Rassegna stampa 11 settembre

 

La cronica lentezza della nostra giustizia

 

Gazzetta del Sud, 11 settembre 2004

 

I l tragico epilogo della carcerazione preventiva del sindaco di Roccaraso induce a fare due distinte riflessioni. Una per quanto riguarda il problema carcerario, l’altra per quello della giustizia che, essendo emanata in nome del popolo italiano, ne coinvolge la responsabilità. La prima questione appare subito, anche per i non esperti in materia, fortemente connessa alle ataviche carenze ricettive delle nostre carceri il cui sempre crescente inumano affollamento le rende indegne di una nazione civile. La situazione di forte degrado che ne deriva, aggravata dalla avvilente oziosità che regna in moltissimi penitenziari, ritengo che sia una delle principali cause che spinge tanti detenuti, specialmente quelli che vengono ristretti per la prima volta, ad azioni inconsulte.

L’Italia ha bisogno di istituti di pena che siano adeguati alla nostra civiltà e che consentano a tutti i detenuti, che ne abbiano la idoneità fisica, ad espletare un lavoro che è il solo mezzo attraverso il quale si può concretizzare il loro recupero sociale. Ma nessun Governo, indipendentemente dalla sua collocazione politica, ha affrontato con decisione il problema della insufficienza e inadeguatezza degli istituti di pena avendo sempre preferito ricorrere alla più comoda e demagogica soluzione della concessione di atti di clemenza che, ovviamente, non ha determinato alcun miglioramento della situazione. La classe politica deve rendersi conto che finché in questo mondo ci sarà questa umanità che pecca e muore ci sarà sempre bisogno delle prigioni e dei cimiteri che non renderanno popolare nessun promotore della loro costruzione ma evidenzieranno il suo senso di responsabilità.

Per quanto riguarda la giustizia che con frequente ricorrenza trascina sul banco degli imputati persone innocenti, inducendo molti di loro al suicidio, credo che bisogna puntualizzare, innanzitutto, se gli organici dei magistrati siano adeguati per assicurare il giusto processo che impone la Costituzione e nella cui giustezza è necessariamente insita la sua celerità. Dalle continue lamentele dei magistrati, che potrebbero sembrare pretestuose per giustificare la intollerabile lentezza dei processi, sembra che la carenza dei loro organici sia un fatto reale malgrado la soppressione delle Preture e la istituzione del giudice unico e di quello di pace. Allora l’aumento del numero dei magistrati sino a coprire ogni vuoto esistente in qualsiasi ufficio giudiziario credo che sia una priorità che deve far passare in secondo piano anche la costruzione del ponte sullo stretto di Messina di cui, come calabrese, sono convinto assertore della sua utilità.

Voci da dentro. Storie di donne dal carcere

 

Le Monde Diplomatique, 11 settembre 2004

 

Basato sull’esperienza di un gruppo di lavoro creato all’interno del carcere femminile di Bergamo, Voci da dentro. Storie di donne dal carcere di Adriana Lorenzi raccoglie la storia delle donne che hanno frequentato il laboratorio di scrittura organizzato dalla stessa autrice. La prima sezione del libro è dedicata a raccontare il percorso del laboratorio costruito all’interno del carcere. La storia di vita non è una biografia, scrive l’autrice raccontando l’esperienza fatta dietro sbarre e chiavistelli, "qui non è in gioco l’eccezionalità ma l’unicità dei soggetti, un’unicità che chiede di essere narrata ed esposta allo sguardo degli altri". E aggiunge: "Nei suoi diari segreti Ludwig Wittgenstein afferma che chi non è disposto a scendere nella profondità di se stesso, perché ciò fa soffrire, non può risolvere i problemi della vita e deve allora rimanere in superficie senza la capacità e il coraggio di soffrire: ma in superficie i problemi rimangono irrisolti". Ne emerge un libro capace di essere toccante senza diventare "di denuncia", di rompere lo steccato tra ciò che è socialmente considerato normale e ciò che non lo è. Alla fine, di nessuna delle partecipanti conosceremo la "vera" storia. Di ognuna rimane una traccia, una lettera al marito o il ricordo della nascita del primo figlio. Perché Voci da dentro raccoglie i frammenti senza tirare le somme. "Posso dire - si legge verso la fine - che hanno vinto la sfida di provare a scrivere per riconoscersi e farsi riconoscere: non abituate a riflettere sul passato si sono cosi tanto impegnate che al momento della scrittura nella nostra stanza calava una pace di concentrazione e al termine i volti apparivano rossi per la fatica, sudati per lo sforzo e infine sudati per il risultato raggiunto.

"Io ho finito, basta non ce la faccio più" sentenziava ogni volta Mimosa alzandosi per fare un giro nel corridoio, fumare una sigaretta mentre il labbro smetteva di tremarle come quando era china sul foglio".

Pisa: il boss Salvatore Bottaro è morente in cella

 

La Sicilia, 11 settembre 2004

 

Il boss Salvatore Bottaro, 46 anni, sta morendo. I medici dell’ospedale giudiziario di Pisa, dove è attualmente ricoverato, gli hanno riscontrato una "neuplasia maligna a carico del corpo e della coda del pancreas" che non è operabile. Per i medici pisani, l’eventuale trasferimento del detenuto dal centro diagnostico in un altro ospedale terapeutico dell’Amministrazione penitenziaria "non comporterebbe vantaggio per la sua salute", essendo quello di Pisa "il più idoneo per le patologie di cui è affetto Salvatore Bottaro".

Sulla base di questa certificazione il magistrato di Sorveglianza di Novara ha disposto la sospensione dell’esecuzione delle tre condanne all’ergastolo inflitte a Bottaro e ha ordinato la sua immediata scarcerazione in modo che potesse trascorrere accanto ai suoi cari gli ultimi giorni di vita. Ma il provvedimento del magistrato di Sorveglianza è stato in parte vanificato dal decreto emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, Carmen La Rosa, in quanto il boss è pure indagato dall’autorità giudiziaria etnea nell’ambito dell’operazione antimafia del 17 marzo scorso, meglio nota con il nome convenzionale di "Lybra".

Il Gip La Rosa, infatti, prima di pronunciarsi sulla scarcerazione del boss siracusano, ha dato incarico al collega del Tribunale di Pisa di voler nominare due specialisti in malattie oncologiche affinché si recassero nella casa circondariale e lo sottoponessero ad approfonditi accertamenti. I due medici pisani, rispondendo ai quesiti avuti posti dal Gip, hanno concluso la loro perizia dicendo che Salvatore Bottaro è "affetto da una patologia neoplastica localizzata a livello addominale la cui natura non è stata chiarita dalle indagini fin qui condotte". Ed hanno aggiunto: "Per una diagnosi di certezza circa la malignità, l’istologia e la localizzazione primitiva del tumore sarebbe necessario effettuare un esame bioptico, per altro indispensabile anche ai fini dell’instaurazione di una corretta terapia".

I dubbi manifestati dai due medici pisani hanno indotto il Gip La Rosa a non firmare il decreto di revoca della misura della custodia in carcere, come invece chiedeva il difensore del morente detenuto, avvocato Luca Blasi, ma di tramutarla in quella degli arresti ospedalieri. Lo stesso Gip ha emesso il provvedimento di concessione degli arresti ospedalieri il 2 settembre scorso, inviando il decreto alla direzione generale dell’Amministrazione penitenziaria affinché individui il centro oncologico in cui fare ricoverare urgentemente il boss siracusano. Ma fino a ieri sera nessuna risposta è stata data a quel decreto giudiziario. Bottaro continua a rimanere in cella e continua, come da tre mesi a questa parte, ad essere alimentato a dieta semiliquida.

E mentre lui sta morendo, sua moglie e sua figlia, anche a nome della mamma di Bottaro, lanciano un disperato appello ai magistrati di Catania affinché prendano a cuore il caso del loro congiunto. "Da 14 anni l’abbiamo visto sì e no una ventina di volte, perché sottoposto al regime del carcere duro. Adesso che è prossima la sua fine, gradiremmo averlo accanto a noi per fargli sentire il nostro amore. Ha ancora un senso accanirsi contro un uomo che, dal giorno dell’insorgere del male, si è ridotto tutto pelle e ossa. I medici dicono che ha perso in tre mesi oltre quaranta chili. Ridatecelo. Abbiate compassione. Date a noi la possibilità di tentare quella che sembra una missione impossibile. Date a Salvatore Bottaro la possibilità di vivere i giorni che gli restano assieme ai suoi cari".

Avellino: lavoro detenuti, pronta struttura Caritas

 

Il Mattino, 11 settembre 2004

 

Sarà inaugurata questa mattina la Cooperativa sociale di lavoro "l’Approdo" - Onlus a favore di detenuti e persone svantaggiate realizzata, dopo anni di impegno e di lavori, dalla Caritas diocesana di Avellino. L’ambizioso progetto nasce nel 1998 su indicazione della Caritas italiana per rispondere in modo coerente all’occupazione dei detenuti che fruiscono del regime di affidamento e per gli ex detenuti.

La struttura è situata sui pendii del comune di Pratola Serra, proprio nei terreni che anni fa monsignor Pasquale Venezia acquistò per conto della Diocesi. Il suolo, di vaste proporzioni, fu acquistato dalla Curia con la somma offerta dalla Caritas sarda nel 1984 per realizzare, appunto, un’opera sociale a favore di gente bisognosa. La Conferenza Episcopale Italiana ha accolto e finanziato nel 2003 il progetto presentato dalla Diocesi di Avellino, con il successivo stanziamento di 560 mila euro, erogabili nell’arco di tre anni per la costruzione di un’ampia struttura adeguata all’agriturismo.

Alla inaugurazione di questa mattina prenderanno parte le massime autorità della Provincia, ma è prevista anche la massiccia partecipazione della cittadinanza, sempre molto solidale a questo tipo di iniziative. "È una bella notizia - dice in un comunicato il vescovo di Avellino, monsignor Antonio Forte - per tutti coloro che il lavoro pastorale della Caritas diocesana, portato avanti con tante difficoltà, abbia espresso questa realizzazione come risposta adeguata dalla Diocesi al grave problema dell’inserimento al lavoro dei detenuti che ottengono di scontare il residuo della pena lavorando fuori dalla casa circondariale. Il traguardo raggiunto è uno stimolo, perché tutti diventiamo più solerti nell’aggredire il dramma dell’emarginazione, che è tra le piaghe più acute oggi nella stagione in cui si avverte fortemente la ricaduta del riconoscimento dei diritti umani".

L’appuntamento è stato fissato per questa mattina alle dieci presso l’azienda agricola "Isca delle donne", situata in Pratola Serra. L’occasione "vuole riaprire un varco di speranza che le minacce del terrorismo tendono a tenere serrato". Nel corso dell’inaugurazione della cooperativa si potranno ammirare l’impianto del vigneto, dell’oliveto e dei frutti di bosco già realizzati dai detenuti "facendo così toccare con mano come si può creare lo spazio a quella fetta di umanità dei detenuti ai quali la società è avara di accoglienza".

Rossano: progetti per l’agricoltura dalla casa circondariale

 

Quotidiano di Calabria, 11 settembre 2004

 

La locale Direzione della casa di reclusione di località Ciminata Greco, diretta da Angela Paravati, Proseguendo il fine istituzionale della pena che mira anche percorsi riabilitanti ha realizzato un progetto formativo rivolto all’attività agricola. E’ stato creato, all’interno del perimetro murario del nuovo complesso penitenziario, un orto per la produzione di ortaggi. Il progetto, del tutto sperimentale, denominato "Galeorto" già attivo dallo scorso mese di maggio amplia le possibilità di effettuare attività hobbistica per la popolazione detenuta.

Con "Galeorto" i detenuti hanno la possibilità di trascorrere le ore di ozio fuori dalla celle a ciclo aperto dilettandosi, sotto la guida di un esperto del settore, a coltivare la terra e da essa trarre frutti immuni da trattamenti chimici. I detenuti finora coinvolti, una ventina, si sono immedesimati nell’attività con passione tanto da produrre in quantità ortaggi e frutti di stagione che dovranno trovare collocazione sul mercato.

Ciò costituiva un problema, superato grazie alla collaborazione di organizzazioni sociali che hanno inteso farsi carico della vendita e non solo. La direttrice Paravati ha siglato un protocollo d’intesa con l’Associazione di promozione sociale "Koinè" e con la Caritas Diocesana di Rossano - Cariati associazioni rappresentate da Don Rocco Scorpiniti. La Caritas già da tempo opera a fianco della direzione nell’attività di recupero dei detenuti. Infatti è attivo un centro di ascolto ed una redazione della rivista della Caritas Regionale gestita dai detenuti guidati da Assunta Scorpiniti, direttore responsabile della rivista.

Il protocollo d’intesa "per lo sviluppo di una linea di orientamento, formazione e accompagnamento a lavoro dei detenuti" ha lo scopo di costituire anche cooperative miste in grado di gestire autonomamente l’attività produttiva agricola attivata nell’Istituto prevedendo, allo scopo di incrementare la produttività, la creazione di serre negli spazi antistanti gli edifici detentivi risultati idonei allo scopo da un sopraluogo effettuato da tecnici collaboratori anche della Cia- Sezione di Rossano.

L’azione immediata e già in fase attuativa prevista dal protocollo prevede la commercializzazione degli ortaggi. Nell’ultimo periodo sono stati posti in vendita melanzane, peperoni zucchine ed altri raccolti e molto apprezzati, per la qualità, dagli acquirenti. Sono, invece, in fase di impianto le tipiche colture autunnale quali broccoli, verze, cavoli, rape e quant’altro.

Al momento il ricavato della vendita viene equamente diviso fra i detenuti coinvolti. "Quanto si sta verificando - ha spiegato Angela Paravati - rappresenta un’importante ed ulteriore testimonianza dell’efficacia della collaborazione che le organizzazioni sociali possono elargire alla comunità reclusa al fine dì sostenere il reingresso nella vita sociale delle persone in esecuzione penale, in considerazione del profondo significato che l’esperienza lavorativa riveste nei processi di crescita".

Decreto Bossi-Fini: trovati 4,1 milioni per finanziarlo

 

Ansa, 11 settembre 2004

 

Anche la Farnesina contribuirà alla copertura del decreto legge correttivo della Bossi-Fini. Il provvedimento, approvato la settimana scorsa in Consiglio dei ministri e non ancora portato alla firma del Capo dello Stato per problemi di budget, necessita di 4,1 milioni di euro per i giudici di pace, che diventeranno responsabili della convalida delle espulsione degli immigrati clandestini, e per i centri di accoglienza temporanea.

Per far funzionare questi ultimi, il Viminale garantirà 2,4 milioni di ero. I restanti 1,7 milioni di euro per i giudici di pace saranno così suddivisi: circa 600 mila euro saranno a carico del ministero della Giustizia, e i restanti 1,1 milioni di euro spetteranno al ministero degli Esteri.

Il decreto legge, dunque - viene precisato in ambienti del ministero della Giustizia - è tornato ieri pomeriggio in Consiglio dei ministri, ma solo per alcune "formalità tecniche", perché la copertura sarebbe stata trovata. Fino a giovedì si pensava che l’intera somma necessaria a coprire le spese per i giudici di pace spettasse al dicastero di Via Arenula, che in un primo momento aveva ipotizzato di attingere a un accantonamento fondi del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Ma dopo una serie di riunioni tecniche, giovedì e ieri, è stata trovata una diversa soluzione: il dicastero di via Arenula è in questo momento alle prese con problemi di tagli di spese e di bilancio. Perciò, per la copertura necessaria per i giudici di pace, un sostanzioso aiuto verrà dalla Farnesina.

Lecco: dopo 4 anni riapre il carcere cittadino

 

La Provincia di Como, 11 settembre 2004

 

Per Vito Perrone, comandante degli agenti di polizia penitenziaria, si è trattato di un ritorno a casa. Lui, d’altronde, ha già comandato gli agenti di custodia dal 1995 al giugno 2000, quando la casa circondariale cittadina ha chiuso i battenti per le precarie condizioni dell’immobile. Così, quando ieri mattina Perrone è tornato a Pescarenico con la decina di agenti per riaprire dopo oltre quattro anni il rinnovato carcere cittadino è rimasto quasi sul punto di non riconoscerlo tanto è cambiato. "Per noi - ci ha detto - è una grande emozione tornare tra queste mura così profondamente trasformate".

Tra ieri, oggi e domani fino a lunedì - quando a Pescarenico arriveranno anche i primi sei detenuti con ancora un breve periodo da scontare della pena definitiva - saranno 13 gli agenti di polizia penitenziaria in servizio. In attesa di rinforzi e che il carcere torni a svolgere quella funzione per la quale è stato ristrutturato con una iniezione di una dozzina di miliardi di vecchie lire.

Sei milioni di euro per restituire dignità a un luogo di detenzione che sarà capace di ospitare fino a un centinaio di persone. Ma prima di arrivare a questo punto il ministro della giustizia Roberto Castelli conta, attraverso i suoi più stretti collaboratori, di chiudere per l’acquisto del vicino capannone destinato ad accogliere tutte quelle attività professionali per permettere una formazione lavorativa dei detenuti.

Ieri, dunque, la riapertura a distanza di oltre quattro anni dalla chiusura e a seguito dell’inaugurazione avvenuta il 5 giugno scorso alla presenza delle massime autorità cittadine. Lunedì potrebbe arrivare anche il nuovo direttore di Pescarenico, l’attuale vice direttore di San Vittore Cristina Piantoni destinata a rilevare la missione che fino al 2000 è stata di Caterina Zurlo, poi promossa a Voghera. Di fatto il carcere di Pescarenico entrerà a pieno regime solo nel 2005: entro fine ottobre conta di essere sufficientemente adeguato per affrontare le esigenze della Giustizia lecchese. Per qualche periodo, dunque, Pescarenico ospiterà arrestati in attesa di processo, fermati dalle forze dell’ordine: non detenuti con pena definitiva. Almeno fino al 2005.

Lodi: San Vincenzo De Paoli, la carità come scelta

 

Il Cittadino, 11 settembre 2004

 

Povertà fra le povertà, il carcere rappresenta per i vincenziani un impegno di carità, difficile ma non dimenticato. Domenica 26 settembre si celebrerà anche nel Lodigiano la giornata nazionale promossa dalla società San Vincenzo de Paoli. Il carcerato non necessita solo di aiuti materiali, ma soprattutto di attenzione umana, di amicizia, d’incoraggiamento a ritrovare se stesso e un diverso e più giusto ruolo nella società. "Abbiamo un progetto abbinato alla giornata - spiega Laura Bassi, presidente del Consiglio centrale "San Vincenzo" di Lodi - che è dare il nostro contributo per dotare le carceri di laboratori artigianali e informatici".

La condizione carceraria, ben lungi dal garantire quel trattamento di umanità e di rieducazione sancito dalla Costituzione italiana, è avvilente e produce spesso solo disperazione, abbandono, disturbo mentale, stigmatizzando il reo nella sua devianza.Gli assistenti volontari penitenziari della San Vincenzo De Paoli sono attivi in quasi tutte le regioni italiane ed operano in molte carceri, portando sostegno morale e materiale ai detenuti e cercando di colmare le gravi carenze del sistema. La loro azione, d’intesa con la direzione carceraria, con il magistrato di sorveglianza ed in collaborazione con le altre figure professionali istituzionali, si concretizza in visite e colloqui individuali, distribuzione di vestiario e materiale didattico, interessamento per assistenza legale, pensionistica, amministrativa e sanitaria, ricerca di lavoro per l’accesso alle misure alternative, assistenza dopo la scarcerazione, sostegno alle famiglie dei carcerati in condizioni d’indigenza, ospitalità e ricerca d’inserimenti lavorativi.

La Società di San Vincenzo De Paoli aderisce inoltre alla Conferenza nazionale volontariato giustizia, un organismo che riunisce le principali associazioni nazionali, cattoliche e laiche, nonché quelle presenti localmente a livello regionale e che ha lo scopo di controllare, orientare, promuovere iniziative e di incidere su scelte politiche di civiltà nel campo della giustizia (www.volontariatogiustizia.it).

Domenica 26 settembre ci saranno banchetti a Lodi (in piazza San Lorenzo) e a Casalpusterlengo dove, con offerta libera, sarà messo a disposizione un volume comprendente lavori letterari dei carcerati premiati al concorso nazionale "Emanuele Canalini". Si tratta di un premio letterario riservato ai detenuti delle carceri italiane è giunto alla sua terza edizione. Il concorso, a tema libero, è un invito alla scrittura nelle due diverse forme della poesia e della prosa, come racconto breve o altra forma espressiva, e si apre ad un mondo del tutto particolare e per lo più sconosciuto, quale è il carcere. Lunedì 27 settembre alle 15,30 nella cripta del Duomo, ci sarà la Santa Messa celebrata dal vescovo monsignor Giacomo Capuzzi, che darà inizio al nuovo anno sociale della San Vincenzo.

 

 

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