quello a mezzo di sintonizzatore universale. Dorigo infatti sostiene che nel suo corpo sono stati inseriti dei "micro-chip" per manipolazioni genetiche che gli procurano gravi malesseri e secondo i suoi difensori il sintonizzatore universale potrebbe accertare la circostanza. In una nota, uno dei legali che lo assistono, Vittorio Trupiano, afferma, fra l’altro, che "il collegio difensivo ha sin dall’inizio delle operazioni peritali reso noto al perito nominato dal Tribunale di sorveglianza la reperibilità del sintonizzatore, senza peraltro mai ricevere autorizzazioni o risposte in tal senso, mentre vi è stato un rifiuto per quanto riguarda il particolare esame ematico richiesto".

Verona: carcere resta sovraffollato e senza personale

 

L’Arena di Verona, 20 settembre 2004

 

L’attuale situazione strutturale e sanitaria del carcere circondariale di Montorio è stato il tema affrontato dalla commissione consiliare quinta, presieduta da Mauro Peroni (Sinistra europea). "Il principale problema del carcere di Montorio è il sovraffollamento", ha detto il direttore dell’istituto Salvatore Erminio, sottolineando che "all’aumento della popolazione detenuta, più 30% negli ultimi due anni, non è corrisposto né l’aumento del personale, né le disponibilità finanziarie".

Il circondario maschile, che dispone di 231 camere singole, ospite attualmente 675 detenuti; quello femminile, con 30 camere singole, 65 detenute a cui si aggiungono 31 semiliberi che lavorano all’esterno del carcere.

"L’emergenza tubercolosi di quest’estate", ha spiegato il responsabile sanitario del carcere Gabriella Trenchi, "è stata tale solo per l’ampio risalto dato dalla stampa. In realtà non si è trattato di epidemia, ma di un solo caso di tubercolosi: tutti i detenuti sono stati sottoposti al test della Mantoux e alle radiografie al torace ed ora la situazione è sotto controllo".

Per il rappresentante dell’Asl 20 Ferrari il vero problema è la carenza di spazio cronico che obbliga tre detenuti in una cella e il rischio maggiore di diffusione di qualsiasi malattia infettiva.

I membri delle associazioni di volontariato che operano all’interno del carcere La Fraternità, Don Tonino Bello, Don Calabria, Arca 93, Maurizio Ruzzenenti sono intervenuti con varie proposte: la riduzione dei farmaci psicotropi con cui vengono sedati i detenuti; terapie preventive per il recupero dei carcerati e per il loro reinserimento nel sociale; il supporto di personale qualificato per prevenire malattie psicosomatiche e psichiatriche.

Per il capogruppo di Rifondazione comunista Fiorenzo Fasoli "è evidente che il carcere sta diventando solo un luogo di custodia dove non ci sono le condizioni per esercitare un intervento di recupero. Il Comune deve attivarsi per dare delle risposte al problema del lavoro e del reinserimento sociale del detenuto".

"La priorità di questa commissione", ha precisato il consigliere di Forza Italia Vito Giacino, "è trovare le modalità per garantire una condizione di permanenza dignitosa al carcerato. Spetta in particolare al sindaco con l’autorità di carattere sanitario che l’incarico gli riconosce, preoccuparsi che le norme igieniche del carcere siano rispettate".

Il consigliere Alberto Benetti (Udc) ha ricordato la mozione approvata del Consiglio comunale relativa la Centro di Ascolto per carcerati e ha proposto "l’inserimento dei detenuti in cooperative convenzionate con il Comune".

Per il capogruppo della Lega nord Flavio Tosi "il problema del sovraffollamento è dovuto alla presenza di extracomunitari clandestini all’interno del carcere, circa il 70% dei detenuti. Per risolvere questa emergenza", ha detto Tosi, "basterebbe dare applicazione alla possibilità che i carcerati scontino la pena nel loro paese d’origine".

Bruti Liberati (Anm): Castelli sfida la costituzione

 

Ansa, 20 settembre 2004

 

"Il ministro della Giustizia? Fa quello che non dovrebbe: sfida la Costituzione e mette a rischio l’indipendenza dei magistrati. E fa poco o nulla per l’efficienza del sistema giudiziario". "Il nostro sciopero? Resta confermato, ma sino all’ultimo speriamo che il Parlamento abbia un ripensamento sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, anche se sinora le occasioni sono state perse con i maxi emendamenti. Comunque, aspetteremo la fine dei lavori in Commissione Giustizia per prendere le nostre decisioni".

Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Edmondo Bruti Liberati, fa il punto con l’Ansa sulle prossime iniziative del sindacato delle toghe, a cominciare dal congresso straordinario in programma a Napoli sabato e domenica prossimi, assicurando che la linea resta quella della ricerca del dialogo. "Continueremo a utilizzare ogni possibilità di confronto con chi vorrà ascoltarci" dice. Ma sin da ora il leader dell’Anm avverte: la riforma "non solo è in contrasto con lo spirito e l’impianto della Costituzione, ma è piena di errori tecnici, dimostrati anche dagli emendamenti presentati dall’Udc.

Sarebbe inaccettabile se il Parlamento l’approvasse dicendo: "È una legge sbagliata, la correggeremo poi con un decreto legge, anziché modificarla subito". Bruti parla di riforma e politica della giustizia di Castelli ("il ministro - ricorda - ha il record assoluto di aver avuto due scioperi dei magistrati") e illustra ragioni e contenuti del Congresso straordinario. "Si tratta di un’iniziativa senza precedenti - dice - nata dopo la gravissima forzatura che c’è stata alla Camera con la blindatura degli emendamenti e il ricorso alla fiducia. Al centro del confronto ci sarà l’incostituzionalità della riforma: a sostenerla non è solo la magistratura, ma la gran parte dei costituzionalisti che hanno avanzato numerose critiche sotto questo profilo sia rispetto a diversi passaggi della riforma sia rispetto al suo impianto.

La Settima disposizione transitoria della Costituzione imponeva di adeguare l’ordinamento giudiziario alla Costituzione. E invece, dopo 60 anni, si fa marcia indietro. In che modo? Con il sistema dei concorsi che viola il principio dell’uguaglianza dei giudici, con l’erosione del ruolo del Csm e con la lesione dell’indipendenza interna dei magistrati attraverso la gerarchizzazione".

Un’incostituzionalità che, per il leader dell’Anm, non costituisce un incidente di percorso: "Il ministro della Giustizia ha già sfidato pericolosamente la Costituzione con il Lodo Schifani, la legge sull’immigrazione, la legge sulle rogatorie, salvata solo grazie a una sentenza interpretativa della Corte Costituzionale . E ora la sfida con la riforma dell’ordinamento giudiziario". E il fatto che quelle leggi siano state firmate dal capo dello Stato non vale ad escludere il loro contrasto con la Costituzione.

"Solo quando c’è su una specifica disposizione un clamoroso aspetto di incostituzionalità il presidente della Repubblica rinvia una legge alle Camere. Si tratta, dunque, di un fatto eccezionale". Tornando al ddl Castelli, il congresso di Napoli richiamerà l’attenzione anche sulla sua "non funzionalità": "Il sistema dei concorsi - spiega Bruti - comporterà un numero enorme di magistrati esaminatori o esaminati, con il risultato che si sottrarrà tempo all’attività giudiziaria.

Quel sistema è macchinoso, impraticabile e anche costosissimo. Ma la questione costi è gestita dal ministro con disattenzione totale: preferisce utilizzare le poche risorse che ha per creare un concorsificio piuttosto che per far funzionare gli uffici giudiziari". Un disinteresse confermato anche dal decreto legge sull’immigrazione che ha attribuito ai giudici di pace i procedimenti di convalida delle espulsioni: "Non solo è totalmente irrazionale affidare provvedimenti sulla libertà personale ai giudici di pace, ma questa scelta comporterà un costo aggiuntivo notevolmente rilevante". Al congresso si palerà anche di quello che il ministro non fa per funzionare gli uffici giudiziari: "Ormai anche Castelli riconosce che i nostri libri bianchi dicono cose vere.

Mentre sui concorsi per l’accesso in magistratura il ministro continua a fare giochi di prestigio: la realtà è che arriverà al termine del suo mandato, bloccando per quattro anni nuovi ingressi in magistratura". E ancora non basta: "Da subito - sottolinea il presidente del sindacato delle toghe - si potrebbero realizzare alcuni limitati interventi urgenti sul processo civile e su quello penale su cui c’è sufficiente consenso e che porterebbero a risultati immediati in termini di efficienza. Ma il ministro non fa niente in attesa di riforme epocali che difficilmente si potranno fare".

Ricerca Cirm: giustizia lenta, persecutoria e pessima

 

Ansa, 20 settembre 2004

 

Lenta, persecutoria, pessima-ridicola: è la percezione che gli italiani hanno dell’amministrazione delle giustizia. Il giudizio scaturisce da una ricerca condotta dal Cirm fra il 2001 ed il 2003 e presentata oggi a Courmayeur. L’amministrazione della giustizia è lenta per il 21.7% degli intervistati, persecutoria per il 9,2%, pessima-ridicola per il 9,1%. Nel complesso, gli aspetti negativi rappresentano il 72,5%, contro il 9,7% di quelli positivi.

Se il sistema giudiziario non funziona non è colpa dei magistrati. Così la pensa la maggioranza degli italiani, soprattutto quelli di centro sinistra. È quanto emerge dalla prima ricerca svolta in Italia sulla percezione della giustizia, presentata oggi a Courmayeur nel convegno internazionale "L’Amministrazione della giustizia e la società italiana del 2000". La ricerca è parte del più vasto progetto interdisciplinare sulla giustizia in Italia realizzato dal Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale, in collaborazione con le Università di Milano, Milano-Bicocca, Bologna, Napoli, Torino e Urbino, secondo un progetto di fattibilità approvato dal Consiglio Superiore della Magistratura.

La ricerca ha analizzato le risposte fornite da un campione, composto da 802 interviste telematiche, dalle quali è emerso che il 50,4% degli intervistati dichiara di essere soddisfatto dell’attività svolta dai magistrati. Il 40% si dichiara invece poco o per nulla soddisfatto. La percentuale di soddisfazione cresce al 55,7% tra gli intervistati di 35-54 anni, al 52% tra gli intervistati di centro Italia e all’88,3% tra gli intervistati di centro sinistra. Scende al 31% tra gli intervistati di centro destra e al 40% tra quelli di centro.

"Il magistrato - hanno sottolineato i coordinatori della ricerca, Morris Ghezzi e Marco Quiroz Vitale dell’Università degli Studi di Milano Istituto di Filosofia e Sociologia del diritto - è percepito principalmente come un funzionario dello Stato (49,8%), meno come un professionista (8,2%) o come una figura intermedia tra il professionista e il funzionario dello Stato (27,8%)". In seconda istanza, il magistrato è definito soprattutto come un difensore della giustizia (29,3%), poi come un tecnico del diritto (27,6%) e come un politico (22,1%).

Tra gli elettori di centro destra il magistrato è valutato soprattutto come un politico (37,5%) e poi come difensore della giustizia (23,6%), per gli elettori di centro egli è un tecnico del diritto (42,4%) e poi un politico (30%). Differente è la percezione tra gli elettori di centro sinistra: il magistrato è un paladino della giustizia (38,3%) o un tecnico (35,2%) piuttosto che un politico (7,1%).

"Non è - comunque assolutamente in dubbio - hanno detto i ricercatori - la preparazione dei magistrati; sono definiti come molto preparati dal 16,8% degli intervistati, come preparati dal 56,4%. Di più, il concetto di preparazione professionale dei magistrati è in definitiva riconosciuto dal 73,2% degli intervistati". Anche in questo caso, comunque incide l’appartenenza politica: il 65,9% di coloro che si dichiarano di centro destra riconosce la buona preparazione dei magistrati, contro l’89,3% di coloro che si dichiarano di centro sinistra.

Roma: Notte Bianca, uno spettacolo per Regina Coeli

 

Ansa, 20 settembre 2004

 

Una semplice tenda rossa che fa da sipario e un piccolo palcoscenico sistemato all’angolo della rotonda, lo spazio dal quale partono le quattro sezioni del carcere di Regina Coeli. Per un centinaio di detenuti dello storico carcere romano, la Notte Bianca ha il significato di una risata, assistendo allo spettacolo di sketch comici della compagnia dell’Ambra Jovinelli, diretta da Serena Dandini, in scena con lo spettacolo "Bra live".

Alla manifestazione sono presenti anche il direttore del carcere, Mauro Mariani, e l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, Raffaela Milano. Anche i detenuti hanno un ruolo nella serata: hanno preparato ed allestito nel corridoio adiacente la rotonda un piccolo buffet per il pubblico. Lo spettacolo, che durerà fino a mezzanotte, sarà interrotto da un breve intervallo.

Una Notte Bianca di allegria ma anche di speranza. Riccardo, 44 anni, da sei mesi a Regina Coeli, l’ha trascorsa così, tra il pubblico raccolto nella rotonda del carcere circondariale romano. "In questa sala la domenica si celebra la messa, ma oggi è stata una notte, particolare - racconta - se ne è parlato tanto alla televisione di questa Notte Bianca, e volevo viverla anche io, per quanto è possibile ad un detenuto. Ho fatto subito la richiesta scritta, come quasi tutti qui dentro, ed è stata accettata". Tra gli oltre 100 detenuti raccolti nella rotonda ad assistere allo spettacolo dei comici dell’Ambra Jovinelli capitanati da Claudio Fois, c’è anche Riccardo che alle spalle ha una lunga storia. "Sono separato con due figli - racconta - sono nato a Noletta, in provincia di Catania, ma sono romano di adozione, zona Centocelle. Sono stato condannato a due anni - si confida durante l’intervallo dello spettacolo - ma spero di uscire prima perché sono stato condannato per piccoli reati dovuti al fatto della tossicodipendenza e la condanna sei mesi è stata per un piccolo furto. Poi si sono aggiunti i precedenti e la condanna definitiva.

Ho due figli Daniele di 16 anni, e Sara di 13, ma non sanno che sono qui gli ho detto che sono in Germania per lavoro. Spero che loro si divertano in questa Notte Bianca. Cosa farei se fossi lì fuori? Tutto. So che tutti i negozi sono aperti, comprerei qualcosa, ma andrei anche a vedere uno dei tanti spettacoli. E comunque sono contento che questi comici siano venuti all’interno del carcere a trovarci. So che sono famosi - ha detto ancora - ma non li ho mai visti in televisione prima. Tra tutti gli sketch mi è piaciuto quello del mago Mancini perché è semplicemente comico ma mi è piaciuto anche il finto carcerato.

È un modo per esorcizzare. Ma intanto - conclude - stanotte immagino la città al di fuori di qui, me la vedo davanti agli occhi piena di gente e di luce". Poi Riccardo tornerà a vedere lo spettacolo e dopo ritornerà nella sua cella nella prima sezione di Regina Coeli, la sezione dei detenuti con condanna definitiva, ma anche quella di coloro che lavorano e che hanno un contatto con l’esterno. "Faccio l’elettricista e altri piccoli lavori come gli altri 5 con i quali condivido la stessa cella".

Castelli: l’ordinamento va approvato in autunno

 

Ansa, 20 settembre 2004

 

Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha ribadito che la riforma dell’ordinamento giudiziario deve essere approvata "in tempo utile, in quest’autunno, oppure non si fa più ". Castelli, parlando a margine di un convegno, promosso a Bergamo dall’ordine nazionale degli ingegneri, a proposito degli emendamenti presentati dall’Udc, ha detto: "Il sottosegretario Vietti sa benissimo che, quando abbiamo elaborato il testo alla Camera, e lui è stato protagonista, sapevamo tutti che era l’ultimo passaggio, perché non c’è più tempo".

"Non è questione di non voler discutere, o di fare gesti di arroganza - ha detto a proposito del parere negativo che il governo ha preannunciato sugli emendamenti -. Tutti sappiamo che o la legge delega viene approvata in tempo utile, in quest’autunno, oppure la riforma non si fa più".

"Questo è lo scopo di chi non vuole la riforma - ha aggiunto - discutiamo, sapendo benissimo che così facendo si va fuori tempo massimo". A chi gli chiedeva se sull’ordinamento giudiziario il governo intenda ricorrere alla fiducia, il ministro ha risposto: "Io spero non sia necessario porsi questo problema".

Castelli: piano-carceri, più tecnologia e meno agenti

 

Ansa, 20 settembre 2004

 

Più tecnologia e meno agenti. È questo l’obiettivo del piano sull’edilizia penitenziaria predisposto dal ministro della Giustizia Castelli. Il piano, in Commissione Giustizia alla Camera, prevede di potenziare gli impianti di sicurezza sui muri di cinta delle carceri e i sistemi di controllo a tecnologia avanzata così da diminuire il numero degli agenti che vigilano sui detenuti. Per questi interventi, nel 2004 l’Amministrazione penitenziaria può contare su poco più di 84 milioni di euro.

Porto Azzurro: convegno su carcere e società

 

Elba Oggi, 20 settembre 2004

 

C’è soprattutto l’associazione di volontariato Dialogo, che opera nel carcere di Porto Azzurro, nell’organizzazione di questa due giorni che si terrà tra Portoferraio e Pianosa. Al centro dei lavori ci sarà l’analisi di una triste consuetudine: le difficoltà di reinserimento nella società che deve affrontare chi esce da un carcere dopo aver scontato una pena detentiva

"Io non ci voglio tornare" è il titolo del Convegno sul Fine Pena dei detenuti, organizzato per il 2 e 3 ottobre 2004 dall’associazione di volontariato "Dialogo", dal Volontariato Giudiziario di Toscana in collaborazione con la casa di Reclusione di Porto Azzurro, e con il patrocinio del Cesvot.

La proposta dalla difficoltà, talora drammatica, che molte persone detenute, una volta scontata la pena, incontrano nel tornare in libertà. Il reinserimento risulta spesso impossibile e "chi c’è stato una volta" non trova altra soluzione che tornare in carcere.

Il Convegno sarà una due giorni molto intensa e ricca di autorevoli interventi che si svolgerà tra Portoferraio e l’isola di Pianosa. Sabato 2 ottobre i lavori si apriranno presso il centro Congressuale De Laugier a Portoferraio: la mattina alle 9,30 dopo i saluti delle Autorità e del Vescovo e l’introduzione degli operatori del volontariato sarà affrontato il tema: "cosa fa il carcere per il reinserimento sociale".

Tra i relatori il Direttore del Carcere di Porto Azzurro Rosario Tortorella, Alessandro Margara Presidente della Fondazione Michelacci, Gaetano De Leo Docente di psicologia giuridica dell’Università La sapienza, Livio Ferrari Presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, seguiranno interventi e testimonianze.

Dopo il buffet i lavori riprenderanno sul tema: "Quali strumenti la società e in particolare le istituzioni locali mettono a disposizione dell’ex detenuto". Tra i relatori Domenico Zottola, Responsabile dell’area trattamentale e Vice presidente della Cooperativa San Giacomo, Salvatore Rigione responsabile Prap, Luca Massari responsabile Caritas, Franco Corleone Garante dei diritti dei detenuti di Firenze.

Per la domenica è prevista la partenza verso l’isola di Pianosa alle 9,15, dopo i saluti del Vice sindaco di Campo nell’Elba Enrico Graziani e del Commissario del Parco Ruggero Barbetti verranno affrontati i temi de "Il fine pena per i detenuti stranieri" ed il "Fine pena mai". Tra i relatori Emilio Santoro docente di Teoria e Storia del Diritto dell’Università di Firenze, Fabrizio Callaioli di Amnesty International, coordinerà i lavori ed il dibattito conclusivo Nunzio Marotti, assessore alle politiche culturali del comune di Portoferraio. Per maggiori informazioni scrivere a: associazionedialogo@libero.it

Roma: detenuto romeno aggredisce agenti a Regina Coeli

 

Agr, 20 settembre 2004

 

Cinque agenti penitenziari del carcere romano di Regina Coeli sono rimasti feriti dopo essere stati aggrediti da un detenuto romeno. Il fatto ieri sera poco prima dello spettacolo organizzato nella prigione per la "Notte bianca". L’uomo ha prima spaccato lo sportello di vetro degli idranti per poi usare un punteruolo per colpire un poliziotto. Per difendere il collega sono intervenuti altri 4 agenti che sono riusciti a fermare il detenuto, nella colluttazione però hanno riportato alcune lievi ferite.

Sassari: prigionieri di un carcere da abbattere

 

L’Unione Sarda, 20 settembre 2004

 

Precipita la situazione di San Sebastiano, "carcere in imminente chiusura", ma da tempo immemorabile. Se ne parlerà nell’aula dello Sciuti, dove il consiglio provinciale sarà invitato a discutere e, possibilmente, ad approvare un ordine del giorno sulla gravissima condizione del penitenziario sassarese.

A proporre l’ordine del giorno all’assemblea sarà, ancora una volta, il consigliere Antonello Unida, la cui protesta a favore della dismissione del carcere sassarese lo ha portato più volte ad azioni eclatanti, sia all’interno della sala consiliare, che davanti alla porta del penitenziario.

Né l’esponente provinciale aveva dimenticato la triste condizione di San Sebastiano, dei suoi ospiti e degli agenti penitenziari, in occasione della visita ufficiale in città del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, al quale aveva chiesto un intervento umanitario "per guarire una vecchia ferita, rappresentata dalla presenza del carcere al centro di una città, che sembra anestetizzata dall’abitudine".

Ora dovrà essere l’intero consiglio a farsi carico del problema. Sono anni che viene chiesto a gran voce un nuovo penitenziario. Se ne era addirittura prevista la localizzazione fuori dalla città, si parlava anche di risorse finanziarie, che poi si sono liquefatte come neve al sole. Se ne era riparlato a livello ministeriale, quando dal Governo nazionale erano pervenute nuove promesse. Ma, ancora una volta, i tempi biblici delle opere pubbliche l’avevano fatta da padrone.

E a niente erano valsi i fatti gravissimi di alcuni anni fa che testimoniavano una condizione di sofferenza all’interno della struttura carceraria e che avevano sconvolto la vita all’interno del penitenziario.

Di fronte alla situazione esplosiva che continua a segnare le condizioni carcerarie della vecchia struttura di San Sebastiano, la Provincia non potrà in alcun modo fingere di niente. È vero, infatti, che, sotto il profilo delle competenze, l’amministrazione provinciale non viene particolarmente toccata dal problema.

Ma, in questa circostanza, ci si trova di fronte ad un fatto morale, che dovrebbe coinvolgere tutte le istituzioni del territorio, compresa quindi la Provincia.anche in considerazione che rappresentanti di tutte le forze politiche, di volta in volta, si sono preoccupate dell’invivibilità del carcere sassarese, realizzato come una fortezza medioevale oltre 160 anni fa, ed attualmente esempio di un degrado che lo fanno somigliare alle carceri sudamericane "dove la sopravvivenza è la prima preoccupazione quotidiana dei detenuti".

Per non parlare poi delle condizioni in cui sono costretti ad operare gli agenti ed il personale penitenziario, con organici scarsi e scarsamente motivati.

Di fronte all’ordine del giorno in discussione martedì, il Presidente Franco Masala inoltre dovrebbe ricordare le promesse del Ministro Beppe Pisanu, che proprio nella sala dello Sciuti assicurò che entro il 2004 il problema sarebbe stato risolto e che sarebbero state ritrovate le risorse finanziarie per il nuovo carcere, dirottate in altre province italiane per ragioni di superiore interesse nazionale. Il 2004 sta per finire, ma di soldi neanche un centesimo di euro si vede all’orizzonte di San Sebastiano.

Catania: meno carcere e più misure alternative

 

La Sicilia, 20 settembre 2004

 

Anche se nell’immaginario collettivo la pena continua ad identificarsi solo con il carcere, è ormai acquisito al nostro ordinamento giuridico (sulla scia di qualificati ordinamenti stranieri e delle più moderne acquisizioni delle scienze criminologiche) il principio secondo cui le esigenze di difesa sociale postulano il ricorso non solo alla tradizionale pena detentiva, ma anche a misure diverse dal carcere, dette appunto misure alternative, che consentono una risposta al delitto più flessibile e, nei congrui casi, più adeguata alla personalità del condannato.

La giustizia, ha scritto il cardinale Martini, è la virtù che si esprime nell’impegno di riconoscere e rispettare il diritto di ognuno, dandogli ciò che gli spetta secondo la ragione e la legge.

Nel campo penale tale compito si traduce in un delicato e difficile equilibrio tra le esigenze di difesa sociale (a cui lo Stato non può rinunciare) e quelle di riconoscere e rispettare la umanità e dignità del condannato, anche ai fini del suo auspicabile reinserimento sociale.

Tale equilibrio, che si coniuga con le esigenze pratiche e di tenuta del sistema, destinato altrimenti a saltare, specie in assenza dei reiterati provvedimenti di clemenza del passato (anche attualmente, nonostante gli effetti, peraltro assai limitati, del così detto indultino, approvato dopo mille esitazioni e polemiche, il numero dei detenuti è ben superiore alla capienza ordinaria degli istituti di pena e, in alcuni casi, al limite della tollerabilità), è affidato alla Magistratura di Sorveglianza, la quale, nonostante l’assoluta insufficienza degli organici (particolarmente accentuata nel nostro distretto, che comprende gran parte della Sicilia orientale), è chiamata ormai ad assicurare non solo la legalità nella esecuzione della pena, ma anche a determinare, in modo pressoché generalizzato, l’inizio e la natura stessa della pena, la quale benché irrogata sempre nella tradizionale forma detentiva, viene in molti casi tramutata dal Tribunale di Sorveglianza, dopo adeguata istruttoria (in cui, accanto alle forze di polizia, hanno un peso rilevante i Centri di servizio sociale) in una misura appunto alternativa, quale l’affidamento in prova al Servizio sociale, la detenzione domiciliare o la semilibertà, che consente in genere la possibilità di espletare una attività lavorativa.

Le misure alternative non contrastano con il principio della certezza della pena, come pure talora si sostiene, perché vengono concesse dal Tribunale di Sorveglianza (attraverso un approfondito giudizio di meritevolezza, desunto da molteplici elementi) in sostituzione, totale o parziale, della pena detentiva inflitta con la condanna; comportano, per tutta la durata della pena stessa, limitazioni e controlli, e possono essere, in ogni momento, revocate (con il ripristino della pena detentiva originaria) se il condannato commette ulteriori reati o pone comunque in essere comportamenti ritenuti incompatibili con la prosecuzione della misura.

Da questi brevi cenni (che tralasciano, volutamente, problemi particolari, quali quelli dei tossicodipendenti e dei malati in genere) è possibile desumere l’importanza, l’estensione e la delicatezza che assume oggi l’attività della Magistratura di Sorveglianza, nel settore cruciale e spesso dai risvolti drammatici della esecuzione della pena, per cui è auspicabile che ad essa si accompagni, in attesa del necessario aggiornamento degli organici e delle strutture, la più vigile attenzione del legislatore, la comprensione e il sostegno dell’opinione pubblica e l’impegno concreto delle istituzioni centrali e locali e delle associazioni di volontariato, nella consapevolezza che il recupero del condannato è il raggiungimento di un obiettivo costituzionalmente imposto e moralmente doveroso, ed insieme il modo migliore per perseguire la sicurezza sociale, evitando, per quanto possibile, la ricaduta nel delitto.

 

Umberto Puglisi, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Catania

Napoli: quattro giorni di manifestazioni per la legalità

 

Ansa, 20 settembre 2004

 

Ecco alcuni momenti della quattro giorni napoletana: si inizia il 15 settembre con il Convegno Internazionale "Ascolto il tuo cuore, città" sul tema della legalità. La preside della Facoltà di Sociologia dell’Università di Napoli "Federico II", Enrica Amaturo, e il sociologo Enrico Pugliese renderanno noti e commenteranno i risultati dei due sondaggi promossi dalla Fondazione Premio Napoli. Il convegno prosegue con gli interventi dei filosofi Pietro Barcellona, Remo Bodei, Felix Duque, Emanuele Severino. Il 16 i finalisti della sezione di poesia (Mario Benedetti, Nino De Vita e Ivano Ferrari) e Jim Crace (narrativa straniera), incontrano i due comitati di lettura costituiti dai detenuti del Carcere di Secondigliano e dai loro professori e educatori.

Un detenuto leggerà alcune poesie dei finalisti. Alla sera il Convegno sulla legalità si fa letteratura. Ilaria Occhini e Remo Girone leggono i testi scritti da narratori, poeti e saggisti per il Premio. Sabato 18 incontro aperto tra gli autori finalisti del Premio Napoli, i giurati e il pubblico sul tema leggere il corpo. Intervengono Mario Lavagetto, Valerio Magrelli con Matteo Palombo, Jim Crace, Ivano Ferrari con Marco Revelli. E alla sera manifestazione conclusiva. Dopo il conferimento del Premio Speciale alla carriera a Mario Luzi, saranno proclamati i vincitori delle quattro terne in gara.

Siracusa: San Vincenzo De Paoli, settimana per le carceri

 

La Sicilia, 20 settembre 2004

 

Una settimana ricca di significativi appuntamenti, testimonianza di prossimità verso una categoria di persone "ultime tra le ultime". Il primo appuntamento alla chiesetta San Nicolò (ingresso Teatro Greco) con l’esposizione dei lavori fatti dagli ospiti delle case di reclusione di Brucoli, Noto e casa circondariale di Cavadonna. L’esposizione rimarrà aperta sino a domani. Venerdì 24 a Cavadonna è in programma un torneo di calcetto mentre giorno 25 Palazzo del Senato ospiterà una tavola rotonda sul tema "Recupero dell’ex detenuto: un impegno cristiano, una opportunità sociale".

A moderare i lavori sarà il dottor Camillo Biondo della San Vincenzo, mentre le conclusioni saranno affidate all’avvocato Corrado Piccione. La Società di San Vincenzo De Paoli è una organizzazione di laici cattolici che ha come obiettivo la promozione della persona dell’individuo attraverso il rapporto personale attuato con la visita a domicilio.

Aiuta le persone che si trovano in condizione di sofferenza morale e materiale, condivide le loro pene con rispetto ed amicizia, opera per rimuovere le situazioni di povertà e di emarginazione attraverso una maggiore giustizia sociale. La Società è formata da uomini e donne, giovani e anziani che uniscono le loro forze e agiscono in un comune cammino umano e spirituale.

Quest’anno la San Vincenzo prosegue il lavoro avviato lo scorso anno sul tema "Aiutaci a dare un lavoro ai carcerati". Lo scopo è quello di promuovere attività finalizzate al recupero e al reinserimento sociale dei detenuti. "Per questo – spiega Camillo Biondo – il Consiglio nazionale della Società ha deciso di indirizzare la Giornata al tema "Prevenire e recuperare è meglio. Per tutti". Inoltre, per dare un indirizzo alle attività vincenziane di sostegno, ha deciso di proporre al pubblico il progetto di creare e finanziare laboratori artigianali e informatici all’interno delle carceri".

Agrigento: sussidio negato, detenuto si rivolge a Procura

 

La Sicilia, 20 settembre 2004

 

Il dipartimento comunale alla solidarietà sociale gli nega il sussidio destinato ai detenuti o alle loro famiglie e lui sollecita l’intervento della magistratura. Lo ha riferito ieri mattina dai familiari di un detenuto licatese che da alcuni mesi si trova agli arresti domiciliari.

"Per le precarie condizioni economiche in cui ci troviamo abbiamo chiesto alla magistratura di aiutarci per ottenere l’aiuto economico che il Comune dovrebbe erogare ai detenuti – ha spiegato il familiare del detenuto –.

Qualche mese fa mi sono rivolto all’ufficio assistenza del Comune. In tale occasione mi fu riferito che hanno diritto ad ottenere il contributo economico coloro i quali trascorrono un minimo di tre mesi di detenzione. Trascorsi i tre mesi di detenzione sono ritornata nuovamente negli uffici del dipartimento Solidarietà del comune dove, parlandomi con distacco come se fossi affetta da qualche gravissima malattia, mi hanno risposto che non mi spettava alcun aiuto economico".

Sul caso abbiamo raggiunto Enzo Russotto assessore comunale alla Solidarietà, che ha detto: "Ogni cittadino è libero di rivolgersi alla magistratura. È bene ricordare che i sussidi economici alle famiglie dei detenuti ed ex detenuti vengono erogati anche sulla disponibilità dei fondi posti a disposizione del dipartimento comunale".

Agrigento: mostra di oggetti realizzati dai detenuti

 

La Sicilia, 20 settembre 2004

 

Si è conclusa a Sciacca, nei locali del circolo di cultura, la mostra degli oggetti realizzati dai detenuti ospiti della casa circondariale. Si tratta di oggetti in legno e dipinti messi in vendita su iniziativa della società "San Vincenzo De Paoli" con la collaborazione della direzione dell’istituto penitenziario, il cui ricavato verrà ora devoluto in beneficenza. La mostra si è conclusa ieri sera con un convegno dal tema "Il segno tangibile dell’arte" e un recital pianistico, al quale ha preso parte anche l’arcivescovo di Agrigento, Ferraro.

L’iniziativa ha riscosso notevole interesse ed è stata particolarmente apprezzata non solo dai detenuti, che pare seguissero con particolare attenzione le notizie dei Telegiornali locali che documentavano la mostra dei loro lavori.

Ma la mostra è stato anche un gesto umanitario di gente che vive uno stato di difficoltà e si rivolge a chi, pur stando fuori da una cella, vive uno stato psicologico e fisico altrettanto difficile.

Piera Gallo, presidente della "San Vincenzo De Paoli", ha espresso la propria soddisfazione per la riuscita della manifestazione, mentre il direttore della casa circondariale di Sciacca, Fabio Prestipino, ha parlato dell’arte quale momento qualificante del trattamento di rieducazione del detenuto.

Como: detenuti invitano ministro Castelli a visitarli

 

La Provincia di Como, 20 settembre 2004

 

"Per far sapere come vanno le cose al Bassone vogliamo una visita urgente del ministro Castelli e del segretario dei radicali, Daniele Capezzone". A tre settimane dalla tragica morte di Sergio La Scala - il 28enne canturino deceduto per un edema polmonare dopo poche settimane di detenzione - la tensione nel penitenziario di Albate continua ad essere alta.

I compagni di carcere di Sergio annunciano attraverso un loro portavoce esterno - amico fraterno del defunto - di essere pronti allo stato di agitazione. Motivo di conflitto, oggi, è lo stato di salute del compagno di cella di La Scala, che dopo la morte di questi ha iniziato a rifiutare il cibo e le cure. Secondo i carcerati, R.d.B. - queste le iniziali del nome del ragazzo - starebbe combattendo una battaglia per ottenere giustizia dell’amico, mentre di diverso avviso risultano i medici e gli psicologi che hanno visitato il giovane in queste settimane (parlerebbero di simulazione).

Sullo sfondo del braccio di ferro, continua intanto l’indagine preliminare della procura per accertare le responsabilità della morte di La Scala. La procura sta raccogliendo testimonianze sulle ultime ore del ragazzo di Cantù ed ha affidato una perizia sulle cartelle cliniche del periodo trascorso dalla vittima nella casa circondariale di Albate. L’inchiesta, ancora iscritta contro ignoti, rischia di coinvolgere a breve medici e polizia penitenziaria del Bassone.

Aurelia: detenuto aggredisce un agente di custodia

 

Il Messaggero, 20 settembre 2004

 

Venti giorni di prognosi per un cazzotto ben assestato sul naso da un detenuto. Un sovrintendente di polizia penitenziaria, in servizio al carcere di Aurelia, è stato costretto a ricorrere alle cure del pronto soccorso dell’ospedale dopo essere stato aggredito da uno dei reclusi.

È successo sabato sera. "Ero andato nella cella del giovane, un trentenne "nuovo" della struttura, essendo arrivato da Regina Coeli relativamente da poco - racconta il sovrintendente quarantaduenne - per chiedere chiarimenti riguardo al comportamento aggressivo che lo stesso aveva avuto prima, con un’infermiera, a causa di una terapia che lui non voleva fare. Il detenuto, condannato per rapina, si sta disintossicando e non sempre accetta la cura proposta dal personale. Dato che in cella ci sono due ospiti, noi non entriamo mai soli.

Ed infatti mi sono fatto accompagnare da due colleghi: vista la cronica mancanza di personale ho però dovuto chiedere ad uno che stava per smontare di trattenersi qualche minuto di più". "Evidentemente - continua il sovrintendente - il detenuto si deve essere spaventato e mi ha sferrato una paio di pugni al volto, colpendo il naso. Il referto del pronto soccorso parla di minute fratture al setto nasale". Il detenuto sarà processato oggi per direttissima.

L’aggressione è stata la ciliegina sulla torta di una giornata campale per la struttura di Aurelia. Un altro agente racconta di aver fatto un turno di 17 ore per accompagnare in ospedale un detenuto feritosi in seguito ad una zuffa con un altro.

Si tratta di due episodi, fortunatamente non gravissimi, ma che con organico adeguato forse si sarebbero potuti evitare. Il supercarcere, superaffollato di detenuti, ha, al contrario, enormi lacune sul fronte del personale di polizia penitenziaria e chi c’è vive costantemente sotto stress, costretto a turni massacranti, creando una situazione a rischio, per loro stessi ma anche per la sicurezza dei reclusi.

Torino: alle Vallette firme per referendum radicale

 

Agenzia Radicale, 20 settembre 2004

 

Ieri pomeriggio Carmelo Palma (consigliere regionale radicale) e Stefano Esposito (consigliere provinciale DS) si sono recati nel carcere torinese delle Vallette per raccogliere le firme dei detenuti sui referendum abrogativi della legge sulla fecondazione assistita. Sono state circa 200 le adesioni raccolte su ciascuno dei referendum; tenendo presente che potevano firmare solo i cittadini italiani ancora in possesso dei diritti politici, si tratta di più di un terzo degli aventi diritto.

Carmelo Palma ha dichiarato: "C’è un legame forte che unisce Luca Coscioni alle migliaia di cittadini detenuti: Luca, recluso nella sua malattia, non smette di rivendicare la sua soggettività e dignità politica; i detenuti, reclusi nelle loro celle, non cessano di rivendicare i propri diritti politici, continuando a fornire al Paese esempi di impegno civile, di attenzione costante ai veri problemi sul tappeto; esempi, quello di Luca, quelli dei detenuti, che i partiti, che hanno ripreso dopo la pausa estiva i soliti battibecchi inconcludenti, farebbero meglio a considerare, a stimare, ad incentivare."

Venezia: volontariato penitenziario, festa a San Servolo

 

Il Gazzettino, 20 settembre 2004

 

Anche quest’anno la Festa di San Servolo è stata una vera e propria festa della città: tantissimi i veneziani che hanno partecipato al nono appuntamento organizzato dall’Associazione di volontariato penitenziario "Il granello di senape" per mettere in comunicazione la città con il carcere, far conoscere difficoltà e successi del dopo pena e segnalare cosa sia possibile fare, dentro e fuori, per creare le condizioni del reinserimento sociale.

"Può apparire bizzarro che sui temi del carcere, della reclusione e della pena si organizzi una festa - ha detto Giovanni Vianello a nome di "Il granello di senape" -, l’idea non è tanto bizzarra se a questa festa c’è un’adesione crescente, se partecipa una collettività che non ritiene stravagante il dettato costituzionale che vuole, fine primo della pena, il recupero e il reinserimento".

E proprio il tema dell’abbattimento dei muri e del recupero dei carcerati è stato affrontato ieri mattina in una tavola rotonda. Il quadro emerso non è confortante: negli ultimi tre anni i detenuti in carcere sono cresciuti di 10.000 unità, arrivando a quota 58.000, a fronte di una capienza tollerabile di non più di 41.000 persone. Di questi ben 38.000 sono situazioni di carcerazione sociale. "È fondamentale il ruolo delle pubbliche amministrazioni nel reinserimento sociale di chi ha scontato la pena - ha detto l’assessore Beppe Caccia -. Il Comune da anni sta operando in questo senso, non senza fatica per i continui tagli finanziari".

 

 

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