Rassegna stampa 26 novembre

 

Il Papa: bisogna riconoscere dignità ai carcerati…

 

korazym.org, 26 novembre 2004

 

L’invito arriva durante l’udienza in Vaticano ai partecipanti alla Conferenza Internazionale delle Amministrazioni Penitenziarie dei 45 Stati aderenti al Consiglio d’Europa.

È con vero piacere che accolgo quest’oggi voi, che partecipate a Roma alla Conferenza dei Responsabili delle Amministrazioni Penitenziarie dei 45 Stati aderenti al Consiglio d’Europa. Grazie per la vostra gradita visita, che mi offre l’occasione di meglio conoscere la vostra attività e i vostri progetti. Voi state affrontando tematiche quanto mai attuali, che concernono la gestione dei detenuti e delle strutture carcerarie d’Europa. Vi saluto tutti con deferenza. Saluto in modo speciale il Direttore Generale degli Affari Legali al Consiglio d’Europa e il Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Italiana, ai quali esprimo viva gratitudine per le parole gentilmente rivoltemi a nome dei presenti.

Voi state riflettendo su come rendere sempre più rispondenti alle esigenze dei carcerati le norme penitenziarie d’Europa. Al riguardo, non v’è dubbio che al carcerato vada sempre riconosciuta la dignità di persona, quale soggetto di diritti e di doveri. In ogni Nazione civile deve essere preoccupazione condivisa la tutela dei diritti inalienabili di ogni essere umano. Con l’impegno di tutti si dovranno, pertanto, correggere eventuali leggi e norme che li ostacolassero, specialmente quando si trattasse del diritto alla vita e alla salute, del diritto alla cultura, al lavoro, all’esercizio della libertà di pensiero e alla professione della propria fede. Il rispetto della dignità umana è un valore della cultura europea, che affonda le sue radici nel cristianesimo; un valore umano universale e, come tale, suscettibile del più largo consenso. Ogni Stato deve preoccuparsi che in tutte le carceri sia garantita la piena attenzione ai diritti fondamentali dell’uomo.

Misure semplicemente repressive o punitive, alle quali normalmente oggi si fa ricorso, risultano inadeguate al raggiungimento di obiettivi di autentico recupero dei detenuti. È necessario, pertanto, ripensare, come voi state facendo, la situazione carceraria nei suoi stessi fondamenti e nelle sue finalità. Se scopo delle strutture carcerarie non è solo la custodia, ma anche il recupero dei detenuti, occorre abolire quei trattamenti fisici e morali che risultano lesivi della dignità umana ed impegnarsi a meglio qualificare professionalmente il ruolo di chi opera all’interno degli istituti di pena.

In questa luce, va incoraggiata la ricerca di pene alternative al carcere, sostenendo le iniziative di autentica risocializzazione dei detenuti con programmi di formazione umana, professionale, spirituale. In questo contesto è di riconosciuta utilità il ruolo dei ministri di culto. Essi sono chiamati a svolgere un compito delicato e per alcuni versi insostituibile, che non si riduce ai soli atti di culto, ma si estende spesso a quelle istanze sociali dei detenuti che la struttura carceraria non sempre è in grado di soddisfare. Come poi non prendere atto con piacere che vanno moltiplicandosi le istituzioni e le associazioni di volontariato dedite all’assistenza dei detenuti e al loro reinserimento nella società?

Legittima preoccupazione, da alcuni ribadita, è che il rispetto della dignità umana dei detenuti non vada a scapito della tutela della società. Per questo si insiste sulla necessità di difendere i cittadini, anche con quelle forme di deterrenza che sono rappresentate dall’esemplarità delle pene. Ma la doverosa applicazione della giustizia per difendere i cittadini e l’ordine pubblico non contrasta con la debita attenzione ai diritti dei carcerati e al recupero delle loro persone; al contrario, si tratta di due aspetti che si integrano. Prevenzione e repressione, detenzione e risocializzazione sono interventi tra loro complementari. Illustri Signori e gentili Signore! Iddio sostenga i vostri sforzi per rendere il carcere un luogo di umanità, di redenzione e di speranza. Io assicuro la mia preghiera e invoco la benedizione di Dio su voi qui presenti e su quanti prestano il loro servizio nei penitenziari europei, con un pensiero particolarmente affettuoso per tutti i detenuti.

Il Papa: dare più spazio alle pene alternative…

 

Vita, 26 novembre 2004

 

Il Pontefice è intervenuto alla Conferenza Internazionale delle Amministrazioni Penitenziarie dei 45 Stati che aderiscono al Consiglio d’Europa. Basta con le misure "semplicemente repressive o punitive" nei confronti dei detenuti. Il nuovo appello a tutelare la "dignità umana" di chi sconta la pena in carcere arriva dal Papa, in occasione dell’udienza ai partecipanti alla Conferenza Internazionale delle Amministrazioni Penitenziarie dei 45 Stati che aderiscono al Consiglio d’Europa.

"Il rispetto delle dignità umana è un valore della cultura europea - sottolinea Giovanni Paolo II - che affonda le sue radici nel cristianesimo; un valore umano universale e, come tale, suscettibile del più largo consenso". Perciò, dice Wojtyla, "ogni Stato deve preoccuparsi che in tutte le carceri sia garantita la piena attenzione ai diritti fondamentali dell’uomo".

Un atteggiamento, questo, dice Wojtyla che non contrasta con la necessità di "difendere i cittadini". Anzi, "prevenzione e repressione - incalza Wojtyla - detenzione e risocializzazione sono interventi tra loro complementari".

Il Pontefice non si stanca di ricordare che "misure semplicemente repressive o punitive, alle quali normalmente si fa ricorso, risultano inadeguate al raggiungimento di obiettivi di autentico recupero dei detenuti". È necessario, pertanto, dice ancora il Papa, "ripensare, come voi state facendo, la situazione carceraria nei suoi stessi fondamenti e nelle sue finalità". "Se scopo delle strutture carcerarie non è solo la custodia, ma anche il recupero dei detenuti, occorre abolire - rivendica ancora il Pontefice - quei trattamenti fisici e morali che risultano lesivi della dignità umana ed impegnarsi a meglio qualificare professionalmente il ruolo di chi opera all’interno degli istituti di pena". In questa luce, "va incoraggiata la ricerca di pene alternative al carcere, sostenendo le iniziative di autentica risocializzazione dei detenuti con programmi di formazione umana, professionale, spirituale".

Di qui il monito ai ministri di culto "chiamati a svolgere un compito delicato e per alcuni versi insostituibile - dice il Papa - che non si riduce ai soli atti di culto, ma si estende spesso a quelle istanze sociali dei detenuti che la struttura carceraria non sempre è in grado di soddisfare". Papa Wojtyla si dice grato alle istituzioni e alle associazioni di volontariato "dedite all’assistenza dei detenuti e al loro reinserimento nella società", ma non dimentica nemmeno la "legittima preoccupazione che il rispetto della dignità umana dei detenuti non vada a scapito della tutela della società".

Per questo, dice Wojtyla, "si insiste sulla necessità di difendere i cittadini, anche con quelle forme di deterrenza che sono rappresentate dall’esemplarità delle pene. Ma la doverosa applicazione della giustizia per difendere i cittadini e l’ordine pubblico - ammonisce - non contrasta con la debita attenzione ai diritti dei carcerati e al recupero delle loro persone". Soltanto seguendo questa strada si potrà arrivare a rendere "il carcere un luogo di umanità, di redenzione e di speranza". Infine, il "pensiero particolarmente affettuoso" di Wojtyla va a tutti i detenuti".

Finocchiaro (Ds): su Bompressi intollerabile conflitto...

 

Aprile on line, 26 novembre 2004

 

Il nuovo capitolo apertosi in questi giorni sulla grazia a favore dell’ex militante di Lotta Continua, Ovidio Bompressi, sembra stia provocando un conflitto istituzionale senza precedenti tra Quirinale e Ministero della Giustizia. Ne parliamo con Anna Finocchiaro, già ministro per le Pari opportunità durante il governo Prodi, poi Presidente della Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati, e attualmente membro della Segretaria nazionale dei D.S., e responsabile del settore giustizia dello stesso partito.

 

Può dirci se le divergenze fra Ciampi e Castelli si configurano come uno scontro istituzionale fra alte cariche dello Stato?

Credo che sia un conflitto vero e proprio; il capo dello stato vuole concedere la grazia, il ministro no. Le posizioni mi sembrano abbastanza nette e distanti…

 

Ma il nodo della questione è di carattere prettamente politico, o implica anche un problema di ordine tecnico-legislativo che bisogna risolvere?

Questo è un tema che appassiona i costituzionalisti da molto tempo. Il nodo centrale è quello che riguarda la doppia firma, in base agli articoli 87 e 89 della Costituzione. Ma la questione è anche un’altra. La radicalità del dissenso di Castelli sul caso Bompressi, ha evidente matrice politica. Dalla Lega sino ad An si teme infatti che questa grazia sia l’anticamera a quella di Sofri. Ieri Gasparri si è espresso in maniera abbastanza esplicita al riguardo. Ma quello che si dimentica è che sono due condizioni personali del tutto diverse. Inoltre, Bompressi la grazia l’ha chiesta, Sofri no, e già questo non è un aspetto secondario della vicenda. Ciampi invece è d’accordo, seppur per motivi diversi, su entrambe, e presenterebbe comunque due istruttorie separate.

Da parte sua, Castelli sembra mettersi di traverso un po’ su tutto, dissentendo in alcuni momenti addirittura col Presidente del Consiglio. Il rischio è dunque quello di una concezione della separazione dei poteri molto pericolosa, che più che come separazione, dovrebbe essere indicata come separatezza delle competenze e dei ruoli, in un panorama dove l’autonomia assume i contorni di un’autorità al di fuori di qualsiasi controllo costituzionale, nociva per la vita democratica di qualsiasi paese.

 

Come giudica le riflessioni del ministro sui detenuti "privilegiati", che per il loro passato e l’interesse dei media riescono ad ottenere quell’attenzione che invece meriterebbero situazioni carcerarie più gravi di quelle messe sotto i riflettori?

Se ci sono casi ben più gravi di quelli di Sofri e Bompressi, come ce ne sono di infiniti nelle nostre carceri, credo che la responsabilità maggiore dovrebbe essere assunta proprio da chi li rileva in qualità di ministro della Giustizia.

 

La contemporanea protesta di magistrati e avvocati contro la riforma della Giustizia è il segnale di un generale stato di emergenza per l’intero ordinamento italiano?

Sono tante le cose su cui discutere, perché è l’intero apparato della giustizia a non funzionare. E l’autorità arrogante con la quale Castelli sta procedendo, incurante del fortissimo dissenso creatosi all’interno sia della magistratura che dell’avvocatura è, in fondo, soltanto l’ennesimo esempio di quella ottusa idea di separatezza di cui sopra, che gran parte della maggioranza sta portando avanti con colpevole ostinazione su tutto, regalando così all’Italia un governo che nel concreto delle sue azioni non può definirsi tale.

Tinebra: garantire il trattamento a tutti i detenuti…

 

Vita, 26 novembre 2004

 

Il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha aggiunto: "Un carcere capace di recuperare coloro che vi transitano è conformità ed armonia tra esigenze di sicurezza e di giustizia" Il capo del Dap ha aggiunto: "Un carcere capace di recuperare coloro che vi transitano è conformità ed armonia tra esigenze di sicurezza e di giustizia"

"Un trattamento umano e orientato al recupero dei detenuti giova alla sicurezza della società". A sottolinearlo è il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra, nell’intervento con cui in Campidoglio ha aperto i lavori della "Conferenza dei direttori delle amministrazioni penitenziarie e dei servizi per le misure alternative", organizzata dal Consiglio d’Europa e dal ministero della Giustizia.

"Esiste - ha evidenziato Tenebra - una richiesta di sicurezza che muove dalla società. La risposta corretta non consiste nell’ignorarla, ma nel rispondervi in modo adeguato, ossia in una direzione che non trascuri la sicurezza conforme alle esigenze della giustizia. Un carcere capace di recuperare coloro che vi transitano è conformità ed armonia tra esigenze di sicurezza e di giustizia".

In molti Stati europei, tra i quali l’Italia, si assiste ad una tendenza: quella di "aumentare la durata della carcerazione", che riflette "una crescente intolleranza sociale per taluni delitti particolarmente ripugnanti".

"Non si può censurare la crescita di una cultura che rifiuta che rifiuta il crimine. Ciò che sarebbe profondamente negativo -ha avvertito Tenebra - è che per le condanne di lunga durata venisse meno l’idea che la persona è comunque titolare di un diritto al trattamento. La prospettiva di ritornare in libertà non può essere soppressa senza sopprimere con ciò stesso il significato di un trattamento".

In questo contesto, ha ricordato Tinebra, ha dato indicazioni "chiare": "Nei confronti dei detenuti a pena di lunga durata occorre l’intensificazione degli sforzi trattamentali, una specificità di offerte, un maggior supporto di competenze psichiatrice e psicologiche, un’attenzione particolare alla dimensione affettiva".

Il carcere oggi è "profondamente cambiato", ha sottolineato il capo del Dap, ma "moltissime sono ancora le ragioni che impongono di pensare alla trasformazione": da "strumento inevitabile" il carcere può diventare "strumento non inevitabilmente dannoso".

Tinebra ha posto l’accento anche sulle misure alternative alla detenzione. "Vi è una progressione -ha detto- nei numeri e nella tipologia, anche se tuttora incapaci di ridurre il numero dei detenuti e il tasso di carcerazione nei Paesi europei.

Sul piano concreto, la principale molla delle misure alternative non è il sovraffollamento, ma il carcere stesso. Se si accetta l’idea - ha aggiunto il capo del Dap - che la pena deve essere finalizzata non ad infliggere una sofferenza al condannato, ma ad una finalità di recupero, risulta chiaro che la misura alternativa è una soluzione auspicabile, in un certo numero di casi, indipendentemente dal problema del sovraffollamento".

Ciò che occorre però, secondo Tinebra, sono "limiti precisi" nell’applicazione di misure alternative al carcere, assieme ad "un organo specializzato che, con le necessarie garanzie, sia in grado di applicarle con equilibrio". E servono anche "strutture adatte e personale culturalmente attrezzato" perché il carcere sia "luogo di attenzione e di verifica"

Vassalli: grazia, il Quirinale ricorra alla Consulta…

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

"Il presidente della Repubblica sollevi il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale nei confronti del ministro della giustizia". È il parere di Giuliano Vassalli, presidente emerito della Consulta. "Messa di fronte a una paralisi istituzionale così grave - spiega Vassalli - la Consulta, nella sua sovranità, potrebbe poi decidere di dedicare alla soluzione la massima priorità.

Non aver mandato il decreto per la grazia al Quirinale dal punto di vista giuridico e costituzionale è ovviamente un assurdo. Il ministro della giustizia - sostiene l’ex guardasigilli - può negare la sua controfirma soltanto dopo che un provvedimento di clemenza è firmato dal capo dello stato. Guardi, io ho quasi novant’anni, ma sulle riforme istituzionali non ho mai visto un caos legislativo simile".

Milano: campagna antigraffiti, testimonial e pene severe

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

"Non voglio più vederti" scritto a spray su un muro esterno cittadino, "neanche dipinta sui muri", si legge invece nel testo stampato sul manifesto, sotto la figura della bella e ironica fotomodella israeliana Moran Atias, che ha prestato gratuitamente il volto per la nuova campagna antigraffiti presentata oggi a Milano dal sindaco Gabriele Albertini, dal vicesindaco Riccardo De Corato e dal presidente dell’Amsa, Piersergio Attisani, in compagnia della testimonial.

Gli slogan, che ripropongono il tono ironico delle precedenti campagne ambientali dell’ Amsa, cominceranno ad apparire, su manifesti soprattutto nella zona centrale della città, da lunedì prossimo.

"Abbiamo deciso di dedicare l’intera campagna, quest’anno, al problema dei graffiti - ha detto Attisani - perché questo fenomeno sta assumendo proporzioni sempre più vaste, trasformando la nostra bella città in una fila pressoché ininterrotta di scarabocchi".

Il presidente dell’Amsa ha anche ricordato che, da maggio scorso, l’Azienda per i servizi ambientali del Comune offre contratti speciali per la cancellazione delle scritte e dei graffiti alla tariffa di 1,50 euro al metro quadrato, contro il prezzo di mercato di 26 euro al metro quadrato. Il sindaco ha invece fatto il punto sui risultati della lotta ai graffiti intrapresa dall’amministrazione fin dall’insediamento del primo mandato, nel ‘97. "Dei 1.500 immobili comunali - ha detto Albertini - 250 sono stati finora interessati da interventi di cancellatura ed entro un anno dovremmo riuscire a completare la pulizia di tutti gli edifici pubblici". Più complicata la situazione per quanto riguarda gli stabili privati: gli interventi hanno riguardato circa 180 edifici su oltre 40.000.

"Su questo fronte c’e ancora un lavoro molto lungo da compiere", ha affermato il sindaco. Da parte sua De Corato ha ricordato che, in veste di senatore, ha presentato al Parlamento due disegni di legge per contrastare il fenomeno.

In particolare, per quanto riguarda le pene da infliggere a chi imbratta i muri, è stata approvata il 13 luglio scorso nell’aula del Senato una modifica al codice penale che prevede maggiori pene pecuniarie ma anche la reclusione fino a nove mesi, nei casi considerati meno gravi. Si aggrava il reato, fino a prevedere il carcere da 3 mesi a 2 anni e multe fino a 2.500 euro per chi deturpa monumenti o edifici di particolare pregio nei centri storici.

Un secondo disegno di legge, che deve ancora completare l’iter parlamentare, se sarà approvato, imporrà agli organizzatori di manifestazioni e cortei di depositare una garanzia finanziaria presso la Tesoreria Provinciale dello Stato, o una "congrua cauzione" per coprire eventuali danni al patrimonio cittadino.

Spoleto: Dorigo, difensori incatenati per protesta…

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

I difensori di Paolo Dorigo, condannato a 13 anni di reclusione per un attentato alla base Nato di Aviano rivendicato dalle Brigate Rosse, si sono incatenati oggi per un paio di ore davanti al carcere di Maiano di Spoleto dove il loro assistito sta attuando uno sciopero della fame "fino alla morte perché devo essere un simbolo - ha detto loro stamani - per tutti coloro che sono vittime, come me, di un trattamento inumano e degradante".

Con i due avvocati, Vittorio Trupiano e Sergio Simpatico, ha partecipato alla protesta anche il consigliere comunale di Rifondazione comunista di Spoleto Antonio Briguori."Intendiamo protestare - hanno detto i due avvocati - in forma civile e democratica contro la sistematica inadempienza del governo di Roma di fronte alle reiterate risoluzioni del Comitato dei ministri presso il Consiglio d’ Europa che ormai da ben cinque anni ingiunge all’Italia di ricelebrare il processo a carico di Paolo Dorigo".

I difensori intendono protestare "anche e soprattutto contro la locale magistratura di sorveglianza che - affermano - fosse solo per uno spirito umanitario in conformità col dettato costituzionale, avrebbe ben potuto concedere almeno gli arresti ospedalieri a chi, come Dorigo, pesa oramai solo 57,500 chili per un metro e 79 centimetri d’altezza, e dopo aver scontato ben oltre i quattro quinti dell’intera pena ingiustamente irrogatagli, reclama solo di poter essere sottoposto a determinati esami clinici".

Dorigo, che si è sempre dichiarato innocente e che ha già scontato 11 anni di carcere, chiede di essere sottoposto ad alcuni esami medici al di fuori della struttura carceraria per verificare la presenza di corpi estranei nel suo condotto uditivo. Per questo ha sollecitato in particolare una verifica con un sintonizzatore universale, ma anche analisi del sangue e del Dna. "Esami già disposti dal tribunale di sorveglianza - hanno osservato i suoi legali - ma che non vengono eseguiti". Secondo i due avvocati, "la soluzione del "caso Dorigo" è oramai improcrastinabile e in ogni caso deve essere salvaguardata la sua vita".

I due avvocati ed il consigliere comunale stamani, prima di attuare la loro protesta, hanno incontrato il loro assistito, che, come detto, gli ha confermato la volontà di proseguire ad oltranza nella sua protesta. "È uno spettro irriconoscibile - ha detto l’avvocato Trupiano - e la sua temperatura corporea è quella di pezzo di ghiaccio. Il consigliere Briguori, che è anche medico, ci ha detto - ha proseguito - che il rischio di un blocco renale è altissimo". Mentre era in corso la protesta davanti al carcere si è radunato un gruppo di giovani in segno di solidarietà - hanno riferito i due avvocati - con Dorigo e con la loro protesta.

Pena morte: Cities for life, testimonial ex condannato...

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

Ci sarà anche Nick Yarris, ex condannato alla sedia elettrica riconosciuto innocente dopo 23 anni trascorsi nel braccio della morte di un penitenziario della Pennsylvania, tra i testimonial i "Cities for life", la manifestazione nazionale contro la pena di morte organizzata dalla comunità di Sant’Egidio che si terra il 30 novembre in tutta Italia.

Martedì prossimo è la Giornata internazionale delle Città per la Vita, contro la pena di morte, data che ricorda la prima abolizione della pena capitale da parte di uno Stato, il Granducato di Toscana di Pietro Leopoldo, nel 1786. Trecento città italiane e del mondo fanno già parte del movimento e il loro simbolo, dal Colosseo alla Casa Rosada, dall’Atomium al Palazzo della Moneda, sarà illuminato in maniera diversa per diventare emblema vivente, che dice al mondo che è possibile fare a meno della pena di morte, come è accaduto per la schiavitù e la tortura.

Yarris sarà a Catania già lunedì prossimo, e nel pomeriggio terrà un incontro nell’aula magna del Palazzo centrale dell’università, nell’ambito di un’iniziativa promossa dalla facoltà di Scienze politiche e dal Comune. L’indomani sera Yarris parteciperà a una veglia di preghiera nella chiesa di San Biagio, in piazza Stesicoro, al termine della quale verrà illuminata simbolicamente la fontana dell’Elefante, in piazza Duomo.

Yarris, 25 anni fa venne fermato dalla polizia per un’infrazione stradale. Mentre era in carcere, un detenuto disse al procuratore che Nick aveva confessato di aver ucciso una donna, che l’imputato ha sempre negato di avere conosciuto. Secondo Yarris il detenuto lo avrebbe accusato falsamente per ottenere in cambio la sua scarcerazione.

A salvarlo dalla morte è stata la prova del Dna, accettata per la prima volta negli Usa da una Corte, che ha consentito di accertare la sua estraneità all’omicidio. L’uomo ha lasciato due anni fa il braccio della morte senza una casa, senza soldi, senza assistenza sanitaria.

"Mi hanno torturato, ma io non ho mai provato rabbia per quello che mi facevano, che mi hanno fatto - ha affermato - ora sento la mia vita come un qualcosa di stupendo, ma so che lì, nel braccio della morte ci sono altri innocenti che trascorrono il tempo come lo ho trascorso io. In quella cella di pochi metri alla fine non riesci neanche più a parlare con te stesso". "Quest’esperienza - sostiene Yarris - mi ha migliorato, mi ha reso molto migliore.

Ma per altri non è stato così. Un detenuto uscito da quel penitenziario, Charlie Greener è diventato il "mostro del carcere di Abu Graib", in Iraq, dove sono state commesse enormi crudeltà. Quando sono uscito ho guardato i miei amici, i miei colleghi di detenzione. So che sono innocenti, e uscendo ho promesso loro che avrei lavorato per loro. Perché abbiano giustizia". Sulla sua vicenda Yarris ha realizzato un Cd che promuove con Williams Nieves e Ray Krone in tutta Europa.

Bompressi: Storace, per me chi uccide deve stare in galera...

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

"Non ho molta simpatia dell’estrema sinistra e la mia valutazione potrebbe essere viziata da un pregiudizio. Secondo me chi uccide deve stare in galera". Così il presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, giudica il no del ministro della Giustizia Castelli alla grazia a Bompressi.

"Il carcere - ha aggiunto Storace - certo serve anche al ravvedimento ma non so se questo è il caso. Devo però dire che se si fosse trattato della grazia per Sofri, sarei stato molto più netto mentre per Bompressi mi dicono che ci siano dei problemi di salute.

Sofri invece scrive e parla con mezzo mondo, non mi sembra proprio privato della libertà". Quanto alle divergenze tra il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e il ministro Roberto Castelli, l’esponente di An, spiega: "Non conosco le carte, il Presidente della Repubblica dice una cosa, Castelli un’altra... la Costituzione afferma che dovrebbero dire la stessa cosa tutti e due".

Pannella: su grazia, il Presidente vada fino in fondo…

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

Il Presidente Ciampi dovrebbe assumersi la responsabilità di esercitare il suo potere e concedere la grazia a Ovidio Bompressi, nonostante l’opposizione di Roberto Castelli. Secondo Marco Pannella, il conflitto tra il Presidente della Repubblica e il ministro della Giustizia dovrebbe risolversi in maniera semplice.

"Il Presidente della Repubblica - dice Pannella - è indotto e costretto ormai da anni a compiere passi tecnici invece di difendere e affermare i suoi poteri e doveri. L’errore sta proprio nel fatto che il Presidente è stato indotto a compiere questi atti, che lo mettono in situazioni contraddittorie e pregiudicate. Oggi per esempio il ministro Castelli ha dichiarato di non potere preparare il decreto di concessione della grazia, come gli è stato richiesto, perché non è d’accordo.

Poco meno di un anno fa l’operazione detta Boato come noi avevamo avvertito andò nella direzione opposta a quella che il Presidente voleva. Tre mesi dopo con l’inizio del mio sciopero della sete Ciampi dichiarò pubblicamente di aver richiesto al Ministro di compiere una serie di atti e mandarglieli: gli sono stati mandati dopo 6 mesi, e questo è già sintomatico. (...) Se tutto è rimesso alla Corte Costituzionale passeranno ancora trimestri se non di più di una sceneggiata in qualche misura oscena".

"Una riforma del 1989 ha stabilito che il Presidente può essere investito e esercitare il suo potere di grazia a prescindere dalla richiesta del condannato o dei suoi rappresentanti, o dalla proposta di chiunque, a cominciare dal Ministro. Oggi, non c’è più la necessità di un ministro proponente. Si tratta di un mero atto dovuto.

È chiaro che c’è uno scontro tale tra Ministro e Presidente che il Governo ne è investito, mentre il Presidente del Consiglio finge di ritenere che non può fare nulla. Berlusconi sarebbe potuto intervenire da tempo, ma mezza An e la Lega non vogliono che lui lo faccia. Il Presidente del Consiglio sta diventando lo "yes men" di parti della sua coalizione, le parti meno aggiornate di An, e della Lega che continua a proporre atti poco costituzionali o poco rispettosi delle leggi, oltre che dei buoni rapporti istituzionali", conclude Pannella.

Castelli, il 41 bis può essere esportato in Europa…

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

"Il regime del carcere duro, il 41 bis introdotto stabilmente nel 2002 nel nostro ordinamento penitenziario, è un modello che può essere esportato negli altri paesi europei impegnati nella lotta al terrorismo e al crimine organizzato e che non lede l’obiettivo del rispetto degli standard comunitari di detenzione".

Lo ha detto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, parlando a margine della conferenza dei direttori europei delle amministrazioni penitenziarie che si svolge in Campidoglio. In particolare, a chi gli chiedeva se l’obiettivo del Consiglio d’Europa di arrivare alla definizione di parametri di detenzione uguali in tutti i paesi europei possa segnare la fine del 41 bis, Castelli ha risposto: "Non credo che gli standard comunitari segnino la fine del 41 bis perché non implicano l’impossibilità di applicare regimi di detenzione straordinaria nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata che sono un obiettivo fondamentale per la sicurezza europea". "Credo anzi - ha aggiunto il guardasigilli - che il 41 bis possa essere preso come esempio anche dagli altri paesi".

Droghe: Rapporto UE; cocaina, aumenta consumo tra giovani

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

Il consumo recente di cocaina "è alquanto aumentato" tra i giovani di vari Stati membri, tra cui l’Italia, e in generale in Europa si assiste ad un aumento delle domande di trattamento per il consumo di cocaina: lo afferma il rapporto annuale dell’Osservatorio europeo sulle droghe (Emcdda) pubblicato oggi.

Ad averne fatto uso almeno una volta nella vita, sotto forma di polvere da sniffare o da fumare (crack), è stato, secondo l’Emcdda, un massimo del 10% dei giovani europei tra i 15 e i 34 anni. Dalle indagini emerge che il consumo recente (negli ultimi dodici mesi) è in crescita tra i giovani di Danimarca, Germania, Spagna e Regno Unito, e, localmente, in Italia, Grecia, Irlanda e Austria. Il consumo una tantum scende ad un massimo del 6% nella popolazione europea tra i 15 e i 64 anni, con una percentuale massima dell’1% di persone della stessa fascia di età che ammette di aver consumato cocaina nel corso degli ultimi 12 mesi.

Secondo il rapporto, un numero sempre maggiore di cittadini europei chiede di entrare in trattamento per problemi correlati al consumo di cocaina e nella maggior parte dei paesi l’intervento terapeutico viene richiesto per il consumo di cocaina in polvere piuttosto che per il crack.

Droghe: Rapporto UE, ecstasy secondo stupefacente più usato

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

L’ecstasy ha sorpassato le anfetamine come seconda droga più diffusa in Europa dopo la cannabis: è questa la conclusione del rapporto sul consumo di sostanze stupefacenti nell’Ue, pubblicato oggi dall’Osservatorio europeo sulle droghe.

"Complessivamente - osservano gli esperti europei - i dati disponibili mostrano che l’andamento del consumo recente di ecstasy in Europa è in continuo aumento" tra i giovani di età compresa tra i 15 ed i 34 anni. Un massimo del 7% della popolazione europea tra i 15 ed i 64 anni ha provato l’ecstasy almeno una volta (con un picco del 12% in Gran Bretagna).

Tra i giovani invece il dato raggiunge l’11%, mentre il 6% ha fatto uso di questa sostanza stupefacente nel corso degli ultimi 12 mesi. L’ecstasy conferma il suo ruolo di droga da party e da discoteca ed il suo consumo massimo si registra tra i maschi di età compresa tra 15 e 24 anni. "Nella maggior parte dei paesi dell’Ue - osserva lo studio - i decessi in cui sia coinvolta l’ecstasy sono relativamente rari".

Droghe: Rapporto UE; cannabis, consumo pesante tra teenager

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

La cannabis resta la droga di consumo più comune nell’Ue, e tra i giovani studenti tra i 15 e i 16 anni si registrano preoccupanti segnali di "consumo pesante": è quanto emerge dal rapporto annuale dell’Osservatorio europeo sulle droghe.

Ad aver provato la marijuana è circa un adulto europeo su cinque, ed il suo consumo è generalmente massimo tra i giovani tra i 15 e i 34 anni. Negli ultimi 12 mesi ne ha fatto uso un massimo del 20% dei giovani europei. Nella maggior parte dei casi il consumo di cannabis è definito "occasionale" e circoscritto a "periodi limitati di tempo", tuttavia circa il 15% degli studenti di 15-16 anni dell’Ue che hanno fatto uso di cannabis nell’anno precedente sono "forti consumatori" (ossia fumano marijuana almeno 40 volte all’anno).

Il consumo di cannabis è sensibilmente superiore tra gli uomini e quello "pesante" è addirittura doppio nella fascia maschile rispetto a quella femminile. In particolare l’uso si concentra nella popolazione maschile della fascia di età compresa tra i venti e i trent’anni.

Milano: a 10 detenuti di Bollate patente europea computer

 

Ansa, 26 novembre 2004

 

Dieci detenuti del carcere milanese di Bollate hanno ottenuto la patente europea per il computer al termine di un corso altamente specializzato, finanziato dal Fondo sociale europeo e dalla Regione Lombardia e organizzato dalla Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri (Siam) all’interno della casa circondariale.

Del corso, adattato alle esigenze derivanti dallo svolgersi all’interno del carcere, hanno parlato stamani a Milano Bruno Soresina, presidente del Siam e Lucia Castellano, direttrice della II casa di reclusione di Milano-Bollate. Castellano dopo aver sottolineato che il corso ha attirato l’interesse dei detenuti "con risultati che hanno prodotto per alcuni di loro incarichi di stage preso aziende esterne" ha rivolto un appello alle piccole medie imprese "affinché vengano a visitare il carcere e a verificare le potenzialità logistiche e strutturali per offrire posti di lavoro ai detenuti".

Soresina ha spiegato che "la conclusione di questo progetto, nata anche grazie all’opera volontaria del nostro docente Lorenzo Lento, rappresenta una tappa importante, ma non conclusiva, sulla via dell’impegno sociale che da oltre 160 anni caratterizza l’opera della Società di incoraggiamento arti e mestieri".

Rovigo: recupero dei criminali, ne parla fra Beppe Prioli

 

Il Gazzettino, 26 novembre 2004

 

Comportamento deviante, criminalità e recupero sociale dei detenuti saranno al centro dell’incontro-dibattito che si svolgerà questa sera alle 21 presso l’auditorium della biblioteca Comunale "G. Baccari".

L’appuntamento sarà introdotto dal sindaco Alessandro Ferlin e dall’assessore Fabrizio Pavan. A parlare della propria esperienza sarà fra Beppe Prioli, francescano che da 40 anni si occupa di assistenza nelle carceri, operando per il recupero di coloro che si sono macchiati di reati gravi. La sua missione è, come espresso dalle parole dell’amico don Luigi Ciotti, "abitare il cuore dell’uomo".

A condurre la serata, mons. Valentino Tonin della fondazione Migrantes, la giornalista Emanuela Zuccalà che sull’operato di fra Beppe Prioli ha scritto il libro Risvegliato dai lupi, e l’avvocato Tosca Sambinello, presente per risolvere quesiti di ordine tecnico-giuridico. Le conclusioni politiche saranno dell’on. Gabriele Frigato e del consigliere regionale Renzo Marangon.

Sassari: aids, una speranza anche per chi è in carcere…

 

L’Unione Sarda, 26 novembre 2004

 

L’occasione consentirà di controllare lo stato dei lavori per la realizzazione del reparto medico per i malati di Aids, l’iniziativa pilota che sta per divenire realtà nel carcere di San Sebastiano. La sua inaugurazione è prevista per la fine del prossimo mese di gennaio; ma intanto sarà possibile vedere a che punto siano giunti i lavori di realizzazione.

L’occasione, si diceva, sarà colta il primo di dicembre dall’incontro organizzato nel carcere sassarese per celebrare la giornata mondiale contro l’Aids, la malattia che sempre di più si tende a rimuovere ma che altrettanto subdolamente continua a dilatare la sua presenza nel mondo.

"Una scelta simbolica, quella della celebrazione nel carcere di San Sebastiano, luogo di sofferenza ma dimenticato per disattenzione e per i pregiudizi", ha commentato ieri mattina padre Salvatore Morittu, presidente di Mondo X, nel corso della conferenza stampa per la presentazione dell’iniziativa.

Il programma della giornata mondiale per la lotta all’Aids, da celebrare nel carcere sassarese, è stato illustrato nei locali della Casa famiglia Sant’Antonio Abate, oltre che da padre Salvatore Morittu, dal responsabile della casa Pinuccio Canna, dal responsabile del centro sassarese di accoglienza Mondo X, Bruno Porcu, e dal consigliere provinciale Antonello Unida, vero promotore dell’iniziativa.

"Una situazione tanto più preoccupante nelle carceri - ha ricordato Antonello Unida - per cui si impone una struttura che tenga conto di questa presenza. Si pensi che a San Sebatiano, secondo mie notizie, almeno il 5 per cento dei detenuti tossicodipendenti risulta ammalato di Aids".

Nel corso della conferenza stampa, comunque, è stato anche ricordato che la Sardegna è la terza regione italiana per incidenza di Aids, con il 2,4 per cento di ammalati ogni cento mila abitanti. "E oggi è nuovamente allarme - è stato spiegato -: dalla metà degli anni 90 si è fermato il calo sulla segnalazione di nuovi casi.

E ciò per colpa della mancanza di informazione. Oggi, infatti, l’Aids colpisce meno quelle che erano le categorie a rischio, omossessuali e tossicodipendenti, ma si diffonde di più tra gli eterosessuali". La manifestazione a San Sebastiano (saranno presenti autorità militari, civili e religiose) prevede anche un momento di solidarietà e di divertimento con la presenza dei Tressardi e la Pola. In serata sarà inoltre presentato il libro di Antonello Unida Oltre lo Sguardo, ed il ricavato della vendita sarà destinato alla comunità di Mondo X.

Droghe: trattamenti sostitutivi per tossicodipendenti detenuti

 

Vita, 26 novembre 2004

 

Presentato con una conferenza stampa al Parlamento europeo, lo studio fa il quadro delle politiche e pratiche per il trattamento della tossicodipendenza nelle carceri di 18 paesi europei. In un incontro organizzato da Marco Pannella (membro del Parlamento europeo), dal suo gruppo politico (Alleanza europea liberali e democratici, Alde), dall’European network on drugs and infection prevention in prisons (Endipp) e dal Crounston drug service, è stato presentato uno studio sulle terapie sostitutive nelle carceri europee.

Curato da Heino Stover (Univ. di Brema), Laetitia Hennebel (Cranstoun Drug Service) e Joris Casselman (Univ. Lovanio), il rapporto ha raccolto e aggregato i dati provenienti da 18 paesi europei, a cui si sono aggiunti visite sul campo, interviste e incontri cogli operatori e coi carcerati.

Sono state individuati diverse tematiche emergenti, su cui il rapporto cerca di fornire raccomandazioni per la loro risoluzione. Uno degli scopi del lavoro è stato anche quello di individuare le cosiddette "buone prassi", ovvero pratiche di trattamento che abbiano fornito risultati importanti.

Tra le conclusioni del rapporto, un accento particolare viene posto sulla necessità di un’inclusione del problema nell’agenda sanitaria globale da parte dei decision - makers, politici, funzionari carcerari o sanitari che siano. Il rapporto è disponibile su www.endipp.net.

Rimini: On. Berselli, urge potenziare il personale di polizia...

 

Corriere della Romagna, 26 novembre 2004

 

Dopo la visita di Rifondazione comunista e dell’associazione Papillon al carcere di Rimini, l’onorevole Filippo Berselli, sottosegretario alla Difesa e sindaco di Montefiore Conca, ritorna sull’insufficienza del numero di guardie carcerarie. Berselli aveva già sollecitato l’intervento del collega sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino. Ottenuta una risposta ha però scoperto, per informazione della direttrice del carcere, che la pianta organica reale dei Casetti non corrisponde più a quanto dichiarato da Valentino.

Da qui una nuova lettera in cui Berselli precisa al collega che la polizia penitenziaria di Rimini sulla carta ha 139 addetti compresi i distaccati in altre sedi, i prossimi alla pensione, gli assenti per malattia etc. Le 123 guardie per legge dovrebbero coprire turni di sei ore ciascuna. Impossibile!

E così molti si ritrovano a lavorare per otto ore al giorno."Un esempio eclatante - scrive Berselli - è il nucleo traduzioni e piantonamento dei detenuti, istituito con legge nazionale che deve essere composto da 25 addetti. Ai Casetti sono solo in quindici". A causa della vistosa mancanza di un organico adeguato, Berselli ha richiesto a Valentino "un suo urgente intervento per risolvere una situazione davvero critica".

Napoli: carcere militare, i detenuti a scuola di giardinaggio

 

Il Mattino, 26 novembre 2004

 

Disegno e giardinaggio. E poi: una squadra di rugby, l’impegno in attività sociali, prove di solidarietà per la costruzione di un centro odontoiatrico in Uganda e in favore di quanti hanno bisogno di sangue, con la donazione in favore dell’Avis.

Accade nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere dove i detenuti, che da liberi avevano indossato la divisa, sono stati coinvolti con successo nelle iniziative di reinserimento sociale promosse dal comandante dell’organizzazione penitenziaria militare, il generale Celeste Rossi, autorizzate dal magistrato di sorveglianza Daniela Della Pietra e realizzate dallo staff del tenente colonnello Roberto Salucci.

L’ultima è stata la donazione di sangue. Ma nei giorni scorsi si erano conclusi anche i corsi di disegno e giardinaggio, realizzati grazie a una convenzione tra la direzione del carcere e la Regione Campania e finanziati con fondi della Comunità europea. Gli esami sono stati effettuati con l’intervento di un funzionario dell’Ispettorato del lavoro e superati da tutti i partecipanti. Al termine, la consegna degli attestati.

 

 

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