Sportello Informativo a Genova

 

SP.ortello IN.formativo presso il C.S.S.A. di Genova

P.sso Frugoni, 4- tel. 010.534738

 

La realizzazione di tale sportello è stata possibile grazie all’esistenza della Consulta Carcere Città alla quale aderiscono vari enti sia pubblici, privati che associazioni di volontariato, e dall’impulso del Centro Servizio Sociale Adulti (CSSA) e dell’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Genova. Il CSSA svolge l’importante ruolo di coordinamento e regia.

 

Le associazioni che aderiscono allo Sp.In sono:

Consorzio Sociale Agorà e Coop Il Biscione (organizzazioni del privato sociale no-profit)

Centro Solidarietà Genova (recupero TD)

Coordinamento ligure persone sieropositive

Comunità di San Benedetto al Porto (recupero TD)

SEAC (enti di volontariato penitenziario)

Veneranda compagnia della Misericordia (volontariato in carcere)

Croce Rossa Italiana

Unione Solidarietà Evangelica (Centri di ascolto per immigrati)

 

Gli operatori di rete professionali sono:

 

Livia Botto (Coop Il Biscione)

Fabio Ferrari (CSG)

Anna Rebagliati (CLPS)

Sandra Rivara (C.S. Agorà)

Mariacarla Sbolci consulente psicologa del lavoro.

 

Finanziamenti

 

L’accesso a due finanziamenti uno regionale l’altro privato (Fondazione San Paolo) ha permesso nell’arco di questi anni di utilizzare degli operatori professionali (forniti dal C.S. Agorà- Coop Il Biscione) con esperienza specifica sul carcere, che oltre a fornire sostegno ai volontari hanno svolto un opera importante nel campo della costruzione della rete e dello sviluppo dello Sp.In sul territorio.

Il finanziamento regionale ci richiede l’attivazione di altri sportelli sul territorio ligure localizzati in prossimità del carcere. Attualmente stiamo attivando e rendendo operativi gli sportelli a Sanremo ed Imperia, Rapallo e Chiavari, La Spezia. Inoltre stiamo cercando di realizzare sportelli interni presso la C.C. Marassi (è stato presentato un protocollo d’intesa) e il carcere femminile di Pontedecimo (unico carcere femminile in Liguria), dove abbiamo attivato in collaborazione con il Gruppo di Osservazione e Trattamento (GOT), un progetto denominato "Un ponte per le donne", dove le figure responsabili del trattamento individuano nello Sp.In la risorsa che può aiutare la detenuta a riavvicinarsi alla libertà iniziando da dentro un percorso di riappropriazione e gestione della propria vita. Lo Spin ad oggi sta seguendo 4 casi di difficile reinserimento sociale (3 donne extracomunitarie e 2 donne italiane).

Lo Sp.In. oggi è un servizio con una buona visibilità sul territorio grazie alla rete solida che gli ruota intorno. All’apertura dello sportello uno dei nostri timori era proprio la localizzazione fisica del servizio all’interno del Centro di Servizio Sociale Adulti, laddove la realtà sociale si incontra con la norma statuale penale. Questo ci appariva, allora, una stridente contraddizione ma al suo interno conteneva un pensiero importante: se l’incontro avviene può produrre sicurezza e congruenza della legge con la vita e la società, altrimenti il problema rimane chiuso nel carcere che comunque è parte della società.

Lo Sp.In. adesso è un luogo ed una risorsa dove può nascere l’incontro tra norma penale semplice e rigida e i problemi, i bisogni delle persone che queste norme infrangono.

Il lavoro attraverso l’esperienza sul campo, ci ha portato a consolidare l’attività di sportello e ad affinarla attraverso la dotazione di strumenti congrui alle necessità delle persone che fruiscono del servizio. Lo Sp.In., grazie al prezioso contributo dei volontari e alla professionalità degli operatori, ha sviluppato una multiprofessionalità spendibile in futuri progetti di miglioramento del servizio e in azioni dirette sul carcere per favorire un integrazione realistica nel nostro tessuto sociale.

 

Quando siamo nati. Primi risultati

 

Lo sportello è operativo da marzo 2000, ma i lavori di costruzione, progettazione e concertazione sono partiti molto tempo prima (98-99). Lo Sp.In è nato con un obiettivo di fondo: aiutare le persone con problemi di giustizia nella compilazione dell’istanza della misura alternativa in modo che tutti, anche le persone più emarginate, potessero usufruire dei benefici di legge a titolo gratuito.

A fronte del bisogno della comunità di sicurezza sociale e di certezza della pena, diventa importante non dimenticare la giustizia sociale.

Lo sportello già dopo pochi mesi di attività e dopo aver opportunamente letto i dati che sono emersi dalle presenze e dalle richieste esplicitate dall’utenza, ha effettuato un monitoraggio dell’andamento del servizio, in modo che fosse possibile correggere il percorso da eventuali impedimenti che potevano limitare l’efficacia del lavoro.

Confrontando il monitoraggio relativo ai primi sei mesi di vita del servizio con i dati sulle istanze di misura alternativa presentate presso la Procura del Tribunale Ordinario di Genova negli ultimi anni dal 1998 al 1° semestre 2000, si è delineato uno scenario inatteso: le istanze venivano sistematicamente presentate in Procura senza bisogno del contributo dello Sp.In. Chi invece si rivolgeva e tuttora si rivolge al servizio lo fa spinto dalla necessità di essere sostenuto in un percorso di cambiamento.

A questo punto si è resa necessaria una inversione di tendenza rispetto all’ipotesi teorica di partenza. Si è cercato di modulare e calibrare il servizio offerto entrando nel merito della misura, per meglio orientarla rispetto alle caratteristiche personali del fruitore. Ciò significa concentrarsi sui requisiti richiesti per la concessione del beneficio come ad esempio il domicilio, il lavoro, il volontariato, il programma terapeutico.

Questa ridefinizione in itinere del principio ispiratore è stata possibile grazie all’attenzione rivolta ai risultati, alla possibilità di utilizzare una molteplicità di competenze, di collaborazioni, di linguaggi comuni che hanno portato ad indagare il bisogno (ricerca-azione) per potervi rispondere in maniera più adeguata.

Nella pratica ci si è trovati di fronte ad una modalità di lavoro ben più articolata che richiedeva capacità di empatia e di lettura dei bisogni per poter dare delle risposte efficaci.

L’utenza non comprendeva unicamente persone alla soglia di una carcerazione bensì persone con attuali o pregressi problemi con la giustizia che richiedevano di essere sostenuti e guidati alla ricerca di un percorso.

In sintesi il controllo dei risultati attraverso l’analisi dei dati statistici ha permesso la modifica della mission originaria spostando l’intervento su:

accoglienza ed ascolto (offerta di opportunità relazionali)

analisi dei bisogni prioritari (assessment)

orientamento informativo

facilitazione all’accesso delle risorse (sviluppo di capacità autonome)

 

Funzionamento

 

Lo sportello all’inizio del progetto è stato operativo tre volte la settimana il martedì mercoledì-giovedì dalle ore 10.00 alle ore 13.00. Attualmente è aperto dal lunedì al giovedì con lo stesso orario, il venerdì sono previsti colloqui su appuntamento. L’afflusso è caratterizzato da persone in misura alternativa o in sospensione pena, ex- detenuti, familiari. I turni dello sportello informativo sono coperti dai volontari delle varie associazioni, durante il turno sono in compresenza due operatori.

Oggi lo sportello ha sue precise caratteristiche nell’accogliere e seguire coloro i quali vi si rivolgono che vengono sostenuti dai volontari tramite il colloquio conoscitivo. E’ stato evidenziato che spesso a fronte della richiesta di informazioni emerge un bisogno di raccontare il proprio dramma, le proprie vicissitudini e spesso di intravedere delle possibili soluzioni.

Le persone che arrivano al nostro servizio portano con sé grandi carichi di sofferenza e molta confusione. Alcuni non sanno definire con precisione il problema principale.

La richiesta di lavoro appare come il bisogno più impellente nel quale essi intravedono una possibile soluzione alternativa alla recidiva; molto spesso emergono esigenze sulla soddisfazione dei bisogni primari (casa, cibo, abbigliamento….).

 

Metodologia: la sistematizzazione del modello

 

L’obiettivo comune è stato quello di aiutare il soggetto che si presenta allo Sportello a districarsi nella confusione delle procedure istituzionali, semplificare i percorsi individuali creando insieme una mappa personale delle priorità che si renda visibile e realisticamente percorribile. Dietro ogni persona che si presenta viene costruito un piccolo progetto di vita, che dia sollievo e riattivi un senso di realtà. I soggetti spesso hanno istanze molto confuse ed onnipotenti dettate dall’ansia di non sapere come muoversi. La prassi consiste in un colloquio informativo-conoscitivo tra il soggetto e i volontari e/o operatori in turno allo Sp.In. L’obiettivo primario è l’ascolto della persona e la raccolta selettiva di dati per poter effettuare un’analisi precisa e comprendere il bisogno primario rispetto alla situazione attuale (accoglienza e analisi dei bisogni).

L’ascolto fa fronte ad un bisogno di comunicare il proprio dramma e i propri vissuti e allo Sp.In c’è sempre il tempo per l’ascolto. Gli operatori ed i volontari forniscono le informazioni dopo aver cercato di analizzare e far chiarezza sui bisogni primari della persona e farla accedere ai servizi del territorio attraverso un nostro primo contatto (snellimento-semplificazione-facilitazione all’accesso ai servizi). Mettere ordine tra istanze molteplici, complesse ed urgenti significa aiutare la persona a riordinare e a crearsi una sorta di mappa interna che apra la strada di un percorso individuale (indicazioni di percorso). Si compila insieme una scheda anagrafica dove sono riassunti i problemi della persona ed i possibili interventi attivati. Se necessario vengono fissati colloqui successivi.

La metodologia di lavoro è supportata dalla originalità dei presupposti che hanno ispirato lo Sp.In.: la scommessa sulla valorizzazione di modalità di pensiero, di linguaggi e di esperienze degli operatori e dei volontari che attraverso le loro caratteristiche individuali cercano di trovare delle rispondenze comuni attraverso l’ascolto, la solidarietà, l’empatia. Lo Sp.In è un laboratorio di buone pratiche di integrazione tra vari partner pubblici e privati. Da un’analisi sulla metodologia utilizzata, affrontata dal gruppo in supervisione, è emerso che si sta delineando un modello di intervento che da valore alla persona attraverso l’uso dell’informazione. Un buon ascolto porta ad informare la persona e crea un sostegno emotivo e psicologico di cui spesso necessita per affrontare le difficoltà nel riorganizzarsi nella società o nell’ipotizzare un progetto in libertà.

La modalità d’azione viene concordata e la persona viene accompagnata alla situazione che meglio può rispondere alle sue difficoltà (risposte personalizzate).

 

Collaborazione con il C.S.S.A. (Centro Servizio Sociale Adulti)

 

La presenza dello sportello all’interno della struttura del CSSA ha garantito per i volontari ed operatori una costante presenza che si è rivelata un sostegno tecnico e professionale di alto livello. La delicatezza della presenza e la non invasività di ruolo, ha avuto ripercussioni positive sull’attività dello sportello in termini di responsabilità e gestione autonoma. Scambi di conoscenze ed informazioni hanno creato una sorta di formazione indiretta che aggiunge valore al lavoro dello Sp.In. e si rivela funzionale all’operato delle assistenti sociali.

Soprattutto nella fase iniziale le assistenti sociali hanno supportato i volontari e gli operatori nella definizione del servizio, aiutando praticamente e professionalmente a risolvere situazioni spesso complicate dal punto di vista giuridico ed umano. La presenza ha fornito sicurezza ai volontari che hanno apprezzato ed imparato a districarsi tra le procedure e i termini legali. Le stesse misure alternative con il tempo sono diventate materia più comprensibile, nonostante le normali difficoltà.

Il progetto Sp.In. è stato in grado di incentivare e sviluppare innumerevoli sottoprogetti, a totale o parziale gestione del volontariato, riconducibili a strategie di intervento condivise ed integrate con le attività istituzionali del C.S.S.A.

La presenza dello Sp.In. all’interno del CSSA ha consentito una buona integrazione tra i volontari ed il personale del Centro, avviando forme di collaborazione e momenti di approfondimento congiunto sulle tematiche emergenti; la promozione dello Sp.In. ha permesso il realizzarsi di una maggiore visibilità del CSSA sul territorio.

 

1° Convegno Nazionale: analisi dei risultati

 

Il 5 novembre 2001 lo Sp.In. ha organizzato con la collaborazione del CSSA il convegno nazionale intitolato "Sp.in una risorsa sul territorio, analisi dei risultati"(attività 2000-2001).

Suddetto convegno ha offerto la possibilità di esporre la sperimentazione dello Sp.In. genovese comparandosi ad altre esperienze del territorio nazionale. Si è partiti da un analisi sull’esecuzione penale esterna dal punto di vista del sistema penitenziario e da punto di vista del CSSA quale diretto esecutore dell’ applicazione penale sul territorio oltre a considerare il ruolo della Magistratura di sorveglianza che applica le prescrizioni all’esecuzione. La riflessione che si è delineata parte dal presupposto che il detenuto all’interno dell’istituto di pena usufruisce di alcuni interventi anche da parte dei volontari che cercano di attenuare il senso di solitudine, di frustrazione e di noia, quando la persona si trova "fuori" spesso non trova più una rete di sostegno proveniente dal modo del volontariato. La collaborazione tra CSSA e Sp.In. tenta di colmare questo vuoto istituzionale che paradossalmente ricopre un passaggio fondamentale di accompagnamento alla quotidianità, spesso complessa e drammatica. La comparazione con altre esperienze Sp.In. ha fatto emergere tipologie diverse, impronte e personalizzazioni particolari, spesso obiettivi calibrati ad hoc sulla realtà oggettiva. Questa specificità è riconducibile ad alcuni fattori quali la competenza, la qualità e la multiprofessionalità proveniente dalle varie associazioni che hanno dato l’impronta per modulare con grande efficacia interventi tra la popolazione penitenziaria e il territorio. Il convegno ha focalizzato il suo pensiero su quelli che sono i nodi critici incontrati dal sistema Sp.In. nella propria operatività e nel tentativo di aprire la rete di riferimento locale. Tali criticità diventano gli obiettivi futuri in termini di miglioramento delle aree d’intervento:

  1. Messa a regime del sistema Sp.In. come modello collaudato, per assicurare e colmare un vuoto istituzionale nel passaggio tra "dentro" e "fuori;.

  2. Capacità del progetto di essere un osservatorio in grado di far emergere nodi critici da sviluppare ed affrontare con la collaborazione dei referenti istituzionali;

  3. Decentrare lo Sp.In. attraverso una più cospicua collaborazione con il carcere che di fatto si è rivelata troppo lenta e carente nell’ottica di poter diventare una realta’ dentro il carcere, per poter anticipare i tempi e sostenere la persona detenuta rispetto alle difficoltà e alla compulsività con cui si tende a sottovalutare il passaggio verso il mondo esterno. E’ evidente come una alleanza ed un rapporto dialettico possano rafforzare la strada per creare una rete con il territorio non frammentaria ed occasionale ma incisiva per cercare di dare delle risposte a chi commette reati.

  4. Incrementare l’affluenza delle donne, non solo con problemi di giustizia ma anche appartenenti a nuclei familiari devianti o fortemente disagiati in collaborazione con gli enti del territorio che sviluppano una politica attiva del mondo femminile.

  5. Incrementare l’affluenza degli stranieri cercando di reperire risorse e percorsi prestando attenzione all’aspetto degli stranieri in stato di clandestinità (copertura dei bisogni primari).

  6. Aumentare i contatti di rete in modo che l’informazione sia uno strumento efficace che favorisca l’accesso più diretto e veloce alla fruizione dei servizi e conseguentemente consenta interventi più incisivi di riparazione e reinserimento.

  7. Attivare strumenti di mediazione al lavoro, borse lavoro atipiche caratterizzate da flessibilità e rapidità di avvio oltre che caratterizzate da accompagnamenti graduali e di protetti.

  8. Potenziamento del lavoro di gruppo attraverso momenti formativi e reperimento nuovi volontari.

  9. Aprire uno spazio di condivisione sociale della devianza, sperimentando un nuovo rapporto penale e sociale per costruire nuove rappresentazioni dei problemi sociali, creando spazi di lettura condivisi (sensibilizzazione della cittadinanza alle problematiche del carcere). Lo sforzo implicito dello Sp.In., non per questo secondario, è quello di sviluppare una cultura della tolleranza, della solidarietà e dell’attenzione, per diminuire i pregiudizi, le discriminazioni che generano la stigmatizzazione e l’esclusione sociale. Finché il mondo del carcere sarà ancorato nel territorio ma non radicato nel pensiero comune, creerà la paura e l’allontanamento. Occorre integrare per poter abbassare il livello di rifiuto della devianza e adoperarsi per costruire nuove rappresentazioni sociali meno lontane dalla realtà e più vicine alle storie delle persone e alla loro sofferenza. Accogliere ed ascoltare il malessere offrendo un luogo in cui potersi fermare, fare una tregua, senza essere giudicati (avvicinare la società civile al carcere).

 

Fotografia dello SP.IN (Dati statistici e grafici)

 

Analisi delle caratteristiche dell’utenza, della domanda, degli interventi che il servizio offre. Per meglio inquadrare il servizio, ci sembra importante fornire una "fotografia" di alcune caratteristiche delle persone che sono entrate in contatto con noi e del tipo di lavoro che abbiamo svolto, supportata dai dati che i volontari hanno raccolto ed elaborato durante questi quattro anni.

I nostri clienti hanno età variabili dai 19 ai 70 anni, ma nella media hanno intorno ai 40 anni.

Fuori dal dato tecnico si può fare una riflessione: si rivolgono a noi prevalentemente persone in un periodo della vita nel quale l’esperienza maturata suggerisce la necessità di un cambiamento che si presenta estremamente difficile nella realtà (a fronte di una motivazione maggiore esistono grandi ostacoli, per esempio nell’ambito lavorativo).

Il profilo lavorativo e la scolarità sono molto bassi: le persone spesso non hanno minimamente investito sul loro futuro dal punto di vista della formazione professionale (e questo fa pensare a persone da sempre "sbandate") e non possono che aspirare a bassi profili lavorativi. Spesso non hanno pregressi di lavoro in attività legali o hanno trascorso molto tempo della loro vita in successive e ricorrenti carcerazioni che hanno impedito qualsiasi possibilità di continuità lavorativa.

La provenienza geografica é prevalentemente italiana, anche se circa il 20% è rappresentato da persone arrivate da altri Paesi. Non abbiamo il dato sulla regolarità del soggiorno nel nostro paese, ma la sensazione è che molte delle persone che abbiamo seguito siano irregolari.

La maggior parte dei nostri clienti ha residenza in Genova o nelle immediate vicinanze, solo pochi abitano in altre province liguri o fuori dalla Liguria e generalmente sono persone che aspirano a tornare a Genova o comunque nel comune hanno il nucleo familiare e, per vari motivi, sono ristretti in carceri di altre province.

Questo dato ci fa riflettere sul valore della territorialità del servizio che ha senso solo se ben radicato nel contesto locale, dal quale sia riconosciuto e del quale abbia approfondita conoscenza.

Per tale motivo lo Sp.In. di Genova ha ritenuto importante, in accordo con la Regione Liguria ed il C.S.S.A., attivare, nelle altre province liguri, altri sportelli informativi costituiti da volontari ed operatori appartenenti all’ambito territoriale, limitandosi a dar loro consulenza e sostegno.

Dal punto di vista giuridico, i nostri clienti sono per la maggior parte liberi, quindi con esperienza di restrizione della libertà che riguarda il passato o con procedimenti in corso che non hanno ancora prodotto una condanna definitiva. Se incrociamo tale dato con quello relativo al tipo di servizio che ha in carico la persona, dal quale risulta che molti dei nostri clienti non sono in carico ad alcun servizio, ci rendiamo conto che il nostro target è costituito prevalentemente da persone con procedimenti penali in corso o pregressi (dunque non seguiti o non più seguiti dal C.S.S.A.), che, almeno apparentemente, non espongono ulteriori problemi (o che, svalutandone l’esistenza, decidono di non farsi supportare da alcun servizio). Il servizio Sp.In. va, dunque, prevalentemente a coprire tale spazio e lo fa con una duplice attenzione: da una parte rispondendo alla richiesta esplicita del cliente e dall’altra cercando di far riflettere la persona sulle proprie criticità individuali (per esempio problemi di alcoldipendenza non dichiarati, disagio psichico, problemi familiari che spesso emergono spontaneamente durante il colloquio) al fine di poterla accompagnare al servizio più idoneo.

Sempre osservando il dato riguardante la titolarità della presa in carico, osserviamo come il secondo gruppo per importanza numerica sia rappresentato da persone in carico al C.S.S.A.. Tale dato va letto in più modi: certamente essendo ospiti di tale servizio ci si può aspettare che la segnalazione avvenga con maggiore frequenza (anche per vicinanza logistica), inoltre la popolazione soggetto del servizio Sp.In. ha problemi penali e pertanto afferisce comunque al Ministero di Giustizia. Tuttavia, l’aumento più che proporzionale del numero di invii rispetto ad altri servizi, suggerisce che la conoscenza reciproca ha dato buoni frutti ed ha permesso di superare iniziali diffidenze.

Tale dato risulta ancor più evidente se lo si osserva sul grafico che descrive le proporzioni tra soggetti invianti: le persone mandate al servizio dal C.S.S.A. rappresentano la maggioranza schiacciante.

Abbiamo inoltre osservato quali richieste arrivano al nostro servizio, distinguendole dal più generico bisogno della persona (che spesso ha necessità di mettere a fuoco, in vari modi e tempi, la sua situazione).

Dall’analisi dei dati emerge una diffusa condizione di disoccupazione che rappresenta la problematica più frequente.

Il dato che si ricava sommando richiesta di lavoro, di alloggio e di sostegno economico, suggerisce con evidenza che le persone che si rivolgono a noi provengono dagli strati più poveri della popolazione.

La persona ha, tuttavia, non solo il bisogno di ottenere una risposta immediata (che abbiamo chiamato "informazione pura") e che spesso se viene fornita estemporaneamente perde definizione ed efficacia, ma spesso necessita di una "guida", di una figura di facilitatore che possa accompagnare lungo i sentieri della rete. Altre volte è evidente il bisogno di sostegno ad un percorso di cambiamento personale che si esplica attraverso telefonate, frequenti contatti, confronti stabiliti ed altre azioni e che vengono raggruppate sotto la dicitura "presa a cuore".

Spesso invece la richiesta nasconde un bisogno più profondo di ascolto e di considerazione che la rete sociale e familiare della persona non soddisfa .

E’ interessante notare come, nel tempo la sensibilità del servizio e dei volontari sia cambiata ed, attualmente, è proporzionalmente diminuita la percentuale di persone che manifestano bisogno di informazione pura a vantaggio di ben più complesse necessità. Tale dato che, nella nostra statistica, viene ricavato leggendo le annotazioni sul "diario" e dunque viene arbitrariamente incasellato in categorie altrettanto arbitrariamente stabilite (non essendo dichiarato esplicitamente dai nostri clienti), rimanda che la percezione dei volontari verso le persone che si rivolgono al servizio si è affinata ed i volontari sono più attenti al bisogno reale della persona e sono più preparati professionalmente ad occuparsene.

Anche l’intervento è, necessariamente, cambiato nel tempo e, nell’ultimo anno, sono stati pensati e realizzati percorsi particolari di avvicinamento al lavoro e di accompagnamento generico (definito "presa a cuore").

Rimane sempre molto evidente il carattere informativo del servizio, ma aumentano gli invii ad altri servizi.

La specificazione degli invii ad altri servizi sottolinea ulteriormente l’importanza, anche per un servizio come il nostro, di accompagnare al lavoro sia attraverso invii mirati ed accompagnati verso i Centri per l’Impiego Provinciali sia attraverso un più forte contatto con le cooperative sociali di fascia B.

 

Progetti realizzati o in fase di sperimentazione o partecipazione alla messa in cantiere di progetti legati al reinserimento sociale delle persone detenute-ex-detenute, familiari:

 

Partecipazione alla commissione lavoro per fasce deboli

 

Viene costituita una Commissione Lavoro cui partecipano varie associazioni afferenti alla consulta carcere città, allo scopo di studiare e rendere operativi strumenti di aiuto per i detenuti. Nello specifico la Provincia di Genova, ha un finanziamento reperibile dalle pari Opportunità, così si decide di investire sui familiari dei detenuti spesso vittime indirette della carcerazione ed offrire loro un percorso di formazione ed orientamento veloce e snello che conduca ad un inserimento lavorativo. Obiettivo è tentare di ristabilire un equilibrio alla famiglia colpita dalla carcerazione di uno dei suoi membri e riportare sollievo economico alla gestione familiare. Dopo molti incontri di ricognizione e di ricerca statistica della popolazione penitenziaria, si individua il target dello strumento che s’intende approntare. Si avviano i lavori per un progetto di inserimento lavorativo per donne italiane e straniere con familiari detenuti ovvero per le donne in esecuzione di misura alternativa. Lo Sp.In. ha portato un notevole contributo teorico nella formulazione dei concetti fondamentali che dovevano accompagnare il corso.

La 1a edizione del corso ha avuto inizio il 26/09/02 e si è conclusa il 28/02/03 con la partecipazione di tredici donne che, dopo una fase di orientamento ed un corso in aula, è sfociata in uno stage di accesso al mondo del lavoro.

Relativamente a tale progetto denominato "Progetto Penelope", il valore aggiunto apportato, consisteva nella costante presenza di un tutor avente funzioni di supporto, contenimento e riferimento relazionale ed affettivo. Egli costituiva un sostegno importante per persone che si trovavano da tempo fuori dal circuito lavorativo e che sentivano il bisogno di essere guidate e rieducate alle regole del lavoro, senza altresì perdere di vista la globalità dei bisogni della persona che ambiva a reintegrarsi anche socialmente. I tutor sono stati scelti tra i volontari e gli operatori dello Sp.In, gli enti di formazione che hanno gestito il progetto sono stati lo IAL-Liguria e l’IS.FOR.COOP.

ESITO

Lo Sp.In ed i tutor che hanno seguito l’esperienza hanno potuto affinare le loro capacità sperimentando l’accompagnamento globale della persona in stato di disagio. Anche in fase di progettazione lo Sp.In ha contribuito soprattutto agli aspetti di contenuto, avvalendosi dell’esperienza di lavoro con persone che appartenevano allo stesso target dei partecipanti al corso.

Ad oggi siamo alla 4a edizione del Progetto Penelope che dopo la 1a edizione è stato allargato il target a tutte le donne che vertono in stato di disagio da disoccupazione. Allargando l’ingresso a detenute (uscite dal carcere per il corso con art.21 o in semilibertà o affidamento) o a i loro familiari e a donne con un disagio generico.

Come Sp.In, all’interno del progetto di reinserimento sociale delle donne del carcere femminile di Pontedecimo, abbiamo sostanziato alcune richieste di misura alternativa con la partecipazione al Progetto Penelope, primo passo verso la realizzazione di un progetto di vita concreto.

La Commissione Lavoro e la Consulta Carcere e Città hanno più volte sostenuto la mancanza di risorse concrete da poter offrire alle persone appena scarcerate o che richiedono di scontare la pena in esecuzione esterna.

I dati statistici sulla popolazione penitenziaria della Liguria rilevati dal DIMEL–Sezione Criminologia e Psichiatria Forense dell’Università di Genova, a seguito dell’introduzione della Legge Simeone, hanno descritto una situazione che si sta delineando in una determinata direzione.

Oltre al ben noto sovraffollamento delle carceri si sta verificando una diminuzione dell’utilizzo di alcuni benefici quali gli Affidamenti in prova al servizio sociale (art. 47) e la semilibertà con un progressivo aumento delle detenzioni domiciliari. L’affidamento in prova è la misura più ampia, meno restrittiva: essa contiene le premesse per un reinserimento sociale globale. La diminuzione di tale beneficio induce il sospetto che il contenitore della misura dell’affidamento sia vuoto, ossia privo di risorse spendibili in programmi di reinserimento con particolare attenzione al lavoro.

A fronte di questa sintetica analisi lo Sp.In. ha deciso di attrezzarsi meglio rispetto al tema del lavoro.

Da settembre 2002 si è cercato di sopperire alla carenza di opportunità predisponendo dei percorsi di "orientamento" che possano riavvicinare la persona al mercato del lavoro. Grazie al contributo di un consulente esperto di orientamento al lavoro, si sono potute intraprendere alcune strade:

 

Il Progetto A.N.T.E.S

 

Azioni non tese esclusivamente allo stipendio

 

Questo progetto è specifico sulla richiesta lavorativa dell’utenza che afferisce allo Sp.In.

Dalla nascita dello Sp.In i volontari sentivano il bisogno di dare risposte più mirate rispetto alla richiesta lavorativa che rimaneva sempre molto alta e complessa per le persone dell’area penale; il lavoro diventa uno strumento di riscatto sociale, di avvicinamento ad un concreto e possibile percorso di riabilitazione oltre ad essere un mezzo di educazione alla legalità, anche attraverso l’esecuzione penale esterna. Non volevamo offrire un lavoro, perché non siamo attrezzati per questo, bensì rendere le persone maggiormente presentabili e appetibili sul mercato del lavoro. Antes potrebbe diventare uno strumento di educazione al lavoro ed una preparazione all’occupabilità che sostanzi la richiesta della misura alternativa.

 

Il progetto si articola sui seguenti obiettivi:

Informazione

Strumento per attenuare l’esclusione sociale

Strumento per rendere gli interessati protagonisti

Consulenza Orientativa

Analisi e diagnosi bisogni e competenze

Supporto alla scelta dei percorsi per l’occupabilità

Transizione al lavoro

Avvio all’inserimento professionalizzante

Avvio all’inserimento lavorativo

 

Procedura

 

Si inviano al colloquio con l’orientatore le persone che necessitano di una certa preparazione per porsi difronte al mercato del lavoro.

 

Fasi dell’intervento

 

Ricostruzione della storia lavorativa complessiva.

Chiarificazione dell’attuale posizione giuridica.

Predisposizione di un piano concordato di azioni da intraprendere (adempimenti con il CIP-documentazione-invalidità etc.) per rendersi appetibili rispetto alla produttività delle aziende divenendo portatori di agevolazioni (tali azioni sono facilitate da una continuità di rapporto con l’orientatore).

Verifica della tenuta rispetto al piano concordato, proposte di autocandidatura o selezione di opportunità lavorative.

 

Tale procedura ha lo scopo di fornire un modello di comportamento che possa essere seguito allo sportello con l’ausilio dell’orientatore. Attualmente è sperimentato l’accompagnamento della persona nella fase degli adempimenti al lavoro (piano di azioni concordato) da parte dei volontari sotto la supervisione dell’orientatore.

Un altro livello del progetto è quello di mettersi in rete con la Provincia di Genova attraverso i Centri per l’impiego. E’ stato presentata una bozza di procedura per l’avvio di una collaborazione Sp.In.-Cip, con l’obiettivo di essere soggetti privilegiati nell’uso degli strumenti a disposizione della Provincia nel settore della formazione e lavoro.

E’ stato aperto un protocollo d’intesa con il Consorzio Progetto Liguria e Lavoro (consorzio di coop di fascia B) per l’invio di soggetti da inserire nel mondo del lavoro in misura di protezione. L’invio viene filtrato dalle competenze del nostro orientatore onde evitare inutili perdite di tempo.

Attraverso una collaborazione tra CSSA e Sp.In., vengono segnalati dal servizio casi di persone in misura alternativa o in attesa di udienza, da seguire dal punto di vista del percorso lavorativo. Tale accompagnamento in via sperimentale ha portato ad un esito occupazionale positivo.

 

Progetto presa a cuore (Accompagnamento)

 

Nell’attività ordinaria di sportello e su richiesta dei volontari si è attivata una sperimentazione su un ristretto numero di casi. Vista la complessità delle situazioni che si presentano e la necessità di rivedere le persone per poterne verificare il percorso, si è pensato di accompagnarle attraverso una serie di azioni mirate all’autonomia.

La "presa a cuore" definisce un accompagnamento monitorato, un tutoraggio, mutuato dal modello solidaristico del volontariato. Obiettivo del progetto è la messa in campo di un operatore della mediazione che possa connettere le risorse istituzionali e informali per creare un progetto individuale che abbia la finalità di reinserire la persona nel circuito sociale, allontanarlo dal rischio di recidiva e dalla ripetizione di modelli delinquenziali persistenti. Un mediatore che aiuti la persona a muovere i primi passi da dentro a fuori, fornendo dei punti di riferimento stabili e attivando la persona all’autonomia e all’autopromozione. Interrompere percorsi delinquenziali attraverso una guida che aiuti a riprendere in mano la propria vita concretamente a piccoli passi per re-impostare un piano d’azione che sia nell’ottica di un processo di riabilitazione e recupero personale e sociale. La presa a cuore concentra la possibilità di un cambiamento non unicamente sul problema lavorativo, che sicuramente è il bisogno più espresso, ma tenendo presenti le molteplici variabili di vita che vanno ad intersecarsi nell’aspetto lavorativo. Supportare ogni piccolo passo divenendo capaci di gestire la quotidianità.

Siamo in fase sperimentale tra qualche mese faremo un report sull’attività del progetto per valutare le modifiche, i correttivi o le integrazioni da fare. Per adesso volontari (la richiesta è partita da loro) ed operatori che stanno accompagnando delle persone, si attengono ad alcune linee guida:

non invadenza con i servizi che eventualmente hanno in carico il soggetto, ma integrazione e rete con i soggetti referenti esterni del caso;

non avendo ancora costituito una vera e propria equipe, lo strumento più efficace resta il confronto sulle azioni intraprese con gli operatori professionali;

alcuni volontari hanno offerto la propria specializzazione su alcune tipologie di persone o sulla categoria dell’intervento (es. donne e uomini extracomunitari, lavoro, etc.) garantendo un back-ground ed una certa familiarità verso le proprie attitudini personali;

abbiamo strutturato una scheda del caso, dove viene annotato il percorso e il trattamento che si intende operare (piano d’azione centrato sulla relazione e sul compito) e il referente del caso;

monitoraggio della persona attraverso colloqui telefonici o vis a vis per seguire l’andamento dei compiti intrapresi; la relazione che si instaura favorisce un clima di fiducia che motiva la persona a credere nelle sue possibilità;

Per quanto riguarda la segnalazione dei casi che vengono seguiti in presa a cuore per ora è ancora legata al singolo operatore-volontario ma vi sono delle indicazioni che vengono prese in considerazione:

Casi complessi dal punto di vista dei bisogni espressi, della precarietà ed instabilità delle risorse esterne (famiglia-amici-sostegni informali) e dei limiti soggettivi evidenziati dalle persone;

Casi complessi dal punto di vista del reperimento di percorsi formativi o lavorativi per sostanziare la richiesta di misura alternativa e approntare un piano d’azione concreto ed efficace dal punto di vista del reinserimento sociale.

Casi particolari dove si rileva una particolare necessità di seguire la persona.

 

Esito: attualmente sono in presa a cuore n. 14 casi

 

Formazione (maggio-ottobre 2002). I volontari e gli operatori dello Sp.In in accordo con i referenti del Cssa hanno programmato un corso di formazione che potesse avere la finalità di consolidare ed aggiornare sulle tematiche più importanti relative alla relazione d’aiuto. Il corso era aperto a tutte le persone del volontariato cittadino interessate alla sofferenza della carcerazione e dalle modalità di aiuto. Obiettivo secondario era reperire nuove adesioni allo Sp.In..

Il corso organizzato e gestito dallo Sp.In. in collaborazione con il CSSA è stato finanziato dal CELIVO. Era suddiviso in due moduli: il primo affrontava tematiche generali (lavoro-carcere-salute-aspetti legali- le misure alternative), il secondo concentrato sull’ascolto e il non giudizio come impostazione della relazione di aiuto.

 

Esito

 

Il corso ha espresso un buon livello qualitativo. Il secondo modulo è stato particolarmente gradito. Sono stati reperiti nuovi volontari appartenenti alla CRI e all’Unione Solidarietà Evangelica. L’attività dello Sp.In. per il 2002-2003 si è concentrata su due livelli di intervento che rispecchiano i relativi finanziamenti ottenuti per svolgere il proprio mandato.

2° Convegno Nazionale. "Un modello di lavoro di rete. confronto tra esperienze per una progettualità futura" - 24 novembre 2003 - Teatro Centro Von Pauer -Via Airoli, 35 Genova

 

Perché questo convegno

 

Dopo il primo convegno che risale al 2000 dove l’obiettivo era quello di debuttare pubblicamente e comunicare l’attività del nostro servizio e i risultati emersi sino a quel momento, oggi il convegno è stato pensato con precisi obiettivi che volevamo condividere con la rete dei soggetti che direttamente o indirettamente lavorano con persone con un disagio multiplo.

Partendo dal presupposto che lo Sp.In ha una sua funzione unicamente se supportato da una rete di soggetti significativi, siano essi istituzionali che informali, ci siamo interrogati su quali potessero essere le modalità, le forme per far sì che ciascuno in maniera partecipata, competente e responsabilmente potesse assumersi, nell’ottica degli interventi alla persona, il proprio pezzetto di responsabilità.

In un ottica di rete e di condivisione abbiamo pensato di far riflettere vari interlocutori del territorio, attraverso l’occhio attento di un moderatore qualificato ed esperto di reti, sulle proprie criticità e risorse interne ed esterne al proprio servizio e a quali soluzioni fosse possibile addivenire per giungere ad un rafforzamento del contatto oltre a far sì che le risorse, laddove esistenti, non dovessero bloccarsi o rimanere sottoutilizzate, ma mobilizzarsi per aumentare le probabilità di risposta.

L’ambizioso progetto voleva pensare ad alta voce possibili strategie di co-intervento e sinergie da consumare in un modello che spesso viene definito di "rete" ma facilmente può rimanere lontano dalle potenzialità che può esprimere.

Lo Sp.In in questi ultimi anni ha ridefinito il proprio mandato istituzionale modellandolo sulle richieste che ci sono pervenute. Oltre all’aspetto puramente informativo molte delle persone che afferivano al nostro servizio chiedevano implicitamente di essere accompagnate e sostenute in un processo di cambiamento e reinserimento sociale altamente complesso per le numerose variabili che questi soggetti mettono in campo.

Da un report interno siamo giunti a sperimentare alcuni modelli di approccio alla relazione d’aiuto che potessero essere di supporto alla persona oltre ad integrarsi con altri interventi.

 

Formazione

 

I volontari e gli operatori dello Sp.In in accordo con i referenti del Cssa hanno programmato un corso di formazione che potesse avere la finalità di consolidare ed aggiornare sulle tematiche più importanti relative alla relazione d’aiuto. Il corso era aperto a tutte le persone del volontariato cittadino interessate alla sofferenza della carcerazione e dalle modalità di aiuto. Obiettivo secondario era reperire nuove adesioni allo Sp.In.. Il corso organizzato e gestito dallo Sp.In. in collaborazione con il CSSA è stato finanziato dal CELIVO.

Era suddiviso in due moduli: il primo affrontava tematiche generali (lavoro - carcere - salute - aspetti legali - misure alternative), il secondo concentrato sull’ascolto e il non giudizio come impostazione della relazione di aiuto (vedi allegato il programma). Il corso si è svolto tra maggio ed ottobre 2002.

 

Esito

 

Il corso ha espresso un buon livello qualitativo. Il secondo modulo è stato particolarmente gradito. Sono stati reperiti nuovi volontari appartenenti alla CRI e all’Unione Solidarietà Evangelica. L’attività dello Sp.In. per il 2002-2003 si è concentrata su due livelli di intervento che rispecchiano i relativi finanziamenti ottenuti per svolgere il proprio mandato.

 

 

Precedente Home Su Successiva