Rassegna stampa 4 luglio

 

Varese: un carcere in questo prato? Idea tutta sbagliata

 

Varese news, 4 luglio 2004

 

Trasformare un meraviglioso prato verde in un carcere sembra un’idea decisamente sbagliata vista da qui: sotto il sole, con decine di bambini che giocano e i tavolini pieni di torte e angurie. Ma è una prospettiva fin troppo facile. Si mangia, si beve (solo acqua perché le bibite hanno i coloranti), si sta bene, il luogo è meraviglioso, il contadino porta i bambini a visitare la fattoria e con i volontari della Lipu si può fare un’esplorazione guidata. Insomma, troppo facile, non vale.

Il Comune e Ministro Castelli avranno certamente le loro buone ragioni. Però i dubbi ti vengono, eccome. La festa l’ha organizzata il coordinamento per il parco sud Bizzozero, il gruppo di cittadini e associazioni che si oppone alla costruzione del supercarcere.

L’amministrazione comunale, in una burrascosa seduta, la notte del 31 maggio, perdendo pezzi di maggioranza, ha votato la delibera che rende costruibile l’area. Il progetto è quello di liberare la zona dei Miogni, in pieno centro, e spostare i detenuti in una nuova e più moderna struttura.

"Credo che l’idea di costruire un carcere qui sia sbagliata da tutti i punti di vista. È un’area pregiata che potrebbe essere utilizzata da tutti e che bisogno c’è di un supercarcere? Se proprio si deve fare, avrebbe più senso utilizzare una zona già compromessa dal punto di vista ambientale, ma non è detto che non si possa migliorare l’attuale carcere dei Miogni".

Al sindaco Fumagalli e alla sua maggioranza i cittadini del coordinamento rimproverano la mancanza di democrazia. "Non hanno fatto una sola assemblea nel quartiere" spiega Orlandi. Ora si pensa alle contromisure. Prima la festa, poi, forse, un ricorso al Tar contro la delibera.

Gli organizzatori hanno voluto lanciare un messaggio di speranza, l’ hanno chiamata "prima festa al parco" e sognano di poter ripetere un’esperienza di socializzazione che divenga l’inizio di un cammino comune per tutta Bizzozero e Varese. Creare uno spazio per i cittadini, invece che una grande gabbia.

Iglesias: polizia pen., turni massacranti, saltano ferie e riposi

 

L’Unione Sarda, 4 luglio 2004

 

L’organico non è sufficiente, i turni sono massacranti, le ferie spesso non vengono concesse, i riposi vengono saltati. È la situazione con la quale da tempo deve convivere chi lavora nella casa circondariale di Iglesias. Tra il personale di polizia giudiziaria la tensione ha raggiunto livelli di massima allerta. "È stanco e inadeguato numericamente a gestire la situazione", denuncia un comunicato del coordinamento regionale Uil Pa-Penitenziari Sardegna.

Il sindacato ha già proclamato lo stato di agitazione di tutto il personale. "Ma se non otterremo risultati", sottolinea Roberto Picchedda, coordinatore regionale della Uil Penitenziari, "passeremo ad azioni più concrete. Non escludiamo il ricorso all’autoconsegna (finito il turno si rimane dentro il carcere). Vogliamo richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle amministrazioni su un problema che denunciamo da tempo ma nessuno prova a risolvere".

La casa circondariale è una struttura che dovrebbe ospitare solamente detenuti in attesa di giudizio. In realtà non è così. A Iglesias su 70 detenuti totali ben 47 scontano una pena definitiva. La causa principale è il sovraffollamento degli altri istituti.

"È sintomatico della situazione nelle quali versano le carceri. L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla carenza d’organico", affermano i sindacati. "Al momento attuale noi ogni giorno possiamo contare su 47 unità; otto sono stati mandati dal provveditorato nelle scuole di apprendimento di Monastir, Pianoisa, Is Arenas, Quartucciu e Senorbì. E invece Iglesias per lavorare a pieno regime avrebbe bisogno di 70 dipendenti".

La carenza di personale, è la denuncia di Picchedda, causa grossi problemi di gestione e di sicurezza. Capita infatti che il turno di notte venga coperto da due sole persone, che il turno lavorativo regolare di 6-8 ore giornaliere arrivi a 12-16 ore e che la giornata lavorativa venga divisa in tre parti di 8 ore ciascuna anziché in quattro parti di 6 ore. "Invece per contratto", sottolinea Picchedda, "non si possono pretendere più di 9 ore continuative di lavoro.

Inoltre nell’organizzare il lavoro di una giornata bisogna considerare le licenze, le malattie, i congedi. Spesso capita che si debba rinunciare alle ferie e ai riposi perché manca il personale". Insomma, una situazione esplosiva alla quale non si riesce a trovare rimedio. Anche per una gestione di rapporti sindacali definita della Uil Penitenziari "non trasparente. Il 15 giugno la direzione ha convocato una riunione per discutere del piano ferie escludendo o convocando all’ultimo momento alcune sigle sindacali negandogli così la possibilità di organizzarsi in tempo utile". La casa circondariale è nel distretto della Sardegna e fa capo al provveditore a Cagliari. Ma anche l’incontro con il provveditore, tenutosi lo scorso 27 maggio, pare non abbia sortito gli effetti desiderati. Ora si è arrivati allo stato di agitazione, presto si potrebbe andare oltre.

"Chiediamo interventi immediati per risolvere la situazione", conclude Picchedda: "vogliamo un aumento del numero di dipendenti del personale, da portare alle 70 unità. Ci troviamo in questa situazione anche perché 12 dipendenti su 56 devono svolgere compiti amministrativi all’interno del carcere. Ruolo che assolutamente non gli compete".

Avezzano: marocchino morto in carcere, s'indaga sul sangue

 

Il Messaggero, 4 luglio 2004

 

Per il marocchino, Yassine Adardaur, 21 anni, trovato impiccato in una cella del carcere di Avezzano il 13 maggio scorso, il procuratore della repubblica di Avezzano, Brizio Montinaro, ha dato incarico alla dottoressa Carla Vecchiotti dell’Università di Roma, di effettuare il Dna su alcune macchie di sangue rinvenute sul corpo dell’extracomunitario. Come si sa il magistrato inquirente, dopo lunghe indagini da parte della polizia,è arrivato alla conclusione che il marocchino sarebbe morto in seguito ad un pestaggio.

È per questo che il Pm nei giorni scorsi ha inviato sei avvisi di garanzia dove si ipotizza l’accusa di concorso in omicidio volontario e di favoreggiamento, nei confronti di tre agenti di custodia e tre detenuti. È stata una inchiesta delicata, durante i controlli all’interno del carcere furono sequestrati diversi fascicoli e ascoltati anche alcuni operatori. Yassine Adardour, 21 anni, ebbe innegabili contrasti con gli altri ecco perché decisero di isolarlo. All’alba fu trovato impiccato ad un gancio con un lenzuolo ma era ancora vivo.

Vicenza: riaperta un’ala del S. Pio X, ma non è a norma

 

Il Giornale di Vicenza, 4 luglio 2004

 

"È stato riaperto un settore dove i lavori non erano stati completati e gli impianti non sono tutti a norma. Com’è possibile che la direzione abbia ricevuto tutti i certificati, compresi quelli dell’Ulss?". Non usa mezzi termini Francesco Colacino, segretario del Cnpp, il maggiore sindacato di polizia penitenziaria, in merito alla riapertura di un’ala della casa circondariale di Vicenza. La situazione, per il sindacalista, è molto delicata e il comportamento tenuto dalla direzione e dal provveditorato regionale non fa che complicare i problemi già esistenti all’interno del S. Pio X.

"Questa decisione - precisa Colacino - crea questioni di sicurezza dei detenuti oltre che di vivibilità. E non sono che le ultime di una lunga serie, che possiamo spiegare col fatto che questo governo ha fatto delle promesse ma non le ha mai mantenute, perché i soldi non sono arrivati. È assurdo prevedere dei lavori e determinati standard di sicurezza ed igiene per stanziare fondi per eseguirli e raggiungerli".

Gli esempi elencati dal sindacalista degli agenti sono numerosi. "Uno dei più gravi riguarda la ristrutturazione delle mura esterne del carcere. D’estate siamo costretti ad operare all’interno delle garitte in divisa con temperature che superano i 45-50 gradi, e di installarci i condizionatori che chiediamo da anni e che ci avevano promesso non se ne parla. Vorrei far lavorare chi comanda ed è a Roma in un ufficio al fresco in quelle condizioni".

Ancora, i problemi riguardano la mensa agenti (con impianti non a norma e fili elettrici scoperti), la cucina dei detenuti, i campi sportivi che mancano delle garitte per i sorveglianti oltre che i reparti che, pur riaperti, restano da completare. "Per non dire del sovraffollamento dei detenuti da un lato e della carenza d’organico dall’altro, con gli agenti che non hanno ancora ricevuto gli straordinari di novembre. Io credo che una situazione di questo genere sia grave, ma da Roma nessuno ci ascolta". 

Vasto: tra agenti e direttore lo scontro si accentua

 

Il Messaggero, 4 luglio 2004

 

S’inasprisce, al carcere di Vasto, il confronto tra agenti di polizia penitenziaria e direttore. Sette sigle sindacali, ad eccezione della Cgil, hanno respinto al mittente l’invito lanciato dal Provveditore regionale di riprendere le trattative con il dirigente del carcere di Torre Sinello.

"A nostro parere –scrivono i sindacalisti in una nota- non vi sono i presupposti per avere un sereno confronto con il funzionario. Rifuggendo ogni polemica rinnoviamo con forza la richiesta di un nuovo interlocutore.

Riteniamo che, qualora in tempi strettissimi non vi sia una chiara risposta a quanto richiesto, ossia un nuovo interlocutore o un tavolo con la presenza del Provveditore, ci attiveremo per chiedere un confronto a livello di dipartimento". Al direttore del carcere le sigle di categoria contestano la gestione del piano ferie e le successive dichiarazioni definite irriguardose degli agenti e del loro lavoro.

 

 

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