Ornella Favero

 

Lasciati soli sotto il solleone: 

testimonianze da Milano, Padova e Roma

 

Fuoriluogo, luglio 2001

 

Redazione di Ristretti Orizzonti, Casa di Reclusione di Padova, 9 luglio 2001: 20 detenuti intorno a un tavolo, italiani con pene piuttosto lunghe, stranieri con fine pena più vicino, ma “prospettive zero” per quel che riguarda la vita dopo il carcere. Si discute: succederà qualcosa questa estate, nelle carceri strapiene e disastrate? In realtà, tutti ci ricordiamo troppo bene l’inutile attesa del 2000, la TV che parlava ogni giorno di amnistia, delle proteste dei detenuti “così civili, così ragionevoli”.

Poco tempo fa, commentando una sentenza della Corte Costituzionale sul diritto alle ferie retribuite anche per i reclusi, qualche giornale aveva titolato “il detenuto che lavora potrà andare in ferie”, suggerendo così l’idea di questi carcerati in procinto di scegliere il luogo dove passare le vacanze: se i giornalisti mettessero il naso dentro le carceri in questa estate del “dopo 2000” ci siamo detti - farebbero forse meno gli spiritosi. Dopo le illusioni, dopo i calcoli sul “quanto mi resta da fare se mi danno l’indulto”, dopo che una specie di rassegnazione arrabbiata è calata sulle speranze di tutti, a sperare ancora, restano solo parecchi stranieri: sono gli unici, paradossalmente, a contare sul ministro leghista, e sul fatto che il fastidio della Lega per gli immigrati produca almeno l’espulsione di quelli che hanno meno di tre anni da scontare. In fondo, dice qualcuno, visto che mi cacceranno in ogni caso, è meglio che lo facciano ora, sfollando un po’ le carceri italiane. In un certo senso, se verranno espulsi, gli stranieri la galera se la faranno lo stesso: ritorno a casa da sconfitti, controlli polizieschi infiniti nei loro Paesi, spesso uno stato di tossicodipendenza, che è il “regalo” che hanno avuto da un mondo ricco e respingente come quello occidentale.

Intanto, a Padova, dopo il (presunto) tentativo di fuga di Michele Profeta, un quotidiano locale scrive: “Può un presunto serial killer vivere con altri 8 detenuti?”. Può, perché nel Carcere Circondariale stanno in 9 in 20 metri quadrati. Alla Giudecca, Istituto Penale femminile, in ognuna di quelle che vengono chiamate elegantemente “stanze”, le donne sono 10, anche 12. Donne appena arrestate, donne che aspettano il processo e donne che hanno pene anche di 20 anni da scontare: al sovraffollamento si unisce la fatica di vivere così, facendosi l’infermiera l’una con l’altra, quella appena arrestata che piange e si angoscia per la lontananza dei figli, e quella in galera da anni, che rivive ogni volta quel dolore e quella separazione.

Succederà qualcosa questa estate? Le uniche certezze sono che continueranno i tentativi di suicidio, tre al giorno di media; continueranno gli “sballamenti”, ovvero quei trasferimenti improvvisi e spesso punitivi, per dare la sensazione di fare spazio e intanto liberarsi di chi “dà fastidio” ; e i detenuti, dentro le celle, continueranno a fare da infermieri, da psichiatri, da assistenti con i loro compagni, visto che il disagio, quello psichico in particolare, nelle carceri cresce sempre di più e il personale cala: basti pensare, per esempio, che due educatrici e mezza (una è part time) si dovrebbero occupare, nella Casa di Reclusione di Padova, di 700 detenuti.

Da Padova viene, comunque, anche una notizia positiva, e un invito: c’è un’area, quella culturale, che non è “andata in vacanza”, ci sono circa 100 detenuti che continuano le loro attività di studio, informazione, discussione. Sarà poco, ma è un segnale, soprattutto per il volontariato, e anche per la scuola: paradossalmente, in un momento in cui piacerebbe di più parlare di detenuti che escono, bisogna che gli esterni “entrino” di più, che non abbandonino le carceri. Che vadano in ferie, ma con moderazione. C’è un detenuto, nel carcere di Pisa, che chiede di essere lasciato morire, perché, dice, “per aver fallito il suicidio mi trovo a vivere un’ulteriore negazione della vita: il carcere”. Ecco, facciamo in modo che, almeno, quest’anno il carcere non sia quella totale negazione della vita che spesso è, in particolare d’estate.

 

Ornella Favero, Redazione di Ristretti Orizzonti

 

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