Carceri: la barbarie avanza

 

Carceri, la barbarie avanza

 

Liberazione, 17 agosto 2002

 

Ci verrebbe da dire che è meglio che cambi mestiere, o almeno impari a stare zitto. Ogni volta che parla il ministro Castelli suscita solo indignazione. Quando visitò Bolzaneto trovò normale che i ragazzi fermati venissero tenuti per ore con le braccia (a volte fratturate) in alto e la faccia al muro.

Anche i metalmeccanici - disse - stanno otto ore in piedi. Agli agenti di polizia penitenziaria di Marassi che chiedevano condizioni di lavoro più dignitose, riservò una predica "alla leghista": i giovani di oggi - affermò - sanno solo lamentarsi, non hanno voglia di lavorare. Ora considera il regolamento carcerario un intralcio, perché, si sa, il carcere non può essere un albergo a quattro stelle.

Il ministro della cosiddetta giustizia è ingegnere, e forse per questo l'unico suo interesse è per l'edilizia carceraria: con il leasing si possono persino dimezzare i tempi di costruzione, assicura. Non sa il ministro, che i contenuti del regolamento carcerario corrispondono ai principi minimi di civiltà riconosciuti a livello europeo, e che il vero problema sta nel fatto che non sempre e non dovunque quel regolamento viene rispettato.

Castelli dovrebbe infatti preoccuparsi delle condizioni di particolare emergenza in cui versano le carceri italiane. Se il sovraffollamento e le caratteristiche della popolazione carceraria (stranieri e tossicodipendenti) sono il frutto delle politiche del governo - che, anziché investire in politiche sociali preferisce sbattere dietro le sbarre gli esclusi - la gestione delle stesse preannuncia la loro privatizzazione.

Le carenze di organico nelle direzioni; le convenzioni con associazioni per gli interventi di recupero volutamente depotenziate o lasciate morire per esaurimento; l'inapplicazione dei benefici della Gozzini; i diritti dei carcerati violati senza ragione (sempre più numerosi i casi di stranieri cui viene impedito di telefonare per puro cinismo) sono solo alcuni aspetti che denotano uno stato di abbandono dei detenuti.

L'aumento progressivo dei tentati suicidi, i quaranta suicidi in sette mesi sono solo la punta dell'iceberg di un malessere drammatico e di una società che tende a considerare la pena e il carcere il fine, e non l'estrema ratio comunque tesa al recupero sociale. Ma il grande business del carcere, come insegnano gli Stati Uniti, è la sua privatizzazione. Non importa se ciò determina un ulteriore aumento di detenuti, perché così si guadagna di più; condizioni di vita ancora peggiori, perché la logica del profitto deve risparmiare su tutto e guadagnare anche sul pezzo di pane; ricatti inverosimili, peggiori di quelli che già si verificano oggi, fino allo sfruttamento del lavoro dei detenuti e trattamenti differenziati per condizione economica.

Non importa tutto ciò al ministro Castelli: nel documento di programmazione economica e finanziaria infatti il riferimento al carcere è solo agli investimenti per l'edilizia carceraria nonché alla possibilità di avviare un processo di privatizzazione. Circa la possibilità che nella maggioranza di governo si potessero aspettare o far valere culture garantiste non ci illudiamo più da tempo e il silenzio che ha accompagnato la realizzazione di un altro doppio binario, quello della Bossi-Fini (garanzie giuridiche e pene diverse per italiani e immigrati), ne è l'esempio più vergognoso. Ora la mannaia cala sui detenuti: la barbarie avanza. D'altra parte - come sottolinea l'ingegner Castelli - penseranno mica di essere in albergo a quattro stelle!

 

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