Carceri private come in Cile?

 

Berlusconi: «Privatizziamo le carceri come in Cile»

 

IL GAZZETTINO, 28 febbraio 2002

 

Pisapia: impensabile

 

Il governo italiano ha deciso di inviare alcuni economisti ed esperti in Cile per studiare il sistema di privatizzazioni delle carceri in atto nel Paese sudamericano.

Lo ha annunciato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al termine di un colloquio con il presidente cileno Ricardo Lagos.Parlando a villa Doria Pamphili in una conferenza stampa congiunta con il capo dello stato cileno, Berlusconi ha precisato che Lagos ha accolto la richiesta italiana di poter inviare degli esperti «a studiare ciò che il Cile sta facendo» e poter anche scambiare delle opinioni «con rappresentanti dello stato cileno». Berlusconi ha anche confermato a Lagos «l'apprezzamento» dell'Italia «per tutte le misure economiche» del governo cileno e «per il suo approccio liberale».

«È sconcertante l'ipotesi avanzata da Berlusconi di privatizzare le carceri»: lo sostiene il deputato Giuliano Pisapia, presidente del comitato carceri della Camera. «Se si va avanti in questo modo -secondo Pisapia - il prossimo passo sarà la modifica costituzionale dell'art. 27, per cui la pena non dovrà più tendere alla 'rieducazione del condannato ma al profitto del privato».«Il problema della sicurezza e del reinserimento sociale dei detenuti - continua Pisapia - non può avere come presupposto il profitto personale, ma solo ed esclusivamente l'interesse collettivo. Sconcertante e pericolosa dunque l'ipotesi avanzata da Berlusconi: la privatizzazione delle carceri infatti non può che avere per il privato una finalità di profitto e dunque una scelta del genere si rivelerebbe scellerata, in quanto inciderebbe negativamente sul problema della sicurezza, sul reinserimento dei detenuti e sui rapporti fra questi e gli operatori penitenziari, nonché sulla prevenzione e repressione del crimine. È chiaro - conclude Pisapia - che una volta privatizzate le carceri l'interesse del privato non sarebbe di far diminuire la popolazione carceraria, creando delle condizioni per la diminuzione della recidiva, ma l'opposto».

 

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