Rassegna stampa 27 agosto

 

Sulmona: amministrazione penitenziaria senza colpe

 

Il Messaggero, 27 agosto 2004

 

"Nessuna responsabilità del personale del carcere". I due ispettori del ministero di Giustizia che lo scorso 19 agosto si sono presentati a Sulmona, per verificare quanto accaduto nella notte tra il 15 e il 16 confermano: Camillo Valentini si è suicidato nella sua cella. Non ci sono anomalie.

La lunga relazione è stata consegnata lunedì. Una fotografia di quanto accaduto nel carcere, dove nella notte di Ferragosto il sindaco di Roccaraso si è tolto la vita. Vengono ripercorse le ultime quarantotto ore di Valentini. Dalla sera del 14 agosto all’alba del 16, quando nel penitenziario gli agenti si accorgono che il sindaco si è soffocato e chiamano il medico. Il cuore di Valentini non batte più. Sul capo stretto il sacchetto in dotazione a tutti detenuti, quello che contiene una saponetta e un rotolo di carta igienica. Valentini, per serrarlo ha utilizzato i lacci delle sue scarpe da ginnastica.

Gli ispettori hanno sentito tutto il personale del penitenziario. Dai magazzinieri al direttore Giacinto Siciliano per sapere come Valentini avesse trascorso quelle 48 ore in cella. Nessuna anomalia o omissione da parte del personale nel carcere. "I soccorsi furono adeguati". Anche se il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria e il ministro della Giustizia Castelli potrebbero anche chiedere un supplemento di indagini.

Adesso la relazione è agli atti dell’inchiesta che punta a far luce sulla morte del sindaco. Romolo Como, il sostituto procuratore generale dell’Aquila che coordina le indagini per istigazione al suicidio, l’ha acquisita. Gli accertamenti sulla morte del sindaco si aggiungono agli otto faldoni di un’inchiesta che scotta e aveva portato all’arresto di Valentini con l’accusa di concussione. La storia di un palazzo e i veleni di Roccaraso, nelle pieghe un’indagine che promette sorprese, quella sulla coppa mondiale di scii nel comune abruzzese.

 

L’arresto

 

Il sindaco di Roccaraso Camillo Valentini viene arrestato la notte fra il 13 e il 14 agosto. È accusato di concussione nell’ambito di un’inchiesta su appalti edili.

 

La morte

 

All’alba del 16 agosto Valentini muore in cella. Viene trovato con un sacchetto di plastica in testa e dei lacci da scarpe legati intorno al collo. Per il carcere è suicidio, la famiglia non ci crede.

 

Le indagini

 

Il ministro della Giustizia Roberto Castelli apre un’inchiesta amministrativa. Il 17 agosto l’autopsia conferma l’ipotesi del suicidio. Ma ora si indaga per capire se ci sia stata "istigazione al suicidio".

Verbania: applausi della gente ai detenuti "spazzini"

 

Ansa, 27 agosto 2004

 

Gli applausi della gente comune hanno accolto i 19 detenuti del carcere di Verbania che oggi hanno pulito le spiagge di Arona. Con loro anche il capo del Dipartimento di Polizia Penitenziaria, Giovanni Tinebra. La giornata è cominciata con una insolita "gita" sul battello per il gruppo che già a Ferragosto avevano ripulito il parco della Val Grande sulle montagne sopra Verbania.

Negozi aperti e applausi anche durante il trasferimento a piedi dal battello alla spiaggia di Arona che i detenuti si apprestavano a bonificare, ma non solo: nemmeno un volantino di invito al rispetto dell’ambiente, distribuito dai carcerati, è caduto per terra, ma tutti sono stati presi e letti dalla popolazione.

La spiaggia da bonificare si presentava in condizioni veramente disastrose, ma in due ore e mezza, un vero record, è stata rimessa a nuovo, davanti a decine di turisti che osservavano il lavoro e attendevano di rimetterci piede. Al termine, si è svolta una breve cerimonia davanti alla statua del "San Carlone", dove il priore dei frati cappuccini ha recitato la preghiera recentemente creata dal Papa. Altra novità rispetto a Verbania, la presenza delle allieve della Polizia Penitenziaria, che hanno fatto da "cinturone" al passaggio dei detenuti, una sorte di investitura per quello che sarà il loro lavoro in futuro.

"È stata una autentica dimostrazione di come un carcere può camminare - commenta l’ispettore di polizia penitenziaria Vincenzo Locascio, uno dei promotori dell’iniziativa - e oggi, con questi eventi, la polizia penitenziaria è avanti di dieci anni". "Un passo compiuto dai miei 47 mila uomini", ha sottolineato nel suo breve discorso il giudice Tinebra.

Tinebra: allo studio progetti con Ministero Ambiente

 

Ansa, 27 agosto 2004

 

"Quella di oggi è stata un’ottima iniziativa, ma abbiamo altri progetti molto più ampi e corposi. A settembre ci sarà una serie di riunioni con il Ministero dell’Ambiente per individuare nuove aree di intervento".

Lo ha affermato il capo del Dipartimento dell’amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tinebra, che ha partecipato all’iniziativa del carcere di Verbania con 19 detenuti che hanno pulito le spiagge di Arona. "Il reinserimento dei detenuti - ha detto Tinebra - avviene soprattutto con il lavoro. È questa una delle principali carte da giocare insieme all’attività di trattamento che si svolge nelle carceri: confronto spirituale, cultura, scuola, acquisizione di una professionalità nuova e lavoro.

È un’ attività di trattamento che è tra le prime al mondo e della quale dovremmo essere fieri, anziché criticarla". "Intendiamo dare ai detenuti - ha proseguito il capo del Dap - una reale possibilità in più: quella di reinserirsi in maniera positiva nel mondo esterno, una volta pagato il debito con lo Stato".

Tinebra: "Quella di Arona è stata un’ottima iniziativa"

 

Adnkronos, 27 agosto 2004

 

"Questa è un’ottima iniziativa, faremo di tutto per estenderla alle altre carceri italiane". Giovanni Tinebra, capo del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) ha così commentato l’iniziativa del carcere di Verbania che questa mattina ha portato 19 detenuti fuori dal penitenziario sulle spiagge di Arona sul lago Maggiore per ripulirle e alla quale ha partecipato. "Di sicuro non è un modo per alleggerire i problemi maggiori come il sovraffollamento - aggiunge Tenebra - ma è un ottimo sistema per stemperare la tensione che si crea all’interno dei penitenziari".

Il riferimento è alle rivolte scoppiate il 17 agosto scorso al carcere Regina Coeli di Roma. Secondo Tinebra per risolvere in parte il problema del sovraffollamento si dovrebbe compiere una riforma strutturale del sistema penitenziario. E non limitarsi a eventuali trasferimenti.

Custodia preventiva, è necessario evitare gli abusi

 

Italia Oggi, 27 agosto 2004

 

Non bisogna sempre aspettare episodi del genere, come quello del suicidio nel carcere di Sulmona, per riaprire le piaghe dei temi irrisolti del pianeta giustizia. Sta di fatto che i problemi della custodia cautelare e dei tempi lunghi del processo sono il crocevia delle disfunzioni di una giustizia che vorrebbe definirsi giusta. L’onorabilità del cittadino viene irrimediabilmente lesa, dal primo atto di indagine specie se questo è quello estremo della custodia cautelare. Il legislatore si è mostrato molto attento nell’indicarne i presupposti. Anche la custodia cautelare in carcere disposta per evitare l’inquinamento delle prove, deve essere ancorata allo specifico e concreto pericolo che l’indagato, se in libertà, possa alterare il quadro probatorio (art. 274 del codice di procedura penale). È necessario che il giudice valuti con grande scrupolo l’esistenza e il permanere dei cosiddetti pericula libertatis.

Vicende del genere devono spingere tutti a riflettere che il carcere preventivo non è la pena anticipata ma risponde, anche nella sua modalità più afflittiva, a esigenze probatorie o in determinati casi a quello di impedire la commissione o reiterazione di certi reati. Solo con la celebrazione del processo si accerteranno nel contraddittorio delle parti i fatti. Bisogna evitare quindi abusi nella scelta della custodia preventiva in carcere che è l’extrema ratio.

Specie quando ugualmente idonee possono ritenersi misure meno afflittive (arresti domiciliari, sospensioni delle funzioni), ma, e questo è il secondo snodo, perché la giustizia penale sia credibile, il processo deve celebrarsi in tempi ragionevoli. L’imputato, specie se innocente, non vedrà più recuperata la sua immagine, il rispetto della comunità, l’onore se il processo si celebrerà anni dopo. Il fatto storico che resta nel ricordo comune (ampliato in quel momento dal battage mass-mediatico) è l’arresto, l’informazione di garanzia, le manette.

Trovo però più grave che su questo tema si sovrapponga, in un grande fumoso calderone, l’altro delicatissimo, quello del "pianeta carcere", riportato alla ribalta in occasione di questo particolare episodio. Tema che riguarda non solo i detenuti in attesa di giudizio ma la stragrande popolazione carceraria condannata con sentenza definitiva.

Un tema sul quale le forze di maggioranza non intendono prestare ascolto, e ogni occasione viene colta invece per sollecitare altre riforme quale, per esempio, l’accelerazione di quella dell’ordinamento giudiziario. Dopo la legge sull’indultino, frutto di un fallimentare compromesso, tutto è piombato in un silenzio avvilente. Le nostre carceri fotografano situazioni in cui alla privazione della libertà si affianca quella della dignità umana. L’impegno di tutte le forze politiche è quello di portare avanti serie riforme, con opportuni impegni di spesa, sulle carceri, sulle sanzioni alternative al carcere. Il carcere a tutti i costi, anche per i reati che per la loro offensività non richiedono una misura così anti rieducativa, è una risposta sanzionatoria indegna di un paese civile. L’impegno di tutti coloro che vogliono una "giustizia giusta" non deve finire ma iniziare quando le porte del carcere si chiudono ai riflettori e all’indifferenza di tutti.

Suicidio Valentini: Codacons, Castelli cambi regole carceri

 

Ansa, 27 agosto 2004

 

"Se è normale dare a tutti i reclusi un sacchetto di plastica contenente il sapone e la carta igienica, idoneo a contenere anche una testa e quindi a suicidarsi, allora tanto vale mettere in quel carcere soltanto i detenuti condannati all’ergastolo, vista la facilità con cui ci si può suicidare".

Il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, giudica "sconcertanti" i risultati dell’indagine degli ispettori ministeriali inviati dal Guardasigilli Castelli nel carcere di Sulmona per un’inchiesta interna sul suicidio in cella del sindaco di Sulmona Camillo Valentini. Rienzi chiederà al ministro della Giustizia di "cambiare le regole di quel carcere e di tutte le altre carceri".

"Se, per caso - conclude il presidente del Codacons in una nota - le dotazioni non fossero quelle effettivamente usate da Valentini ma, come avviene a Regina Coeli, un sacchetto di iuta e non di plastica, allora il ministero dovrà procedere in sede disciplinare contro i responsabili del carcere e il magistrato dovrà agire in sede penale per istigazione al suicidio".

Lodi: Manconi, "anche qui un garante per diritti detenuti"

 

Il Cittadino, 27 agosto 2004

 

"Istituiamo anche a Lodi un garante per i diritti dei detenuti". Questo è l’appello lanciato ieri da Luigi Manconi, ex deputato Verde, docente di sociologia e Garante dei detenuti del comune di Roma eletto sei mesi fa con votazione bipartisan, in visita alla Festa dell’Unità di Lodi. L’appello è stato raccolto dal consigliere dei Ds Andrea Ferrari che si è impegnato ad avviare nelle prossime settimane alcune iniziative atte a sensibilizzare i colleghi di tutti gli schieramenti presenti a Palazzo Broletto.

La proposta, già realizzata da altre importanti città come Bologna e Torino, dovrebbe culminare nella convocazione di un consiglio comunale aperto all’interno del carcere di Lodi. "Ma non prima di aver concluso tutto il preventivo e doveroso percorso culturale e di consapevolezza da avviare anche con i volontari e con le organizzazioni che attualmente operano all’interno del carcere" ha precisato l’esponente diessino.

Manconi, ha spiegato il significato del ruolo del garante partendo dalle condizioni disumane di sovraffollamento che si riscontrano in molte carceri italiane. L’Italia attualmente occupa il terzo posto nella classifica delle nazioni europee col più alto tasso di affollamento carcerario. Prima del nostro paese vi è la Romania e in testa alla classifica vi è la Grecia. Ma mentre la situazione in questi due paesi sta lentamente migliorando, da noi il trend ha assunto un andamento negativo. La popolazione carceraria è aumentata, ma non è stato contestualmente incrementato lo spazio a disposizione per i detenuti.

"La capienza regolamentare - ha affermato l’ex deputato Verde - prevede che vi siano 41.234 posti disponibili; la capienza tollerabile invece assomma a 56.665 persone. Nelle carceri tuttavia vi soggiornano 55.492 detenuti. Anche se siamo ad un livello di poco inferiore alla capienza tollerabile, riscontriamo casi di autentico sovraffollamento in molte carceri del nord Italia, tra cui molte delle Lombardia come Busto Arsizio, Brescia e Bergamo".

A Lodi a fronte di una capienza ufficiale di 57 detenuti sono presenti 84 persone. Il ruolo del Garante sarebbe quello di assicurare la capacità negoziale tra custodi e custoditi, e di salvaguardare la tutela dei diritti di chi non riesce ad affermarli. "Le recenti proteste scoppiate nel carcere di Roma - ha detto Manconi - sono state provocate proprio dalle condizioni intollerabili in cui molti detenuti si trovano a vivere".

Manconi ha quindi bollato come "scandaloso" il ventilato progetto governativo di abbassare gli standard di vivibilità di ogni singolo carcerato: "Se ora per tre detenuti è necessaria una cella di 21 metri quadrati, coi nuovi parametri ne sarebbero sufficienti 18, con le conseguenze facilmente immaginabili".

Il carcere dovrebbe essere usato invece, sostiene Luigi Manconi, solo come extrema ratio, invece ora il quaranta per cento dei detenuti è in attesa di giudizio: "Bisognerebbe introdurre pene alternative come la detenzione nel fine settimana e lavori socialmente utili".

Il futuro dell’Asinara: ambiente e ritorno economico

 

L’Unione Sarda, 27 agosto 2004

 

Sul ritorno dei detenuti all’Asinara le opinioni continuano a contrapporsi. Crescono i reciproci sospetti. Di chi la responsabilità del degrado delle strutture ex-carcerarie? Quali prospettive si aprono per il futuro? Diciamolo subito: certamente dei detenuti in fase di riabilitazione possono rendersi utili, a se stessi ed alla società, curando l’ambiente e dedicando all’agricoltura gli spazi produttivi. Ma questo può anche avvenire senza coinvolgere necessariamente l’organizzazione carceraria. Abbiamo in Sardegna fiorenti comunità di detenuti leggeri (basta parlarne con Padre Morittu, don Cannavera o con don Usai) che già svolgono tale funzione.

Ma c’è il sospetto. Da parte della dirigenza carceraria: l’amministrazione del Parco è responsabile del degrado; l’affidamento alle amministrazioni locali è stato complessivamente un fallimento; solo una nuova gestione penitenziaria - seppure cancellando dall’isola ogni carattere di massima sicurezza e, al limite, aprendola comunque all’interesse naturalistico - può garantire la salvaguardia dell’ambiente, per di più a basso costo per la comunità.

Da parte delle autorità locali: l’amministrazione penitenziaria non si è mai rassegnata ad abbandonare l’Asinara; insieme ai compiti istituzionali, all’interno dell’isola si erano nel tempo costituiti privilegi per una clientela esclusiva a controllo ministeriale; caseggiati tra i più significativi non sono stati ceduti al Parco; insomma, secondo un’opinione diffusa: quella di qualche anno fa sarebbe stata solo una ritirata strategica, che puntava al fallimento del Parco, per tornare quali salvatori e garanti.

Qual è la verità? La vicenda dell’Asinara è quella della Sardegna, ma in piccolo. L’impressione viene subito dalla geografia. E la conferma dalla storia. In piccolo, però: più bassi i monti, ma le rocce sono quelle; bruciati i boschi (per non far nascondere i detenuti), ma formati dalle nostre piante; ugualmente belle le spiagge, eppur esse divise, le più belle destinate ai "superiori" ed ai loro amici. La carrellata storica compie lo stesso viaggio nel tempo: le domus de janas, a Campu Pedru; un bue di bronzo, nuragico, conservato al museo di P. Torres; relitti romani, ancora visibili; un castello e torri contro i Mori; il cenobio dei Camaldolesi; il feudatario spagnolo e la colonizzazione piemontese. Una classe delle elementari che frequentasse un Fornelli risanato potrebbe conoscere la storia della Sardegna e dell’Europa partendo dalla propria piccola isola.

Nel 1885 divenne terra di deportazione (anche la Sardegna lo è stata, a partire dai Cartaginesi). Quel luogo tutto particolare che è un carcere divenne per l’Asinara - data l’ampiezza del territorio, la dispersione in esso delle tante diramazioni, la relativa autonomia dei gruppi di carcerati - una vera e propria "società".

Una realtà che il grande pubblico ha scoperto da poco. Che rappresenta uno degli aspetti più interessanti della visita presente: come vivevano in questo paradiso naturale gli uomini che dovevano pagare un prezzo alla società? È possibile che la comunità carceraria si fosse stratificata secondo l’obbedienza alle regole e la discrezionalità dei superiori. Come altrove, probabilmente la situazione aveva creato dei marescialli\generali e dei direttori\re. E quale senso di pienezza, potenza e di privilegio, poteva derivarne al funzionario "romano" dopo che l’isola-ghetto era stata promossa negli ultimi decenni a mirabile paradiso!

Ma oggi: i Sardi sono in grado di valorizzare questo paradiso? Sapranno gestirlo? Si torna al tema generale, della responsabilità, al di là dei sospetti. E allora: si verifichi dell’attuale gestione la contabilità dei risultati a fronte delle risorse. Per il futuro: si lavori con competenza alla cura ambientale ed al ritorno economico. Invertendo il rapporto con le amministrazioni statali. Non esistono forse queste in funzione del benessere delle comunità locali?

 

Parma: Messa negata, polizia: "abbiamo applicato la legge"

 

Gazzetta di Parma, 27 agosto 2004

 

"Non tollero questo atteggiamento. Lo ritengo un’offesa verso la Chiesa". Con queste parole, padre Giorgio Arletti, parroco della chiesa ortodossa "Tutti i Santi" di Modena e ministro di culto nel carcere di via Burla, aveva commentato nei giorni scorsi il divieto di entrare in carcere per celebrare la consueta messa. Uno sfogo piuttosto amaro per non aver potuto compiere il suo dovere di padre, dopo due anni di volontariato nel carcere di via Burla.

Ora, in merito a queste dichiarazioni, il segretario regionale dell’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp) Alessandro Tamburello ha scritto quanto segue: "Subito dopo le dichiarazioni apparse sulla Gazzetta di Parma del 22 agosto di padre Arletti, dove affermava che nei suoi confronti o per meglio dire nei confronti della Chiesa che lui rappresenta, erano stati messi in atto degli atteggiamenti offensivi. L’Osapp chiarisce che nessun appartenente della Polizia penitenziaria di Parma ha offeso padre Arletti, ma non avendo materialmente l’autorizzazione da parte dell’autorità dirigente era impossibile far accedere all’istituto il Padre a svolgere la celebrazione della messa. Questa è la legge e noi l’applichiamo".

"I poliziotti di Parma - continua il comunicato - hanno svolto il proprio compito con gran senso di professionalità e di zelo, ribadendo a tutti che non vi è stato nessun atteggiamento offensivo verso padre Arletti. Per quanto riguarda le dichiarazioni del direttore Silvio Di Gregorio, inerenti a un disguido e ad un problema stupido, la colpa di un’eventuale disservizio non può essere addossata al reparto di polizia penitenziaria di Parma, che come sempre ha dimostrato di svolgere il proprio lavoro con molta professionalità e attaccamento al dovere, ma soprattutto mettendo in primis la sicurezza dell’istituto". Il segretario Tamburello conclude il comunicato ricordando che: "Al fine di non creare ulteriori polemiche, concludiamo semplicemente con questa frase: noi applichiamo la legge".

Caltanissetta: ex detenuto minaccia di incatenarsi per avere lavoro

 

La Sicilia, 27 agosto 2004

 

Sommatino Angelo Grasso, 45 anni, di Sommatino, non ha voluto perdere tempo: ha aspettato che mercoledì scorso gli scadesse la misura preventiva di sorvegliato speciale e ieri mattina, acquistata la totale libertà, si è recato al Comune per chiedere un lavoro appellandosi ad un progetto dell’ente in favore degli ex detenuti. Ma la sua richiesta è stata alquanto eclatante: infatti, l’uomo è arrivato a palazzo municipale con catene e lucchetti minacciando di incatenarsi se non veniva accolta la sua richiesta.

A venire incontro alle sue esigenze il sindaco Lorenzo Tricoli, che ha subito chiamato l’ufficio dei Servizi sociali, i cui funzionari in 2 ore hanno predisposto un provvedimento in favore di Angelo Grasso. Dice il sindaco: "Per Angelo Grasso era già stato approntato un progetto di lavoro e l’uomo doveva essere inserito in una iniziativa destinata in totale a 6 ex detenuti. Probabilmente preoccupato dalle lungaggini burocratiche l’uomo, raggiungendo il Comune, ha minacciato di incatenarsi. Quindi sensibili alla sue problematiche gli abbiamo redatto un progetto personalizzato, nelle more che l’assessorato regionale agli Enti locali approvi l’iniziativa in favore degli ex detenuti da noi promossa".

Il sindaco si riferisce al progetto chiamato "Il lavoro come strumento di reinserimento" deliberato dalla Giunta municipale il mese di giugno. "La vicenda di Angelo Grasso - continua Tricoli - è stata tenuta dal Comune sempre in primo piano. Ci eravamo attivati già il primo agosto per richiedere il finanziamento alla Regione allo scopo di reinserire, attraverso il lavoro, gli ex detenuti, che fanno parte delle fasce svantaggiate della popolazione. Angelo Grasso fruisce adesso di un contratto di solidarietà dalla durata di 4 mesi e percepirà complessivamente 516 euro, erogati mensilmente in maniera forfettaria. La sua attività si articolerà in 78 ore mensili distribuite in 5 giorni da svolgersi secondo le necessità dell’ente e comunque con mansioni di operaio".

Verona: detenuti protestano contro il "super-affollamento"

 

Il Gazzettino, 27 agosto 2004

 

Tre giorni di proteste con una giornata di sciopero della fame, da oggi a domenica 29 agosto, per i detenuti della casa Circondariale di Montorio, a Verona. Un modo per manifestare il loro sostegno alla raccolta firme per la campagna referendaria sull'abrogazione della legge sulla fecondazione assistita e per denunciare le condizioni di degrado in cui riversa il sistema carcerario nazionale. Ma anche e soprattutto per evidenziare la situazione "pesante" del carcere veronese. "Costruito negli anni Settanta come casa circondariale di massima sicurezza capace di accogliere circa 300 detenuti (uno per cella), oggi ne conta quasi 700, con due e anche tre ospiti per cella - spiega il capogruppo di Rifondazione comunista in consiglio comunale a Verona, Fiorenzo Fasoli, assieme ai rappresentanti dell'Associazione Luca Concioni - Radicali italiani, Laura Vantini e Mario Luigi Albini -. I detenuti di Montorio vogliono denunciare in particolare il sovraffollamento e gli annessi problemi igienico-sanitari delle carceri italiane, più volte evidenziati agli organi competenti e all'opinione pubblica". "Nel documento, presentato dal coordinamento dei detenuti di Montorio, si precisano le motivazioni della protesta - prosegue Fasoli - uno sciopero essenzialmente pacifico, che per tre giorni vedrà l'astensione dal lavoro di tutti i detenuti lavoratori. Nella giornata di domenica 29 agosto sarà effettuato uno sciopero della fame". "La giornata di domenica 22 agosto per la raccolta firme al carcere di Montorio, promossa dai Radicali italiani - dichiara Laura Vantini -, è stato un momento di incontro importante, che ha reso partecipi attivamente alla vita civile tutti i detenuti. Le firme raccolte per la campagna referendaria per l'abrogazione della legge sulla fecondazione assistita sono state 180; la raccolta firme verrà completata domenica 29 agosto". "Poiché la raccolta firme per il referendum è stata protratta fino al 30 di agosto, - conclude Laura Vantini - tutti coloro che hanno firmato dal 15 aprile al 30 maggio scorsi dovranno tornare a sottoscrivere nuovamente il documento referendario. Risulteranno infatti valide solo le firme raccolte per 90 giorni consecutivi".

Genova: tunisino muore dopo 30 ore in un bagagliaio

 

Adnkronos, 27 agosto 2004

 

La fidanzata aveva tentato di farlo entrare clandestinamente in Italia nascondendolo nel bagagliaio della sua auto: dopo 30 ore Amor Knis, un tunisino 25enne di Zarzis, è morto soffocato o stroncato dal caldo. Il ragazzo, incensurato, si sarebbe nascosto nella vettura della fidanzata martedì a mezzogiorno, prima dell’imbarco sul traghetto Victory, partito poi alle 18 da Tunisi e arrivato a Genova solo alle 17 del giorno dopo. A chiarire le cause del decesso sarà l’autopsia, prevista per oggi.

Secondo quanto riferiscono gli inquirenti, la donna si è resa conto della morte di Knis subito dopo lo sbarco e ha deciso di dirigersi verso Genova Quarto, fermandosi a chiedere aiuto ad alcuni passanti prima di chiamare la polizia. Gli agenti hanno trovato il corpo già in stato di decomposizione anche a causa dell’alta temperatura del bagagliaio. L’uomo, rannicchiato in posizione supina in mezzo ad alcune valigie, aveva perso sangue dal naso e dalla bocca.

La donna, una bresciana di 32 anni madre di due bambini, ha raccontato tutto agli inquirenti durante l’interrogatorio di questa notte ed è ora accusata di omicidio colposo e favoreggiamento di immigrazione clandestina.

Amor Knis, animatore in villaggi turistici, aveva appena trascorso due settimane di vacanza nei pressi di Djerba con la sua compagna italiana che, a quanto pare, conosceva da tempo. L’uomo aveva viaggiato seduto a fianco a lei fino a Tunisi. A quel punto si era nascosto nel bagagliaio della vettura, una Volkswagen Golf, per l’imbarco sulla Victory.

Nuoro: la magia del jazz invade Badu ‘e Carros

 

L’Unione Sarda, 27 agosto 2004

 

Hanno salutato gli ospiti di Badu ‘e Carros suonando Ninna nanna de Anton Istene di Montanaru. Un finale a sorpresa per chiudere uno straordinario set di raffinatissimo etno jazz firmato da Paolo Fresu e Dhafer Youssef. I due artisti si sono esibiti nella cappella del carcere davanti un pubblico particolare: cinquanta detenuti di massima sicurezza. Sono iniziati in modo davvero singolare i seminari jazz programmati dall’Ente musicale di Nuoro. Il trombettista di Berchidda e il suonatore tunisino di oud non si sono certo risparmiati e hanno offerto un concerto intenso, molto apprezzato dalla platea. Solo un detenuto al termine del primo brano ha chiesto alle guardie di essere accompagnato in cella. Cose che capitano. Evidentemente l’ospite di Badu ‘e Carros non aveva voglia di ascoltare un po’ di buon jazz.

Paolo Fresu era già stato in carcere, nel senso che in un’altra circostanza ha suonato per i detenuti. "È sempre una grande emozione - dice - sono stato a Badu ‘e Carros nel 2000 insieme a Gavino Murgia, Carlo Sezzi, Agostino Frassetto e Salvatore Maltana. Ho un bel ricordo di quella esperienza".

Dhafer Youssef era emozionatissimo. Prima di suonare ha confessato di essere molto teso. L’artista tunisino al termine del concerto ha coinvolto il pubblico con la sua voce potentissima e il suono dolce dell’oud. Ha voluto abbracciare e salutare alcuni suoi connazionali reclusi a Nuoro. "Avete cantato bene - da detto tra le risate generali - magari se dovesse capitare una prossima volta proveremo a fare meglio". I due artisti hanno concesso anche il un gradito bis: Fresu ha intonato una ninna nanna e Youssef ha chiesto aiuto al pubblico. Che in qualche modo ha risposto. Alcuni detenuti al termine si sono avvicinati dal trombettista di Berchidda: "Quando torni?", gli hanno chiesto. E lui: "Spero presto, suonare per voi è stato un grandissimo piacere. Qualcuno voleva sentire un pò di musica napoletana. Ma i due artisti hanno privilegiato i loro repertori salvo una originale rilettura della suite Concerto di Arangues composta da Joaquin Rodrigo.

"Purtoppo abbiamo avuto problemi con l’audio - ha detto Fresu - suonare e cantare in queste condizioni non è affatto semplice". Ma i detenuti hanno gradito l’iniziativa dell’Ente musicale e della direzione di un carcere che grazie al lavoro di Paolo Sanna sta cercando di superare i tanti problemi che interessano guardie e reclusi. Un mese fa aveva riscosso un grande successo il reading letterario. C’erano Marcello Fois, Giorgio Todde e Flavio Soriga. Questo volta è toccato a Paolo Fresu e Dhafer Youssef.

 

Il direttore Paolo Sanna chiede la nuova biblioteca

 

"Speriamo di promuovere altre iniziative di questo genere. Per i detenuti si tratta di momenti particolarmente importanti". È soddisfatto Paolo Sanna, il direttore della casa circondariale nuorese. Prima che Paolo Fresu e Dhefer Youssef iniziassero a suonare aveva qualche perplessità sulla reazione del pubblico. I reclusi, invece, hanno risposto positivamente. Il concerto è stato gradito. C’è stata la richiesta di bis e tantissimi applausi. "Sono stati molto bravi - ha commentato Paolo Sanna - adesso bisogna lavorare per altre manifestazioni e nuove iniziative". Il direttore nei prossimi giorni si attiverà per riorganizzare la biblioteca.

"Cercheremo di coinvolgere le case editrici - dice - in questo momento abbiamo a disposizione soltanto vecchi titoli. Spesso ci mandano libri datati, fondi di magazzino. Mi piacerebbe che anche i detenuti possano disporre di una biblioteca fornita, magari con le ultime uscite. In tal senso verrà intensificata la collaborazione con il Consorzio Satta di Nuoro".

 

 

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