Rassegna stampa 29 ottobre

 

Incompatibilità tra carcere e salute: problema solo medico?

 

Redattore Sociale, 29 ottobre 2004

 

Fino a che punto la compatibilità tra carcere e salute è un problema soltanto medico? Come è possibile migliorare il dialogo e la collaborazione tra medici legali e magistrati? Quali sono i problemi emergenti del sistema penitenziario rispetto ai temi della salute? Sono alcuni dei temi posti nell’ambito del convegno "Incompatibilità delle condizioni di salute con il regime detentivo", promosso dalla Asl Città di Milano e tenutosi oggi all’Ospedale militare del capoluogo lombardo. Tantissimi i relatori: medici legali, responsabili amministrativi, medici, operatori penitenziari.

Proprio partendo dall’ultimo punto, uno dei contributi più significativi al dibattito l’ha offerto Angelo Cospito, coordinatore regionale degli istituti penitenziari della Lombardia e dirigente sanitario del carcere milanese di San Vittore. Cospito ha in particolare messo in luce l’emergere di nuovi problemi all’interno del carcere riguardo al problema salute, ovvero "la crescente quota di stranieri detenuti dai quali gli interventi sanitari sono spesso percepiti come ulteriore violenza". Differenze culturali, incomprensioni linguistiche: barriere che tra le mura del carcere si allargano a dismisura, pregiudicando spesso lo stato psicofisico dei detenuti. Gli stranieri detenuti, secondo gli ultimi dati di una ricerca dell’Ismu (Istituto studi sulla multietnicità) erano, al giugno 2003, 16.363 persone su una popolazione carceraria complessiva di 56.838 individui.

Oltre il 30 per cento, con punte del 50 per cento in alcuni istituti. "È una questione che riguarda i medici così come i magistrati. La valutazione sulla compatibilità col carcere per molte di queste persone deve per forza di cose tenere conto anche della loro condizione: sono privi di legami familiari, si sentono incompresi e spesso arrivano ad atti di autolesionosismo per ricevere attenzione e ascolto", dice Cospito. In definitiva, secondo il coordinatore delle carceri lombarde, "è necessario tenere alta l’attenzione e riflettere sul disagio psico-emozionale di queste persone, un problema che diventerà ancor più grave in futuro se aumenta il numero dei detenuti stranieri".

Tra gli altri interventi particolarmente interessante quello di Giovanna Di Rosa, magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Milano. Di Rosa ha sollevato la questione della responsabilità di medici e magistrati sulla decisione di far uscire una persona dal carcere per ragioni di salute. "Il meccanismo prevede che il medico legale inoltri al magistrato di sorveglianza una relazione sanitaria sul detenuto, ma spesso lo stesso medico si tira fuori dalla possibilità di dare un giudizio sulla compatibilità o meno della persona con il regime detentivo. Credo ci sarebbe bisogno di più collaborazione tra le due figure. È pur vero che il giudizio finale spetta al magistrato che deve tener conto anche di motivazioni extramediche come la pericolosità del soggetto, ma la relazione sanitaria dovrebbe guidare questa scelta".

Tra gli altri interventi, infine, è stato messo in luce come l’Europa presenti approcci largamente diversi sul tema carcere e salute e come sarebbe necessario trovare una linea comune, basta sui principi della parità nel diritto alla salute tra detenuto e cittadino libero, così come sulla necessità di trovare forme di maggiore collaborazione tra sistema penitenziario e sanitario. E qualche passo avanti in Italia potrebbe realizzarsi: con la "schedatura" in corso della situazione sanitaria dei detenuti delle carceri del nostro Paese (Iss, Indice di situazione sanitaria). Un sistema, si é detto oggi, che permetterebbe di programmare meglio gli interventi e distribuire in modo più efficace le poche risorse rimaste per il sistema penitenziario.

Roma: i detenuti di Rebibbia sospendono la protesta

 

Repubblica, 29 ottobre 2004

 

I detenuti di Rebibbia, che fino a oggi hanno aderito alla mobilitazione con lo sciopero del carrello e delle attività culturali, hanno mandato stamattina una lettera al direttore dell’istituto per informarlo che sospendono, da oggi, la mobilitazione, in attesa di risposte dalle autorità politiche nazionali; riprenderanno tra 15 giorni, se queste risposte tarderanno a venire. Ne dà notizia un comunicato dopo che una delegazione dell’Ufficio di Luigi Manconi, Garante per i diritti dei detenuti del Comune di Roma, ha incontrato nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, la rappresentanza di detenuti che coordina la mobilitazione iniziata il 18 ottobre scorso.

I detenuti, continua la nota, aspettano che un provvedimento di clemenza venga incluso nel "pacchetto giustizia" e che l’iter della proposta di legge per l’abolizione dell’ergastolo continui il suo percorso. Hanno, inoltre, inviato, al presidente del tribunale di Sorveglianza di Roma, una lettera con 1.600 firme, nella quale denunciano la totale inadempienza dell’area educativa e quindi del diritto al trattamento penitenziario, parte fondante del reinserimento sociale, ricordando che ci sono solo 8 educatori per 1.650 detenuti.

Potenza: l’On. Enrico Buemi in visita al carcere

 

Ansa, 29 ottobre 2004

 

L’on. Enrico Buemi, Presidente del Comitato per l’esame dei problemi penitenziari, istituito presso la Commissione Giustizia della Camera, insieme all’on. Giuseppe Molinari hanno visitato il carcere di Potenza. La visita è servita a verificare la realizzazione di attività di lavoro e di formazione per favorire la rieducazione ed il reinserimento sociale dei detenuti, con particolare riferimento alla possibilità di estendere tali iniziative al maggior numero possibile di soggetti.

Inoltre i due parlamentari vogliono esaminare sia le condizioni di trattamento dei detenuti sia le condizioni di lavoro del personale della polizia penitenziaria. Successivamente alla visita al carcere, Buemi e Molinari hanno incontrato le rappresentanze sindacali dei lavoratori delle strutture penitenziarie.

Potenza: detenuto aggredisce agente Polizia penitenziaria

 

Agr, 29 ottobre 2004

 

Un marocchino, detenuto nel carcere di Potenza, ha aggredito questa mattina un agente della polizia penitenziaria. Il poliziotto ha riportato la frattura di una mano e contusioni al torace e alla mandibola: guarirà in 25 giorni. L’agente stava aprendo le celle per far uscire i detenuti per l’ora d’aria, quando ha fatto un’osservazione a uno di loro, che lo ha aggredito. Il detenuto è stato denunciato per lesioni. È il secondo episodio del genere in 10 giorni nel penitenziario di Potenza.

Enna: detenute - modelle tengono un defilè in carcere

 

Repubblica, 29 ottobre 2004

 

Sarà lui, in ogni caso, il mattatore della giornata. Una giornata in cui il mondo esterno ha timidamente cercato un contatto con chi sta dentro. E, per chi vive in cella, quelle della sfilata, sono state un paio d’ore particolari scandite sui ritmi dettati dal lontanissimo mondo della moda. Una sfilata alla quale gran parte dei 147 detenuti uomini (non erano presenti, ovviamente, i reclusi per reati di associazione mafiosa o in isolamento per altri motivi) e le 10 donne hanno contribuito attivamente.

Hanno creato molti degli accessori degli abiti, hanno addobbato i corridoi con quadri da loro dipinti, l’interno della saletta con tanti fiori colorati creati con acqua, sapone solido grattuggiato e farina. Le donne, poi, hanno provveduto ad acconciare le otto ragazze della scuola di formazione che hanno prestato la loro intelligenza per la realizzazione dei bozzetti e il proprio corpo lungo quella breve e improvvisata passerella. Una manifestazione che è pure stata, attraverso gli abiti, una sorta di viaggio per i continenti.

Batteva le mani Antonio a cui manca un anno per uscire da lì. E le ha battute di cuore anche dopo il breve intervento della direttrice del carcere Letizia Bellelli. Anche se è solo trascorsa appena una settimana dalla visita dei parlamentari della Commissione giustizia per i quali nella struttura penitenziaria, che è già vecchia di ottant’anni, tutto va bene. E, pazienza se s’arriva pure a essere in sei in una cella o se i cessi sono ancora quelli "alla turca".

In gran spolvero erano pure le dieci donne detenute, dapprima impegnate a metter su le modelle e, poi accolte, fatto più unico che raro nella storia del vecchio carcere, da un lungo applauso. "Appena sette giorni fa - dice la responsabile della casa circondariale - chi si avvicinava alle mura esterne poteva ascoltare chiaramente il rumore sordo delle gavette che battevano per protesta sui cancelli e le grate. Ieri, invece, si è voluto far passare un messaggio di fiducia. Credo che la società civile debba avere la sensibilità di tendere le orecchie verso queste pareti soprattutto quando la maggior parte degli attuali ospiti sarà fuori di qui".

All’ingresso della saletta una tela coloratissima col mondo dei sogni oltre le sbarre: una spiaggia tropicale, una palma, mare e cielo che s’incontrano e una "lei" che, lontana, prende il sole nuda. Giornata speciale anche per i detenuti "protetti", quelli accusati o condannati per reati particolari quali la pedofilia. Ieri, infatti, sedevano anche loro assieme agli altri che, si sa, mal tollerano la loro compagnia.

"Per chi viene da fuori - dice la responsabile dei progetti educativi Nuccia Miccichè - può sembrare una giornata come le altre, forse solo un po’ più speciale. Ma, credetemi, un fatto così per chi sta in carcere chissà quando potrà mai accadere di nuovo: l’incontro con gente di fuori che non siano i parenti o gli avvocati, i fotografi e le telecamere, i giornalisti a cui concedere un veloce sorriso".

Roma: Luigi Nieri visita il carcere femminile di Rebibbia

 

Adnkronos, 29 ottobre 2004

 

Questa mattina l’assessore al Lavoro, alle Periferie e allo Sviluppo Locale del Comune di Roma, Luigi Nieri e Laura Astarita, collaboratrice di Luigi Manconi, Garante per i diritti dei detenuti del Comune di Roma, sono tornati in visita nel carcere femminile di Rebibbia, per rinnovare alle detenute l’appoggio alle loro rivendicazioni e per ascoltare e portare all’attenzione delle autorità nazionali e dell’opinione pubblica quali saranno gli sviluppi della mobilitazione. Le detenute continuano anche questa settimana lo sciopero della spesa e 10 di loro hanno cominciato da due giorni lo sciopero della fame. Continua anche la battitura delle sbarre, questa settimana per 5 volte al giorno (alle 9, 13, 15, 17 e 21).

Le detenute della sezione Massima Sicurezza, che hanno aderito alla mobilitazione con le stesse forme, spiegano che "lo sciopero della spesa, come modalità di protesta, tiene conto del fatto che, per molte detenute, protrarre lo sciopero del carrello diventerebbe un vero e proprio sciopero della fame, vista l’impossibilità per tutte di accedere alla costosa alternativa della spesa interna.

Useremo lo sciopero della fame come ultima istanza". In totale le detenute a Rebibbia femminile sono oggi 370. "Il più alto numero dal 1979" dicono gli operatori. "Risale al ‘91 l’ultimo concorso per educatori penitenziari che - conclude Nieri -, attualmente, in questo istituto, sono 7, per una media di 350 detenute".

Roma: sciopero della spesa per le detenute di Rebibbia

 

Vita, 29 ottobre 2004

 

Nell’istituto ci sono 7 educatori penitenziari per 350 recluse. L’ultimo concorso risale a 13 anni fa. Questa mattina l’assessore al Lavoro, alle Periferie e allo Sviluppo Locale del Comune di Roma, Luigi Nieri e Laura Astarita, collaboratrice di Luigi Manconi, Garante per i diritti dei detenuti del Comune di Roma, sono tornati in visita nel carcere femminile di Rebibbia, per rinnovare alle detenute l’appoggio alle loro rivendicazioni e per ascoltare e portare all’attenzione delle autorità nazionali e dell’opinione pubblica quali saranno gli sviluppi della mobilitazione.

Le detenute continuano anche questa settimana lo sciopero della spesa e 10 di loro hanno cominciato da due giorni lo sciopero della fame. Continua anche la battitura delle sbarre, questa settimana per 5 volte al giorno (alle 9, 13, 15, 17 e 21).

Le detenute della sezione Massima Sicurezza, che hanno aderito alla mobilitazione con le stesse forme, spiegano che "lo sciopero della spesa, come modalità di protesta, tiene conto del fatto che, per molte detenute, protrarre lo sciopero del carrello diventerebbe un vero e proprio sciopero della fame, vista l’impossibilità per tutte di accedere alla costosa alternativa della spesa interna. Useremo lo sciopero della fame come ultima istanza". In totale le detenute a Rebibbia femminile sono oggi 370. "Il più alto numero dal 1979" dicono gli operatori. "Risale al ‘91 l’ultimo concorso per educatori penitenziari che - conclude Nieri -, attualmente, in questo istituto, sono 7, per una media di 350 detenute".

Firenze: presidente consiglio comunale insegna a Sollicciano

 

Vita, 29 ottobre 2004

 

Succede a Firenze. Nella stessa città il 3 e 4 dicembre si terrà un convegno della Fondazione Michelucci. Il presidente del consiglio comunale di Firenze insegnerà nelle scuole del carcere di Sollicciano. Le date sono ancora da concordare ma Eros Cruccolini ha già garantito la sua presenza incontrando, questa mattina nell’istituto penitenziario, il comitato dei detenuti ed i docenti delle scuola media e superiore.

In tre lezioni spiegherà il funzionamento delle istituzioni nazionali e locali. L’incontro di questa mattina è servito anche a fare il punto sulla situazione strutturale del carcere. "Una situazione molto critica - ha spiegato il presidente del consiglio comunale - occorre intervenire immediatamente, a partire dal problema del sovraffollamento e dell’assistenza sanitaria ai detenuti. Per questo - ha aggiunto Cruccolini - abbiamo deciso di convocare, per il 13 dicembre prossimo, un apposito consiglio comunale straordinario". Il 3 e 4 dicembre, invece, si terrà un convegno della Fondazione Michelucci sul tema delle carceri.

Milano: primo caso in Italia, un "volontario a piede libero"

 

Vita, 29 ottobre 2004

 

Grazie a una nuova legge e alla sua attività sociale, un detenuto di 32 anni è potuto uscire di prigione. Per scontare la pena al servizio di un’associazione. Libero grazie al volontariato. Potrebbe essere questo il titolo della vicenda di Francesco M., giovane papà di 32 anni.

Il suo futuro pareva già scritto, quando, lo scorso 2 marzo la Guardia di Finanza gli trovò in macchina otto pacchi ben sigillati con dentro 185 chili di hashish. Un "lavoro" che, fra l’altro, gli avrebbe fruttato non più di 6mila euro.

La faccia da bravo ragazzo, il ricorso al rito abbreviato e una fedina penale illibata non sono sufficienti per evitargli l’ingresso a San Vittore, "dove", si stupisce, "otto detenuti su 10 sono lì per piccoli reati connessi alla droga". Ad accoglierlo, una cella del famigerato sesto raggio della prigione milanese: tre metri per tre, colonne di scarafaggi in movimento e cinque compagni di sventura: "ne ricordo due: un signore di 63 anni di cui 30 passati dietro le sbarre, e un ragazzo dentro per rapina, anche lui con una lunga detenzione alle spalle".

Conoscenze che Francesco non ha però il tempo di approfondire. Nel suo passato da ragazzo di periferia prima a Buccinasco, ora a Magenta (entrambi comuni della cintura milanese), oltre a un diploma professionale da fotografo, c’è infatti il particolare decisivo che accende l’attenzione dell’ avvocato Leonardo Tammaro: Francesco è un volontario della Uildm - Unione italiana lotta alla distrofia muscolare. "Avevo iniziato subito dopo la nascita di mio figlio. Lo aspettavamo da oltre quattro anni, e quando è arrivato con la procreazione assistita ho promesso che avrei fatto qualcosa per gli altri".

Secondo radio carcere avrebbe dovuto scontare dietro le sbarre dai nove ai 14 mesi e invece a poco più di sette mesi dall’arresto eccolo qui, ancora una volta alla guida di un furgone dell’associazione, "condannato a prestare un’attività socialmente utile" per sei mesi.

"Io fin dai tempi del servizio civile portavo i pasti agli anziani, a scuola i bambini di famiglie affidatarie, all’ospedale i dializzati e in palestra i disabili, figuratevi se per me questa si può chiamare condanna", sorride Francesco. E invece di questo si tratta. Lo ha deciso il giudice Guido Salvini, applicando per la prima volta in Italia la legge n. 145 dell’11 giugno 2004, che prevede la sospensione condizionale della pena sottoposta all’obbligo appunto di "prestare un’attività socialmente utile".

"Certo è", spiega il suo difensore Leonardo Tammaro, "che se Francesco non avesse svolto attività di volontariato sarebbe stata tutta un’altra storia: con certi tipi di giudici avrebbe rischiato dai 4 ai 5 anni". Invece nella decisione della corte ha pesato, e non poco, "il rapporto di fiducia e stima che il condannato aveva intrattenuto precedentemente con l’associazione", ammette l’avvocato.

L’assist decisivo, infatti, è arrivato da Alberto Fontana, presidente della Uildm nazionale, che si è presentato in tribunale con un memoriale che certificava l’attività di volontariato dell’imputato, oltre a assicurare la presa in carico di Francesco per i successivi sei mesi presso la cooperativa sociale Spazio Aperto di via Gorki a Milano.

Il futuro del giovane ripartirà proprio da qui. "Mi piacerebbe continuare a lavorare nel sociale", conferma, "anche perché adesso io e mia moglie vorremmo una femminuccia". San Vittore è lontano. "Cosa mi porto fuori da quell’esperienza?" si domanda. "Il vizio per le sigarette e il caffè". Poteva andare peggio.

Civitavecchia: sit in Polizia Penitenziaria, si va avanti a oltranza

 

Il Messaggero, 29 ottobre 2004

 

Un protocollo d’intesa al posto del nuovo presidio a piazzale Guglielmotti. È questo l’esito raggiunto ieri mattina nell’incontro fra il sindaco Alessio De Sio, l’Osapp e gli agenti di polizia penitenziaria in sit in di protesta dal 9 ottobre scorso nel cortile del super carcere di Aurelia. Tre i punti salienti del protocollo illustrati dal segretario regionale dell’Osapp, Giuseppe Proietti Consalvo, al primo cittadino: avviare la formazione del personale in materia di sicurezza del territorio, attività giudiziaria e trattamento dei detenuti; realizzare i servizi sociali di cui il carcere necessita: sportelli pluriservizi, nido aziendale e servizio navetta dal centro della città al penitenziario; istituzione di una biblioteca all’interno della casa di reclusione.

"Un protocollo che ricalchi le orme seguite già dal sindaco Veltroni a Roma - afferma Proietti - perché garantire la sicurezza interna del carcere e assicurare le giuste condizioni lavorative agli agenti, significa tutelare anche la città". Richieste sindacali che sono state recepite e condivise dal primo cittadino. "Entro brevissimo tempo sarete convocati per sottoscrivere il protocollo - ha assicurato De Sio agli agenti di polizia penitenziaria - cercherò di fare tutto ciò che rientra nelle mie competenze per migliorare la vostra situazione".

A ricevere il primo cittadino nel cortile della casa circondariale di Aurelia c’era anche il direttore del carcere Giuseppe Tressanti, che già qualche tempo fa, prima dell’inizio del sit in di protesta, denunciò la situazione di disagio dovuta alla carenza di personale nell’istituto di reclusione. Il problema fondamentale ad Aurelia e in tutte le carceri del Lazio, infatti, resta la carenza di agenti in organico rispetto agli incarichi di lavoro assegnati al personale di polizia penitenziaria.

Il 3 novembre il Provveditore regionale Ettore Ziccone si recherà a Civitavecchia per incontrare nuovamente le organizzazioni di categoria in stato di agitazione da maggio. Una visita che il segretario nazionale dell’Osapp, Leo Beneduci, accoglie con un telegramma inviato proprio ieri mattina, nel quale il sindacato autonomo ha chiesto le dimissioni del Provveditore stesso per "inadempienza alle richieste avanzate il 19 ottobre e l’incapacità dimostrata nel gestire la situazione carceraria del Lazio".

Una situazione difficile e delicata quella del carcere di Aurelia, in cui oltre alle gravi carenze di personale, 130 agenti in meno e soltanto due psicologi per 550 detenuti, si aggiungono l’insufficiente segnaletica stradale e l’usura della struttura penitenziaria realizzata nel 1992. L’Osapp non è comunque intenzionata a mollare. "Il sit in andrà avanti ad oltranza - ha concluso al termine dell’incontro con il sindaco Proietti - finché non otterremo risposte concrete alle nostre domande".

Cassazione: stipendio del detenuto lavoratore va aggiornato

 

Gazzetta del Sud, 29 ottobre 2004

 

Lo stipendio del detenuto che lavora in carcere deve essere aggiornato alle nuove tabelle contrattuali. Lo ha disposto la prima sezione penale della Cassazione che ha accolto sul punto il ricorso presentato – contro la pronuncia in senso contrario del magistrato di sorveglianza di Roma – dagli avvocati Antonio Stellato e Riccardo Faranda per conto di Vittorio Speranza, 49 anni, che durante l’espiazione della pena ha lavorato a Rebibbia come falegname. La suprema corte, che ha annullato con rinvio l’ordinanza, ha preso in considerazione quanto segnalato dai legali e cioè che la commissione ministeriale incaricata di determinare lo stipendio di chi lavora in carcere non si riunisce da anni ed ha emesso le ultime decisioni nel ‘93.

La corte ha stabilito che, pur non potendosi "prescindere dai deliberati della commissione, occorre adeguarli all’evoluzione della contrattazione collettiva nel tempo. Il magistrato di sorveglianza, partendo dall’ultima decisione della commissione e adeguandosi ai criteri dalla stessa esposti – si legge nelle motivazioni – dovrà aggiornarli cronologicamente, facendo riferimento appunto allo sviluppo avuto negli anni dai corrispondenti contratti di lavoro, al fine di determinare l’equa mercede spettante" a Vittorio Speranza.

"È la prima volta – sottolinea l’avvocato Antonio Stellato – che si dichiara esplicitamente che i lavoratori detenuti hanno diritto a una remunerazione corrispondente alla quantità e qualità dell’attività prestata e che, quindi, va aggiornata. Visto che la commissione non si riunisce dal ‘93, gli stipendi sono rimasti "fermi" a dieci anni fa. Questo risultato rappresenta una vittoria dell’organismo "Nuovi diritti" della Cgil che si occupa di tutelare i soggetti più emarginati e deboli, privi normalmente di assistenza legale".

Como: nel carcere mancano spazi e percorsi riabilitativi

 

La Provincia di Como, 29 ottobre 2004

 

Appello alla città della direttrice del carcere, Francesca Fabrizi, durante la festa della polizia penitenziaria nel giorno del patrono, San Basilide: "Anche nel carcere di Como, i bisogni sono tanti – ha detto – reperimento di commesse di lavoro, potenziamento dell’istruzione scolastica, professionale e della biblioteca, attraverso la disponibilità di personale qualificato, potenziamento dell’area educativa e dell’assistenza sanitaria e farmaceutica, interventi sui fabbricati per miglioramenti strutturali e la vivibilità degli ambienti, dalle celle ai laboratori, alla cappella: sono tutte esigenze prioritarie a cui l’amministrazione penitenziaria non riesce a sopperire. In altre realtà, la collaborazione è fattiva.

A Como, non si riesce ad ottenere la dovuta attenzione salvo qualche iniziativa sporadica". Un appello alla città, ma quasi una risposta indiretta, d’altro canto, ai detenuti che protestano picchiando, di sera, sulle sbarre: richiamano interventi su condizioni al limite, sul degrado, sul sovraffollamento, sulla mancanza di aiuti per la rieducazione e il reinserimento.

"Non ci sono fondi appropriati, non c’è personale a sufficienza. C’è solo un gravoso carico di lavoro a cui la polizia penitenziaria fa fronte quotidianamente, sia per mantenere l’ordine e la sicurezza interna, sia per gli interventi rieducativi. Ma le risorse disponibili consentono a malapena di garantire alla gran massa di detenuti interventi minimi di trattamento", ha sottolineato la direttrice, descrivendo "ubicazioni alla rinfusa di detenuti nel primo posto letto disponibile".

E i detenuti che più di altri avrebbero bisogno, restano più degli altri chiusi nelle loro celle, rifiutati dagli stessi compagni, come i malati di mente, i condannati per reati sessuali,i collaboratori di giustizia. Tossicodipendenti ed extracomunitari mescolati alla criminalità organizzata: non basta la sempre più avanzata preparazione degli agenti.

"Eppure, il recupero dei detenuti – ha ribadito la dottoressa Fabrizi – è un obiettivo comune, nell’interesse e a salvaguardia della società stessa". Molte autorità, gli agenti e le loro famiglie, i volontari hanno partecipato alla cerimonia: la Messa è stata celebrata dal Vicario generale, monsignor Enrico Bedetti, con il cappellano, Padre Giovanni, che ha paragonato al Cireneo tutti coloro che condividono le sofferenze dei detenuti e rendono il carcere più umano.

"Il sistema penitenziario non può essere considerato una discarica sociale – ha detto il prefetto, Guido Palazzo Adriano – è un mondo dove il detenuto va accompagnato alla riabilitazione: per questo, istituzioni e società non possono essere indifferenti". Il consigliere regionale comasco di Forza Italia, Giorgio Pozzi, ha teso la mano:" Non siete soli, contate sul nostro aiuto". E il vicesindaco, Paolo Mascetti, ha messo in evidenza il " profondo legame tra l’amministrazione cittadina e la direzione del carcere" che ha dato vita a borse - lavoro e a "Casa amica", struttura esterna per il reinserimento dei detenuti. Ha annunciato che ne sorgerà un’altra, per le detenute.

Sala Consilina: slittato incontro con Castelli su chiusura carcere

 

La Città di Salerno, 29 ottobre 2004

 

Slitta la convocazione per l’incontro tra il ministro Castelli e i parlamentari Borea, Brusco, Santelli, la delegazione degli avvocati del foro salese, il sindaco Ferrari e altri rappresentanti del "comitato di lotta per il carcere", anche se fino a ieri non era giunto alcun fax o documento che lo confermi al primo cittadino di Sala Consilina e agli avvocati.

Lo slittamento della convocazione sembra sia dovuto alla permanenza, a partire da ieri, del ministro Castelli in Russia per ragioni politiche. Una permanenza che dovrebbe concludersi la sera di mercoledì 3 novembre, quando il ministro dovrebbe finalmente rientrare. La riunione per il carcere di Sala era stata fissata proprio il 3 novembre, alle 16, così come confermato ulteriormente domenica scorsa dal senatore Borea, che aveva dato totali rassicurazioni sull’appuntamento, ma per forza di cose l’incontro non potrà essere fatto.

Né si sa quando è stato convocato un nuovo incontro. Non si esclude comunque che già il 4 novembre potrebbe esserci la disponibilità di Castelli a incontrare la delegazione salese. E con il viaggio in Russia, ieri è slittato anche il question time al ministro, durante il quale era prevista l’interrogazione dell’onorevole Franco Brusco, così come slitteranno, sembra, anche le risposte alle interrogazioni parlamentari fatte da Liguori, Borea, Cirielli.

Intanto, dopo gli avvocati del foro salese anche quelli del Tribunale di Lagonegro hanno indetto la sospensione delle attività a sostegno della causa contro la soppressione del carcere di Sala Consilina. Uno sciopero dettato anche dal fatto che il Tribunale di Lagonegro si serve proprio della casa circondariale nel Vallo di Diano così come la sezione distaccata di Sapri. L’astensione dalle attività giudiziarie durerà fino al 5 novembre prossimo, in attesa di risposte da parte del governo. Intanto il presidio degli avvocati davanti al carcere continua.

Reato di diffamazione: mai più carcere per i giornalisti...

 

Il Sole 24 Ore, 29 ottobre 2004

 

L’aula della Camera ha approvato oggi quasi all’unanimità la proposta di legge che cancella, per il reato di diffamazione a mezzo stampa, il carcere per i giornalisti, sostituendolo con una sanzione pecuniaria. La proposta dovrà ora essere approvata dal Senato. Il provvedimento è passato a Montecitorio con 330 voti a favore, 6 contrari e 20 astenuti. Soddisfazione è stata espressa sia dalle forze politiche di maggioranza che da quelle di opposizione. Soltanto Rifondazione Comunista, i cui deputati si sono astenuti, ha manifestato una certa delusione per il testo oggi approvato, ritenuto ancora troppo severo nei confronti degli operatori dell’informazione.

 

La sanzione

 

Il giornalista che compie diffamazione potrà essere condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria: nel caso in cui il danno provocato non sia quantificabile la sanzione non potrà superare il tetto dei 30mila euro. Nei casi di diffamazione semplice è prevista una multa fino a 3mila euro, che può arrivare fino a 10mila nei casi di attribuzione di un fatto determinato.

Se poi l’offesa viene fatta attraverso giornali o "con qualsiasi altro mezzo di pubblicità", la multa può arrivare fino a 8mila euro, se il giornalista decide di non rettificare la sua notizia. Per quanto riguarda le sanzioni disciplinari, nel caso di prima condanna, il magistrato dovrà rivolgersi all’ordine professionale.

 

L’interdizione

 

In caso di recidiva il magistrato potrà disporre egli stesso, come pena accessoria, l’interdizione dalla professione per un periodo da uno a sei mesi.

 

La rettifica

 

Il giornalista non potrà essere punito nel caso rettifichi la sua notizia nei modi e nei tempi indicati. L’azione civile per il risarcimento del danno andrà in prescrizione entro un anno dalla pubblicazione.

 

Il direttore

 

Fuori dai casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile rispondono del reato commesso solo "se il delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione". La pena, in ogni caso, è ridotta di un terzo.

 

I libri

 

Nel caso in cui a diffamare non sia il cronista, ma ad esempio l’autore di un libro, cioè di una pubblicazione non periodica, questi, per evitare la condanna, dovrà pubblicare, a proprie spese ed entro due giorni dalla richiesta, la rettifica o la replica dell’offeso su almeno due quotidiani a tiratura nazionale.

 

La norma "salva Jannuzzi"

 

Le condanne detentive già decise prima dell’entrata in vigore della legge si possono trasformare in pena pecuniaria qualora la condanna non sia ancora stata eseguita o sia in corso di esecuzione. Una norma, questa, che l’opposizione ritiene sia stata formulata appositamente per il senatore di Forza Italia Lino Jannuzzi, condannato per diffamazione.

Gli "anni di piombo": 132 i terroristi ancora dietro le sbarre

 

Il Gazzettino, 29 ottobre 2004

 

Sono 132 i terroristi attualmente detenute nelle carceri italiane per i fatti degli "anni di piombo". Il gruppo più numeroso è costituito da ex militanti dell’eversione "rossa": 105, un terzo dei quali (39) sono semiliberi. Per l’eversione "nera" dietro le sbarre ci sono invece 17 detenuti, due soli in semilibertà. Gli anarchici in carcere sono 10, sono stati condannati per associazione sovversiva, costituzione e partecipazione a banda armata o perché, già in carcere, hanno simpatizzato con i terroristi.

Dietro l’asetticità dei dati ci sono protagonisti e comprimari che stanno scontando pene per le vicende che hanno insanguinato gli anni di piombo. La maggior parte sono fuori: Renato Curcio, Alberto Franceschini, Valerio Morucci, Adriana Faranda, Prospero Gallinari. Altri hanno ottenuto la semilibertà: escono la mattina per andare a lavorare - com’era per Senzani - e rientrano la notte. Tra quelli che restano in carcere, ci sono Nadia Ponti e Vincenzo Guagliardo: arrestati nel 1980 e processati per una serie di omicidi; Stefano Petrella, considerato uno dei capi della colonna romana, catturato nel 1982.

Fino al 21 febbraio scorso, è rimasto in carcere Mario Tuti, terrorista nero coinvolto - e assolto - nei processi per la strage del treno Italicus ma condannato a due ergastoli per tre omicidi. Ora è in semilibertà: lavora in una comunità di recupero di tossicodipendenti e rientra ogni sera in carcere.

Non hanno mai avuto benefici, invece, i br irriducibili toscani Fabio Ravalli, la moglie Maria Cappello e Rossella Lupo, accusati degli omicidi del’ex sindaco di Firenze Lando Conti (10 febbraio ‘86) e dell’economista Roberto Ruffilli (16 aprile ‘88) per cui sono stati condannati 9 degli 11 imputati: oltre a Ravalli, Maria Cappello e Rossella Lupo, il carcere a vita è stato inflitto a Antonio De Luca, Franco Grilli, Stefano Minguzzi, Tiziana Cherubini, Franco Galloni, e Vincenza Vaccaro.

Siracusa: al teatro comunale gli attori sono i detenuti

 

La Sicilia, 29 ottobre 2004

 

Al teatro comunale debuttano i detenuti della casa di reclusione di Brucoli. L’appuntamento è per domani mattina alle ore 9,30. L’iniziativa, promossa dal direzione del carcere di Piano Ippolito Antonio Gelardi, è stata con soddisfazione accolta dal primo cittadino, il quale con grande soddisfazione ha concesso l’utilizzo della sala sita nella cittadella degli studi.

"Un’iniziativa - dice il sindaco Carrubba - che giudico interessante e determinante non solo per il reinserimento degli ospiti del penitenziario nella società civile, ma soprattutto per il coinvolgimento proprio della città nei confronti di una realtà che spesso dimentichiamo". I detenuti metteranno in scena "Gatta ci cova", commedia in 3 atti diretta dal regista Pietro Quartarone.

Assisteranno allo spettacolo autorità, studenti, rappresentanti del volontariato, club service e delle compagnie teatrali. La maggior parte degli attori sono reclusi che devono scontare fino a trent’anni di carcere. La commedia vuole essere una testimonianza delle energie e della creatività che possono essere sviluppate anche dentro un penitenziario.

Padova: riapre, ristrutturata, l’Oasi - Opera Assistenza Scarcerati

 

Il Gazzettino, 29 ottobre 2004

 

L’Oasi - Opera Assistenza Scarcerati Italiani, con sede in via Righi a Chiesanuova, è divenuta più confortevole per i suoi ospiti, carcerati ed ex detenuti, grazie alla ristrutturazione, durata un anno, di notevole parte dei suoi ambienti. Domani alle 11 presenterà alla cittadinanza la sua nuova veste con l’inaugurazione ufficiale, ad opera dei padri Mercedari che la dirigono, e alla presenza delle autorità, degli sponsor e degli amici. Oggi l’anticipo della festa, alle 18,15, con un momento religioso in onore della Madonna della Mercede.

"Dopo quarant’anni dalla sua realizzazione - dice padre Orlando Campagna, direttore della casa di accoglienza, una vita tra gli ex detenuti - l’edificio andava modernizzato. Le stanze degli ospiti erano celle del carcere trasferito in un ambiente libero, il non plus ultra per quei tempi, non tali da consentire però il completo recupero alla società di chi vi risiedeva.

Ora ogni camera singola è ampia, dotata di bagno. Siamo partiti grazie al consistente finanziamento di 350 mila euro, messi a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio nell’ambito del progetto "Assistenza ai soggetti deboli". Poi è intervenuta la Provincia romana del nostro ordine dei padri Mercedari".

La struttura è dotata di ventiquattro posti letto, riservati a persone agli arresti domiciliari, in semilibertà, in affidamento o in estremo bisogno, sempre con riferimento al mondo del carcere. Coloro che alloggiano devono partecipare alla gestione della casa, perché non devono sentirsi ospiti riveriti e osservano le norme, non per imposizione, ma per libera scelta. Il tutto in preparazione del futuro inserimento nella società in modo ottimale.

L’Oasi, dotata di ampio spazio verde, in una zona tranquilla, sul retro della caserma "Pierobon", gestisce anche la cooperativa sociale di solidarietà "Mercede", che dà la possibilità di lavorare nel settore delle minuterie, dell’assemblaggio e del giardinaggio.

I sacerdoti mercedari attualmente presenti sono tre e vivono, come la casa di accoglienza, di provvidenza. "Il nostro di preti mercedari - dice padre Orlando - è un mondo di fede, perché la gratificazione è quasi nulla e i risultati positivi sono lunghi a venire.

Nell’Oasi padovana, unica struttura del genere nel Veneto, sono passate in quarant’anni oltre mille persone, molte delle quali hanno saputo approfittare dell’opportunità educativa e sociale proposta". Con la riapertura verrà studiato anche un progetto che terrà conto della disponibilità dei molti volontari di cui necessita.

Bologna: vertice Comune - Provincia sui problemi del carcere

 

Sesto Potere, 29 ottobre 2004

 

Martedì 2 novembre, alle ore 9,30, nella Sala Bianca di Palazzo d’Accursio, a Bologna, si riunirà la commissione "Sanità, politiche sociali, politiche abitative e della casa", presieduta da Valerio Monteventi, in seduta congiunta con la Quinta commissione permanente della Provincia di Bologna. All’ordine del giorno, l’audizione con funzionari e tecnici del Comune e della Provincia di Bologna che si occupano delle problematiche legate alla detenzione.

Si tratta del primo di una serie di incontri, di approfondimento sulle problematiche legate al carcere e alle condizioni di detenzione, programmati su proposta e di concerto con il Presidente della Quinta commissione della Provincia di Bologna, Lorenzo Grandi, dopo sollecitazioni avute da diverse associazioni di volontariato sia locali che nazionali e su richiesta del consigliere Sergio Lo Giudice.

Ecco il programma dei prossimi incontri. Martedì 9 novembre, alle ore 9,30, nella Sala Bianca, incontro con le Camere Penali e la Magistratura per valutare la situazione relativa all’accesso degli avvocati e dei Magistrati. Venerdì 19 novembre, alle ore 16, in Sala Bianca, incontro con le Associazioni, realtà di volontariato e realtà che operano dentro e fuori il carcere, sulle problematiche annesse alla detenzione.

Ministero Interno: in Italia 2.193.999 immigrati regolari

 

Panorama, 29 ottobre 2004

 

A Roma e Milano sono 537.734. Il tempo medio per il rilascio del permesso di soggiorno è di 113 giorni. I numeri presentati dal ministro dell’interno ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, durante il question time sui tempi per la concessione dei permessi di soggiorno.

Sono 2 milioni 193 mila 999 i cittadini stranieri che oggi soggiornano regolarmente in Italia. I numeri sono stati forniti alla Camera dal ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, durante il question time sui tempi per la concessione dei permessi di soggiorno. In scadenza, nel nostro Paese, ce ne sono quest’anno un milione 316 mila 179, mentre quelli rinnovati, aggiornati o rilasciati ex novo, dal primo gennaio ad oggi, sono stati un milione 147 mila 194. Le pratiche ancora giacenti presso le questure sono circa 260 mila.

 

Snellire l’attesa

 

È lunga in media 113 giorni l’attesa per il rilascio del permesso, ha spiegato ancora il ministro, precisando che il tempo varia da un minimo di 15 giorni (a Prato) a un massimo di 11 mesi (a Roma). Tempi che il Viminale si è fatto carico di alleggerire, visto che, come ha detto ancora Pisanu, "dallo scorso 26 luglio quattrocento lavoratori interinali hanno rinforzato gli uffici immigrazione delle trenta questure, nel cui territorio si registra il maggior affollamento di stranieri". Una misura, questa, grazie alla quale, al 30 settembre, le pratiche in giacenza erano diminuite, in media, di circa il 20 per cento, e i tempi di attesa si erano ridotti del 25 per cento.

Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno, a Roma e a Milano sono presenti, complessivamente, 537 mila 734 stranieri. Ciò determina "criticità particolari" che allungano i tempi necessari per decongestionare gli uffici.

A questo scopo il ministero, ha detto ancora Pisanu, "sta definendo un progetto triennale per snellire le procedure e abbattere i tempi di rilascio dei permessi", che prevede l’apporto iniziale di soggetti esterni alla pubblica amministrazione, fino ad arrivare a "un modello definitivo che si basa sulla collaborazione tra prefetture, questure e Comuni, con costi decrescenti per gli immigrati".

 

Il Senato approva le modifiche alla legge Bossi - Fini

 

Sarà il giudice di pace a dover convalidare, entro 48 ore, il provvedimento di espulsione degli immigrati emesso dalle autorità di pubblica sicurezza. Una scelta in linea con la sentenza che il 15 luglio aveva emesso la Corte costituzionale per segnalare alcuni elementi da rivedere nella legge Bossi-Fini. Lo prevede il decreto approvato dall’Aula del Senato che passa alla Camera. Un testo che subito nel passaggio in Assemblea non pochi ritocchi. Tra i principali la revisione delle pene per i clandestini: ora rischia fino a 4 anni di carcere l’immigrato che non rispetta la decisione di espulsione e viene prevista la possibilità di un nuovo provvedimento con accompagnamento tramite forza pubblica alla frontiera.

Gli immigrati potranno utilizzare gli sportelli postali e quelli bancari per inoltrare le domande per il permesso di soggiorno, pagando un ticket. Alcuni emendamenti sono intervenuti direttamente sulle garanzie processuali: il contraddittorio, la presenza del difensore e dell’interprete, la difesa d’ufficio e il gratuito patrocinio.

"Se non avessimo previsto queste novità - ha spiegato uno dei due relatori del provvedimento, Luigi Bobbio (An) - ci saremmo esposti a possibili ‘sfasaturè da parte della Corte costituzionale". Stabiliti anche finanziamenti per prevedere la possibilità di centri di accoglienza all’estero; una norma che segue la recente intesa con la Libia.

A "imporre" al governo la correzione con decreto della Bossi-Fini, approvata nel luglio del 2002, era stata la Consulta che il 15 luglio scorso aveva giudicato "incostituzionale" l’espulsione del clandestino in via amministrativa, senza la pronuncia di un tribunale.

Ora il decreto stabilisce che il provvedimento di espulsione viene comunicato entro 48 ore dal questore al giudice di pace ed è quest’ultimo, entro le successive 48 ore, a dover deciderne la convalida o meno. Il tutto, naturalmente, alla presenza del difensore. Il clandestino aspetta la decisione in un centro di permanenza temporaneo o negli uffici della Questura. Per i giudici di pace il decreto stabilisce una indennità di 10 euro per ogni convalida di accompagnamento alla frontiera. Prevista anche un’indennità di 20 euro per ogni udienza in cui siano stati trattati questi procedimenti. La decisione di affidare ai giudici di pace l’espletamento di questa funzione giuridica è stata anche dettata dal vantaggio di essere numerosi (circa 4.700) e presenti in un gran numero di sedi (848) distribuite su tutto il territorio nazionale.

Sono oltre 7 mila i minori stranieri non accompagnati

 

Redattore Sociale, 29 ottobre 2004

 

A Napoli un convegno sulle buone prassi nell’accoglienza. Giannino (giudice): "Occorre una legge che metta al centro i loro interessi". "Occorre una legge che metta al centro l’interesse dei minori stranieri e s’identifichi con i suoi diritti più importanti, primo fra tutti il diritto a star bene non solo fisicamente ma anche psicologicamente".

Lo ha detto a Napoli il giudice Paolo Giannino, Presidente del Tribunale per i minorenni di Salerno, intervenuto al seminario su "Ragazzi invisibili? Verso buone prassi di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati", organizzato dal Coordinamento Nazionale Enti di Pronta Accoglienza Minori, Save the Children Italia e dalla cooperativa sociale Dedalus.

Giannino ha spiegato come la normativa in vigore in fatto di immigrazione non tenga adeguatamente conto delle esigenze specifiche dei minori che vengono nel nostro Paese da soli e sono portatori "di grandi sofferenze non espresse. Il minore non accompagnato va assistito immediatamente, deve essere seguito da un tutore e seguire un progetto educativo individualizzato".

Secondo il Comitato per i minori stranieri presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sono oltre 7 mila i minori stranieri non accompagnati in Italia, per lo più adolescenti di età compresa tra i 15 e i 17 anni e provenienti per circa i tre quarti da Albania, Romania e Marocco mentre un quinto circa dei minori segnalati al Comitato hanno tra gli 11 e i 14 anni.

"Il Comitato – dice il giudice Giannino – è un organo che si detta il regolamento per l’espulsione e lo attua, senza tenere conto di fattori come i rischi di rimpatrio, la disponibilità di accoglienza nel Paese d’origine, la volontà della famiglia, l’età del minore e il tempo che ha trascorso in Italia.

Inoltre più del 50% dei minori nelle carceri italiane è straniero, e la percentuale al Nord sale all’80%: da questo dato si deduca che il giudice non dispone di interventi ad hoc adeguati e alternativi al carcere per i ragazzini stranieri.

Se i minori che commettono reato fossero italiani, tornerebbero alle loro famiglie con una serie di prescrizioni o andrebbero in comunità; per gli stranieri questo non accade". Segnali positivi, però, conclude Giannino, vengono da casi isolati che fanno ben sperare in "una giurisprudenza che tuteli il minore straniero", come nel caso di un decreto della Corte d’Appello di Roma del 19 aprile 2004 che, avvalendosi dell’articolo 31 c del testo unico sull’immigrazione, ha autorizzato dei genitori stranieri a restare in Italia per assistere il figlio che si trovava in condizioni psico-fisiche disagiate.

 

 

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