Rassegna stampa 25 novembre

 

Castelli: un detenuto su quattro lavora per l’Amm. Penitenziaria

 

Vita, 25 novembre 2004

 

Il ministro della Giustizia ha annunciato anche che in Italia 1 detenuto su 4 è impegnato "in attività di lavoro per conto dell’amministrazione penitenziaria". In Italia il 25% dei detenuti è impegnato "in attività di lavoro per conto dell’amministrazione penitenziaria". Una percentuale che ancora "non ci soddisfa", ma che comunque è "in aumento".

A sottolineare come il lavoro nelle carceri sia una delle attività sulle quali "puntiamo di più per il recupero dei detenuti e il loro reinserimento nella società" è stato il ministro della Giustizia Roberto Castelli, nell’intervento con il quale stamattina ha aperto in Campidoglio i lavori della "Conferenza dei direttori delle amministrazioni penitenziarie e dei servizi per le misure alternative", organizzata dal Consiglio d’Europa e dal ministero di Via Arenula.

Tra i progetti più riusciti, ha ricordato Castelli, il laboratorio per realizzare gli abiti di scena della "Scala" di Milano e il call-center per una compagnia telefonica. Nuovi centralini di servizio che si punta a creare anche in altre carceri, ha anticipato.

"Le condizioni di detenzione - ha sottolineato il Guardasigilli - sono un parametro per misurare la coscienza civile della nostra società ed è necessario giungere a livelli minimi comuni di esecuzione della pena".

Castelli ha evidenziato la necessità di affermare sempre di più "il principio della esecuzione della pena nel paese di origine". Un obiettivo sul quale il governo è impegnato, attraverso i rimpatri. "È un dato di fatto - ha detto il Guardasigilli - che l’aumento della criminalità oggi in Italia è legato alla presenza di extracomunitari.

Abbiamo dato delle risposte interessanti. Se in questo momento la presenza di extracomunitari è stazionaria nei penitenziari italiani, questo è dovuto alla norma che io stesso - ha rivendicato - ho voluto introdurre nella Bossi-Fini, che consente di rimandare nei loro Paesi di origine, liberi, quegli extracomunitari che hanno subito condanne non gravi, fino a 2 anni". Si tratta di "risposte razionali", ha aggiunto Castelli, che sono "in linea con i principi di rispetto dei diritti umani e ci consentono di mantenere stabile la popolazione carceraria". I Balcani e gli Stati della sponda meridionale del Mediterraneo, ha ricordato, sono i Paesi con i quali l’Italia è "più impegnata" per raggiungere accordi di rimpatrio.

Il governo, ha detto ancora il ministro della Giustizia, "con grande impegno" sta cercando di cancellare le "ombre" che ancora gravano sul sistema carcerario italiano. "Sono sostanzialmente quei penitenziari obsoleti, alcuni addirittura non vecchi ma antichi", ha spiegato Castelli, ricordando che è stato varato un programma di costruzione di nuovi istituti. "Oltre 23 carceri, per un totale di oltre 2.000 miliardi".

Tinebra: "i detenuti hanno diritto all’umanità"…

 

Vita, 25 novembre 2004

 

Il capo del Dap ha aggiunto: "Un carcere capace di recuperare coloro che vi transitano è conformità ed armonia tra esigenze di sicurezza e di giustizia". "Un trattamento umano e orientato al recupero dei detenuti giova alla sicurezza della società".

A sottolinearlo è il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra, nell’intervento con cui in Campidoglio ha aperto i lavori della "Conferenza dei direttori delle amministrazioni penitenziarie e dei servizi per le misure alternative", organizzata dal Consiglio d’Europa e dal ministero della Giustizia.

"Esiste - ha evidenziato tenebra - una richiesta di sicurezza che muove dalla società. La risposta corretta non consiste nell’ignorarla, ma nel rispondervi in modo adeguato, ossia in una direzione che non trascuri la sicurezza conforme alle esigenze della giustizia. Un carcere capace di recuperare coloro che vi transitano è conformità ed armonia tra esigenze di sicurezza e di giustizia".

In molti Stati europei, tra i quali l’Italia, si assiste ad una tendenza: quella di "aumentare la durata della carcerazione", che riflette "una crescente intolleranza sociale per taluni delitti particolarmente ripugnanti". "Non si può censurare la crescita di una cultura che rifiuta che rifiuta il crimine. Ciò che sarebbe profondamente negativo - ha avvertito Tenebra - è che per le condanne di lunga durata venisse meno l’idea che la persona è comunque titolare di un diritto al trattamento. La prospettiva di ritornare in libertà non può essere soppressa senza sopprimere con ciò stesso il significato di un trattamento". In questo contesto, ha ricordato Tinebra, ha dato indicazioni "chiare": "Nei confronti dei detenuti a pena di lunga durata occorre l’intensificazione degli sforzi trattamentali, una specificità di offerte, un maggior supporto di competenze psichiatriche e psicologiche, un’attenzione particolare alla dimensione affettiva". Il carcere oggi è "profondamente cambiato", ha sottolineato il capo del Dap, ma "moltissime sono ancora le ragioni che impongono di pensare alla trasformazione": da "strumento inevitabile" il carcere può diventare "strumento non inevitabilmente dannoso".

Tinebra ha posto l’accento anche sulle misure alternative alla detenzione. "Vi è una progressione - ha detto - nei numeri e nella tipologia, anche se tuttora incapaci di ridurre il numero dei detenuti e il tasso di carcerazione nei Paesi europei. Sul piano concreto, la principale molla delle misure alternative non è il sovraffollamento, ma il carcere stesso. Se si accetta l’idea - ha aggiunto il capo del Dap - che la pena deve essere finalizzata non ad infliggere una sofferenza al condannato, ma ad una finalità di recupero, risulta chiaro che la misura alternativa è una soluzione auspicabile, in un certo numero di casi, indipendentemente dal problema del sovraffollamento".

Ciò che occorre però, secondo Tinebra, sono "limiti precisi" nell’applicazione di misure alternative al carcere, assieme ad "un organo specializzato che, con le necessarie garanzie, sia in grado di applicarle con equilibrio". E servono anche "strutture adatte e personale culturalmente attrezzato" perché il carcere sia "luogo di attenzione e di verifica".

Firenze: ogni anno 3.500 detenuti "passano" a Sollicciano

 

Nove da Firenze, 25 novembre 2004

 

Questa è la popolazione carceraria a Sollicciano aggiornata al 25 ottobre scorso. Più di 1000 persone per l’istituto di pena fiorentino con una capienza, però, di circa 500 detenuti. Da queste premesse, prende spunto il convegno che il 3 e 4 dicembre si svolgerà nel Salone dè Dugento di Palazzo Vecchio: "Del carcere, solo questo sappiamo, ciò che non è, ciò che non vogliamo" organizzato dall’assessorato alle politiche sociali del Comune di Firenze, dalla Regione Toscana, dal Garante dei Detenuti e dalla Fondazione Michelucci e durante il quale sarà anche presentato l’Osservatorio sugli istituti di pena della Toscana.

Il convegno vuole analizzare il sovraffollamento nelle carceri toscane, a partire proprio da Sollicciano, e proporre una riduzione del numero dei detenuti dove il 50% è rappresentato da stranieri (soprattutto dell’Albania, Marocco, Tunisia, ex Jugoslavia, Romania e Algeria) ed il 30% proviene dalla provincia di Firenze. Durante il convegno saranno anche presentate le modifiche dell’Ordinamento Penitenziario elaborate dalla Fondazione Michelucci e nella tavola rotonda sarà discussa la necessità della riforma penitenziaria con la partecipazione di esponenti politici.

"Tutte le persone rappresentano, per la città, delle risorse da non disperdere - ha sottolineato l’assessore alle politiche sociali Lucia De Siervo - e bisogna lavorare per un loro reinserimento civile nonostante abbiano commesso degli errori ma non per questo sono da lasciare nelle carceri, in situazioni di grave sovraffollamento e marginalità.

Il convegno rappresenta una tappa importante di un percorso che vede il Comune di Firenze da anni impegnato sulla situazione di Sollicciano e Solliccianino e che ha portato all’istituzione del Garante dei Detenuti, una figura che serve a non abbandonare queste persone ed a farle reintegrare. Il 13 dicembre si svolgerà, all’interno di Sollicciano, anche una seduta del Consiglio Comunale. Molte le attività realizzate e partecipate da parte dei detenuti; tra queste: pittura, teatro, riparazione delle biciclette. Al termine del convegno faremo anche vedere un video che permetterà agli spettatori di farli entrare in contatto con la realtà carceraria.

Numerosi sono i servizi previsti all’interno di Sollicciano promossi o sostenuti dal Comune. Ad esempio, il progetto "Theo", rivolto alle donne con figli che continuano ad essere detenute avendo accanto i propri bambini (attualmente ce ne sono tre) e che possono contare anche su appositi spazi giochi. Il "Giardino degli Incontri" è l’ultimo, in ordine di tempo, realizzato dalla Fondazione Michelucci e che sarà ultimato entro la prossima estate.

Si tratta di un grande spazio rotondo con angoli che ricordano il bosco, adatto per lo svolgimento dei colloqui tra i detenuti ed i parenti. Alla presentazione del convegno hanno partecipato anche Angelo Passaleva, assessore alle politiche sociali della Regione Toscana, Alessandro Martini assessore alle politiche sociali della Provincia di Firenze e Alessandro Margara presidente della Fondazione Michelucci.

Su grazia attacco eversivo al Quirinale da Castelli

 

L’Unità, 25 novembre 2004

 

Dopo almeno tre anni di braccio di ferro Carlo Azeglio Ciampi prende un’iniziativa clamorosa. Vuol tirare dritto sulla decisione annunciata di concedere la grazia a Ovidio Bompressi (e, si può intendere, in seguito anche ad Adriano Sofri).

Solleverà, perciò, "conflitto di attribuzione" ­ per la prima volta nella storia della Repubblica ­ davanti alla Corte Costituzionale per rimuovere gli effetti paralizzanti del veto del ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli.

Un "atto dovuto", come la controfirma del Guardasigilli al decreto di grazia, s’è trasformato in un "potere d’interdizione" di cui non c’è traccia nella Carta: all’origine di tutto una telenovela di pasticci, sgambetti, doppi e tripli giochi di Berlusconi, del governo e della maggioranza, volti a lasciare in mano a Ciampi il classico cerino acceso.

La Costituzione assegna al presidente della Repubblica il potere di grazia, ma prevede, per render validi alcuni atti del presidente, una specie di visto del ministro: mai era accaduto ­ ed è qui il punto politico del conflitto ­ che la differenza di opinione tra guardasigilli e presidente sfociasse in uno scontro che mettesse in forse le prerogative del Quirinale.

C’è un solo precedente, ma non sfociò in una vera crisi di rapporti tra Colle ed esecutivo: Cossiga e Martelli, l’uno favorevole, l’altro contrario alla grazia al capo delle Br, Renato Curcio, stavano per finire davanti alla Corte costituzionale, ma il ministro, che aveva avviato le procedure per sollevare il "conflitto", alla fine rinunciò. Stavolta, invece, tutto fa ritenere che alla Consulta passi l’ultima parola.

Ieri un’ora di colloquio al Quirinale a porte chiuse. Presenti il segretario generale Gaetano Gifuni, il consigliere legislativo Salvatore Sechi e il consigliere giuridico Loris D’Ambrosio. Castelli ha detto quel che gli altri si aspettavano. Cioè è rimasto sulle sue posizioni: negherà ­ ha ripetuto ­ la sua firma in calce al decreto di Ciampi.

Sul tavolo del presidente rimangono, perciò, solo tre fascicoli definiti, quello che riguarda la concessione della grazia al bandito sardo degli anni Sessanta, Graziano Mesina, (provvedimento che Cossiga sul finire del suo settennato aveva già cercato di avviare senza successo), e quelli di due altri casi "minori": Luigi Pellè, un carabiniere che uccise un ladro d’auto a Torvajanica, e Aldo Orrù, un gangster milanese, anche lui in galera per omicidio.

Entrambi hanno scontato metà pena. Per loro c’è il sì di Castelli, e questi tre decreti del presidente sono stati siglati dal ministro: prossimamente si parla di altre grazie in arrivo, per alcuni detenuti altoatesini in carcere per attentati ai tralicci negli anni Sessanta, e forse anche per alcuni degli appartenenti all’organizzazione paraleghista dei "Serenissimi" che inscenarono il blitz di un blindato "fatto in casa" in piazza san Marco a Venezia.

Sono alcuni dei casi via via entrati nel vortice di un complesso "mercato delle grazie" inscenato in questi anni dalle spinte e contro spinte delle varie anime della maggioranza. È indicativo, però, che Ciampi abbia voluto prendere le mosse dalla concessione della grazia a tre personaggi, la cui sorte non risulta fosse stata presa in considerazione nel corso della "trattativa" sotterranea all’interno della maggioranza.

Ancor più significativi i toni e i contenuti del comunicato con cui ieri a ora di pranzo il Quirinale ha reso noto le decisioni. È interessante leggerlo con la lente d’ingrandimento: dopo aver detto delle tre misure di clemenza concesse "si rende noto altresì che l’8 novembre scorso il presidente della Repubblica, dopo attento e accurato esame della documentazione fattagli pervenire, su sua richiesta, dal ministro della Giustizia, aveva comunicato al Guardasigilli di essere pervenuto nella determinazione di concedere la grazia della pena detentiva residua a Ovidio Bompressi e lo aveva invitato a inviargli il relativo decreto ai fini della sua emanazione".

In questo capoverso Ciampi anzitutto rivendica l’insistenza con cui già nell’aprile scorso aveva strigliato Castelli per i troppi cincischiamenti che da via Arenula erano stati frapposti all’invio della documentazione sui due leader di Lotta Continua condannati per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi. La documentazione fu, dunque, fatta pervenire dal guardasigilli "su richiesta" dello stesso Ciampi.

E si tratta di una formulazione eufemistica, se solo si voglia ricordare la sgarbata reazione dello stesso ministro e del suo capo di gabinetto alla pubblicità data a questo sollecito dal Colle. E il fastidio con cui venne accolto il richiamo di Ciampi all’articolo 681 del Codice di Procedura Penale, che prevede, appunto, il potere autonomo di grazia e la clemenza anche in assenza di "proposta" del Guardasigilli. Perché le cose siano chiare nella stessa frase del comunicato di ieri si mette anche nero su bianco la "determinazione" già allora presa dal presidente, di concedere la grazia a Bompressi. Se la richiesta di Ciampi è dell’8 novembre, come mai Castelli ha lasciato passare ben sedici giorni prima di salire al Quirinale? "È stata la prima data utile", in serata sarà la sgarbata spiegazione del ministro.

La nota del Quirinale prosegue, del resto, con una glaciale, simmetrica contrapposizione: "Nel corso della udienza il ministro Castelli ha fatto presente di essere contrario alla concessione della grazia Bompressi e che, conseguentemente, non è in grado di inviare al capo dello Stato il relativo decreto. Il presidente della Repubblica ha preso atto di tale comunicazione e si è riservato di assumere le proprie decisioni".

La formula del "si riserva" si spiega semplicemente con i tempi tecnici: le decisioni "in itinere" riguardano, per l’appunto, proprio l’avvio delle procedure del conflitto di attribuzione di fronte alla Consulta. Il Quirinale non ne ha parlato esplicitamente perché si tratta ancora di redigere un vero e proprio "atto di citazione", e si prevede che l’annuncio ufficiale del "conflitto di attribuzione" verrà dato a metà dicembre, dopo il ritorno di Ciampi dalla Cina. Ancora, perché la Corte Costituzionale dica la sua è prevedibile che passino ancora alcuni mesi.

Nella matrioska di questo conflitto istituzionale, è contenuto, com’è ovvio, il caso Sofri. La pratica relativa all’ex leader di Lotta Continua è stata lasciata a dormire da Castelli per ancor più tempo rispetto al caso Bompressi. Un paio di mesi sono stati impiegati dagli uffici del Quirinale per sviscerare la vicenda di quest’ultimo. Il fascicolo relativo a Sofri è giunto, invece, da poche settimane sul Colle. Ed è per questa ragione che formalmente ieri non se n’è parlato. Ma le convinzioni maturate da Ciampi sono abbastanza note; e un via libera della Corte sul caso Bompressi accenderebbe quasi automaticamente anche il disco verde per la libertà a Sofri. Già si vedono salire, però, altre scintille: anche ieri per An, il ministro Gasparri ha ripetuto un aggressivo avvertimento a Ciampi paventando una violazione della Costituzione nel caso che la grazia venga estesa a Sofri, con l’argomento (privo di appigli giuridici) che quest’ultimo, a differenza di Bompressi, non avrebbe chiesto la grazia.

Come fermare il conflitto? In teoria, ma solo in teoria, la strada alternativa potrebbe consistere in un intervento di Berlusconi, che in coerenza con la sua posizione a favore di Sofri, potrebbe imporre a Castelli una retromarcia, con una decisione plenaria del Consiglio dei ministri, controfirmando personalmente il decreto, o persino assumendo un "interim" per la Giustizia ristretto alla materia.

Ma i canali di comunicazione del Quirinale con palazzo Chigi sono da tempo intasati, e una simile strada (basata sulle buone intenzioni del premier e sulla sua capacità di controllare la sua maggioranza) è stata già invano praticata, in tempi in cui ancora la maionese del centrodestra non era completamente impazzita: confidando, infatti, negli impegni di palazzo Chigi, di fronte allo stallo causato dalla "melina" del ministro leghista, a dicembre dell’anno scorso, Ciampi dichiarò di puntare all’approvazione della proposta di legge presentata da Marco Boato, che si proponeva di "chiarire" che il potere di grazia del capo dello Stato non è sottoposto al "concerto" con il Guardasigilli. La soluzione sembrava a portata di mano, ma il 17 marzo la norma naufragò alla Camera con i voti di An e della Lega, cui si associò gran parte del gruppo di Forza Italia. E Giuliano Ferrara scrisse sul "Foglio" berlusconiano che la Destra era "cialtrona".

Cuneo: il progetto Agorà e l'inserimento dei detenuti

 

Targa CN, 25 novembre 2004

 

I Comuni di Bra e Alba, in collaborazione con la Casa Circondariale di Alba ed il Centro Servizio Sociale per Adulti di Cuneo, nell’ambito del progetto "Agorà, percorsi di inclusione sociale" hanno organizzato un seminario sulle politiche attuate in materia di reinserimento sociale e professionale di cittadini soggetti a misure limitative della libertà. L’appuntamento è a Bra per venerdì 3 dicembre 2004, dalle ore 9 alle 13, presso il Centro Polifunzionale Culturale "Giovanni Arpino" (via Guala 45).

Nel corso della mattinata saranno presentati i risultati conseguiti nell’ambito del progetto con particolare approfondimento dei percorsi attuati a favore dei detenuti, ospiti dalla Casa Circondariale di Alba, sul tema della cittadinanza attiva, oltre che a coloro che hanno beneficiato della misura alternativa alla pena carceraria, nell’ambito del volontariato locale. Percorsi, questi, mirati a creare opportunità di riparazione sociale al danno compiuto in seguito al reato commesso attraverso la ricostruzione di relazioni umane significative e l’impegno gratuito a beneficio della comunità. Il convegno braidese permetterà inoltre di conoscere, attraverso la visione del film documentario "Hard living kids", commentato dal suo regista Davide Tosco, l’esperienza della giustizia riparativa attuata in Sud Africa.

Bologna: evasione da Cpt, in 5 fuggono altri 10 bloccati

 

Ansa, 25 novembre 2004

 

Nella notte tra lunedì e ieri 15 persone, tutte di origine nordafricana, hanno tentato di evadere dal Centro di permanenza temporanea di via Mattei a Bologna. Le forze dell’ordine sono riuscite a bloccare 10 fuggitivi, che sono stati arrestati, mentre 5 sono riusciti a superare il muro di cinta e ad allontanarsi dal centro.

Il gruppo, secondo la Questura, è riuscito praticare un foro nella parete di una stanza, al piano terra, usata solitamente come luogo di preghiera dagli ospiti musulmani del centro. I detenuti sono così riusciti a raggiungere il primo piano, attraverso una scala interna.

Lì i 15 si sono impossessati di alcuni oggetti, come aste di legno, da usare a scopo offensivo, e poi si sono calati nel cortile della struttura con l’intenzione di fuggire scavalcando il muro di cinta. A quel punto però sono intervenuti polizia e guardia di finanza, che hanno ingaggiato con i magrebini una violenta colluttazione. Nello scontro ci sono stati contusi da entrambe le parti: dei dieci arrestati (per violenza, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento), nove sono stati medicati sul posto mentre uno è stato accompagnato all’ospedale.

Tra le forze dell’ordine, sei i poliziotti contusi (un ispettore colpito da un colpo di spranga alla schiena ha riportato una contusione che guarirà in sei giorni) e altri otto uomini della guardia di Finanza.

Bologna: l'ennesima fuga dal Cpt finisce in un pestaggio

 

Melting Pot, 25 novembre 2004

 

Dalla stampa bolognese apprendiamo dell’ennesimo tentativo di fuga dal CPT di Via Mattei violentemente represso da Polizia e Guardia di Finanza nella notte tra lunedì e martedì scorsi.

Quindici detenuti hanno messo in atto un piano di fuga che dalla stanza adibita a zona di preghiera li avrebbe portati al piano superiore da cui poi uscire all’esterno. Le Forze dell’Ordine sono intervenute all’interno dell’edificio in tenuta antisommossa, e con pugni, calci e manganellate hanno tentato di bloccare la fuga.

Il risultato è che dieci detenuti del CPT si trovano ora in condizioni gravi nel reparto infermeria del carcere di Bologna, mentre uno di loro in seguito al pestaggio è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale e poi velocemente portato al carcere Dozza.

Perché durante quella notte le Forze dell’ordine si trovavano all’interno del Centro di Permanenza e non invece al di fuori dei cancelli dove sono tenuti a stare? Perché gli uomini di Polizia e Finanza erano già equipaggiati con manganelli, scudi e caschi?

La violenza inaudita e la tempestività con cui è intervenuta la Polizia fanno pensare ad un’azione esemplare preparata e premeditata. Un’azione dimostrativa per scoraggiare – magari in modo definitivo – le fughe che da un anno a questa parte si susseguono con maggior frequenza.

Le proteste, gli scioperi della fame, le rivolte, gli atti di autolesionimo, i ripetuti tentativi di fuga ci mostrano il vero costo di politiche di segregazione dei migranti, rinchiusi dentro a gabbie e recinzioni sempre più alte, che poco possono contro il desiderio di vita e libertà di ogni essere umano.

Gli epiloghi ogni volta più tragici dei tentativi da parte di queste donne e uomini di sottrarsi all’internamento reclamano un intervento concreto da parte delle istituzioni locali, passive e subalterne di fronte alla richiesta di aiuto che da tempo arriva da questo lager del presente.

Roma: conferenza amministratori penitenziari europei

 

Vita, 25 novembre 2004

 

Per la prima volta la Conferenza riunisce i direttori delle Amministrazioni penitenziarie e i rappresentanti dei Servizi per le misure alternative. Oggi alle ore 10.00, a Roma, nella sala della Protomoteca in Campidoglio, si sono aperti i lavori della "conferenza ad hoc" dei direttori delle amministrazioni penitenziarie e dei servizi per le misure alternative, organizzata congiuntamente dal Consiglio d’Europa e dal Ministero della Giustizia italiano.

I lavori saranno aperti dal ministro della Giustizia Roberto Castelli, dal direttore generale degli Affari Giuridici del Consiglio d’Europa Guy De Vel e dal Sindaco di Roma Walter Veltroni, presiede il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tinebra.

Partecipano alla Conferenza i responsabili delle Amministrazioni Penitenziarie degli Stati membri e di numerosi Stati non membri (Capi di Amministrazione o Vice Capi). I lavori della conferenza proseguono il 26 e il 27 novembre presso l’aula magna della Scuola di Formazione dell’Amministrazione Penitenziaria, Via di Brava 99, Roma.

Nel corso delle tre sessioni di lavoro verranno affrontati i seguenti temi: Aggiornamento delle Regole Penitenziarie europee; Sanzioni e Misure Alternative; Pene di lunga durata.

Secondo la pratica corrente, le Conferenze dei Direttori di Amministrazione Penitenziaria sono finalizzate a soddisfare le esigenze di studio, di approfondimento e di confronto dei diretti responsabili dell’amministrazione dei sistemi penitenziari. La Conferenza riserverà particolare attenzione alle migliori pratiche in materia di cooperazione sui temi oggetto di discussione.

Per la prima volta la Conferenza riunisce i direttori delle Amministrazioni penitenziarie e i rappresentanti dei Servizi per le misure alternative.

Brescia: Cigl denuncia il "disastro annunciato" delle carceri

 

Giornale di Brescia, 25 novembre 2004

 

Un appello per denunciare la situazione di degrado in cui versa il mondo carcerario in Italia - e Brescia in particolare - e per rimarcare la necessità di un garante dei diritti costituzionali della popolazione carceraria nazionale. Con questi presupposti è stato presentato ieri da parte del volontariato bresciano, su proposta della Cgil - Camera di Lavoro di Brescia, il testo della denuncia "Carceri, un disastro annunciato".

"Un appello che deve suonare necessariamente come un forte segnale di allarme sociale nella necessità di garantire condizioni di vita dignitose a chi vive nel carcere - ha sottolineato Graziano Fracassi della Cgil, affiancato da Franca Zoli, Gloria Baraldi (Fp-Cgil), Calogero Lopresti e Benedetta Scaglia (Polizia penitenziaria) e dai volontari Alberto Salvi (Uisp), Angelo Canori (Volca) e Luciano Consoli (Carcere & Territorio) - e per assicurare le risorse indispensabili all’affermazione il diritto alla salute in carcere".

Un’occasione nata "per porre con forza il problema della carenza di personale sociale ed educativo, per rafforzare la comunicazione e l’informazione sulla realtà penitenziaria e per rendere effettivo il dettato costituzionale in materia di pena reclusiva e di diritti dei cittadini", spiegano i latori dell’appello, già sottoscritto a livello nazionale da molti esponenti del mondo politico, della cultura e del volontariato. Il tutto riferito a Brescia ai 441 detenuti ospitati a Canton Mombello (di cui 273 stranieri, 177 tossicodipendenti e 9 semiliberi), 232 affidati in prova al Servizio sociale (di cui 142 affidati in prova in quanto tossicodipendenti e 287 detenuti domiciliari), nonché ai 110 ospiti di Verziano.

Un appello, dunque, perché "le leggi in materia abbiano un migliore utilizzo in termini di misure alternative alla detenzione, per ampliare le opportunità di reinserimento sociale e lavorativo anche attraverso un corretto uso dei fondi della "Cassa ammende" per finanziare anche programmi di reinserimento anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione". Un nuovo sasso lanciato nello stagno, quindi, per vincere l’indifferenza o il disinteresse.

Milano: la Provincia avrà il Garante per i diritti dei detenuti

 

Redattore Sociale, 25 novembre 2004

 

"La Provincia di Milano avrà il suo Garante per i diritti dei detenuti". La decisione è stata presa con una delibera della Giunta provinciale milanese che ora dovrà essere approvata dal Consiglio provinciale. A ricordare la decisione della nuova giunta è stato Vincenzo Ottolina, presidente del Consiglio provinciale di Milano, intervenuto questa mattina alla cerimonia di premiazione dei detenuti del carcere di Bollate che hanno concluso il corso di formazione "Informatica di base, reti e sistemi di telecomunicazioni", promosso all’interno del penitenziario dalla Siam, Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri, storica realtà della formazione a Milano.

Occasione in cui è stata presentata anche la mostra di Santi Sindoni, pittore detenuto del carcere di Opera, ora passato a Bollate, autore di quadri straordinariamente originali che saranno in mostra alla sede della Siam (via Santa Marta 18) fino al 28 novembre

La decisione della Provincia annunciata oggi dà così seguito immediato alle richieste di un ampio coordinamento lombardo di associazioni, sindacati, realtà che si occupano di carcere che proprio lunedì avevano lanciato un appello per una maggiore attenzione al problema carceri in Lombardia (vedi lancio del 22 novembre). Tra le richieste c’era proprio quella di istituire il Garante dei detenuti: un ufficio preposto a vigilare e monitorare le condizioni di vita e il rispetto dei diritti in carcere.

Diritti che trovano nella formazione e nell’inserimento lavorativo una delle loro più importanti applicazioni. E i corsi di informatica della Siam ne sono un esempio. Promossi dalla Cisco System, hanno permesso a dieci detenuti e due poliziotti del carcere di ottenere il diploma Cisco. Quattro di loro hanno fatto di più: diplomandosi addirittura "formatori" informatici.

"Un ottimo risultato che ci spinge a riproporre il corso anche per il prossimo anno - ha detto Paolo Corsi, direttore didattico di Siam -. Ma c’è bisogno di insistere non solo sulla formazione, ma anche sull’inserimento lavorativo". Presente all’incontro Lucia Castellano, direttrice del carcere di Bollate che ha sottolineato come la possibilità di realizzare progetti di questo tipo richieda "la volontà di aprirsi al territorio e l’elasticità delle istituzioni: perché siano capaci di conciliare le regole, in termini di permessi orari e uscite, con le esigenze che attività simili richiedono".

Proprio a Bollate hanno preso corpo in questi mesi una serie di progetti mirati al miglioramento delle condizioni di vita e permanenza dei detenuti: dalla ludoteca dove i figli dei reclusi possono trascorrere il tempo in attesa dell’incontro con i genitori, alla predisposizione di uno spazio dove i detenuti possano coltivare prodotti da vendere poi all’interno del circuito dei gruppi d’acquisto solidali (Gas). E per restare all’informatica è attiva a Bollate la PcDet, progetto che tra l’altro impegna 15 detenuti nella riparazione e riciclaggio di pezzi dei personal computer vecchi e usati.

Treviso: convegno su minorenni e sistema carcerario

 

Il Gazzetino, 25 novembre 2004

 

"Adolescenza e detenzione: percorsi possibili tra reclusione e reinserimento". È questo il titolo del convegno in programma domani venerdì 26 novembre, a partire dalle 15 presso Casa Toniolo di Treviso. L’incontro illustrerà l’esperienza degli Sportelli giustizia del Veneto e mira ad analizzare la situazione delle carceri minorili, luoghi in cui si incrociano lingue, culture e storie tanto diverse tra loro, in spazi spesso angusti e inadatti.

Promotori del convegno i Centri di servizio per il volontariato di Treviso e Rovigo, insieme al Centro francescano di ascolto; si rivolgono ad operatori, insegnanti, volontari e a tutti coloro che sono interessati al tema del reinserimento sociale degli adolescenti in carcere, cercando di capire quali siano gli ostacoli che impediscono la rieducazione dei minori detenuti, anche in considerazione del fatto che il 48 per cento della popolazione carceraria adulta ha trascorso un periodo di reclusione prima dei 18 anni.

Si confronteranno su questi temi Alfonso Paggiarino direttore dell’istituto penale minorile di Treviso, Rosario Priore capo dipartimento giustizia minorile presso il ministero, Maria Rosa Dominici psicoterapeuta, Gaetano Greco cappellano del carcere minorile di Casal del Marmo, Livio Ferrari presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia.

Ascoli: nel supercarcere concluso il corso di legatoria

 

Corriere Adriatico, 25 novembre 2004

 

È terminato la scorsa settimana nel supercarcere di Marino del Tronto il corso professionale di "Addetto alla legatoria del libro" che da tempo vi si svolge con l’ausilio dell’ente provinciale e che, quest’anno, ha visto abilitati cinque detenuti. Alla consegna dei diplomi erano presenti: il vice - presidente della Provincia Emidio Mandozzi, il dirigente dell’assessorato al lavoro Roberto Giovannozzi e la direttrice del Centro Formazione Professionale Maria Daniela D’Angelo.

Il lavoro di rilegatura è richiesto sul mercato ed i reclusi che svolgono quest’attività nel laboratorio del carcere sono regolarmente pagati ad ogni mensilità, oltre che ad avere la possibilità di vedere uscire fuori le mura la loro creatività. Infatti, i loro prodotti vengono significativamente commercializzati con il marchio: "Liberi di lavorare dentro" per dare riconoscibilità ai manufatti.

Ad occuparsi di procacciare il lavoro, delle pratiche burocratiche, a retribuirli come "soci lavoratori" e ad organizzare la distribuzione è la cooperativa sociale "Arcobaleno", con sede a Folignano che assume anche i più bravi. Nel laboratorio di legatoria da essa gestita si eseguono diverse tipologie di lavorazione: rilegatura di documenti cartacei come libri e fascicoli, sia per privati che per enti pubblici.

In più, l’oggettistica di cartonnage, con la produzione dei più svariati oggetti: dalla scatola al porta - foto, dal vassoio agli album fotografici, insieme a bomboniere e partecipazioni, biglietti d’auguri, agende ed altro. I manufatti in cartone saranno venduti il prossimo 8 dicembre presso la parrocchia di Colli del Tronto, a cura della Caritas locale, il 12 dicembre presso il chiostro di S. Francesco ad Ascoli, con l’ausilio dei volontari di "S. Vincenzo De Paoli" e, in contemporanea, nel pomeriggio, presso il Kursaal di Grottammare.

Oltre che a rilegare, il corso, finanziato dall’assessorato al lavoro della Provincia, insegna anche un po' di informatica ed inglese di modo che, una volta fuori, gli ex detenuti abbiano tutti i mezzi per poter svolgere un’attività autonoma. Nel frattempo, nella Casa circondariale é stato avviato un corso settimanale di training autogeno tenuto dalla psicologa Marisa Barletta, utile ai reclusi per affrontare meglio la condizione di detenzione.

Inoltre, sono in cantiere per il nuovo anno anche un corso d’informatica ed uno per conseguire la Licenza Media Inferiore: un’attenzione all’attività riabilitativa e di reinserimento sociale degli ex - detenuti che coglie lo spirito della carta costituzionale che ispira le norme detentive, con vantaggio di tutti.

Grazia: Ciampi si riserva di assumere le proprie decisioni

 

La Sicilia, 25 novembre 2004

 

Roma. Da mesi c’erano segnali sempre più espliciti che sulla grazia ad Ovidio Bompressi (e, secondo alcuni, di conseguenza a Sofri), il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, avevano orientamenti profondamente diversi. Ieri i nodi sono arrivati al pettine: Ciampi ha chiamato al Quirinale il Guardasigilli per comunicargli di aver deciso di concedere la grazia a tre detenuti - il più importante dei quali è "Grazianeddu" Mesina - ma di essere intenzionato a graziare anche Bompressi e gli ha chiesto di esprimersi in proposito. Castelli, pur "con deferenza", ha detto che non avrebbe messo la sua firma al decreto.

La notizia è piovuta come una "bomba" su una giornata molto particolare per la giustizia italiana per lo sciopero contro la riforma dell’ordinamento proclamato dai magistrati e, per motivi diversi, dagli avvocati.

A renderla nota un comunicato del Quirinale in cui si spiega che "l’8 novembre scorso il presidente della Repubblica, dopo attento e accurato esame della documentazione fattagli pervenire, su sua richiesta, dal ministro della Giustizia, aveva comunicato al Guardasigilli di essere pervenuto nella determinazione di concedere la grazia della pena detentiva residua a Ovidio Bompressi e lo aveva invitato a inviargli il relativo decreto ai fini della sua emanazione.

Il ministro Castelli ha fatto presente di essere contrario alla concessione della grazia a Ovidio Bompressi e che, conseguentemente, non è in grado di inviare al capo dello Stato il relativo decreto". In chiusura la nota rileva che "il presidente della Repubblica ha preso atto di tale comunicazione e si è riservato di assumere le proprie decisioni".

Nel pomeriggio, Castelli riunisce i giornalisti nella sede del ministero, in via Arenula, per spiegare il suo punto di vista, peraltro già noto. "Attualmente, ma è una mia opinione - dice - Bompressi non ha i requisiti per avere la grazia e quindi non intendo controfirmare. Questo non deve essere assolutamente visto come un atto di ostilità nei confronti del presidente della Repubblica. Abbiamo preso atto della divergenza di vedute ma resta immutata la mia deferenza sia per la carica, sia per la persona".

Il ministro ricorda di essere sempre stato favorevole a una "opzione, o attraverso un atto di legislazione ordinaria o costituzionale", che dia al presidente della Repubblica il potere esclusivo di grazia, ma la Camera ha bocciato sia la legge Boato sia la riforma federalista, che prevedevano questa soluzione.

Siccome attualmente "resta in piedi l’ articolo 89 della Costituzione, secondo il quale il Guardasigilli si assume la responsabilità della grazia - dice a chiare note - io non intendo assumermi questa responsabilità ". Una posizione che - precisa - riguarda anche l’eventuale grazia ad Adriano Sofri.

Tra i motivi del "no", Castelli indica il tempo troppo breve di detenzione, che a suo giudizio, "è fondamentale". Come esempio ha citato Mesina, che ha passato oltre 38 anni in carcere. Ma anche lo stato di salute non giustifica una grazia. "È una prassi - sottolinea - che le cattive condizioni di salute di un detenuto non siano sufficienti a concedere la grazia. Bompressi, proprio per le sue condizioni di salute, non è detenuto in carcere".

Il Guardasigilli tiene a chiarire che con il Quirinale non ci sono stati attriti. Quello con Ciampi "è stato un incontro molto cordiale come al solito. La disparità di vedute non va vista come conflitto personale, non mi addentro nelle considerazioni su come il presidente abbia reagito al mio no. Io prendo atto di quello che dice e scrive".

Tuttavia, rileva: "Credo sia la prima volta che accade un caso di questa natura, un conflitto di attribuzioni che arriva a questo stadio". Provocato dai giornalisti, esclude che la vicenda sia stata volutamente affrontata ieri, per "oscurare" lo sciopero dei magistrati. "La data è casuale", ha detto, precisando che è stata "la prima data utile" comunicata dal Quirinale per l’incontro dopo la lettera dell’8 novembre.

"Per deferenza - dice - non faccio commenti su possibili azioni che potrà intraprendere il Quirinale. Non considero l’iniziativa del Quirinale un atto di ostilità verso il guardasigilli ma un’azione chiarificatrice". Poi chiama fuori Berlusconi dalla vicenda. "L’incontro di martedì sera con il presidente del Consiglio - aggiunge - non c’entra con questa vicenda.

Si è parlato di giustizia in generale". "Di fronte alla mia coscienza - ribadisce - ritengo che attualmente Bompressi non abbia i requisiti per ottenere la grazia. Non è una preclusione assoluta ed eterna, ma ora per me non sussistono i motivi per controfirmare questa proposta. Poi vedremo cosa succederà".

Grazia: cosa dice il codice penale, tra benefici e strettoie

 

Gazzetta del Sud, 25 novembre 2004

 

Pochi ma fondamentali sono gli articoli del codice penale e del codice di procedura penale che regolano l’istituto della grazia, o dell’indulto o dell’amnistia. Per restare al caso del giorno, spicca l’articolo 210 del codice penale, e la norma di attuazione numero 192, laddove è stabilito che "la grazia può essere concessa anche in assenza di domanda o proposta".

E una volta emesso il decreto di grazia, il pubblico ministero presso il giudice competente ne cura la esecuzione ordinando, quando è il caso, la liberazione del condannato ed adottando i provvedimenti conseguenti". Inoltre, il pubblico ministero competente provvede "senza ritardo" affinché il decreto di grazia sia annotato sull’originale della sentenza o del decreto penale di condanna.

E sempre all’art. 210 del codice penale è detto che effetto della estinzione del reato o della pena è quello di impedire l’applicazione delle misure di sicurezza, ed anzi il provvedimento di clemenza fa cessare l’esecuzione di quelle misure in atto. Per arrivare alla grazia sono diverse le strade, come dice l’articolo 681 del codice di procedura penale. Quella classica vuole che la domanda di grazia diretta al Presidente della Repubblica sia sottoscritta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o da un procuratore legale ed è presentata al Ministero di Giustizia.

Se il condannato è detenuto, o internato, la domanda può essere presentata al magistrato di sorveglianza il quale, acquisiti tutti gli elementi di giudizio utili e le osservazioni del Procuratore generale presso la Corte di appello del distretto ove ha sede il giudice indicato come competente, la trasmette al ministro con il proprio parere motivato. Se invece il condannato non è detenuto o internato, la domanda può essere presentata allo stesso Procuratore generale che, acquisite le opportune informazioni, la trasmette al ministro con le proprie osservazioni.

La proposta di grazia è sottoscritta dal presidente del Consiglio di disciplina ed è presentata al magistrato di sorveglianza che - come vuole la procedura - la "gira" al ministro, fornendo sempre un parere motivato, quando si parla di detenuto o internato. Quando poi si parla di grazia sottoposta a condizioni, allora il provvedimento ha per effetto di sospendere l’esecuzione della sentenza o del decreto penale fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto di concessione o, se non fu stabilito termine, fino alla scadenza del quarto mese dal giorno della pubblicazione del decreto.

L’amnistia e l’indulto condizionati si applicano definitivamente se, alla scadenza del termine, è dimostrato l’adempimento delle condizioni o degli obblighi ai quali la concessione del beneficio è subordinata. Ma parlare di grazia condizionata rimanda anche all’eventualità di una revoca del provvedimento di clemenza. L’articolo 674 del codice di procedura penale stabilisce che la revoca della sospensione condizionale della pena, della grazia o dell’amnistia o dell’indulto condizionati e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è disposta dal giudice dell’esecuzione, salvo nei casi che non sia stata già disposta con sentenza di condanna per altro reato.

Alghero: l’ex carcere modello è diventato una polveriera

 

L’Unione Sarda, 25 novembre 2004

 

Condizioni di lavoro disumane e episodi di violenza all’ordine del giorno. Agenti di polizia penitenziaria in agitazione nel carcere di San Michele. I motivi della protesta sono sempre gli stessi: pochi poliziotti in servizio a fronte di un continuo aumento di detenuti. Una situazione che gli stessi agenti definiscono drammatica e esplosiva.

Lo denuncia in una nota la segretaria regionale del Sinappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, in allarme dopo l’ennesima aggressione da parte di un recluso con problemi psichici nei confronti di un poliziotto. Dopo l’aggressione, l’agente è dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso per delle lesioni a un occhio.

Scene che si ripetono con sempre più allarmante frequenza dietro le mura del carcere modello, dove si contano duecento detenuti a fronte di un centinaio di agenti. Negli anni infatti, il personale di polizia penitenziaria si è ridotto di numero, per raggiunti limiti di età o trasferimenti presso altre sedi, mentre il popolo dei carcerati è raddoppiato. Di questi, tantissimi condannati a lunghe pene, qualche ergastolano, una nutrita colonia di tossicodipendenti e tre sieropositivi.

E poi ci sono i corsi di formazione professionale, che se da una parte rappresentano motivo di vanto per l’intera comunità carceraria, dall’altra costringono gli agenti a carichi di lavoro eccessivi per tenere costante il livello di attenzione, considerato anche il numero elevato di soggetti ad altissima sicurezza. Un quadro insostenibile, insomma, che va risolto prima che possa degenerare.

"Occorre ritornare con i piedi per terra - avverte il sindacato autonomo - e magari rinunciare ai passaggi nei media", che tradotto significa: meno lezioni di teatro e fotografia e maggiore attenzione per le esigenze del corpo di polizia penitenziaria. Sono gli agenti, infatti, che devono accompagnare i detenuti da un laboratorio all’altro, lasciando magari scoperte intere sezioni.

Con la penuria di organico che c’è il direttore del carcere ha perfino rinunciato alla ronda sul muro di cinta. In teoria dovrebbe essere svolta da due sentinelle ventiquattro ore su ventiquattro, ma il responsabile della casa di reclusione non poteva ipotecare due divise per tenere d’occhio il tetto del carcere. Come se non bastasse, poi, dal primo gennaio è stato istituito il nucleo traduzioni e piantonamenti, senza l’assegnazione di ulteriori unità per l’espletamento dei compiti.

E visto che i poliziotti non hanno ancora il dono dell’ubiquità, può anche succedere che se c’è da accompagnare un detenuto in ospedale, tutto il lavoro si riversa sui pochi agenti di turno. Per questi motivi il Sinappe ha chiesto al dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria una pronta risposta per riportare "la serenità lavorativa" nella casa di reclusione attraverso il potenziamento dell’organico, il rispetto dell’accordo quadro nazionale, il miglioramento dei sistemi di sicurezza, il pagamento dei fondi incentivanti per gli anni 2002/2003 e, non ultimo, la verifica della gestione in tutti i settori.

Cagliari: il mondo del carcere si apre al territorio

 

L’Unione Sarda, 25 novembre 2004

 

Chi ha sbagliato, deve pagare. E su questo non si discute. Però è anche vero, che il detenuto può vivere il carcere, recuperando la propria dignità di persona e preparandosi adeguatamente al reinserimento nella società. Ma perché questo avvenga, è necessario che gli istituti di pena, si aprano al territorio che li ospita. In che modo? Con quali progetti? Proprio per capire quali possono essere le idee e le proposte da sviluppare, è stato organizzato il convegno "Carcere e territorio: idee e progetti per un nuovo rapporto interistituzionale".

L’intervento più importante è stato quello Vincenzo Alastra, direttore del carcere di Mamone. Il convegno è stato patrocinato dal Ministero della Giustizia, in collaborazione con gli enti amministrativi locali e con il centro di servizio per il volontariato Sardegna Solidale. L’altra sera, nella chiesetta della casa di reclusione di Mamone, i relatori presenti hanno discusso sulle possibili vie da seguire, per realizzare la fusione carcere-territorio. Creando anche un ponte efficace fra la realtà interna carceraria e la società esterna. "Perché non ha senso, lavorare solo all’interno. La sicurezza, dipende tantissimo da come poi il detenuto si reinserisce nella società".

Insomma, il reinserimento deve iniziare fra le sbarre, gradualmente, e deve poi completarsi quando il carcerato ritorna in libertà. Ecco spiegata allora, la presenza dei sindaci del territorio circostante alla colonia di Mamone, e quindi del sindaco di Onanì Fausto Goddi, di Bitti Marino Satta, di Lodè Franco Asole e di Lula Maddalena Calia. Ma era pure presente il sindaco di Isili Salvatore Pala, Anche nel paese sarcidanese esiste un penitenziario. In Sardegna sono 12 gli istituti di pena per adulti e 1 per minorenni, occupati nel complesso da 1800 reclusi. Solo in 6 istituti sono attive le associazioni di volontariato. Giuseppe Magni, consulente del Ministro della Giustizia parla delle colonie agricole. Dice che bisogna rivalutarle.

Giuseppe Magni ricorda l?esperienza maturata nelle province di Milano e Bergamo. "Di quando, abbiamo affidato dei detenuti ai comuni, e se ne andavano in giro per i paesi a fare pulizie e manutenzione nelle strade". Oppure ancora "quando in Lombardia, abbiamo inserito i detenuti nelle cooperative".

Perché è importante, che il lavoro che si impara durante la detenzione possa poi, essere adeguato con le esigenze del mercato esterno. Ma ulteriori proposte sono arrivate anche da Nello Cesari, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria in Sardegna. Anche per vincere la diffidenza, che si viene a creare tra detenuto e persona libera. "Questo finora accadeva, perché non ci si incontrava. Però, è possibile porvi rimedio creando diverse attività, come ad esempio corsi di formazione o gestione di siti internet. Fare alfabetizzazione".

Il sindaco di Isili, Salvatore Pala, ha pure proposto "di inserire i detenuti nei cantieri forestali". Idea non accolta in pieno dal sindaco di Lodè, Franco Asole. Marino Satta invece, sindaco di Bitti, ha rilevato "l’azione importante svolta dall’associazione Icaro, che coinvolge i centri del circondario". Non sono mancate le polemiche. Il Sappe ieri sera ha diffuso un comunicato per protestare contro gli organizzatori, rei di non aver permesso al segretario regionale Antonio Cocco di intervenire durante il convegno.

Voghera: Graziano Mesina torna libero dopo 40 anni

 

Adnkronos, 25 novembre 2004

 

Dopo 40 anni di carcere, Graziano Mesina è libero. L’ex primula rossa del banditismo sardo ha varcato il cancello del carcere di Voghera verso le 13. In mano due borsoni, preparati ieri appena ha saputo della grazia concessagli dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Fuori, ad aspettarlo c’era il fratello Salvatore.

Occhi lucidi, Grazianeddu ha detto di essere "contento" e di non aver chiuso occhio tutta la notte, non per la felicità di tornare libero, ma solo perché è raffreddato. Le ultime ore di detenzione, ha poi detto l’ex bandito, sono state vissute "anche con un po’ di ansia". "Aveva anche lui - dice un agente - le lacrime agli occhi. Per il resto è stato in silenzio".

Mesina ha aspettato con la polizia penitenziaria l’espletamento delle formalità di rito per ogni detenuto che viene scarcerato: libro matricola, saldo conto. Dopo, l’ex detenuto è salito sull’auto con il fratello ed è andato via. In macchina fino a Vercelli e poi ritorno ad Orgosolo in Sardegna. Questi i progetti nell’immediato di Mesina.

Teatro: a Volterra gli Stati Generali delle esperienze in carcere

 

Adnkronos, 25 novembre 2004

 

Volterra ospiterà nel gennaio 2005 gli Stati Generali europei sulle esperienze di teatro in carcere. Con "Teatro e Carcere in Europa. Formazione, sviluppo e divulgazione di metodologie innovative", l’Europa fa il punto sulle attività teatrali negli istituti di pena, il loro valore artistico e sociale, la loro efficacia di riabilitazione e recupero. È il primo progetto del genere a diventare operativo a livello europeo, ad essere approvato e finanziato dall’Unione, ed è ‘figliò della Toscana, ideato da Armando Punzo, massimo esponente del "Centro nazionale teatro e carcere di Volterra" oltre che direttore artistico della "Compagnia della Fortezza", e nato nel clima di sperimentazione e fiducia che la Regione ha contribuito a creare sostenendo le attività artistiche e socializzanti tra i detenuti.

 

Messaggio del ministro Roberto Castelli in occasione della conferenza stampa di presentazione del progetto Teatro e carcere in Europa (Firenze, 25 novembre 2004)

 

Al Direttore Artistico del Centro Teatro e Carcere di Volterra Dr. Armando Punzo e, p.c., al Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Pres. Giovanni Tinebra

 

Gentile Direttore, la ringrazio dell’invito a partecipare alla presentazione stampa del Vostro progetto "Teatro e carcere in Europa. Formazione, sviluppo e divulgazione di metodologie innovative".

Il finanziamento concesso dall’Unione Europea e la collaborazione al progetto dei più significativi gruppi teatrali svedesi, francesi, tedeschi, inglesi e spagnoli che operano nella realtà penitenziaria, suonano come l’ennesima conferma, stavolta internazionale, della qualità e serietà del Suo impegno.

Un lavoro iniziato nel 1988 presso l’istituto di Volterra e che prende forma negli spettacoli cui ci ha abituato la Compagnia della Fortezza, ogni anno in scena con una novità e con meritato successo. Sino ad ottenere, come avvenuto nel 2004, il premio speciale dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro.

Arriva ora anche il riconoscimento dell’Unione Europea al Vostro progetto a ribadire quanto il teatro di qualità debba considerarsi un prezioso strumento al servizio dell’attività trattamentale e dei detenuti nel loro percorso di reinserimento nella società.

Credo che ciò sia il miglior premio al Suo lavoro, a quello dei detenuti e dell’istituto di Volterra e dell’intera amministrazione impegnata nelle attività trattamentali e professionalizzanti.

Purtroppo gli impegni parlamentari di queste ore non mi consentono di essere con voi a godere di questo successo.

Voglia comunque ricevere ed estendere a tutti coloro che partecipano alla realizzazione del progetto "Teatro e Carcere in Europa", le mie più vive congratulazioni.

 

Il Ministro della Giustizia, Roberto Castelli

Castelli: su grazia ricorso a consulta sarebbe chiarificatrice

 

Adnkronos, 25 novembre 2004

 

Un eventuale ricorso del capo dello Stato alla Corte costituzionale sulla questione della grazia ad Ovidio Bompressi, sarebbe un’operazione chiarificatrice". Il ministro della Giustizia Roberto Castelli torna a spiegare la sua posizione dopo il suo "no" ad un provvedimento di clemenza per l’ex militante di Lotta Continua condannato per l’omicidio del commissario Calabresi, che ha spinto il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha rinviare la sua decisione.

"Auspico -dice Castelli ai giornalisti che, a margine dell’apertura dei lavori della Conferenza che riunisce a Roma i capi dell’amministrazione penitenziaria d’Italia e di altri Paesi europei, gli chiedono cosa pensi di un’eventuale ricorso di Ciampi alla consulta- che finalmente, una volta per tutte, venga fatta chiarezza su una questione molto importante, che riguarda le prerogative che la Costituzione assegna, da un lato, al presidente della Repubblica e, dall’altro, ai ministri. Sarebbe un’operazione chiarificatrice".

Brescia: piano regolatore prevede nuovo carcere da 250 posti

 

Brescia Oggi, 25 novembre 2004

 

Il sistema carcerario bresciano conta su due strutture, quella più antica di Canton Mombello, costruita all’inizio del ‘900 (è stata inaugurata nel 1914, su un progetto che risale all’epoca Crispi) e il più recente Verziano, realizzato negli anni in cui il ministero di Grazia e Giustizia era retto dal bresciano Mino Martinazzoli.

Il sovraffollamento è un fatto cronico, soprattutto a Canton Mombello. Qui sono detenute 441 persone (con punte che raggiungono i 470) in spazi calcolati sufficienti per 220. La situazione non è del tutto regolare anche a Verziano, dove i detenuti sono 100 in spazi previsti per 70. Una situazione che si è rivelata disastrosa anche sul versante sanitario, tanto che nel corso dell’anno scorso la Fondazione Asm ha dovuto intervenire per acquistare i farmaci indispensabili ai reclusi, mentre imperversava una contesa sul finanziamento del settore tra Asl e amministrazione penitenziaria. Da tempo il sindaco Paolo Corsini propone di creare un nuovo carcere ampliando quello di Verziano, dove, peraltro, il piano regolatore generale recentemente approvato ha riservato delle aree in quella zona accogliendo una proposta di Carcere e Territorio. L’operazione urbanistica consentirebbe di creare, oltre alla sezione femminile, una sezione di reclusione maschile, per condannati definitivi, di almeno 250 posti.

Su questo il sindaco si è mosso già nel 2001. Ha inviato una lettera al ministro di Grazia e Giustizia Roberto Castelli (che, peraltro, è anche consigliere comunale, fra i meno presenti, a Brescia) nel settembre 2001. Una lettera che non ha ottenuto risposta, così come non ha ottenuto risposta la richiesta di colloquio avanzata un anno dopo, nel settembre 2002, al direttore dell’edilizia penitenziaria del ministero Carmelo Cavallo.

Nel frattempo la questione si è discussa anche in Broletto, dove si è convenuto che si devono trovare soluzioni alternative, senza peraltro fare passi in questa direzione. Da segnalare anche il progetto dell’onorevole Adriano Paroli di trasformare Canton Mombello in un parco giochi per bambini.

Fermo (AP): il giornalismo e la paura dei mondi sconosciuti

 

Redattore Sociale, 25 novembre 2004

 

Fermo: XI edizione di Redattore Sociale Seminario di formazione per giornalisti a partire dai temi del disagio e delle marginalità. Ci sono luoghi, persone e azioni più difficili da raccontare. Sono mondi sconosciuti, a volte sgradevoli, che possono metterci a disagio per il solo fatto di porre in discussione i nostri schemi. Mondi "incomprensibili" che - più o meno esplicitamente - reclamano attenzione, sensibilità, capacità di ascolto.

Chi opera a contatto con questi mondi percepisce una specie di ritrosia del giornalismo dal raccontarli pienamente. Come una paura di penetrare la complessità, di capire ciò che "disturba". Spesso, proprio chi ha scelto il mestiere di spiegare ciò che è complesso, si ferma sulla soglia dei fenomeni e dei fatti. La cultura di provenienza, schemi mentali consolidati, stereotipi che si autoalimentano: tutto ciò esercita sulle esigenze della "nuda professionalità" condizionamenti decisivi.

È un comportamento molto umano: spinge a ricondurre tutto dentro modelli rassicuranti, a non dispiegare completamente lo sguardo, a rifugiarsi in metaforici nascondigli della professione. Contribuendo a far sì che quei mondi restino, oltre che sconosciuti, ignorati.

Nell’XI appuntamento di Capodarco, Redattore Sociale cerca l’aiuto di chi si è calato in luoghi scomodi della psiche e della storia, per offrire ai comunicatori strumenti semplici (ma molto impegnativi) di comprensione delle società grandi e piccole con cui siamo a contatto. Con l’obiettivo di superare una paura che non ha ragione di esistere.

 

Programma

 

Venerdì 26 novembre

14.30 – Registrazione dei partecipanti

15.00 – Apertura dei lavori

Mondi sconosciuti - Vinicio Albanesi

Intervista ad Agata

Anteprime e presentazioni

L’arte di ascoltare e il mestiere di raccontare

Marino Sinibaldi intervista Marianella Sclavi e Dario Di Vico

19.30 – Termine dei lavori - Cena in Comunità

21.00 – Progettoratto presenta: "Teathresports – Sfida a colpi di improvvisazione teatrale

 

Sabato 27 novembre

Ore 9.00-12.45 – Attraversare i mondi sconosciuti - Seminari paralleli

1. Dentro e fuori. Vittime, origini, affetti, lavoro: i detenuti e il rapporto con l’esterno

Relatore Renato Rebuzzini – Conduce Mario Calabresi

2. Ragazzi di "famiglia" – Il coinvolgimento dei giovani nella criminalità organizzata

Relatore Giacomo Panizza – Conduce Santo Della Volpe

3. Il benessere "facile". Illusioni e speranze della manodopera dell’Est Europa

Relatore Alexandru Cobzaru – Conduce Paolo Lambruschi

13.00 – Pranzo in Comunità

15.00 – Resoconti dei seminari paralleli - A cura dei relatori e conduttori.

16.00

Il senso del reportage. Bilancio delle prime quattro edizioni del "Premio Paola Biocca" e presentazione del bando 2004

Anteprime e presentazioni

17.00 – Pausa

17.15 – Il dovere scomodo di superare i cliché. Route 181: un viaggio nel "cuore del problema"

Incontro con Michel Khleifi e Eyal Sivan

Conduce Maria Nadotti

20.00 – Termine dei lavori

20.30 – Cena presso la Contrada San Martino della "Contesa del secchio" – Sant’Elpidio a Mare

 

Domenica 28 novembre

Ore 9.30 - Apertura

Responsabilità in gioco - La cittadinanza dei diritti, dei bisogni e delle capacità – Lucio Babolin - Anteprima del documento politico del Cnca

Intervento di Massimo Rossi

10.30

L’informazione ai tempi della meteorologia - Incontro con Giancarlo Santalmassi

Ore 13.00 – Termine dei lavori

 

Relatori

 

Agata – Ha 66 anni ed è entrata in manicomio quando ne aveva 16, dopo un’infanzia in istituto. Oggi vive in una comunità di accoglienza di Capodarco.

Vinicio Albanesi – Sacerdote, presidente della Comunità di Capodarco.

Lucio Babolin – Presidente del Cnca.

Mario Calabresi – Caporedattore centrale di Repubblica.

Alexandru Cobzaru – Sacerdote, direttore della Caritas di Bucarest (Romania)

Santo Della Volpe – Caporedattore cronaca del Tg3.

Dario Di Vico – Vicedirettore del Corriere della Sera, con Emiliano Fittipaldi ha scritto "Profondo Italia" (Bur, 2004).

Michel Khleifi e Eyal Sivan – Registi cinematografici, hanno realizzato nel 2002 il road movie "Route 181 - Frammenti di un viaggio in Palestina-Israele", distribuito in Italia in Dvd da Bollati Boringhieri. Sivan è israeliano, Khleifi è palestinese.

Paolo Lambruschi – Giornalista di Avvenire, è direttore del mensile di strada Scarp dè tenis.

Maria Nadotti – Scrittrice, saggista, critica letteraria e cinematografica.

Giacomo Panizza – Sacerdote, è presidente della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme, insegna all’Università della Calabria.

Renato Rebuzzini – Sacerdote, fondatore della Comunità del Giambellino a Milano, cappellano del carcere di Opera (MI).

Massimo Rossi – Presidente Provincia di Ascoli Piceno.

Giancarlo Santalmassi – Giornalista, attuale conduttore di "Nessuno Tv" (Sky), ha lavorato per molti anni alla Rai (Tg2 – Giornale Radio) e recentemente a Radio 24, occupandosi di vari settori tra cui, in particolare, economia ed esteri.

Marianella Sclavi - Docente di antropologia al Politecnico di Milano. Ha scritto "Arte di ascoltare e mondi possibili" (Bruno Mondatori Editore, 2003).

Marino Sinibaldi – Vicedirettore di Rai Radio Tre, conduttore di Fahreneit.

Progetto Ratto – È una compagnia romana di improvvisazione teatrale (www.progettoratto.it). Recentemente, con il progetto "Improvvivo", ha contribuito alla nascita del primo Centro italiano di ricerca e sperimentazione per l’improvvisazione nelle arti. Questa forma di spettacolo è praticata oggi in 80 paesi del mondo, anche nella forma del match tra squadre di attori; discende direttamente dalla commedia dell’arte ed è stata sperimentata con successo anche per finalità terapeutiche.

 

 

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