Rassegna stampa 4 dicembre

 

Bari: detenuto cardiopatico muore durante traduzione

 

Il Manifesto, 4 dicembre 2004

 

Fabio Malinconico, 44 anni, è morto d’infarto lunedì scorso mentre veniva trasportato dal carcere di Bari, dove era detenuto, a quello di Secondigliano. A giugno - e a causa delle sue assai precarie condizioni di salute - aveva chiesto gli arresti domiciliari temporanei.

Quindi una lunga attesa e solo il 9 novembre scorso la risposta negativa del Tribunale di sorveglianza di Bari che lo giudicava "compatibile" col regime carcerario ma ne disponeva comunque il trasferimento in una struttura penitenziaria adeguata alle cure del caso. Ieri mattina, i familiari di Malinconico - assistiti dall’avvocato Amilcare Tana - hanno presentato una denuncia alla Procura di Lecce affinché vengano accertate eventuali responsabilità.

Tra i reati ipotizzabili, anche se non formalizzati nell’esposto, quello di omicidio colposo. "Il tribunale - spiega Tana - ha rigettato la nostra richiesta dei domiciliari insieme a quella di una perizia clinica. E lo ha fatto sulla base delle valutazioni di un medico che faceva parte dello stesso collegio.

È la prima volta che vengo a sapere che del collegio di un tribunale di sorveglianza, solitamente composto da due magistrati e da due esperti (più che altro psicologi o pedagoghi) faccia parte anche un medico del quale peraltro non si conosce il nome. Ora è nostro diritto sapere se la valutazione sia stata condotta secondo tutti i crismi e con quale assistenza il detenuto sia stato tradotto a Secondigliano dove è arrivato già morto".

Malinconico - considerato un personaggio di rilievo della criminalità salentina e in carcere dal luglio del 1996 - scontava una pena di 23 anni e due mesi per associazione a delinquere finalizzata a traffico di droga, spaccio, ricettazione, violenza privata, lesioni personali, esercizio abusivo di gioco d’azzardo e detenzione illegale di armi.

A Melfi - dove era detenuto sino allo scorso anno - subisce il primo infarto: è il giugno del 2003. Da allora le sue condizioni peggiorano tanto da costringerlo a subire un intervento per l’applicazione di un pace-maker.

"Il dirigente sanitario del carcere di Melfi - denuncia Tana - lo aveva dichiarato incompatibile non solo col regime carcerario ma anche con i centri diagnostici e terapeutici delle strutture penitenziarie. Del resto l’ultimo volta che l’ho visto versava in condizioni tremende, soffriva di anoressia, usava la sedia a rotelle e non poteva muoversi senza l’assistenza di un infermiere".

"Anche questo episodio - è il giudizio di Angiolo Marroni, garante dei diritti dei detenuti per il Lazio - conferma quanto io e altri volontari e operatori del carcere denunciamo da tempo. La priorità resta quella sanitaria.

Il diritto alla salute che i detenuti non perdono nel momento in cui vengono rinchiusi negli istituti di pena viene costantemente violato e offeso. Questa situazione non può continuare. Occorre che il Sistema sanitario nazionale se ne faccia carico e che la magistratura di sorveglianza esca da una cultura che spesso la vede burocratizzata".

Anlaids: sette detenuti su cento sono sieropositivi

 

Il Manifesto, 4 dicembre 2004

 

"Nelle carceri italiane dilagano droga, Aids ed epatiti. Su 100 detenuti, almeno 7 sono sieropositivi, anche se le cifre ufficiali minimizzano e un detenuto su tre è tossicodipendente". La denuncia è arrivata ieri - nel corso della giornata conclusiva del congresso nazionale dell’Anlaids - da Giulio Starnini, presidente della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria. Secondo il medico, sarebbero almeno 4.500 i sieropositivi in carcere.

Almeno la metà dei detenuti ha l’epatite C, molti sono affetti da tubercolosi, dermatosi, scabbia e da malattie mentali e cardiovascolari. "Ormai la salute in cella - ha aggiunto Starnini - è assicurata solo dalla buona volontà, dallo spirito di sacrificio, dal senso del dovere di medici e di infermieri. Il Servizio sanitario nazionale si dice fuori con tanto di lettere documentate e scarica la spesa sul ministero della Giustizia che di fondi sostiene di averne pochi.

E a sua volta scarica sulle regioni, che non reggono il peso dei malati". Starnini non si limita a denunciare la malasanità carceraria: propone anche un progetto, realizzato insieme al Network persone sieropositive e in collaborazione con Boehringer Ingelheim, che mira a portare a galla "tutto l’iceberg di cui si intravede solo la punta".

Il progetto - battezzato "In & Out" - consiste nell’offrire il test di sieropositività a tutti i nuovi detenuti non solo al momento dell’ingresso in carcere ma anche, più volte, durante la detenzione. L’obiettivo è quello di eseguire il test di sieropositività ad almeno il 70% dei detenuti. Infine, Fernando Aiuti - presidente dell’Anlaids - ha chiesto a Berlusconi di assegnare all’associazione da lui diretta una percentuale della somma risparmiata con il taglio delle tasse sul suo patrimonio.

Onu: moratoria pena di morte, buone notizie dal rapporto 2004

 

Apcom, 4 dicembre 2004

 

Tra i Paesi che hanno deciso di non applicare la pena di morte, 80 l’hanno cancellata dai propri ordinamenti giudiziari, 12 l’hanno abolita per i crimini ordinari, uno, la Russia, si è impegnata ad abolirla ed ha aderito a una moratoria sulle esecuzioni come membro del Consiglio d’Europa, 6 stanno osservando una moratoria e 32 sono abolizionisti "de facto" non avendo utilizzato lo strumento della pena di morte neppure una volta negli ultimi dieci anni.

Va notato, spiega Elisabetta Zamparutti che ha curato il rapporto, che molti di questi Paesi non aggiornano le statistiche delle condanne. In Cina, ad esempio, la pena di morte è segreto di Stato. Il rapporto è stato quindi preparato con il contributo di fonti governative e di rappresentanze diplomatiche occidentali, mettendo a confronto informazioni giornalistiche o raccolte direttamente nelle carceri. In due Paesi, in Corea del Nord e in Siria le esecuzioni sono completamente avvolte nel segreto.

Nel 1994 per iniziativa dell’Italia l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite voto sulla proposta di moratoria delle condanne a morte in tutto il mondo. La proposta fu sconfitta di appena 8 voti. "Ma in dieci anni - spiega D’Elia - molti Stati dell’ex blocco sovietico, dell’ex Yugoslavia e il Sudafrica hanno abolito la pena di morte".

L’obiettivo di Nessuno tocchi Caino è di far leva, per mezzo dei risultati dello studio, per la presentazione di una nuova bozza di risoluzione all’Assemblea Generale. Se si votasse oggi sull’ipotesi di una moratoria delle condanne, questa verrebbe approvata con una maggioranza stimata tra i 97 e i 105 voti favorevoli. Le astensioni potrebbero essere tra 17 e 26 e i voti contrari da 62 a 68. Le risoluzioni dell’Assemblea non sono vincolanti ma un eventuale voto favorevole costituirebbe un atto politico di enorme portata.

Sassari: processo per il pestaggio in cella, sfilano i testi

 

L’Unione Sarda, 4 dicembre 2004

 

"Mi hanno riempito di colpi". Tanta rabbia, nessun rancore. Una voglia matta di giustizia, non di vendetta. Pesano come macigni le parole di uno di uno dei detenuti di San Sebastiano, rimasto coinvolto suo malgrado nel maxi pestaggio che la notte del 3 aprile del 2000 aveva trasformato il carcere sassarese in uno dei più malfamati d’Italia.

Davanti ai giudici racconta nei minimi dettagli la violenza subita. "Per colpa dei loro calci ho perso l’uso di un testicolo". Spiega tutto con la lucidità di chi non ha ancora dimenticato e forse non lo farà mai. È arrabbiato ma non sa con chi deve prendersela, perché come ha raccontato anche ieri in aula non è in grado di riconoscere gli agenti che gli hanno messo le mani addosso.

Si ricorda solo che lo hanno picchiato, e che gli hanno fatto molto male. Le sue sono accuse particolarmente gravi, e potrebbero essere confermate dalla perizia specialistica che il pubblico ministero ha chiesto formalmente di poter acquisire.

Ma quello del giovane, trent’anni appena, non è l’unico racconto sconvolgente dell’udienza per il processo a carico dei sono nove agenti di polizia penitenziaria che hanno scelto di discutere in pubblico le loro eventuali responsabilità. "Mi hanno trascinato dalla cella coi polsi ammanettati dietro la schiena - è stata la versione di un altro - alla rotonda ci sono arrivato rotolando giù per due rampe di scale". Non solo. "Dopo avermi umiliato nella sala colloqui, uno ha ordinato ai colleghi di lasciarmi per ultimo", racconta. "Ha detto: deve prenderle anche per il fratello - prosegue - perché mio fratello era fuori da San Sebastiano da due giorni e forse questa cosa non gli era andata giù". Il 28 gennaio parleranno altri cinque detenuti vittime del pestaggio di quattro anni fa.

Livorno: la famiglia di Carlos Riquelme chiede giustizia

 

Il Tirreno, 4 dicembre 2004

 

Carlos Riquelme, cittadino cileno, muore suicida in una cella del carcere delle Sughere lo scorso 30 luglio. Ora la sua famiglia scrive all’avvocato Vittorio Trupiano, chiedendogli di interessarsi perché sia fatta luce sulla tragica fine di Carlos.

 

Signor Vittorio Trupiano, Avvocato. Stimato Signore, tramite internet ho conosciuto il suo impegno per la difesa del giovane Marcello Lonzi e in inoltre il suo interessa per la morte sospetta che colse mio fratello Carlos Riquelme nel carcere di Livorno.

Noi, la sua famiglia, non vogliamo né che la sua morte resti solo un numero tra le statistiche carcerarie, né che sia avvenuta in vano e i veri colpevoli restino impuniti.

Disgraziatamente la distanza geografica e la differenza di lingua ci impediscono di realizzare le pratiche legali necessarie a sollecitare un’inchiesta approfondita, per fare chiarezza e pulizia in nome del nostro caro Carlos Riquelme:

non abbiamo saputo perché il giudice Mario Profeta lo fermò e lo incarcerò senza prove, solo in base a sospetti;

perché non fu trasferito a Pisa visto che soffriva di depressione?

perché non fu sottoposto a vigilanza medica e protetto per avere tentato il suicidio?

quali furono i diritti che aveva e che vennero violati?

non ha mai fatto la telefonata, a cui tutti i prigionieri hanno diritto.

è stato sottoposto a tortura psicologica, perché la sua corrispondenza è stata trattenuta.

qual è la responsabilità diretta del carcere, nella sua morte?

è stato detto che non c’era il personale necessario per controllare i detenuti uno a uno, ma allora perché fuori dalla cella del suo compagno fu posta una guardia personale?

perché il giudice Mario Profeta era tanto interessato a che mio fratello si incolpasse e perché ha trasformato l’ultimo interrogatorio in un vero tormento psicologico per lui? (24 giugno). È legale?

voleva punirlo per poter giustificare il grande errore commesso organizzando questa tremenda indagine politica che si è risolta in un completo fallimento?

come giustificherà il suo tremendo errore davanti a sé stesso? E davanti a Dio come si giustificherà per la morte di Carlos Riquelme?

 

Abbiamo atteso dolorosamente notizie sull’inchiesta, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Ci rivolgiamo rispettosamente a lei per chiederle se possa indirizzarci e aiutarci a risolvere l’inchiesta e tutti i dubbi che abbiamo maturato. Chiediamo verità e giustizia. Sperando in una pronta risposta la saluto cordialmente.

 

Erika Riquelme (dal Cile)

Livorno: il Provveditore, "fare chiarezza su queste celle lisce"

 

Il Tirreno, 4 dicembre 2004

 

Una circolare a proposito di celle "lisce", come le definisce più di un detenuto transitato per le sughere, o "senza suppellettili" come preferisce chiamarle la direttrice del penitenziario labronico, Anna Carmineo. Il provveditore regionale alle carceri, Massimo de Pascalis, la annuncia come imminente e spiega:"Poiché non escludo che anche altre sedi possano assumere analoghe iniziative, sto diramandola per disciplinare la materia che mi sembra richieda un intervento uniforme".

Il provveditore non si tira indietro di fronte alla richiesta di spiegazioni sul fatto che del metodo citato dalla dottoressa Carmineo (solo branda e materasso, tutti gli oggetti personali, abbigliamento compreso, fuori dalla cella e da richiedere alla guardia) e dal dottor Tiso che delle Sughere e il dirigente sanitario: "Sono misure - spiega De Pascalis - che rientrano nell’ambito delle iniziative di un sanitario, secondo la sua etica, nelle more di un intervento dello psichiatra. La direzione non ha un protocollo standard, ma si muove in base allo stato di crisi che si trova ad affrontare".

L’esistenza della cella "liscia" alle Sughere era stata testimoniata a Radio Radicale il 15 giugno scorso da un ex detenuto. In verità nessuno l’ha mai categoricamente smentita e al nostro giornale è arrivata la lettera di un detenuto di lungo corso che racconta di reclusi malmenati all’interno della cella denominata, appunto, "liscia": un trattamento che verrebbe cinicamente definito "terapia".

In attesa della circolare resta da capire come mai – all’interno di un pianeta come quello del carcere rigidamente impostato per regolamenti e competenze – sia potuto emergere un lato "creativo" a proposito del contenimento di detenuti particolarmente "vivaci".

Livorno: 24 detenuti scrivono al giornale "siamo sotto choc…"

 

Il Tirreno, 4 dicembre 2004

 

Voci di dentro, da quell’angolo remoto di città chiamato le Sughere, dove l’unico sole è quello a scacchi: "Siamo tutti sotto choc - scrivono ventiquattro detenuti comuni che si firmano con nome e cognome - per quanto sta accadendo da quattro mesi a questa parte. Abbiamo paura anche di andare ai colloqui con i familiari perché non sappiamo mai cosa possa accadere".

Appena sabato scorso - insieme ai parlamentari Ds Marida Bolognesi e Marco Susini - abbiamo raccolto l’appello della direttrice del penitenziario Anna Carmineo, del capo degli agenti Emilio Giusti, di educatori e sanitari, affinché tutta la città, con le istituzioni in prima fila, si faccia carico delle condizioni materiali e umane del carcere.

A quell’appello, cui è seguita un’ampia discussione nel corso dell’ultimo consiglio comunale, si aggiunge oggi quello che arriva dalle voci dei detenuti: "Scriviamo - si legge nella lettera - perché desideriamo che il nostro grido d’aiuto possa giungere alle persone competenti che vogliono prendere visione di quanto trascritto".

Prendere visione e rimboccarsi le maniche per trovare soluzioni alle richieste elencate, una dietro l’altra, nella lettera. A partire dalla mancanza di rapporto con i servizi sociali "che vengono effettuati raramente", continuando per "la carenza di assistenza medica continuativa, per cui le visite vengono meno al momento del bisogno", passando per "la mancata socialità all’interno delle varie sezioni".

Al gruppo di detenuti che ha inviato queste richieste, si aggiunge una testimonianza a se stante che parla di "un regime molto stretto" applicato nel carcere livornese e mette l’accento sulle questioni sanitarie:"Io ho avuto l’occasione - scrive il detenuto - di assistere ai malori di un detenuto per cui l’intervento non è stato immediato in quanto passarono ben 40 minuti dalla chiamata. In altri casi il tempo è stato anche superiore".

Una situazione di grande disagio, dunque, pur per chi non nega che "è vero che ci troviamo reclusi per aver commesso vari reati", ma chiede che la pena inflitta non si trasformi nella condanna a "vivere dimenticati dal mondo esterno".

"Ci sono suicidi - continua il detenuto che scrive da solo - che potrebbero non esserci se questo carcere fosse più controllato e con un regime meno duro. Non come ora che non possiamo avere nessun tipo di svago in cella, le nostre domandine non vengono considerate e non ci sanno dare spiegazioni in merito".

Psichiatria: domani la Giornata nazionale della salute mentale

 

Redattore Sociale: 4 dicembre 2004

 

"Tra le molte giornate "a memoria" di qualche patologia o evento "problematico", la Giornata della salute mentale del prossimo 5 dicembre, non è inutile. Anzi: necessaria per il clima intorpidito che sembra avvolgere tutto il mondo della malattia e della disabilità, compresa la malattia psichiatrica". Inizia così l’editoriale di Don Vincio Albanesi dedicato al tema del disagio.

"I manicomi sono stati chiusi, anche se resta la grande offesa dei manicomi criminali ancora funzionanti. La dolorosa esperienza della sofferenza psichiatrica ondeggia tra "i ricoveri" negli ospedali e nelle non numerose strutture protette e sempre più nelle cliniche psichiatriche e nell’abbandono delle famiglie".

"Un prosieguo di riforma, dopo la celebre legge Basaglia, si è inceppato apparentemente sulla definizione della malattia e sui conseguenti interventi necessari, sostanzialmente per l’indifferenza verso forme patologiche croniche e dagli incerti risultati. - continua - Tutto il mondo della cronicità è oramai in balìa di se stesso, appena sopravvivendo là dove esiste.

Nessuna consistente volontà ad affrontare definitivamente un problema serio di salute, dai risvolti caratteristici quali quelli del disturbo psichiatrico. Se l’intervento, privato e pubblico, è sufficiente all’inizio della malattia, diventa rarefatto e addirittura assente quando il crinale della malattia volge verso forme resistenti di patologia.

"Occorre riprendere il bandolo di un problema sanitario e sociale grave: anche perché il trend dice che, in una società particolarmente efficiente e veloce, il disturbo psichiatrico colpisce soggetti giovani. E la carriera della malattia mentale non è da augurare a nessuno, così portatrice di sventura, di solitudine e di dolore. - conclude -.

Se la giornata avrà la capacità di rimettere al centro dell’attenzione uno dei problemi sanitari seri, una qualche speranza avranno coloro che soffrono di disturbi psichiatrici insieme alle loro famiglie. Altrimenti sarà un’occasione perduta e una responsabilità maggiore per un abbandono crudele e ingiusto". Il testo completo dell’editoriale nella rubrica "In Italiano".

Psichiatria: 1.370 le strutture residenziali non ospedaliere

 

Redattore Sociale: 4 dicembre 2004

 

Sono 1370 le strutture residenziali psichiatriche non ospedaliere censite in Italia dal progetto Progres (Progetto Residenze) promosso dall’Istituto superiore di sanità tra il 2000 e il 2002. Di queste "case per la vita" (appartamenti protetti, gruppi alloggio, case famiglia), ne sono state analizzate a campione il 20% (267 strutture in 20 regioni italiane, escluso l’Abruzzo, per 3005 pazienti ospitati in esse).

Ne è emerso che il 74% offre assistenza continuativa nelle 24 ore, l’81% sono gestite dal Servizio sanitario nazionale e il 38% da cooperative sociali, 12 è il numero medio di posti letto, nella maggior parte delle strutture viene effettuata attività psicosociale non specifica e la permanenza dei pazienti è di solito lunga (il 35% è ospite infatti da più di 3 anni).

Si tratta di malati con disturbi psichici cronici, incapaci di vita autonoma o con scarsa rete familiare, 2 su 3 sono schizofrenici, il 63% è di sesso maschile, più del 70% ha oltre 40 anni, l’80% non è mai stato sposato e il 40% non ha mai lavorato. Il tasso di dimissione poi è basso: in un anno, 1/3 circa delle residenze analizzate non aveva dimesso neanche un paziente e un altro terzo ne aveva dimessi solo uno o due.

"Si tratta comunque di strutture indispensabili – spiega Giovanni de Girolamo, del Dipartimento di salute mentale dell’Ausl di Bologna, coordinatore del progetto Progres insieme ad Angelo Picardi e Pierluigi Morosini del Laboratorio di epidemiologia e biostatistica dell’Istituto superiore di sanità – in quanto ricreano quell’ambiente simil domestico che non è possibile ottenere nei servizi ospedalieri. Esistono comunque alcuni punti che andrebbero migliorati.

Nella maggior parte delle strutture residenziali, ad esempio, vengono effettuati interventi di tipo psicosociale, che sono rappresentati perlopiù da attività risocializzanti non specifiche (70%); seguono le attività espressive (58%) o manuali (50%), e quindi gli interventi riabilitativi più strutturati e mirati, come i programmi di addestramento alle abilità sociali (38%). Tuttavia, solo la metà degli ospiti è collaborante nei confronti del trattamento ricevuto – continua de Girolamo -.

E un basso livello di dimissione potrebbe anche essere favorito dalla limitata disponibilità di attività psicosociali specifiche o di progetti riabilitativi personalizzati. Il rischio è quindi che alcune di queste strutture diventino dei piccoli contenitori istituzionali, incapaci di poter fornire un’assistenza adeguata alle reali necessità e ai reali bisogni degli ospiti.

Problema, quello della mancanza di competenze specifiche in campo psichiatrico, che si ripropone anche per il personale che lavora in queste strutture. Cosa che può andar bene per i pazienti più anziani, ma che non favorisce il recupero di quelli più giovani. Servirebbe pertanto – conclude il dottor de Girolamo - una maggiore diversificazione delle strutture residenziali, differenziazione da farsi in base agli obiettivi e quindi al tipo di ospite".

Ritornando ai pazienti, circa la metà di loro è stato ricoverato nel corso della propria vita in un ospedale psichiatrico o in un’altra struttura, mentre una minoranza non trascurabile (7%) è stata precedentemente degente in un ospedale psichiatrico giudiziario. La grande maggioranza degli ospiti (96%) è in trattamento psico farmacologico, con un numero medio di tre medicinali per paziente e con un 91% che assume farmaci antipsicotici.

Attualmente è però in corso un nuovo progetto, denominato Progres Acuti, che si propone di studiare i servizi psichiatrici ospedalieri, le case di cura private accreditate e i malati ospitati in esse: persone che vivono per conto proprio o in famiglia e che necessitano di ricoveri solo temporanei.

Psichiatria: Lombardia presenta documento su disagio psichico

 

Redattore Sociale: 4 dicembre 2004

 

Una nuova cultura della salute mentale, la responsabilizzazione della società civile, ma anche richieste molto concrete: decidere la destinazione d’uso dei 12 ex ospedali psichiatrici lombardi e liberare risorse per progetti sulla salute mentale. Sono i punti principali del documento presentato oggi, nell’aula magna dell’ex Ospedale psichiatrico Paolo Pini, dalla Campagna per la Salute mentale della Lombardia, coordinamento di oltre 60 associazioni di familiari e operatori sociali, in occasione della Giornata nazionale della Salute mentale in programma domenica.

E la Lombardia, soprattutto Milano, sono una delle realtà in cui più presente è il disagio psichico: sono ventimila i milanesi (di cui un terzo con problemi gravi) che si rivolgono ai centri psico sociali presenti in città; nel 2002 sono stati 8.715 i pazienti in cura nei dipartimenti per la salute mentale degli ospedali milanesi. Dati raccolti dal primo rapporto sulla salute mentale a Milano, presentato nel maggio scorso, (curato da Caritas e Fondazione Ambrosianeum) che indicano quanto il disagio psichico sia presente, alla luce anche del fatto che si stima che solo l’1 per cento di chi ha problemi psichici venga intercettato dai servizi e che nuovi temi si affacciano in questi anni: su tutti il disagio psichico di tanti immigrati e la diffusione di malattie come la depressione. Fenomeni spesso nascosti.

"Abbiamo preparato questo documento - ha spiegato oggi don Virginio Colmegna, direttore della Caritas e della Campagna per la Salute mentale - per proporlo alle istituzioni, ma anche all’opinione pubblica: la salute mentale è la presa in carico dei disabili psichici è un tema centrale per misurare la qualità di una città".

A firmare il documento è anche l’Ospedale Niguarda di Milano, che da tempo ha avviato progetti innovativi di inserimento dei disabili psichici. "A tutti noi spetta il compito di trovare nuove strade e immaginare nuovi progetti nel sostegno ai disabili psichici e alle famiglie - ha detto Andrea Cocchi, direttore del dipartimento per la Salute mentale dell’Ospedale Niguarda -. Ma è necessaria anche una nuova cultura su questi temi perché i malati di domani non debbano vivere nell’abbandono in cui vivono i disabili psichici di ieri e oggi".

Il testo presentato oggi verrà distribuito nelle associazioni, ospedali, luoghi pubblici, con l’obiettivo di far parlare e discutere di salute mentale. Decisa, nel documento presentato, la presa di posizione contro quella che viene definita "privatizzazione mercantile dei servizi di cura".

"Le associazioni e tutti coloro che si occupano di disabilità - ha sottolineato don Colmegna - sono disponibili a collaborare, pensare nuovi progetti, mettere in campo risorse per la psichiatria. Ma tutto questo deve avvenire in un quadro di sanità pubblica: sussidiarietà non significa lasciare solo il privato sociale nella presa in carico dei disabili psichici".

Un messaggio forte, accompagnato da una richiesta: "Si decida finalmente cosa fare dei 12 ex ospedali psichiatrici della Lombardia (un patrimonio immobiliare di 400mila metri quadrati, ndr). La psichiatria ha bisogno di risorse economiche e da quezsti edifici se ne possono ricavare". Una richiesta che da tempo fanno associazioni e operatori, ma a cui non sono ancora arrivate risposte. E nell’incontro promosso oggi è arrivata anche la testimonianza degli operatori.

Ne ha parlato Edoardo Re di Opla (associazione degli operatori psichiatrici) che ha concentrato il suo intervento sulla possibilità di coinvolgere gli utenti dei servizi psichiatrici nelle attività di cura. Esempi ce ne sono e, ha annunciato Re, verranno raccontati in un convegno internazionale in programma a Milano il 10 e 11 giugno prossimi.

Psichiatria: "Fuoridallombra.it": sito di Associazioni dei familiari

 

Redattore Sociale: 4 dicembre 2004

 

"Fuoridallombra.it": con un sito e varie iniziative le associazioni dei familiari e le società scientifiche per la prima volta insieme lanciano una Campagna nazionale per la salute mentale, promossa dal ministero della Salute e presentata oggi presso la sede del dicastero. Lo slogan scelto per la I Giornata nazionale della salute mentale, che sarà celebrata domenica 5 dicembre, recita: "Non è diverso da te. Curare i disturbi mentali si può".

Indetta dal Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della Salute Girolamo Sirchia, la Giornata si propone di "informare i cittadini sulle possibilità di cura e di accesso ai servizi, rendere più efficaci ed omogenee le iniziative sul territorio e combattere lo stigma sociale delle patologie mentali, l’esclusione, il pregiudizio e la discriminazione nei confronti dei malati di mente". Saranno coinvolte le associazioni più rappresentative a livello nazionale del mondo del volontariato, quali Unasam, Diapsigra, Arap, Fondazione Idea e le società scientifiche Sip, Sinpf e Sep.

In particolare, l’Unasam (Unione Nazionale Associazioni per la Salute Mentale) si è occupata della produzione di uno spot televisivo; l’Arap (Associazione per la Riforma dell’Assistenza Psichiatrica) ha realizzato il sito www.fuoridallombra.it; Diapsigra (Associazione per la Difesa degli Ammalati Psichici Gravi) ha curato la realizzazione degli opuscoli informativi che saranno distribuiti nelle farmacie e negli ambulatori di medicina generale; Fondazione Idea si è occupata dell’organizzazione di eventi mirati a sensibilizzare la popolazione e della Giornata Nazionale della Salute Mentale. La Società Italiana di Psichiatria (Sip), la Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (Sinpf) e la Società Europea di Psichiatria (Sep) hanno fornito, invece, la consulenza scientifica.

"La campagna intende sottolineare l’importanza della prevenzione primaria e secondaria e far avvicinare le persone con disturbi mentali e i soggetti a rischio ai servizi territoriali per la salute mentale", informa il ministero della Salute, sottolineando che domenica prossima sono in programma iniziative in tutte le principali piazze d’Italia, organizzazione di convegni e manifestazioni rivolti non solo a medici e farmacisti ma anche ai malati e alle loro famiglie.

Il 10% degli italiani (quasi 6 milioni di persone) soffre di un tipo di disturbo mentale, dagli attacchi di panico a forme depressive fino alle schizofrenie e patologie più pesanti. "Nel Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 la salute mentale, anche dell’età evolutiva, e la lotta allo stigma sociale costituiscono obiettivi prioritari", riferisce il ministero della Salute: infatti i dati provenienti dalla letteratura scientifica internazionale hanno evidenziato che nell’arco di un anno il 20% della popolazione adulta ha presentato uno o più disturbi mentali elencati nella Classificazione Internazionale delle Malattie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

A volte si tratta di disturbi diffusi tra la popolazione, come l’ansia e la depressione lieve; altre, invece, "possono essere tanto gravi che oltre a compromettere la vita stessa di chi ne è colpito, e di coloro che gli vivono accanto, alimentano nell’opinione pubblica forme di emarginazione e di esclusione sociale nei confronti dei malati affetti da questo tipo di disturbi". Senza dimenticare che molte patologie dell’età adulta sono precedute da disturbi che compaiono in età evolutivo-adolescenziale. In particolare, l’8% dei bambini e degli adolescenti presenta forme di disagio che provocano disadattamento e difficoltà a stabilire relazioni interpersonali.

Psichiatria: Radio; "Rete 180", la voce di chi sente le voci…

 

Vita, 4 dicembre 2004

 

"Rete 180", la radio dei pazienti del centro di salute mentale di Mantova, nata l’anno scorso ha raddoppiato le sue trasmissioni. In occasione della giornata del 5 dicembre dedicata alla salute mentale , la redazione ha incontrato l’onorevole Antonio Guidi. L’intervista andrà sulle frequenze di radio Base per le province di Mantova, Modena, Reggio Emilia, Verona, Cremona sabato 4 dicembre alle ore 10.30 sulle frequenze 89.350, 100.800, 89.800 e sarà disponibile sul sito www.rete180.it

La redazione di Rete 180 annuncia così l’appuntamento. Un Sottosegretario alla Sanità deciso e battagliero, ma anche in vena di confidenze personali. È questo il ritratto dell’onorevole Antonio Guidi come esce dall’intervista esclusiva che ha concesso ai microfoni di "Rete 180, la voce di chi sente le voci", in occasione della Giornata Nazionale della Salute Mentale.

Guidi ha ribadito con forza l’importanza della Legge 180 ("Una sfida che ha coniugato, coniuga e coniugherà scienza, diritti dei cittadini e lotta contro qualsiasi forma di emarginazione"), ha espresso la sua convinzione che occorra superarare gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ("Non bisogna mai coniugare la sofferenza mentale con quella del carcere") e ha confessato ai redattori di Rete 180 che anche i politici qualche volta sentono troppe voci:

"E‚ un arricchimento quando sono voci che si vogliono capire, ma se si sentono solo per avere consensi, allora viene fuori un coro stonato e anche la risposta politica è incomprensibile" .

Ma ai redattori-malati psichici dell’emittente mantovana il Sottosegretario ha anche confidato aspetti inediti della sua persona, dalla solitudine in cui spesso si trova ("Di notte, a notte fonda, la persona che viene ad ascoltare il mio cuore si chiama ricordo, si chiama amore a distanza"), al ricordo dell’infanzia quando, nelle difficoltà legate alla sua disabilità, gli capitò di cadere contro un filare d‚uva: "Allora capii che dovevo decidere se stare per terra per sempre o alzarmi e tornare a camminare e decisi di tornare a camminare".

Infine, nel suo duplice ruolo di medico e Sottosegretario alla Sanità ("Essere del segno zodiacale dei gemelli non significa però essere ambigui!") ha dato il suo consiglio per il 5 Dicembre, giornata per la Salute Mentale: "Quello che fa meglio alla salute mentale è sicuramente accettare se stessi, anch’io mi sforzo sempre di accettare quello che sono".

Appuntamento dunque sulle frequenze di radio Base per le province di Mantova, Modena, Reggio Emilia, Verona, Cremona sabato 4 dicembre alle ore 10,30 sulle frequenze 89.350, 100.800, 89,800 e sarà disponibile sul sito www.rete180.it

Psichiatria: Carlesi; cresce il fenomeno della "doppia diagnosi"

 

Redattore Sociale: 4 dicembre 2004

 

La Giornata nazionale della Salute mentale che si celebrerà il 5 dicembre sollecita una attenta riflessione sul fenomeno crescente della "doppia diagnosi" ovvero sulla comorbilità tra tossicodipendenza e patologia mentale.

Lo ha detto Nicola Carlesi, Capo del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri. "Circa il 30% dei soggetti che si rivolgono ai Servizi per le Tossicodipendenze necessita anche di assistenza psichiatrica specialistica, - ha spiegato - In questi casi si assiste ad una vera e propria discriminazione dei pazienti che non trovano risorse adeguate ai loro bisogni non essendo chiaro dove si collochino le competenze per la loro cura". Secondo Carlesi il proliferare di problemi psichiatrici legati alla tossicodipendenza è determinato "dall’aumentata diffusione, e quindi del consumo, di ecstasy, derivati della cannabis ad alta percentuale di sostanza attiva, cocaina e mix di varie sostanze incluso l’alcool".

"I soggetti con una storia di abuso di sostanze psicotrope hanno un rischio quattro volte superiore di presentare un disturbo mentale rispetto alla popolazione generale. È necessario correre ai ripari utilizzando protocolli operativi che coinvolgano Sert, Servizi psichiatrici, Comunità attrezzate a farsi carico di questi pazienti, nell’ambito di un Piano Nazionale di Intervento", ha concluso Carlesi.

Il 60% dei familiari e dei pazienti psichiatrici si dichiara poco o per niente soddisfatto della tempestività della diagnosi e dell’intervento terapeutico. Lo ha ricordato oggi il sottosegretario alla Salute Antonio Guidi

Il 60% dei familiari e dei pazienti psichiatrici si dichiarano poco o per niente soddisfatti della tempestività della diagnosi e dell’intervento terapeutico. Lo ha ricordato - sottolineando gli effetti negativi dello stigma e del pregiudizio sociale - il sottosegretario alla Salute Antonio Guidi, presidente della Commissione nazionale salute mentale, concludendo oggi nella sede del Ministero la conferenza stampa di presentazione della I Giornata nazionale della salute mentale e della campagna informativa al via domenica prossima.

A proposito di pregiudizi, occorre sfatare il binomio violenze gravi (in particolare omicidi) e disturbi mentali, ha osservato il professor Mario Maj dal Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Napoli, citando alcuni dati del Rapporto Eures 2004. Su 658 omicidi volontari avvenuti nel 2003, solo 27 (pari al 4,1%) sono stati commessi da persone con disturbi mentali, "e non è chiaro neppure se questi siano la causa del delitto".

Nel 63,3% dei casi gli omicidi erano in una condizione di depressione grave, delirante, mentre nel 16,7% si trattava di schizofrenici e nel 5,5% di malati di Alzheimer. Si tratta, in ogni caso, di una percentuale bassa anche monitorata nel lungo periodo: dal 2000 al 2003, infatti, solo 88 omicidi sono stati compiuti da malati mentali; in 77 casi la vittima era un familiare, in 8 casi un conoscente, in appena 3 casi uno sconosciuto.

I pregiudizi possono bloccare anche la prevenzione, che nel caso dei minori può essere risolutiva, ha affermato il professor Gabriel Levi, del Dipartimento di Scienze Neurologiche, Psichiatriche e Riabilitative dell’Età Evolutiva presso l’Università "La Sapienza". Secondo una ricerca condotta dal Dipartimento su 306 adolescenti tra i 14 e i 18 anni con fenomeni psicotici, "205 avevano presentato difficoltà riconoscibili già prima dei 12 anni: vuol dire che gli scompensi successivi erano prevedibili e andavano curati". Un altro studio, stavolta su 3.400 bambini senza apparenti patologie tra i 2 e i 6 anni, ha evidenziato che "l’8% rileva un disagio psicologico chiaro: tristezza, inibizioni, iperattività, capricciosità, solitudine, rabbia, mancanza di curiosità…". Segnali - ha concluso Levi - di un malessere iniziale che può essere curato servendosi di "metodi psicologici ed educativi, non farmacologici o psicoterapeutici".

Massa Carrara: convegno sul reinserimento dei detenuti

 

Il Secolo XIX, 4 dicembre 2004

 

Oggi pomeriggio, la Lunigiana sarà teatro di una giornata di studi sul reinserimento sociale dei detenuti. L’iniziativa sarà ospitata nella sede della "Cooperativa Il Pungiglione", nell’area industriale di Boceda, nel Comune di Mulazzo, impresa che opera nel settore della produzione di miele biologico occupando ex detenuti.

"Per amore e per giustizia: progetto rinascere", questo il titolo del seminario organizzato da Norina Piagneri, responsabile per la Lunigiana dell’Associazione Papa Giovanni XXIII. La giornata di studi sarà preceduta dall’apertura di una mostra sull’attività di apicoltura della cooperativa e Mauro Cavicchioli, che dirige l’attività, accompagnerà in una visita all’azienda che ogni anno produce 300 quintali di miele dop.

Alle 15 e 30 il convegno vero e proprio con gli interventi di numerose autorità: dal Prefetto, Vita Sciré al presidente della Provincia, Osvaldo Angeli; dal comandante del reparto operativo dei carabinieri di Massa, Andrea Rochey al presidente della Fondazione Carispe, Matteo Melley, tanto per citarne alcuni. Alle ore 16 e 30 tavola rotonda sul tema:"per amore e per giustizia. Un territorio più responsabile e sicuro che non emargina: dal diritto di cittadinanza al diritto di accoglienza". Tra i relatori che interverranno Don Oreste Benzi (Responsabile Comunità Papa Giovanni XXIII), Angelo Passaleva (Vicepresidente Regione Toscana), Giancarlo Perego (Responsabile Area Nazionale Caritas Italiana), Sebastiano Ardita (Direttore Generale D.G. Detenuti e Trattamento), Salvatore Rigione (Coordinatore Area Trattamentale dell’ Amministrazione Penitenziaria di Firenze), Lino Monteverde (presidente tribunale di sorveglianza di Genova), Salvatore Iodice (Direttore casa di reclusione di Massa e Pontremoli),Cristina Biggi (Direttore Casa Circondariale La Spezia), Pier Luigi Licheri (Presidente S.E.A.C), Domenico Ceccotti (Assessore politiche sociali provincia di Massa - Carrara), Mario Guastalli (coordinatore servizi sociali Asl n. 1 di Massa - Carrara). Moderatrice della giornata sarà Elisa Bertagnini. Alle ore 18.30 la Messa celebrata dal vescovo, Monsignor Eugenio Binini.

Venezia: "Il Granello di senape" al 4° Salone Editoria di Pace

 

Comunicato Stampa, 4 dicembre 2004

 

"Il Granello di Senape" al 4° Salone dell’editoria di pace e dell’editoria buddista ed orientale. L’iniziativa si svolgerà a Venezia dal 7 all’11 dicembre 2004 nei locali della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista (San Polo 2454 – 30125 Venezia).

Presso lo stand de "Il granello di senape" potrai regalarti e regalare: un abbonamento a "Ristretti Orizzonti", la rivista realizzata da detenuti, detenute e volontari della Casa di Reclusione "Due Palazzi" di Padova e dell’Istituto della Giudecca; il libro "Donne in sospeso", scritto dalle detenute della Casa di Reclusione della Giudecca; il libro "L’amore a tempo di galera", testimonianze dal e sul carcere, sugli affetti negati ai detenuti dentro, ma anche a chi li aspetta fuori; una borsa realizzata artigianalmente nella sartoria della Casa Reclusione Donne della Giudecca.

L’allestimento del Salone dell’editoria di pace è a cura della Cooperativa Sociale "Il Cerchio" (San Marco, 1579 30124 Venezia - Tel. 041.2771127). Visita il sito del salone, potrai trovare il programma della manifestazione: www.terrelibere.org/fondacodivenezia/

 

 

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