Figure di garanzia

 

Le aziende non hanno preclusioni a priori verso l'impiego di detenuti, ma chiedono "figure di garanzia" che presentino i possibili candidati

 

Redattore sociale, 2 aprile 2004

 

Disposti ad assumere persone ex detenute, ma poco preparati sugli strumenti legislativi e le agevolazioni previste dalla legge per l'inserimento lavorativo di persone uscite dal carcere. E' uno dei dati più significativi emersi dalla ricerca sui "Problemi di inserimento lavorativo di persone provenienti da percorsi penali", condotta tra un centinaio di imprese operanti nel territorio compreso tra Rho e Bollate (Milano), e presentata questa mattina nel capoluogo lombardo  nel corso del convegno "Penalità e lavoro. Prospettive ed impegni per l'Italia di oggi". L'obiettivo dell' indagine è stato individuare i principali nodi critici di una realtà che, a livello nazionale, rivela che a lavorare sono 13630 detenuti (il 24,2 per cento del totale). Migliore la situazione a Milano e provincia, dove lavora il 30 per cento dei detenuti con le esperienze di successo del carcere di
Opera (con il 41,6 per cento delle persone ristrette impiegate in attività lavorative) e e Bollate (34,3 per cento). L'incontro è stato organizzato da Agesol (Agenzia di solidarietà per il lavoro), in occasione dei cinque anni di attività. L'agenzia opera dal 1999 a favore dell'inserimento e della formazione lavorativa dei detenuti ed ex detenuti. Promossa da Caritas, vi fanno parte alcune associazioni imprenditoriali e i sindacati. Nel corso del convegno sono intervenuti il direttore della Caritas ambrosiana don Virginio Colmegna, Pietro Ichino, docente di diritto del lavoro all'Università Statale di Milano e Claudia Mazzuccato, docente di Criminologia alla Cattolica. Il direttore di Caritas ha ribadito la necessità di sostenere "percorsi di scambio lavoro-libertà". Una scelta da perseguire, ha detto don Colmegna, nonostante "una realtà in cui il mercato del lavoro è segnato da crescente flessibilità a fronte della rigidità del sistema penitenziario".
La ricerca, realizzata dalla sociologa Alessandra Naldi per conto di Agesol, si è proposta di approfondire la conoscenza e gli atteggiamenti degli imprenditori verso le persone ex detenute e del loro possibile inserimento lavorativo in azienda. Il primo aspetto indagato ha riguardato i canali di reclutamento di personale privilegiati dalle imprese per la ricerca di persone con competenze simili a quelle delle persone ex detenute che hanno svolto attività di formazione in carcere. Per il 41,3 per cento degli intervistati sono le agenzie interinali la principale fonte di reclutamento, mentre nel 26,8 per cento dei casi è emersa una scarsa conoscenza dei cosiddetti strumenti di mediazione al lavoro. Comunque, privilegiati dalla maggior parte dei datori di lavoro i canali informali, preferiti ai servizi per l'impiego presenti sul territorio. Altri aspetti emersi dalla ricerca:  molti imprenditori si dicono disposti ad assumere persone ex tossicodipendenti (50 per cento degli intervistati) o con precedenti in carcere (57,4 per cento). Tanti sottolineano poi la necessità di introdurre figure di garanzia, sostegno e avviamento per l'inserimento di ex detenuti. Molto meno decisivo invece la possibilità di avere incentivi o sgravi fiscali.

 

 

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