Rassegna stampa 19 giugno

 

Indultino ha liberato 4.000 persone, contro le 8.000 previste

 

Redattore sociale, 19 giugno 2004

 

Sono circa 56.500 le persone detenute nei 201 istituti penitenziari del nostro Paese. Quasi 15.000 in più, ai 42.000 posti disponibili. Lo ha riferito Emilio Di Somma, Vice Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, intervenendo oggi all’incontro "Volontari in carcere: quanti, dove e perché", organizzato a Roma dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia. Secondo la terza rilevazione sul tema, condotta dalla Conferenza stessa, in collaborazione con il DAP, solo 461 educatori istituzionali lavorano presso queste strutture: oltre un terzo in meno rispetto all’organico previsto di 1.500 persone.

Sovraffollamento e risorse umane insufficienti, dunque, sono due fattori determinanti dell’inadeguatezza del sistema detentivo del nostro Paese. "La situazione ha ricevuto ben poco sollievo dall’approvazione dell’indultino", ha riferito Di Somma. "Appena 4.000 detenuti sono stati liberati: esattamente la metà rispetto alle previsioni".

Intanto, continua la "tendenza all’aumento costante dei detenuti, al ritmo di 2.000 unità l’anno", ha proseguito Di Somma, che si è detto "convinto che il volontariato sia estremamente utile in questo contesto, ma dispiaciuto che esso debba supplire alle carenze delle istituzioni. Soprattutto il numero degli educatori – ha precisato – è nettamente al di sotto del necessario. Ma la situazione, ferma ormai da 14 anni, presto si sbloccherà – ha annunciato – perché è ormai prossima l’assunzione di 500 educatori, tramite concorso esterno".

Per migliorare le attuali condizioni delle strutture detentive italiane, occorrerebbe secondo Di Somma "incrementare il lavoro della magistratura di sorveglianza e costruire nuovi istituti, in sostituzione di 15 di quelli ancora attivi, nonostante le condizioni penose. Infine – ha concluso Di Somma – bisognerebbe incrementare le opportunità lavorative per i detenuti, cercando di sviluppare questo fenomeno ancora molto limitato". Sebbene "nessun Paese civile sia riuscito – secondo Di Somma – a inventare un sistema civile di esecuzione della pena", il carcere rappresenta in Italia una vera e propria "emergenza" secondo Luigi Manconi, da circa un anno Garante dei diritti dei detenuti per il Comune di Roma.

Lo dimostra la frequenza dei suicidi all’interno delle carceri: "17 volte superiore, media della popolazione italiana", secondo quanto emerso da una recente indagine svolta dallo stesso Manconi. Dato ancor più "atroce è – secondo il Garante – che mentre nella popolazione nazionale i suicidi avvengono soprattutto tra gli adulti (45 – 60 anni), in carcere sono soprattutto i giovani (18 – 24 anni) a togliersi la vita". Ma in questo quadro drammatico, "non è vero che nulla si può fare", ha affermato Manconi, suggerendo che attraverso "un’attenzione particolare al momento dell’impatto con il carcere e la disponibilità di figure capaci di tutelare e proteggere il detenuto, soprattutto nei primi giorni", sarebbe possibile ridurre l’emergenza.

Secondo la stessa ricerca di Manconi, infatti, il 51% dei suicidi avviene nei primi 12 mesi, ma oltre il 21% nei primi sei giorni". Occorre dunque investire nuove risorse a questo scopo: in questo contesto, anche per Manconi il volontariato gioca un ruolo importante, "costituisce un valore aggiunto", ma bisogna fare in modo che "la gratuità e la generosità non si sostituiscano alla competenza professionale". Per quanto riguarda, infine, la nuova figura del Garante comunale dei diritti dei detenuti, Manconi ha annunciato che questa, finora presente solo in tre città (Roma, Firenze, Bologna), si estenderà a Torino (tra due settimane) e, nei prossimi mesi, a Padova e Napoli. "Ciò che ci auspichiamo, tuttavia", ha concluso Manconi, "è che questa figura sia presto approvata dal Parlamento e quindi istituita a livello nazionale e riconosciuta in modo adeguato dall’Amministrazione penitenziaria".

7.323 volontari attivi nelle 201 strutture detentive italiane

 

Redattore sociale, 19 giugno 2004

 

Sono circa 8.000 i volontari e gli operatori del terzo settore attivi all’interno delle 210 strutture detentive italiane. Rispettivamente, 7.323 i primi, 602 i secondi. Una presenza particolarmente rilevante, dunque, quella del volontariato all’interno del carcere, che negli ultimi anni tende a crescere: precisamente, del 17,5% rispetto al 2003, del 22,3% rispetto al 2001.

Sono alcuni dei dati emersi dalla terza rilevazione svolta dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, in collaborazione coni il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) e curata da Renato Frisanco, ricercatore della Fivol (Federazione Italiana Volontariato). La ricerca, presentata oggi presso l’Hotel Bologna, è stata compiuta attraverso la predisposizione e la somministrazione, presso ciascun istituto, di una scheda che servisse a quantificare la presenza dei volontari all’interno di ogni struttura e la tipologia delle attività da questi svolte. Le schede, compilate dagli operatori carcerari (nel 67,5% dei casi dagli educatori), sono state poi raccolte per via amministrativa e protocollate, grazie alla collaborazione del Dam.

Dalla rilevazione – compiuta sulla base di un "census day", l’1 ottobre 2003 – emerge la distribuzione territoriale disomogenea del volontariato in carcere: massima concentrazione al centro dove, pur trovandosi solo il 21% delle strutture penitenziarie del Paese, si rileva la presenza di un terzo dei volontari; in coda il Sud, dove si trovano il 44,5% degli istituti e solo il 19,4% degli operatori non istituzionali. Tale disomogeneità risulta ancor più evidente quando si consideri il rapporto numerico tra operatori esterni e detenuti: questo è pari a 1/4 nelle regioni centrali e a 1/6 nelle regioni settentrionali, mentre arriva a 1/14 nelle regioni meridionali. Uno squilibrio che, secondo Frisanco, dipende in parte dalla presenza massiccia, nelle carceri del sud, di detenuti appartenenti alla criminalità organizzata, che scoraggiano la disponibilità al servizio della comunità locale; in parte da una certa resistenza, da parte di alcuni direttori degli istituti meridionali, ad accettare la presenza dei volontari".

Per quanto riguarda gli operatori delle cooperative sociali, questi rappresentano, con le loro 602 unità, una netta minoranza rispetto ai volontari: sono presenti in 3 strutture su 10, con una media di tre operatori per istituto. Per quanto riguarda poi le attività svolte dai volontari e dagli operatori del terzo settore, queste sono "molteplici, complementari e diversamente diffuse", ha riferito Frisanco. Prevalgono il sostegno morale e psicologico (svolte dal 79% dei volontari e degli operatori), l’assistenza materiale (71%), le attività religiose (67,5%), ma sono frequenti anche le attività ricreative e sportive (51,5%), l’accoglienza o l’accompagnamento per le licenze e le uscite premio (51,5%), le attività culturali (49%), i progetti di reinserimento sociale (42,5%), le attività di patronato (36,5%) e i corsi di formazione (35,5%).

Per quanto riguarda il lavoro, questa è una realtà ancora poco radicata nelle strutture detentive italiane: in questo caso, la percentuale di detenuti lavoratori più alta si registra al Sud (39%, contro il 33% del Nord e il 28% del Sud), ma la qualità del lavoro è decisamente superiore al Nord: qui infatti si concentra il 49% degli assunti con regolare contratto in aziende esterne al carcere (contro il 31,3% del Centro e il 19,5% del Sud). "Il carcere riflette dunque le diverse realtà del Paese, più che compensarle", ha concluso Frisanco. "Pur nella sua negatività intrinseca di luogo di espiazione, esso tuttavia non può rinunciare a svolgere una funzione di recupero sociale nei confronti di persone spesso svantaggiate". Per assolvere a questo "compito compensatorio, il carcere deve ripensarsi come ambito non solo di custodia, ma anche di opportunità, strutturando con più convinzione la propria offerta formativa, rendendola usufruibile da molti detenuti e modulandola per percorsi individualizzati". A tal fine, il volontariato rappresenta certamente una risorsa preziosa, ma spesso è scoraggiato e ostacolato dal sovraffollamento delle carceri, dallo stato di abbandono in cui alcune di esse si trovano e dalla carenza di personale interno competente: appena 461 sono infatti gli educatori effettivamente operativi su tutto il territorio nazionale: uno ogni 88 detenuti al centro, uno ogni 109 al Sud e uno ogni 163 a Nord. Una presenza largamente insoddisfacente, perché proprio agli educatori interni spetterebbe il compito di ottimizzare le risorse, integrando quelle interne con quelle disponibili all’esterno interne con quelle esterne, per garantire il sostegno educativo e personale di cui i detenuti hanno bisogno.

Napoli: master in scienze socio-penitenziarie e criminologiche

 

Salerno Notizie, 19 giugno 2004

 

La Seconda Università degli Studi di Napoli ha bandito il master di secondo livello in scienze socio-penitenziarie e criminologiche per l’anno accademico 2003-2004. Il master diretto dal prof. Goffredo Sciaudone rappresenta un’importante opportunità formativa per quanti intendano intraprendere carriere professionali nel comparto sociologico, penitenziario e criminologico.

L’evoluzione delle norme e dei regolamenti, i mutati rapporti sociali, lo sviluppo delle scienze psicologiche impongono infatti una formazione multidisciplinare ed un’alta capacità di programmare modelli criminologici e di detenzione idonei a rendere l’espiazione della pena un vero e proprio percorso di riabilitazione umana e civile secondo quanto previsto dalla Costituzione Italiana. C’è sempre dunque più bisogno di esperti preparati e motivati dal punto di vista professionale e delle aspirazioni.

Il master, segretario prof. Antonello Crisci, prevede un numero chiuso e programmato di venti partecipanti i quali debbono essere in possesso della Laurea Specialistica: in Medicina e Chirurgia, Giurisprudenza, Odontoiatria e Protesi Dentaria, Psicologia, Sociologia, Scienze Politiche, Lettere, Pedagogia, Scienze dell’Educazione, Scienze della Formazione, Servizio Sociale ( specialistica), Farmacia, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche.

La durata del Master, strutturato in 65 crediti formativi, è biennale con frequenza obbligatoria e due verifiche annuali più una prova finale. La scadenza del bando (disponibile sul sito www.unina2.it ) è fissata per le ore 12.00 del 24 giugno 2004.

Ogni utile informazione può essere richiesta al Dipartimento di Medicina Pubblica, Clinica e Preventiva – Sezione Medicina Legale ai numeri 081.5666016-5666017 prof. Antonello Crisci oppure ai numeri 081.5666019 sig.ra Rosa Cesario – 081.459514 telefax.

 

Titoli di accesso al master

 

Laurea Specialistica in: Medicina e Chirurgia, Giurisprudenza, Odontoiatria e Protesi Dentaria, Psicologia, Sociologia, Scienze Politiche, Lettere, Pedagogia, Scienze dell’Educazione, Scienze della Formazione, Servizio Sociale (specialistica), Farmacia, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche.

 

Numero programmato di accessi: 20 (venti)

 

Durata del master

 

Il Master ha durata biennale e prevede pertanto n° 2 verifiche annuali, con voto. Il Master è strutturato in 65 Crediti Formativi Universitari, più una prova finale. La frequenza a tutte le attività didattiche è obbligatoria.

 

Modalità di partecipazione

 

Data di scadenza bando: ore 12 del 24 giugno 2004, presso Ufficio Esami di Stato e Scuole di Specializzazione della S.U.N. in via Marchese Campodisola n. 13, Napoli. Il bando è disponibile sul sito dell’Ateneo www.unina2.it

Sassari: prefetto incontra direttrice e agenti San Sebastiano

 

L’Unione Sarda, 19 giugno 2004

 

Un dossier sul carcere sassarese, con carenze e eventuali soluzioni, da inoltrare al Dipartimento. E poi un’accurata indagine anche sugli altri penitenziari sardi, per vedere se "vi sono realtà sovradimensionate da cui poter attingere personale". E per il resto ci si vede fra dieci giorni.

È la prima risposta del prefetto di Sassari Salvatore Gullotta ai sindacati di polizia penitenziaria e alla direttrice di San Sebastiano, Patrizia Incollu, stretti nella stessa morsa, fatta di carenza cronica di personale, ancora più insopportabile a ridosso delle ferie estive. Un organico in cui mancano cinquanta agenti, dicono i sindacati, con gli agenti in servizio che non riescono più a garantire il servizio istituzionale né i livelli minimi di sicurezza.

Alla Uil parlano di poliziotti demotivati, che non riescono più a recuperare lo stress psicofisico dovuto all’esigenza di coprire più posti di servizio, "con turni estremamente ravvicinati e cercando nel limite del possibile, di garantire ai detenuti quanto loro garantito dalla legge". Tutto questo mentre "vengono sistematicamente violati i loro diritti quanto a riposi, congedi, ferie.

Tutto aggravato ulteriormente dai piantonamenti esterni, sempre più numerosi, a cui non si riesce più a far fronte se non sguarnendo le sezioni e ponendo a rischio la sicurezza e la stessa incolumità degli agenti. Un clima in cui il certificato per stress psicofisico diventa quasi fisiologico. "La pianta organica prevede per San Sebastiano, 187 uomini e 26 donne.

La forza attuale è invece, togliendo gli agenti in distacco, di soli 137 uomini e 16 donne. "È mai possibile - concludono i sindacati - che una realtà come Sassari, che solo con estrema difficoltà esce da una pesante eredità come quella dei "fatti di Sassari" (il pestaggio di una ventina di detenuti da parte degli agenti ndr) venga abbandonata ad un futuro dove tutto appare prevedibile, anche i fatti più nefasti?".

Palermo: i detenuti del Pagliarelli abili restauratori

 

La Sicilia, 19 maggio 2004

 

Non soltanto una mostra-mercato. Un momento di aggregazione, solidarietà e integrazione. Tutto questo e molto altro è la mostra "Il mestiere di restauratore" inaugurata ieri presso la sala degli Specchi del teatro Politeama. È anche un’idea tramuta in progetto e realizzata all’interno di un carcere. Infatti i restauratori dei mobili esposti nella sala degli specchi sono stati proprio i detenuti del carcere Pagliarelli. E hanno dimostrato di avere imparato davvero bene il mestiere.

I detenuti hanno partecipato a un corso della durata di 11mesi organizzato dall’Associazione Iride, finanziato dal Comune e supportato dagli educatori del carcere. "Un ringraziamento va a funzionari e impiegati del Settore Attività Sociali – ha detto Anna Maria Cassaniti, presidente dell’associazione, organizzatrice e promotrice del corso – ma anche agli educatori e alla direttrice del carcere e soprattutto ai detenuti, non presenti oggi, ma veri protagonisti dell’iniziativa e della mostra".

Il corso è stato studiato con gli educatori, che hanno supportato attivamente l’iniziativa creando due gruppi di 26 detenuti che si sono alternati. "Il corso è stato suddiviso in due parti – ha aggiunto Maurizio Cipriano, vice presidente dell’associazione – la prima basata sull’insegnamento di nozioni rudimentali di tecnica del restauro e, soltanto nella seconda parte del corso si è passati alla pratica del restauro, prima su tavole e successivamente su veri e propri pezzi d’antiquariato. Durante il corso sono stati commissionati lavori da privati che sono rimasti davvero contenti del risultato". Il corso di restauro ha offerto un’opportunità di riscatto ai soggetti svantaggiati, un momento per sperimentare il lavoro d’equipe nel rispetto della creatività e del potenziale individuale.

"I detenuti hanno chiesto volontariamente di partecipare al progetto e hanno sempre dimostrato interesse e impegno con una presenza costante ai laboratori ma la soddisfazione maggiore è la partecipazione attiva e l’interesse dimostrato dai ragazzi e i risultati si vedono", ha detto Maurizio Cipriani mostrando le foto dei mobili prima del restauro. A elogiare il lavoro dei detenuti il sindaco Diego Cammarata: "Sono indeciso tra tanti pezzi d’antiquariato così belli, ho apprezzato il lavoro di qualità, sono pezzi originali recuperati con vera maestria, questa iniziativa, sostenuta in minima parte dal Comune deve la realizzazione all’associazione e al lavoro di attento restauro dei detenuti, assenti oggi, ma che tengo a ricordare". La mostra rimarrà aperta fino a domani dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20. Il ricavato sarà interamente devoluto ai detenuti che hanno partecipato al corso.

Nuoro: botte e scomparsa di detenuto, denuncia dei compagni

 

Il Manifesto, 19 giugno 2004

 

Un gruppo di 17 detenuti del carcere di Badu `e Carros a Nuoro hanno inviato una lettera in cui denunciano il pestaggio da parte di agenti della polizia penitenziaria di un ergastolano, Roberto Nicolosi, "massacrato e buttato in cella d’isolamento".

Di lui non avrebbero più notizie, e per questo "abbiamo timore che faccia la fine del detenuto Acquaviva, trovato impiccato tempo addietro" e per il quale sarebbe in corso un procedimento penale nei confronti di alcuni agenti. Sul caso ieri ha presentato un’interrogazione parlamentare il deputato verde Mauro Bulgarelli. Intanto oggi nel carcere minorile romano di Casal del Marmo si svolgerà un concerto di Emanuela Trane, in arte Dolcenera, vincitrice della sezione giovani del festival di Sanremo.

Rimini: parte il progetto "Padri dentro e figli fuori"

 

Corriere della Romagna, 19 giugno 2004

 

"Padri dentro e figli fuori" è il nome del nuovo progetto pilota della casa circondariale di Rimini. La direzione dei Casetti ha, infatti, deciso di rispondere alla sollecitazione ministeriale che, in accordo con l’Unicef, invita a sostenere con adeguate iniziative il rapporto dei detenuti con i figli. Ieri mattina la direttrice Maria Benassi e il responsabile dell’area educativa Vincenzo Di Pardo hanno illustrato le iniziative che coinvolgeranno tutti i detenuti da giugno a dicembre. In programma una mostra-mercato degli oggetti prodotti dai carcerati, il cui ricavato servirà per acquistare dei giochi per i figli degli stessi a cui saranno consegnati il 18 dicembre, in occasione delle festività, da uno speciale Babbo Natale. Durante l’estate si svolgerà anche la rassegna video "Cinema e infanzia" e una serie d’incontri con i rappresentanti dell’Unicef e delle conferenze sul tema "Separazione e legami affettivi tra genitori detenuti e figli".

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