Attività dell'Associazione "Il Bivacco"

 

Associazione Il Bivacco 

Via Castellini, 72

20077 - Melegnano (MI)

Tel.: 02/9836867

E-mail: ilbivacco@libero.it

 

Sede e Casa Alloggio

 

Nel 1996, grazie anche ad un contributo della Regione Lombardia, l’associazione si dota, in Melegnano, di una propria sede con annessa casa alloggio. La scelta di ubicare la sede a Melegnano, presso un immobile concessoci in locazione da un privato, è stata condizionata dall’impossibilità di disporre, nell’immediato, di un’altra struttura di proprietà pubblica, ecclesiale o del privato sociale a prezzo agevolato.

 

Carcere e territorio: a porte aperte

 

Nel 1997 il Bivacco si è fatto ente promotore e gestore di un progetto di sperimentazione di servizi innovativi nella costruzione di politiche sociali rivolte al reinserimento di persone detenute ed ex detenute, dal titolo: "Carcere e territorio: a porte aperte", approvato e sostenuto dalla Regione Lombardia.

La specificità del progetto di sperimentazione, che ha avuto durata biennale, si qualifica in relazione all’oggetto di lavoro identificato: connettere carcere e territorio, detenuti e sistema sociale, attraverso un processo di reciprocità.

A tal fine è entrata pienamente in funzione la nostra sede, da noi integralmente ristrutturata, a Melegnano (MI) in Via Castellini, 72, costituita da numerosi locali che ospitano la Casa di Accoglienza, il Centro Servizi, e la Cooperativa Sociale Soligraf.

 

La Casa di accoglienza è costituita da due monolocali, destinati ad ospitare, per la fruizione dei permessi premiali, detenuti sprovvisti di altra idonea possibilità; nella medesima struttura vi sono inoltre due alloggi assegnati a detenuti in misura alternativa.

Nella Casa di Accoglienza i detenuti incontrano una "comunità", delle opportunità lavorative, delle relazioni di aiuto che restituiscono loro parte di una nuova identità sociale e che generano affidabilità, competenze, fiducia consentendo loro di esprimersi in contesti di "normalità".

Una ulteriore opportunità per soddisfare le esigenze abitative di chi viene liberato dal carcere è rappresentata dai cinque alloggi, siti in Milano, che l’ALER (Azienda Lombarda Edilizia Residenziale), dal 1999, ci ha concesso in locazione per 16 anni a condizione di curarne la ristrutturazione e la messa a norma degli impianti e dalla disponibilità di un alloggio di nuova costruzione che il Comune di Melegnano ci ha messo a disposizione per le nostre finalità.

La Caritas Ambrosiana e due privati, che hanno scelto l’anonimato, ci hanno sostenuto economicamente per realizzare gli anzidetti lavori di ristrutturazione.

 

La vera centrale di coordinamento per un concreto reinserimento dei detenuti è il Centro Servizi che ha tra i suoi principali obiettivi quello di creare collegamenti strutturati tra il carcere ed i soggetti esistenti sul territorio, quali le pubbliche istituzioni, la comunità civile e le risorse del volontariato e dell’imprenditoria.

La Comunità, attraverso l’azione di sensibilizzazione promossa dal Centro Servizi, viene sollecitata a riflettere e a mettere in campo energie costruttive per concretizzare spazi di incontro, di lavoro e di vita a sostegno del processo di emancipazione delle persone in stato di detenzione.

Punto di riferimento per chi voglia conoscere l’Associazione e le sue finalità, fornisce supporto organizzativo per gli incontri fra gli operatori ed è di ausilio per la documentazione e per la predisposizione del materiale informativo/divulgativo, predispone il calendario degli incontri e degli interventi, effettua la raccolta di dati ed informazioni strutturando banche dati, predispone la rassegna stampa, redige progetti di formazione per operatori, elabora progetti di formazione per utenti, valuta la convenienza di eventuali commesse di lavoro predisponendo appositi "business plan", effettua studi di impresa e sostiene l’avvio di nuove realtà produttive.

Il Centro Servizi elabora progetti mirati nel settore dei servizi alla persona deviante e ne effettua un’azione di monitoraggio periodica per garantire standards qualificati ed omogenei nelle prestazioni.

Promuove lo scambio di informazioni, valutazioni e proposte con gli operatori istituzionali e sociali al fine di favorire un’integrazione operativa, nel rispetto dei ruoli e delle competenze, secondo un indirizzo unitario.

Svolge fra tutti gli attori coinvolti un’azione di stimolo alla comunicazione, di confronto sulla programmazione e di condivisione degli intenti e degli interventi; ciò al fine di tessere un lavoro di rete che generi risposte concrete ed adeguate.

I diversi punti di osservazione consentono la costruzione di un quadro più ampio e sfaccettato, magari diverso da quello prefigurato da ogni singola angolazione, ma dove la diversità diventa un punto della rete sociale, tutti i soggetti sono ugualmente referenti significativi per il bagaglio di risorse umane, professionali e di esperienze, di cui sono portatori.

 

La Cooperativa Sociale Soligraf, avendo un ampio oggetto sociale, è divenuta riferimento ottimale per la gestione di tutte le neonate attività produttive attivate dall’Associazione Il Bivacco dentro e fuori il carcere.

Il Centro Servizi ha supportato la dirigenza della Cooperativa Soligraf nel delicato passaggio verso una forma compiuta di imprenditorialità sociale rafforzandone la capacità di sopravvivenza autonoma sul mercato; in tal modo il profitto di impresa diviene lo strumento capace di consentire ulteriori inserimenti lavorativi, puntando al circolo virtuoso "inserimento – ricollocazione - inserimento" al fine di realizzare sinergicamente, cooperativa e Centro Servizi, un sistema capace di generare successo di completamento dei progetti di reinserimento sociale.

Soligraf, cooperativa di inserimento lavorativo, promuove l’orientamento del detenuto alla comunità attraverso il lavoro inteso come strumento di crescita e di valorizzazione della persona attraverso la solidarietà, la responsabilizzazione e la creatività del singolo.

 

Falegnameria: dentro e fuori

 

Valutata l’importanza del lavoro come strumento d’integrazione sociale, di fronte ad un comportamento discriminatorio dei datori di lavoro nei confronti delle persone con problemi di giustizia, vista la necessità di dare risposta ad un’esplicita ed incalzante domanda di inserimento lavorativo anche al fine di consentire l’accesso alle misure alternative alla detenzione, nel 1997 abbiamo progettato l’avvio di un’attività artigianale di falegnameria prevedendo l’allestimento di due laboratori, uno all’interno del Carcere di Milano-Opera e l’altro all’esterno.

Nella fase di realizzazione si sono evidenziate molteplici difficoltà per lo più

riconducibili a tutte quelle limitazioni che sono strettamente connesse ad una struttura totalizzante come il carcere. In aggiunta si sono riscontrate serie difficoltà nel reperire risorse umane idonee e tecnicamente qualificate che supportassero validamente l’attività produttiva.

Nel corso del 1999, per uscire da una situazione di stallo, in partnership con la cooperativa Galdus, è stato presentato e approvato un progetto di formazione, a valere sul Fondo Sociale Europeo, che ha consentito anche la realizzazione di piccole commesse di lavoro. E’ previsto un ulteriore corso formativo di specializzazione al termine del quale sarà effettuata la selezione di alcuni corsisti ritenuti idonei a divenire soci della costituenda cooperativa sociale.

 

Oltre il muro

 

Gli obiettivi del progetto, presentato al Comune di Milano nel 1999 e approvato dallo stesso nell’anno 2000, sono finalizzati ad individuare percorsi di accompagnamento educativo e di accoglienza per il reinserimento sociale e lavorativo di ex detenuti e di detenuti ammessi alle misure alternative alla pena.

I contenuti del progetto si concretizzano nell’offrire disponibilità di accoglienza in strutture abitative "protette" strutturando progetti individuali che permettano al detenuto di ricostruirsi una nuova identità e contestualmente realizzando un lavoro di sensibilizzazione e di promozione nei confronti della comunità.

Da questa esperienza di accoglienza, parte integrante di un percorso di accompagnamento di durata anche superiore all’anno, che ha dato risultati molto positivi ai fini dell’accrescimento delle nostre competenze metodologiche ed organizzative, l’associazione può oggi programmare interventi più articolati e prevedere la partecipazione a progetti di più ampio respiro.

 

Dietro le sbarre: non solo bianco

 

Il progetto, ideato all’inizio del 2000, vuole offrire un’opportunità d’integrazione nel tessuto sociale alle persone detenute extracomunitarie, con l’introduzione nell’équipe di accompagnamento del "mediatore culturale".

La partecipazione degli stranieri ad attività devianti costituisce un fattore determinante dell’involuzione dell’atteggiamento degli italiani verso gli stranieri.

Siamo passati da una fase di neutralità, negli anni ‘70, ad una fase di inconsapevolezza che copre la prima metà degli anni ‘80 e, da una fase di emergenza che riguarda la seconda metà degli anni ‘80, a quella dell’etichettamento, nella quale lo straniero si trasforma da problema sociale in problema di ordine pubblico, da soggetto indesiderato a soggetto socialmente pericoloso: il suo stereotipo tende a divenire il suo principale elemento definitorio facendo crescere la distanza sociale.

In questo contesto la condizione carceraria trova il punto di maggior criticità nel momento in cui il detenuto extracomunitario si trova ad affrontare lo spazio tra una condizione di piena reclusione e l’affacciarsi al mondo esterno.

Le ragioni sono da ricercarsi da un lato nel difficile percorso di riorientamento soggettivo intrapreso dalle persone straniere liberate e dall’altro nella forte resistenza (stigma, pregiudizio) presente nell’ambiente che rende difficile il processo di reinserimento sociale.

Le azioni sono rappresentate dalla disponibilità di accoglienza in strutture abitative a ex detenuti e a detenuti extracomunitari che possono usufruire delle misure alternative alla pena detentiva e che non sono nelle condizioni di accedere a tali misure, perché privi di riferimenti parentali o impossibilitati al rientro nel paese di origine, e dall’individuazione di mirati percorsi di accompagnamento.

 

Carcere: percorsi di tutoring

 

In considerazione della stipula, nell’ultimo biennio, dei seguenti protocolli:

"Protocollo d’intesa" tra la Regione Lombardia ed il Ministero di Grazia e Giustizia che prevede, al cap. 3 (interventi trattamentali), "la creazione delle condizioni utili ad attivare un efficace rapporto di collaborazione tra Amministrazione Penitenziaria, Giustizia Minorile, Ente Locale e Organizzazioni di Volontariato" e che "gli interventi a favore delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale in forma totalmente o parzialmente extra murale rivestono per la Regione carattere di particolare importanza";

"Protocollo d’intesa" tra il Ministero di Grazia e Giustizia e la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia che sottolinea l’impegno ad una reciproca collaborazione ed alla promozione di interventi mirati;

e dell’emanazione della Circolare n. 3528/5978 del 18/07/00, da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, diretta a tutti gli istituti e servizi periferici e che evidenzia il ruolo di tutto rilievo del volontariato nell’azione trattamentale;

ed al fine di meglio qualificare l’intervento/azione in questa specifica area del disagio, il Centro Servizi de Il Bivacco ha recentemente redatto un progetto denominato "Carcere: percorsi di tutoring".

 

La finalità del progetto è quella di restituire alla comunità persone "socialmente competenti", capaci cioè di individuare modalità di emancipazione personale attraverso azioni diverse da quelle illecite. Tale finalità si sviluppa mediante l’individuazione di un percorso di tutoring mirato al reinserimento sociale e lavorativo di ex detenuti e di detenuti che vengano ammessi alle misure alternative alla pena detentiva.

La figura del tutor si definisce attraverso la funzione dell’accompagnamento alla persona nella fase di orientamento verso la collettività, mediante un percorso concreto, programmato nel tempo e verificabile nei risultati.

Orientare alla comunità significa creare opportunità, cioè condizioni nelle quali il detenuto valorizza la legalità dentro di sé, e nei rapporti valorizza la legalità e la comunità compiendo un percorso di promozione delle opportunità.

L’azione del tutor si manifesta attraverso momenti di consulenza, di riflessione guidata, di stimolo allo sviluppo di una personale capacità di autogestione e dell’elaborazione di un percorso di reinserimento di cui l’aumento dell’autostima, la percezione di sé come padrone delle proprie azioni, l’idea di sé come protagonista delle proprie scelte rappresentano il fondamentale punto di arrivo.

Il tutor è un operatore e non un semplice volontario, perché dispone di competenze di cui è consapevole e costruisce percorsi "intenzionali" e rigorosi sul piano del metodo; svolge ruoli operativi che non si sovrappongono a quelli istituzionali/professionali ed esercita un’azione di integrazione e sinergia di rete tra le istituzioni penitenziarie e giudiziarie, le imprese e le realtà socio-assistenziali e di volontariato del territorio.

Questo lavoro risponde alle esigenze collettive di sicurezza, con la convinzione che l’equazione polizia + carcere = sicurezza è un inganno, un tragico e pericoloso errore che semplifica problemi ben più complessi. La collettività non è più sicura quando la distanza tra i "buoni" ed i "cattivi" aumenta. La comunità è più sicura se chi ha violato le regole del patto sociale riesce a ri-apprendere, nei suoi rapporti con le istituzioni, con gli operatori, con i suoi simili, che è possibile, anzi conveniente, ri-definirsi e sperimentarsi come soggetto in grado di assumersi le proprie responsabilità, di autodeterminarsi all’interno di vincoli, regole, convenzioni sociali, peraltro mai fisse ed immutabili.

Metodologia

 

Percorsi di accompagnamento

 

L’esigenza di lavorare in una rete di integrazione tra servizi diversi richiede di muoversi con orientamenti definiti e progettualità che sappiano fare interagire i vari contributi in un unico linguaggio comune.

L’utilizzo di un progetto personalizzato, inteso come piano di lavoro orientativo che identifichi tappe e indicatori significativi, essendo lo stesso anche somma di strumenti (schede, relazioni, diario, questionari), permette di oggettivare lo schema del percorso e di mettere in comunicazione i diversi soggetti coinvolti.

E’ opportuno che fin dalla fase iniziale della elaborazione del progetto siano molto chiari e condivisi da tutti gli attori le aspettative, gli obiettivi, i ruoli di ciascuno, i tempi, i flussi informativi e i punti deboli che possono costituire un impedimento alla riuscita del progetto.

Durante il percorso, il progetto sarà tanto più completo e preciso quanto maggiore sarà lo scambio di informazioni tra tutti gli interlocutori circa i fatti più significativi che cambiano o incidono sul percorso del cliente. L’azione di accompagnamento prende le mosse da una premessa irrinunciabile: la specificità di ogni persona.

Partendo da questo assunto non possiamo che strutturare un metodo finalizzato alla conoscenza della persona cliente, delle sue caratteristiche, dei tratti della sua personalità e della sua identità di persona adulta.

Si tratta di una metodologia fondata sull’abilità di verifica e di correzione in corso, al cui interno si cerca di associare allo stesso modo tutti i partners: il cliente, il tutor, l’équipe, gli operatori pubblici e del privato sociale. Il confronto fra i diversi soggetti consente di contenere le possibili distorsioni soggettive, permettendo di raggiungere la miglior obiettività nelle diverse fasi del percorso.

L’anamnesi sarà composta da una fase descrittiva della storia del soggetto e dalla raccolta di informazioni utili al suo reinserimento: curriculum vitae, aspetti generali della personalità, valutazione delle capacità, lo stato dei legami affettivi primari, le aspettative, gli interessi, le risorse materiali di cui il soggetto dispone, carriera deviante e situazione giudiziaria.

Nell’elaborazione del percorso giuoca una parte rilevante il periodo detentivo: il comportamento, la considerazione che gli altri reclusi ne hanno, il ruolo che si è ritagliato all’interno della comunità detenuta, l’analisi trattamentale effettuata dagli operatori penitenziari.

E’ compilata una scheda personale di rilevazione dei dati nel tempo testata ed affinata e soggetta a verifiche periodiche.

Se si tratta di un progetto che prevede anche un percorso di inserimento lavorativo, in collaborazione con un referente dell’impresa profit o non profit, verrà redatta la scheda di valutazione dello sviluppo professionale, ad inizio e fine percorso.

La fase di raccolta dati si pone l’obiettivo di conoscere il cliente, predisponendo le basi per l’attuazione del patto - contratto con l’Associazione.

Nel corso del cammino di reinserimento sociale l’équipe di accompagnamento si avvale di strumenti descrittivi e valutativi sottoposti ad aggiornamenti periodici; i singoli tutors utilizzano lo strumento diario per una valutazione pertinente e funzionale del comportamento del cliente in modo da identificarne i punti forti/deboli, i bisogni e gli obiettivi realizzabili.

Il sistema di valutazione e di verifica si prevede a frequenza trimestrale, con la presenza del responsabile del progetto, del tutor, di due componenti l’équipe di accompagnamento, dell’operatore pubblico della mediazione all’inserimento socio/lavorativo, del referente dell’impresa, se trattasi di inserimento lavorativo e, quando le condizioni lo permettono, anche dell’interessato alla verifica, dando valore reale alle sue autovalutazioni.

In questa sede vengono aggiornate le schede, lette le relazioni, consultato il materiale raccolto, visitati i diari, evidenziati i nodi problematici, i progressi conseguiti e gli obiettivi raggiunti. Si decide l’opportunità o meno di continuare il percorso, si formulano gli adattamenti necessari al buon esito del progetto e si verbalizza l’esito della verifica. Il termine del progetto personalizzato non può essere inteso rigidamente, in quanto la data finale è variabile in base agli esiti della verifica.

Per la buona riuscita del percorso di accompagnamento, il tutor dell’Associazione non deve ritenere che sia sufficiente seguire tutte le fasi del percorso e provvedere alla compilazione scrupolosa delle schede di rilevazione. Il successo del percorso di reinserimento sociale non dipende certo da un’attenzione burocratizzata finalizzata alla registrazione asettica di avvenimenti ma dall’attenzione che il tutor ha dedicato all’ascolto, al suo "camminare con" lungo un percorso definito insieme, dalla sua capacità di stabilire una relazione empatica.

Il tutor diventa "compagno di viaggio", non controllore; dà fiducia e richiede l’osservanza delle regole stabilite consensualmente, è rispettoso dei tempi di crescita e di cambiamento di ciascuno.

 

Percorso d’inserimento lavorativo

 

All’interno del quadro complessivo d’intervento, il lavoro, inteso come fattore sociale di formazione, di normalizzazione e d’integrazione, diviene strumento importante per l’azione di reinserimento sociale.

Il progetto individuale evidenzia i criteri per il reinserimento lavorativo sul piano qualitativo, tipologico e metodologico. Nello specifico: le capacità lavorative del soggetto, le esperienze lavorative e formative pregresse, le mansioni che maggiormente rispondono alle abilità dell’utente, l’analisi dell’offerta di lavoro e la ricerca dell’impresa disponibile ed idonea all’inserimento, l’individuazione del referente aziendale, la definizione degli obiettivi e dei tempi, la formulazione dei percorsi formativi, la definizione dello strumento di mediazione all’inserimento lavorativo (stage, tirocinio, borsa lavoro, integrazione salariale, ecc.), la definizione della tipologia e dell’inquadramento contrattuale, i tempi e le modalità di verifica.

Il percorso di inserimento lavorativo prevede l’acquisizione graduale e contemporanea dei tre livelli fondamentali di apprendimento: conoscenze teoriche, pratiche e responsabilizzazione gestionale.

Le fasi del percorso sono così definite:

socializzazione,

entrata e tenuta della dimensione lavorativa globale,

apprendimento dei compiti,

autonomia organizzativa.

 

Azione di sensibilizzazione

 

Con l’azione di sensibilizzazione ci proponiamo di produrre la cultura dell’accoglienza e dell’accettazione delle diversità. La sperimentazione è stata condotta secondo una metodologia attiva e di animazione della comunità.

L’attività di sensibilizzazione ha riguardato, secondo la specificità degli obiettivi che si sono voluti perseguire, due categorie di destinatari: mondo giovanile ed imprenditoriale.

Quest’azione rivolta ai ragazzi delle scuole medie superiori, degli oratori, degli scouts e dei gruppi giovanili ha per obiettivo:

far comprendere che il detenuto possiede risorse di ricostruzione delle propria identità in quanto persona capace di cambiamento;

favorire l’avvicinarsi dei giovani a realtà sconosciute, quale è il carcere, per superare i pregiudizi che creano emarginazione;

sopperire alla cronica mancanza di informazione e correggere quella distorta proveniente da mass media i quali non fanno altro che diffondere interessi morbosi nei confronti di vicende giudiziarie particolari che di ben altri elementi e conoscenze necessitano per essere compresi;

recuperare sinergie sviluppando o potenziando il rispetto verso l’altro, inteso comunque come risorsa della comunità.

Quest’azione rivolta alle associazioni di categoria e sindacali ha per obiettivo:

far comprendere l’importanza del lavoro per la persona detenuta;

fornire informazioni normative in materia di lavoro e di fiscalità inerenti il rapporto di lavoro inframurario ed extramurario;

informare sugli strumenti di mediazione per l’inserimento lavorativo individuando gli enti pubblici competenti;

sottolineare l’importanza di una formazione che consenta l’acquisizione di professionalità specifiche, anche artigianali;

verificare la potenziale offerta di lavoro del mercato;

far conoscere l’imprenditoria sociale e stimolare l’offerta di commesse di lavoro alle organizzazioni non profit.

 

Reti di collegamento

 

Elenchiamo una serie di rapporti e di relazioni che caratterizzano il nostro operare:

Movi, Seac, Caritas Ambrosiana, Scout, Gruppi Parrocchiali, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, coordinamento associazioni di volontariato del Sud-Milano e altre associazioni di volontariato (Sesta Opera, Incontro e Presenza e C.I.A.O.).

Consorzio Nova Spes, Consorzio C.S.C., C.G.M. Consorzio Gino Mattarelli, SIS (Sistema Imprese Sociali), Agenzia di solidarietà per il lavoro, Consorzio Terzo Sistema (Consorzio Cooperative Sociali del Lodigiano e del Sud Milano), Coordinamento delle cooperative sociali di tipo B del Sud Milano, Soligraf cooperativa sociale, Art. 3 Piccola Cooperativa Sociale.

Regione Lombardia, Presidenza della Provincia di Milano, Comune di Milano (Ufficio Formazione lavoro ed Adulti in difficoltà), comuni di Melegnano, S.Donato Mil., S. Giuliano Mil., Lodi, Peschiera B., Cernusco, Rozzano, Opera e Pavia (Assessorati e Servizi Sociali), ASL 1 e 2 e ASL di Lodi (S.i.l. Servizio Inserimenti Lavorativi e Ser.t. Servizio Tossicodipendenze), Direzione Carceraria (Direttori, educatori e specialisti), Tribunale di Sorveglianza di Milano, CSSA (Centro Servizi Sociali Adulti) di Milano, Comitato carcere, lavoro e territorio, Facoltà di Sociologia e di Scienza della Educazione di Milano.

Assolombarda, Associazioni di categoria, Associazioni Sindacali, Sodalitas, Aldac.

 

 

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