Davide Ferrario

 

Il girotondo dimentica il carcere

di Davide Ferrario (regista del film Fine amore mai)

 

Il Manifesto, 10 settembre 2002

 

Questa settimana erano in programma due manifestazioni sulla giustizia. Ieri detenuti di tutta Italia hanno effettuato delle manifestazioni simboliche contro il degrado delle carceri. Il 14 settembre un cartello di movimenti della sinistra scenderà in piazza a Roma per una "giustizia uguale per tutti". Se fossimo in un paese normale (o anche solo quello nel quale sono cresciuto vent’anni fa), le due cose sarebbero collegate e conseguenti. Vale a dire si protesterebbe solidali con i carcerati, a partire dal ragionamento che la galera non è una soluzione, bensì un problema sociale. Alla luce del fatto del tutto evidente agli addetti ai lavori - che in galera ci finiscono (e soprattutto ci restano) i poveracci.

Invece, i manifestanti del 14 settembre si schiereranno a fianco della magistratura contro l’attacco che il governo di Berlusconi sta portando alla loro autonomia. E la parola d’ordine "la giustizia è uguale per tutti" cela appena il desiderio che Berlusconi sia regolarmente giudicato e, soprattutto, condannato. In poche parole: in galera.

Scusate, ma non sono d’accordo. Certo che vorrei vedere Berlusconi e soci sparire dalla scena politica il più presto possibile, ma mi rifiuto, da uomo di sinistra, di considerare un tribunale (e la prigione) il modo per farlo. Anche perché il concetto stesso di "legalità" preso in modo assoluto e interpretato astoricamente, finisce per significare soltanto difesa dell’ordine costituito e rifiuto dei principi della disobbedienza civile. È vero che a un certo punto il vecchio PCI si alle elezioni con lo slogan "Noi abbiamo le mani pulite": ma sarebbe ben meschino ridurre la storia di quel partito e della sinistra italiana alla semplice difesa di un principio di onestà (amministrativa, nemmeno morale).

Certo che mi scandalizza se il Parlamento fa le leggi a misura di Berlusconi e dei suoi, ma il punto non è sbattere dentro i ricchi e i potenti, bensì tirar fuori i poveracci. Il carcere, questo carcere, non solo fa schifo, ma non serve a niente, e i primi a dirlo sono quelli che ci lavorano, non solo quelli che ci soggiornano. Così assistiamo al paradosso di una sinistra che s’infiamma per la legge Cirami ma ha una paura tremenda di fare un qualsiasi discorso alternativo sull’ordine pubblico o sull’amnistia. È facile prevedere che le manifestazioni di ieri finiranno in cronaca interna, mentre di quella del 14 si parla da un mese.

E, infatti, tutto passerà. Sono lontane le rivolte di massa degli anni settanta. La legge Gozzini, offrendo al singolo detenuto la possibilità di accedere ai benefici della carcerazione alternativa, ha spezzato il fronte della protesta. Le carceri scoppiano, secondo il luogo comune, ma non sono mai state tanto sotto controllo. Chiedetelo a un detenuto qualsiasi. E verifichi il senso d’abbandono e d’inutilità che si respira dentro quelle mura, ministro Castelli. Mai come oggi è stato più corretto affermare che in galera "si langue". Vorrei che tutti gli amici e compagni che scendono in piazza il 14 se ne ricordassero.

 

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