Rassegna stampa 24 luglio

 

Lecce: si impicca un detenuto brindisino di 25 anni

 

Ansa, 24 luglio 2004

 

Un detenuto venticinquenne si è impiccato con un lenzuolo nella sua cella del carcere di Lecce. La vittima è un brindisino che era detenuto per rapina dal dicembre 2003. Dopo l’arresto, compiuto a Brindisi, il giovane era stato rinchiuso nel carcere della sua città, ma quattro mesi fa era stato trasferito nel penitenziario di Lecce.

È stato un agente in servizio di sorveglianza ad accorgersi del suicidio: ha subito liberato il giovane dal cappio e si è attivato per soccorrerlo, assieme ad alcuni detenuti, anche con un massaggio cardiaco. Le indagini sul suicidio sono coordinate dal Pm di turno del Tribunale di Lecce, Paola Guglielmi, che ha disposto l’autopsia, che sarà eseguita il 24 luglio prossimo dal medico legale Alberto Tortorella.

Nessuno Tocchi Caino chiede attenzione per Francesco Pazienza

 

Il Foglio, 24 luglio 2004

 

Al direttore - Mi scusi se ogni tanto la uso come casella postale pubblica per portare a conoscenza di chi di dovere casi di varia umanità penitenziaria altrimenti destinati al silenzio, alla solitudine e alla disperazione di una cella. Mi sono rivolto a lei l’ultima volta un anno fa ed era il caso di un detenuto in 41 bis malato terminale di cancro. Grazie alla lettera pubblicata dal Foglio, il ministro Castelli poté sapere e in pratica consentire a un uomo in fin di vita di morire dopo qualche mese a casa sua invece che in prigione.

Questa volta voglio segnalare il caso di Francesco Pazienza, detenuto nel carcere di Livorno, che da nove giorni è in sciopero della fame perché gli organi competenti del ministero della Giustizia assumano una decisione, qualunque essa sia, sulla sua richiesta inoltrata da mesi di declassificazione dal regime penitenziario Eiv (Elevato indice di vigilanza). La galera italiana non è fatta solo di carcere duro (41 bis) e poi di carcere "normale"; ci sono altri due gironi molto speciali: le sezioni di "alta sorveglianza" (AS) e quelle Eiv dove è detenuto Francesco Pazienza. Il suo nome ricorda ai più vicende di servizi deviati, storie di faccendieri e trame infinite della Prima repubblica. Io mi sono ricordato della sua esistenza un anno fa quando, accompagnando Maurizio Turco in visita ispettiva al carcere di Livorno, me lo sono trovato davanti in una cella di massima sicurezza piena di fascicoli giudiziari. Non conosco il contenuto di quelle carte; di lui so a mala pena che è stato condannato per aver cercato di dirottare la responsabilità sulla strage di Bologna, che evidentemente era di altri, su Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. (La sua condanna non avrebbe impedito poi anche la loro, un paradosso giudiziario che meriterebbe di essere sciolto un giorno o l’altro con una revisione di almeno uno dei due processi).

Comunque, non mi interessa la sua vicenda giudiziaria, voglio solo far notare che Francesco Pazienza sta facendo lo sciopero della fame, fatto questo che per uno come lui può essere testimonianza di un rivoluzionamento interiore e culturale, oppure "soltanto" di un sentimento forte di denegata giustizia. La notizia quindi è che Francesco Pazienza sta conducendo una azione nonviolenta e non sta ricattando nessuno. Sta solo chiedendo una risposta dovuta a una istanza ordinaria di trasferimento da una sezione speciale a una normale della galera italiana in cui scontare il resto della pena da detenuto comune. Faccio sommessamente appello al ministro della Giustizia e al direttore dell’Amministrazione penitenziaria perché affrontino con serenità e urgenza una questione ordinaria che è stata posta in modo corretto, rispettoso delle prerogative del governo del carcere e del diritto penitenziario.

Francesco Pazienza non ha rivolto a chi oggi governa la sua esistenza l’inaccettabile aut-aut: o mi declassificate o mi faccio morire di fame. Ha avanzato una richiesta che mi pare legittima: che venga seriamente riesaminata la sua condizione di detenuto speciale dopo quattro anni di carcere duro quale a tutti gli effetti è il regime di Elevato indice di vigilanza. Vale ricordare che tale regime, pur essendo un girone meno grave di quello più infernale del 41 bis, è per certi aspetti ancora più insopportabile.

Il marchio Eiv è molto dissuasivo anche nei confronti del più ben disposto dei direttori e magistrati di sorveglianza, e per chi vi è sottoposto è praticamente impossibile godere dei benefici carcerari previsti per tutti gli altri detenuti. Ma c’è di più: a differenza del 41 bis, contro la sua applicazione non vi è alcuna possibilità di reclamo davanti a un tribunale di sorveglianza o di ricorso in Cassazione.

In assenza di un qualche tipo di controllo giurisdizionale, almeno una attenta verifica periodica per via amministrativa dei presupposti di assegnazione a questo girone del carcere duro, mi parrebbe un atto dovuto. Da questo punto di vista, con la sua azione nonviolenta, Francesco Pazienza ha sollevato un problema che non riguarda solo lui, ma molte centinaia di detenuti in Italia, i quali sono sottoposti a un dominio pieno e incontrollato dell’amministrazione penitenziaria.

 

Sergio D’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino

Spoleto: Paolo Dorigo interrompe sciopero della fame

 

Ansa, 24 luglio 2004

 

Ha deciso di interrompere lo sciopero della fame cominciato lo scorso primo giugno Paolo Dorigo, detenuto nel carcere di Maiano di Spoleto dove sta scontando una condanna a 13 anni di reclusione per l’ attentato, del quale si è sempre dichiarato innocente, alla base militare Nato di Aviano, rivendicato dalle Brigate rosse.

La decisione è stata presa in seguito all’inizio delle "operazioni peritali" - ha spiegato uno dei suoi legali, l’avvocato Vittorio Trupiano - da parte dei periti designati dal tribunale di Sorveglianza, procura e difesa. Si procederà - ha annunciato lo stesso legale - anche ad un esame con un sintonizzatore universale. Una approfondita perizia sulle sue condizioni fisiche e psicologiche era stata richiesta al giudice del tribunale di Sorveglianza di Perugia dagli stessi legali di Dorigo, Trupiano, Simpatico e Pileri.

Come è stato ribadito nei giorni scorsi dai legali dell’uomo, il principale teste d’accusa contro il giovane si è rifiutato al processo di essere interrogato, contravvenendo ad una norma europea sul giusto processo. Da qui la convinzione della difesa che Dorigo sia detenuto illegalmente. Dorigo chiede la revisione del processo a suo carico e sostiene di avere disturbi all’udito ed altri gravi malesseri da qualche anno, sospettando per questo che gli sia stato impiantato un microchip nella scatola cranica, per controllarne le reazioni e per spiarlo.

La perizia dovrà anche accertare la presenza di questo eventuale chip. "Al di là dell’onere peritale di accertare la presenza del chip nei tessuti organici di Dorigo - ha detto l’avv. Trupiano - il perito di parte, Luigi Comite di Mascambruno, ha tenuto ad evidenziare come, in considerazione del quadro clinico generale del detenuto, questi non sia assolutamente compatibile con alcun tipo di regime carcerario". I difensori dell’uomo si sono tuttavia detti soddisfatti della decisione presa dal proprio assistito, "parte lesa per la giustizia europea e terrorista per quella italiana", pur ribadendo "la disdicevole circostanza che la sua iniqua carcerazione continua da dieci anni e sei mesi".

Soddisfazione per la scelta di Paolo Dorigo di interrompere lo sciopero della fame, viene espressa - in una nota - dall’on. Luana Zanella, deputata dei Verdi. Secondo Zanella è "una decisione giusta, sollecitata da tutti noi che seguiamo con affetto e solidarietà il caso di Dorigo, che si è sempre dichiarato estraneo ai fatti che gli vengono contestati. Insieme continueremo e vinceremo questa battaglia giudiziaria per sanare una ingiustizia abnorme, quale è la sua detenzione, come la stessa Corte europea ha riconosciuto".

Milano: dal Comune in arrivo 200 mila euro per le carceri

 

Ansa, 24 luglio 2004

 

Impianti sportivi, aule didattiche, educatori e laboratori, ma anche progetti di assistenza e materiale per i detenuti. Sono queste le necessità manifestate dai direttori delle carceri milanesi che hanno ottenuto da Palazzo Marino lo stanziamento di 200 mila euro per farvi fronte.

Oggi, una speciale commissione carceri comunale, ha fatto il punto sulle iniziative di sostegno dell’istituto di pena da adottare a partire da settembre prossimo, quando la Giunta dovrà esaminare punto per punto i progetti specifici per ciascun carcere, fra San Vittore, Opera, Bollate e Carcere Minorile Beccaria. Lo stanziamento era stato approvato la discussione sul bilancio, nei mesi scorsi con un emendamento proposto dal presidente della commissione carceri, Stefano Carugo (Fi), e dal vice presidente, Davide Tinelli (Prc).

Milano: Fanzago (Margherita) fondi per le carceri dati al buio

 

Ansa, 24 luglio 2004

 

Gli aiuti economici per i progetti di assistenza nelle carceri milanesi, sarebbero stati scelti e finanziati "senza sapere l’entità del finanziamento, se sono coerenti con le priorità individuate, se rientrano negli indirizzi del piano di zona del Comune".

È quanto afferma il capogruppo in consiglio comunale della Margherita, Andrea Fanzago, che è anche membro della commissione carceri. La commissione si è riunita oggi per illustrare lo stanziamento di 200 mila euro per i progetti carcerari. Fanzago, dopo avere protestato formalmente in commissione per i criteri adottati, ha scritto all’Osservatorio Carcere e Territorio. Secondo la ricostruzione dell’esponente della Margherita, la commissione avrebbe dovuto valutare i progetti presentati all’assessorato per una richiesta di finanziamento: ma i primi nove progetti in testa alle priorità sarebbero stati decisi "con una graduatoria - sostiene Fanzago - già stilata, una suddivisione già stabilita", e questo "per finanziare - dice ancora il capogruppo della Margherita - progetti realizzati da altri istituzioni dello Stato che, per carenze di fondi, sono impossibilitate a realizzarli".

Sempre a proposito della stessa questione, il vicepresidente della commissione carceri, Davide Tinelli (Prc) ha contestato, oggi durante la seduta, la richiesta arrivata dal nuovo direttore del carcere di San Vittore, di cambiare la destinazione di fondi comunali, precedentemente chiesti per un ‘kit di sopravvivenza per il detenutò (spazzolino, dentifricio e altre oggetti di prima necessità), indirizzandoili invece alla fornitura di attrezzi e strumenti per l’imbiancatura delle celle.

Lanusei: polizia penitenziaria accampata in difesa del carcere

 

L’Unione Sarda, 24 luglio 2004

 

Se sarà necessario pianteranno una tenda davanti al carcere, bivaccheranno giorno e notte con le loro famiglie ("pronti a tutto") per difendere il San Daniele dal rischio di soppressione. Agenti di polizia penitenziaria e personale civile della casa circondariale di Lanusei sono disposti alle forme di protesta più estreme per impedire l’attuazione dei tagli ipotizzati dall’amministrazione penitenziaria. "Vogliamo salvare il nostro posto di lavoro a Lanusei, conquistato dopo anni di servizio e di sacrificio nella Penisola e nelle isole di Pianosa, Gorgona, Asinara", scrivono in un documento congiunto i rappresentanti sindacali Uil e Sappe. "È assurdo sradicare dal territorio cinquanta famiglie ormai inserite nel contesto ogliastrino creando seri problemi ai propri figli e tradendo precise disposizioni di legge".

Ieri pomeriggio il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria ha smentito le voci trapelate nei giorni scorsi sulla chiusura delle carceri di Tempio e Lanusei. "La destinazione - ha dichiarato Nello Cesari - degli istituti va rimodulata in rapporto all’utenza ed in sinergia con le istituzioni locali. Vogliamo realizzare comuni progetti di reinserimento dei detenuti nella comunità esterna".

Sardegna: colonie agricole, modello da estendere nella penisola

 

L’Unione Sarda, 24 luglio 2004

 

Sul carcere di Sassari planerà, da Roma, un’altra interrogazione parlamentare. Come da Roma sono arrivati, in questi giorni, i deputati del comitato per i problemi penitenziari. E’ il presidente di questa sottocommissione Giustizia, Enrico Buemi (Sdi), a annunciare l’ennesimo elenco di domande al ministro Castelli, sul noto caso di San Sebastiano: "La situazione è tragica, gravissima. Non mi aspettavo di trovare una realtà tra le più critiche d’Italia".

San SebastianoI motivi sono elencati all’unisono dai tre parlamentari impegnati nel giro che ha toccato tutti gli istituti dell’Isola (oltre a Buemi, il vicepresidente del comitato, l’algherese Francesco Carboni, Ds, e Giuliano Pisapia, Prc). Primo: nei locali, di una fatiscenza inaccettabile - è la denuncia di Buemi - "vivono alla grande topi e formiche".

Ammassi di rifiuti occupano spazi preziosi, "ciò che non è stato dismesso impedisce l’uso di locali e diventa ricettacolo di qualsiasi presenza animale - descrive il deputato -. L’ambiente, già degradato, rende la situazione esplosiva". Le tinte non schiariscono quando a parlare è Pisapia. "Inconcepibile. In celle così vecchie si sta in tre, senza distinzione tra servizi igienici, aperti e visti da tutti, in uno spazio dove ci si deve lavare, cucinare, mangiare". Carboni: "È una fogna, un’infamità. Paragonabile solo, forse, ai manicomi penitenziari".

Al quadro, già deprimente, i tre aggiungono una tirata d’orecchie all’amministrazione comunale. Carboni: "Per il sindaco non esiste il problema del trattamento, del reinserimento, del supporto al lavoro dei detenuti". Buemi: "Peggiora il tutto la carenza del rapporto con l’ente locale, che non dovrebbe vedere il carcere come pianeta a sè ma come parte del proprio territorio". Il presidente del comitato invita quindi a spendere risorse nelle carceri, "anche se non è una scelta di grande popolarità".

Gli effetti concreti di questo occhio romano puntato sull’universo carcere in Sardegna non si vedrà prima di ottobre, quando il comitato avrà concluso il suo giro anche nelle altre regioni del Sud Italia (Campania, Puglia, Sicilia e Calabria). A quel punto, i parlamentari consegneranno i dati raccolti alla Commissione Giustizia, infine li esporranno al Guardasigilli Roberto Castelli (Lega Nord). Intanto, i singoli deputati iniziano a tradurre le idee in proposte di legge. Carboni pensa si debba ridefinire il criterio per stabilire se il personale di un carcere è sufficiente: il rapporto tra numero di detenuti e numero di agenti non basta.

Pisapia, da sempre portabandiera di proposte progressiste, si spinge oltre. "Si deve uscire dalla concezione che il carcere sia l’unica sanzione penale". Quali altre, allora? "La detenzione durante il weekend, i lavori socialmente utili. Non trasmettono quel senso di impunità che invece dà la condizionale, e non incentivano la recidiva". Se poi gran parte dei detenuti, Nuoro a parte, sono tossicodipendenti, sbatterli in cella senza possibilità di disintossicarsi è inutile: "Chi esce, ci torna subito". Il presidente Buemi insiste invece sulle risorse per il lavoro dei detenuti. "Il legislatore deve sforzarsi per trovarle e per allentare i vincoli. Trascorrere anni nell’ozio è la peggiore rieducazione possibile".

colonie agricoleIl tour sardo non è stato condito solo da topi e formiche. Note di cronaca meno lugubri vengono dalla realtà delle colonie agricole, che andrebbe estesa e portata a modello anche per la penisola. Ne è convinto Pisapia, che pur "col pessimismo della ragione" ci vede una soluzione per i tanti detenuti tossicodipendenti, che non hanno "alcun interesse a fuggire, ma anzi, ne hanno tanto per imparare un lavoro". L’esperienza andrebbe quindi copiata nel continente, "dove ne sono rimaste pochissime". Buemi definisce Is Arenas "un luogo di emancipazione", dove va aumentato il numero di detenuti.

La situazione di Alghero è di "buon livello". A dirlo, oltre a Carboni, è Buemi. Ma il deputato catalano denuncia: diversi corsi saltano per mancanza di agenti. A Buon cammino, invece, la realtà è "dignitosa". C’è una sala operatoria di tutto rispetto, fa notare Buemi, anche se, come a Nuoro, si soffre per la carenza di personale, soprattutto assistenti sociali e educatori, "che non mi risulta facciano la fila per venire a lavorare in Sardegna". Badu ‘e Carros invece, "che in 4 anni ha cambiato 22 direttori" - fa i conti Carboni - adesso è affidato alle cure di Paolo Sanna. Per le case circondariali di Lanusei e Tempio invece smentite le ipotesi di chiusura: saranno, si scrive, rimodulate. Con i tre parlamentari ha viaggiato il provveditore regionale alle carceri, Nello Cesari, arrivato da Bologna qualche settimana fa. Tempo sufficiente per capire quale enorme lavoro lo aspetti.

 

 

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