Sportello Reggio Emilia

 

Sportello Informativo per detenuti stranieri 

della Casa Circondariale di Reggio Emilia

Comune di Reggio Emilia, Area Servizi alla Persona. Servizi per l’Immigrazione e Pari Opportunità

 

Premessa

Presentazione del progetto

La mediazione culturale

Lo Sportello nel rapporto con gli altri operatori del carcere

Tipologia delle richieste

Grazie per avermi ascoltato!

 

Premessa

di Alfa Strozzi, referente del Progetto per il Comune di Reggio Emilia

 

Lo Sportello Informativo all’interno della Casa Circondariale della nostra città nasce con l’obiettivo di rendere più "accessibile" all’immigrato detenuto la conoscenza dell’Ordinamento Penitenziario e con l’ambizione di favorire la partecipazione di queste persone detenute alle opportunità scolastiche, formative, d’avviamento al lavoro, oltre che ricreative e socializzanti che la struttura carceraria offre. Il tempo della carcerazione può essere un’occasione soprattutto per quelle persone che della nostra lingua, cultura, scuola conoscono ben poco e, in una prospettiva di fine pena, appropriarsi di questi strumenti potrebbe essere anche un modo per non ridelinquere.

Per la maggioranza degli immigrati stranieri provenienti da paesi extra-cee, il fine pena significa l’espulsione dal territorio perché entrati in Italia in modo clandestino. A maggiore ragione, quindi, occorre fare in modo che questo periodo sia anche un momento "formativo" con l’auspicio che strumenti in più siano anche un modo per ricominciare qualcosa di diverso e di positivo dopo il rimpatrio.

Come spesso accade, obiettivi e propositi non sempre si sovrappongono alla realtà, ma operare per modificare positivamente le situazioni è lo scopo del nostro lavoro, con la speranza che il nostro intervento, anche se per piccoli numeri di persone, possa facilitare un nuovo percorso di vita e sfumare gli svantaggi di partenza non sempre determinati dai singoli, ma da condizioni di vita più complesse e sfavorevoli, che li hanno proiettati in una realtà nella quale il loro inserimento è stato fallimentare. Certo per molti è riscontrabile una complessa condizione di disagio iniziale ed è pur vero che lo straniero ha oggettivamente maggiori difficoltà rispetto a:

mancata conoscenza o conoscenza superficiale, se non addirittura falsata" del nostro paese (usi e costumi, leggi, etc.).

difficoltà di relazione e comunicazione.

impossibilità a regolarizzare la permanenza nel territorio attraverso un permesso di soggiorno.

mancanza di rete famigliare di supporto.

da detenuto, difficoltà a beneficiare di misure alternative alla detenzione e/o affidamento.

 

In due anni d’attività lo "Sportello del Comune" si è occupato di queste persone cercando di far muovere in modo sinergico intorno a loro tutti quegli operatori, educatori, volontari che - in modo istituzionale e non - si occupano di loro, allo scopo di trasformare la permanenza in carcere in un’opportunità, senza con ciò mai interferire con la loro posizione giuridica.

Presentazione del progetto

 

Obiettivi e contenuti

 

Il progetto, realizzato in applicazione di quanto stabilito dal Protocollo d’intesa fra il Ministero della Giustizia e la Regione Emilia Romagna, siglato nel marzo 1998 e già sperimentato in altre città della Regione sedi di case circondariali/carcere, si pone i seguenti obiettivi:

realizzare un servizio specifico all’interno della struttura carceraria per favorire la circolazione delle informazioni sulla vita interna, facilitare la comprensione del contesto carcerario, delle regole, dei vincoli e delle opportunità;

promuovere attività ed iniziative finalizzate alla conoscenza e lettura dei bisogni dei detenuti stranieri;

promuovere la partecipazione dei detenuti stranieri all’attività di scolarizzazione e formazione interne all’Istituto di pena, organizzate nell’ambito dei diversificati interventi che vari Enti svolgono presso la Casa Circondariale (Amministrazione Penitenziaria, Amministrazione Provinciale, Amministrazione Comunale, Provveditorato agli Studi);

favorire, attraverso l’attività della mediazione culturale, la facilitazione, la comprensione e l’avvicinamento culturale da parte del detenuto straniero alla propria condizione carceraria e sociale, nonché la decodifica di modelli culturali, di atteggiamenti e comportamenti per agevolare i rapporti fra gli operatori e i detenuti stranieri;

attivare percorsi per il superamento degli svantaggi conseguenti allo status di stranieri (non conoscenza della lingua - mancata conoscenza legislativa - mancanza di appoggi esterni e di una rete familiare e amicale);

svolgere un’azione di orientamento e informazione per i detenuti stranieri in relazione ai diritti di tutela giuridica e fruizione di percorsi alternativi alla detenzione, avvalendosi dell’azione di un operatore addetto all’informazione legale;

supportare i detenuti stranieri nella ricerca delle condizioni idonee (lavoro, documentazione, domicilio, ecc.) per usufruire di permessi, di misure alternative. di accesso al lavoro esterno, in stretta collaborazione con gli educatori interni alle strutture carcerarie e agli operatori del territorio;

collaborare con il Centro Servizio Sociale Adulti del Ministero della Giustizia e il Servizio post-penitenziario dell’Azienda USL di Reggio Emilia per l’individuazione dei percorsi di affidamento, opportunità di inserimento lavorativo e/o abitativo;

per i detenuti clandestini promuovere accertamenti e finalizzati alla regolarizzazione della permanenza a fine favorire al meglio il rientro in Patria;

produrre materiale informativo tradotto in più lingue per orientare i detenuti sulla realtà carceraria e le modalità di accesso ai servizi presenti sul territorio.

 

Organizzazione dello Sportello

 

Orari

 

Lo Sportello svolge la sua attività, all’interno della Casa Circondariale, tre giorni a settimana. Il martedì pomeriggio dalle 16.00 alle 19.00; il mercoledì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00; il venerdì dalle 16.00 alle 19.00.

 

Modalità di accesso

 

Sulla base di elenchi periodici dei nuovi ingressi in Istituto, forniti dall’Ufficio Matricola, i detenuti vengono convocati dalle operatrici per un primo colloquio informativo individuale. Durante tale colloquio vengono forniti chiarimenti in merito all’attività e alla funzione dello Sportello, gli orari e i giorni di apertura, le competenze degli operatori, i casi e i problemi per i quali i detenuti possono rivolgersi allo Sportello e le modalità per poter fruire di ulteriori colloqui.

Per richiedere successivi colloqui, i detenuti stranieri interessati devono, infatti, compilare un’apposita "domandina" la quale, autorizzata dal Direttore, è consegnata alle operatrici. Queste, dopo aver consegnato la richiesta al personale di Polizia Penitenziaria, convocano allo Sportello i detenuti che ne hanno fatto richiesta.

 

Figure professionali

 

Tre sono le figure professionali che operano nello Sportello:

  1. l’operatrice preposta all’informazione sul sistema penitenziario e Renale (la cui presenza è di due pomeriggi settimanali), che si pone l’obiettivo di facilitare la comprensione delle leggi italiane, della posizione giuridica del detenuto, degli atti giudiziari, delle fasi del processo, delle opportunità concesse ai detenuti dalla recente legislazione;

  2. la figura di mediatore culturale di lingua araba (presente due pomeriggi la settimana) opera sia per facilitare il passaggio delle informazioni aiutandone la comprensione, sia per creare una conoscenza interculturale fra operatori coinvolti nel progetto. L’attività di mediazione culturale comprende, inoltre, la traduzione del materiale informativo, la facilitazione dei colloqui su richiesta del detenuto, etc.;

  3. l’operatrice addetta all’informazione sui servizi che operano nel territorio (presente due giorni la settimana) possiede ampia conoscenza delle modalità di accesso ai servizi pubblici e del privato sociale che erogano prestazioni a favore degli immigrati. Il suo ruolo è principalmente quello di agevolare la conoscenza del detenuto sul contesto sociale nel quale si trova e a quali servizi potrà fare riferimento qualora, al termine della pena, permanga nel territorio comunale.

La mediazione culturale

di Achiri Amina

 

Visto l’elevato numero di detenuti magrebini, all’interno della struttura (circa il 50% della popolazione straniera detenuta), la presenza di un mediatore culturale di lingua araba si rivela irrinunciabile per un progetto che voglia davvero essere di sostegno per i detenuti stranieri. 

All’interno dello Sportello il mediatore si pone, innanzitutto, come "interprete linguistico" fra il detenuto e gli altri due operatori, l’esperta dell’ordinamento penitenziario e l’esperta sui servizi del territorio.

Oltre interprete linguistico, il mediatore deve svolgere un compito di "interprete culturale". La conoscenza della cultura, delle abitudini e delle condizioni di vita della terra d’origine facilita il passaggio di informazioni relative alla cultura. alle abitudini e alle condizioni dello stato italiano. L’appartenenza del mediatore allo stesso paese dei detenuti permette di comprendere al meglio i loro complessi vissuti di immigrati. 

Oltre a ciò il rapporto di fiducia che il detenuto riesce ad instaurare nei confronti di chi ha la sua stessa provenienza, diviene un "facilitatore" per l’instaurarsi di simili relazioni con gli altri operatori dello Sportello.

Tra i compiti del mediatore c’è anche quello di diventare una sorta di collegamento col mondo arabo esterno: ogni qual volta le richieste dei detenuti presuppongono l’intervento di persone esterne al carcere (recupero di documenti custoditi all’esterno, richiesta di indumenti, testi per le preghiere, etc.) il mediatore contatta e attiva dei volontari e gli operatori del Centro Islamico di Reggio o di altre Associazioni del territorio.

Il più delle volte, poi, il lavoro del mediatore è semplicemente quello di ascoltare gli utenti, di rispondere, cioè, a quel bisogno - a volte espresso esplicitamente a volte velato - di sentirsi ascoltati, compresi, considerati con dignità. Negli ultimi mesi si è potuto apprezzare un moltiplicarsi di occasioni in cui anche altri operatori della struttura penitenziaria hanno richiesto l’intervento del mediatore. 

Si va per esempio dalla richiesta d’aiuto, proveniente dall’area sanitaria, nel far comprendere ad un paziente diabetico l’incompatibilità tra le esigenze della malattia e quelle del Ramadan, a quella di spiegare ad un detenuto marocchino l’iter per spedire o ricevere vaglia postali.

Il mediatore incorre anche in una serie di difficoltà: non è facile, per esempio, dare informazioni negative al detenuto, in particolare sulla prospettiva di essere rimpatriato dopo la scarcerazione, perché clandestino. Questo significa, infatti, annullare i suoi desideri, azzerare i suoi progetti relativi ad una casa e ad un lavoro futuri. Inoltre capita a volte che il mediatore sia ritenuto, quasi automaticamente, un amico, perché della medesima terra d’origine: ciò induce il detenuto a richiedere al mediatore un qualcosa in più. 

Vengono, cioè, richiesti direttamente al mediatore dei "favori", come telefonare alla famiglia, rintracciare un familiare, invitare l’eventuale querelante a ritirare la querela. Queste richieste, tuttavia, non hanno comportato particolari tensioni, né situazioni a rischio, anche perché il mediatore precisa ad ogni detenuto le proprie competenze e l’impossibilità di comportarsi al di fuori delle regole stabilite.

Lo Sportello nei rapporti con gli altri operatori del carcere

 

Premessa

 

È doveroso sottolineare che lo Sportello Informativo ha trovato nella Direzione della Casa Circondariale di Reggio Emilia un valido sostegno in ogni fase del progetto. In questi due anni di attività, infatti, ciò che è cresciuto progressivamente - soprattutto grazie alla disponibilità e alla continua mediazione del Direttore stesso - sono state le relazioni sempre più frequenti con gli altri operatori della struttura. Lo stretto contatto tra lo Sportello e l’area Educativa, in particolare, ha permesso di rispondere in maniera sempre più adeguata alle richieste degli utenti. Grazie a questi iniziali legami, se ne sono - col passare del tempo - creati altri che hanno contribuito a rafforzare l’identità dello Sportello all’interno della Casa Circondariale; ci riferiamo ai rapporti con il personale di Polizia Penitenziaria, con l’Ufficio Matricola, con i sanitari, con gli insegnanti. 

Lo Sportello, dopo due anni dall’avvio della sperimentazione del progetto, è oggi riconosciuto come risorsa dalla maggior parte degli operatori della Casa Circondariale. Diversi rappresentanti delle differenti aree hanno accettato di raccontare, in maniera sintetica, il loro punto di vista sull’attività dello Sportello. Il materiale che ne è emerso può fornire una visione di insieme sul lavoro svolto in questi anni.

 

Istituzione e organizzazione dello Sportello

Domenico Patete, Direttore della Casa Circondariale di Reggia Emilia

 

La Regione Emilia Romagna, d’intesa con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per l’Emilia Romagna, ha organizzato, avvalendosi dei Comuni sedi d’Istituti Penitenziari, sulla base delle indicazioni fornite dalle Direzioni degli Istituti, uno "Sportello Informativo per Detenute e Detenuti Stranieri": nell’ambito del "Protocollo d’intesa" tra il Ministero della Giustizia e la stessa Regione. La Direzione della Casa Circondariale di Reggo Emilia, come tutti gli altri Istituti, ha messo a disposizione un locale per le attività dello Sportello.

È stato necessario organizzare e disciplinare il modo d’accesso da parte dei detenuti stranieri al nuovo servizio, facilitare il rapporto con gli operatori dello Sportello, superando le resistenze del personale dell’Amministrazione, in particolare quello appartenente alla Polizia Penitenziaria.

Il carcere "deve" aprirsi al sociale, anche se a molti non piace, perché dà lavoro "in più" e può incidere sulla sicurezza, perché l’espiazione della pena detentiva deve "tendere" alla rieducazione e nessuno può onestamente pensare ad un risultato del genere se le prigioni rimanessero isolate ed impermeabili alla società che le circonda. 

Il carcere non è più una fortezza, né può divenire una confortevole e temporanea dimora, ma qualcosa di più, specialmente per coloro che sono condannati definitivi. È stato molto importante, al riguardo, l’intensa e continua collaborazione tra la Direzione della Casa Circondariale ed il Comune di Reggio Emilia ed in particolare con l’Assessorato ai Servizi e Opportunità, per definire ed attivare specifiche modalità di qualificazione e d’aggiornamento degli operatori dello Sportello. 

È stato organizzato un corso di formazione specifico per gli operatori dello Sportello, al fine di fornire un’idea della vastità dei problemi e delle difficoltà che ogni giorno si devono affrontare in un sistema "carcerario". 

Importante è stato fare conoscere le norme inerenti al regime propriamente penitenziario, il regolamento interno, le circolari ministeriali e gli ordini di servizio che regolano la vita all’interno dell’Istituto. Se si vuole conoscere più a fondo il carcere ed i suoi problemi, è necessario diventare esperti di decreti ministeriali, di circolari ministeriali e di ordini di servizio.

La vita "dentro" i penitenziari ed i suoi tempi è segnata dal ritmo di tali documenti, i quali sono spesso sottovalutati nel mondo dei giuristi e della comunità esterna. È stato necessario, da parte della Direzione, promuovere e svolgere un’attività d’integrazione e di collaborazione tra gli operatori dello "Sportello" e gli interventi degli operatori professionali e di volontariato già operanti nella struttura penitenziaria.

Il colloquio degli operatori dello Sportello è stato affiancato a quello svolto dagli altri operatori penitenziari al momento dell’ingresso di un detenuto, per informarlo delle disposizioni generali e particolari attinenti ai loro diritti e doveri, alla disciplina ed al trattamento.

Il Direttore ha seguito personalmente l’organizzazione dello Sportello, per realizzare un incisivo coordinamento generale ed un armonico adeguamento dell’attività informativa alle esigenze proprie dell’Istituto Penitenziario, condizione indispensabile per assicurare efficacia all’azione dello stesso.

Si è reso indispensabile integrare e coordinare l’attività dello Sportello, con le varie "aree" dell’Istituto, in particolare con quella di Sicurezza, dove opera la maggior parte della Polizia Penitenziaria, e l’Area Educativa – Trattamentale, dove operano tutti gli altri operatori del trattamento. Era importante creare una rete di comunicazione tra gli operatori dello Sportello e gli altri operatori Penitenziari.

È stato inoltre di fondamentale importanza instaurare una buona e proficua collaborazione tra gli operatori penitenziari (Polizia Penitenziaria) dell’Ufficio Matricola e quelli dello Sportello e questo è stato possibile grazie alla disponibilità ed all’impegno del coordinatore dell’Unità Operativa. Sono stati infatti organizzati diversi incontri tra gli operatori Penitenziari e quelli dello Sportello.

Sono state promosse attività ed iniziative finalizzate alla conoscenza e lettura dei bisogni dei detenuti stranieri. La "mediazione culturale" ha facilitato la comprensione e l’avvicinamento culturale da parte del detenuto straniero alla propria condizione carceraria e sociale. Sono stati attivati tutti i percorsi per il superamento degli svantaggi conseguenti allo "status" di straniero.

È stata realizzata, a cura del Direttore della Casa Circondariale e di un’operatrice dello Sportello, una "guida informativa" sulle notizie penitenziarie, processuali e sull’immigrazione, per tutti i detenuti, tradotta in lingua araba dalla mediatrice culturale.

 

Lo Sportello e la Polizia Penitenziaria

Ispettore Capo M. Corrado, Comandante di Reparto nella Casa Circondariale di RE

 

Se è vero e innegabile che viviamo in una società multietnica, è altrettanto ovvio che anche la popolazione detenuta sia sempre più caratterizzata da queste multietnicità e multiculturalità. Personalmente ritengo che sia doveroso da parte dell’Amministrazione Penitenziaria, ma anche di ogni singolo individuo che vi operi, prendere atto di questo cambiamento nella popolazione detenuta, comprendere i nuovi problemi e i nuovi bisogni e farvi fronte.

Dal punto di vista dei diritti e del trattamento non devono esistere differenze tra i detenuti italiani e quelli stranieri, ma dal punto di vista dei bisogni e delle difficoltà è fuor di dubbio che siano maggiori per i detenuti stranieri: al di là dei problemi linguistici, in genere gli immigrati sono privi di una rete familiare esterna, quindi difficilmente usufruiscono di colloqui con esterni. Da questa ottica lo Sportello informativo per detenute e detenuti stranieri è una vera e propria risorsa, di cui questa Casa Circondariale si avvale da oltre due anni.

La presenza della mediatrice araba, in particolare, risolve molti dei problemi legati alla lingua: la situazione di recluso è già di per sé molto difficile, il non capire esattamente cosa stia succedendo o cosa succederà complica di molto le cose. 

Oltre a questa funzione di traduzione e assistenza nella risoluzione di problemi quali compilare domandine, scrivere al proprio avvocato, iscriversi a corsi interni, etc., lo Sportello ne svolge un’altra che potremmo definire di ascolto: il detenuto che parla con le operatrici dell’ufficio per gli stranieri spesso lo fa per un desiderio di essere ascoltato da una figura esterna all’Istituzione carceraria. Le operatrici, pur operando all’interno della struttura, sono viste come persone esterne, il dialogare con loro può essere visto come un’opportunità sostitutiva ai colloqui con i familiari (di cui spesso non possono usufruire). 

Da questo punto di vista lo Sportello diventa una grossa risorsa anche per il Personale di Polizia Penitenziaria: il detenuto straniero che ritorna in cella dopo un colloquio con le operatrici dello Sportello è sicuramente più tranquillo, più disteso, più calmo. Così diminuisce la possibilità che esso crei problemi all’interno della sezione e si creano i presupposti purché la pena sia davvero rieducativa. Vorrei concludere ribadendo l’importanza dello Sportello e auspicando che questo servizio possa continuare in futuro, potenziandosi e intensificando sempre più le interazioni con l’intero corpo di Polizia Penitenziaria.

 

Lo Sportello e l’Ufficio Matricola

Ispettore Capo C. Graziosi, Responsabile dell’Ufficio Matricola

 

Fin dal momento dell’istituzione dello Sportello all’interno della Casa Circondariale di RE, l’Ufficio Matricola ha svolto un’attività di supporto e collaborazione con le sue Operatrici al fine di rispondere al meglio alle esigenze degli utenti.

Nella fase iniziale del progetto, l’Ufficio si è, infatti, preoccupato di fornire allo Sportello una serie di moduli prestampati attraverso i quali i detenuti possono inoltrare le loro richieste alla Direzione: è necessario compilare una "domandina" per telefonare, per effettuare colloqui, per iscriversi ai corsi scolastici o di formazione, per avere accesso al lavoro interno. Inoltre è nostro compito fornire, periodicamente, elenchi aggiornati dei nuovi ingressi in Istituto in modo che le operatrici possano chiamare i nuovi giunti per un primo contatto/accoglienza.

La nostra funzione è anche quella di sostenere e fornire assistenza alle operatrici nella risoluzione di quei problemi che implicano interventi di tipo burocratico: reperire nei fascicoli dei singoli detenuti informazioni in merito a posizione giuridica, date di udienze e processi, estremi degli avvocati difensori, sentenze provvisorie e definitive di condanna. 

L’Ufficio Matricola ha da sempre accolto positivamente le richieste dello Sportello, in quanto ritiene che sia stata un’importantissima innovazione a favore della popolazione detenuta straniera e, di riflesso, di tutta la Struttura Penitenziaria.

A fronte di una normativa penitenziaria che si occupa marginalmente delle problematiche legate al trattamento degli stranieri, l’apertura dello sportello ha rappresentato un fondamentale passo avanti in questa direzione.

È significativo il rapporto di fiducia che i detenuti hanno instaurato con le operatrici stesse dello Sportello: più di una volta è capitato, infatti, che prima di inoltrare determinate richieste, chiedono di poter consultare lo Sportello. In particolare gli immigrati arabi, vedono nella mediatrice una figura in grado di comprendere i loro bisogni, in quanto proveniente da uno stesso retroterra culturale. Come responsabile dell’Ufficio Matricola mi auguro che l’esperienza dello Sportello possa crescere sempre più e diventare un forte punto di riferimento all’interno della struttura Penitenziaria.

 

Lo Sportello e l’area educativa

Dario Aureli e Marika Gambera, educatori della Casa Circondariale di RE

 

Da due anni in questo carcere, grazie ad un progetto della Regione Emilia Romagna, realizzato dal Comune di Reggio Emilia, è stato aperto lo Sportello informativo per i detenuti stranieri. Danno vita a questo Sportello (in una bella stanza, che prende luce da un ampio finestrone, collocata strategicamente all’interno dell’Istituto, vicino alla portineria interna) tre operatrici preparate e ben motivate, presenti per 12 ore la settimana nei giorni di martedì, mercoledì e venerdì.

L’ambiente è accogliente e confortevole, ben arredato e con quadri sulle alte pareti; vi è una postazione di personal computer, una scaffalatura con moltissime copie della "Guida in lingua italiana ed araba" realizzata dal Comune di Reggio Emilia, alla cui redazione hanno attivamente partecipato il Direttore e le operatrici, con l’ausilio volontario di un detenuto; estratti dell’Ordinamento penitenziario e del Regolamento di esecuzione in italiano ed in tante altre lingue. Vi è poi molta documentazione, utile per gli stranieri ed anche per gli italiani ristretti in questo istituto. Dopo due anni di intensa attività (687 colloqui, effettuati dal 17 luglio 2000 al 31 marzo 2002), la presenza degli operatori dello Sportello è divenuta parte integrante di questo Istituto e, pensiamo, oramai non più rinunciabile. Moltissimi problemi che prima venivano posti agli educatori e che venivano risolti purtroppo solo in pochi casi, visto il ridottissimo numero di educatori e la complessità di tante problematiche esposte, adesso trovano nelle operatrici dello Sportello, impegnate esclusivamente in questo servizio, delle interlocutrici valide ed attente. 

Basta guardare la tabella delle tipologie delle richieste avanzate dai detenuti dal 17 luglio 2000 al 31 luglio 2002 per accorgersi dell’eterogeneità delle istanze avanzate: da richieste estremamente complesse, per la molteplicità degli Enti coinvolti, quali quelle riguardanti il permesso di soggiorno, ovvero il mantenimento dei rapporti con figli minori all’estero, o in Italia sotto la tutela dei tribunali per minorenni, fino a questioni molto semplici, come un aiuto per compilare una richiesta per poter parlare con un assistente sociale. 

L’attività dello Sportello si è sempre più integrata con il lavoro di noi educatori. Lo scambio e il confronto avviene attraverso un’ampia collaborazione. Le operatrici ci segnalano casi che necessitano di un intervento immediato; ci prospettano situazioni per cui diamo indicazioni e suggerimenti; ci chiedono chiarimenti; sono una significativa fonte di informazioni e di conoscenza rispetto alle diverse modalità di approccio del detenuto con le differenti figure istituzionali.

Succede anche che siamo noi educatori a segnalare un caso che necessita di un intervento specifico, o di particolari informazioni in vista di prossime dimissioni. Collaborazione e disponibilità sono modalità operative che accompagnano questo interscambio e rendono efficaci gli interventi.

Un cenno pensiamo debba essere fatto rispetto alla presenza della mediatrice culturale, che risulta sempre più importante e significativa. In questo ultimo periodo abbiamo notato che i detenuti stranieri hanno un atteggiamento di maggiore accettazione ed osservanza delle regole che disciplinano la vita del carcere.

Colluttazioni, risse, comportamenti di sopraffazione sono percentualmente diminuiti, così come gli atti di autolesionismo. Forse non è tutto merito della mediazione culturale, ma a nostro parere questo cambiamento merita una riflessione. In definitiva, una struttura come lo Sportello deve divenire una presenza irrinunciabile all’interno di tutti gli Istituti penitenziari, al fine di dare completa attuazione a quanto disposto dalla Costituzione ed esplicato con l’art. 1 dell’Ordinamento penitenziario.

 

Lo Sportello e l’istruzione

Prof.ssa Paola Palmiero, docente-coordinatore di scuola media della Casa Circondariale di RE

 

Gli insegnanti che operano in carcere hanno visto negli ultimi anni un numero sempre crescente di detenuti stranieri frequentare i corsi scolastici, soprattutto quelli di scuola elementare e di scuola media. Ciò è dovuto sia al proporzionale aumento degli stranieri sul totale della popolazione detenuta, sia (e principalmente) all’esigenza che questi hanno di imparare e migliorare l’uso della lingua italiana. Il fatto che i detenuti frequentino la scuola quotidianamente e che gli insegnanti siano tra le poche figure esterne con le quali è loro consentito relazionarsi, fa sì che si instauri un rapporto che va al di là del normale scambio docente/discente. 

Questo fatto se da un lato è positivo, in quanto contribuisce a creare all’interno della classe un clima sereno e amichevole, indispensabile presupposto all’efficacia dell’azione educativa e formativa, dall’altro rischia di dare ai docenti un ruolo che a loro non compete. Le domande che spesso gli studenti stranieri rivolgono esulano dalle competenze e dalle pertinenze degli insegnanti, i quali hanno trovato negli operatori dello "Sportello" un valido supporto. D’altra parte i suddetti operatori hanno spesso indirizzato ai corsi scolastici i detenuti stranieri, che hanno poi tratto beneficio dalla frequenza degli stessi, al fine del trattamento rieducativo.

Ritengo che la collaborazione tra coloro che operano nei vari ambiti dell’area trattamentale all’interno della struttura carceraria sia indispensabile affinché le opportunità che vengono offerte ai detenuti abbiano, effettivamente, quella valenza rieducativa necessaria al loro futuro reinserimento sociale.

 

Lo Sportello e l’Area Sanitaria

Dott.ssa Chiara Lunazzi, Medico del Presidio Tossicodipendenze della Casa Circondariale di RE

 

La Casa Circondariale di Reggio Emilia al 30.06.2002 ospitava 229 detenuti, di cui 85 tossicodipendenti e circa 1/5 extracomunitari (la maggior parte d’origine nordafricana e di religione islamica), per lo più senza permesso di soggiorno. Di questi circa una trentina presenta problemi correlati alla tossicodipendenza.

In carcere, la tossicodipendenza, così come il vissuto di malattia, si manifesta in modo diverso rispetto al comune quadro clinico a cui il medico è abituato, rendendo non semplice la comunicazione con il paziente e la conseguente comprensione ed adesione allo schema terapeutico. Tra i detenuti, molto frequenti sono alcune tipologie infettive ormai poco diffuse o addirittura rare in altre fasce della popolazione (echinococcosi, quadri conclamati di scabbia, malattie veneree, infezioni da microbatteri tipici ed atipici) così come manifestazioni di conversione conclamata, anche in soggetti di sesso maschile.

La creazione ed il buon funzionamento dello Sportello Immigrati, che si presenta come una realtà viva e funzionante, ci ha permesso un migliore approccio con il paziente straniero, che dimostra maggiore fiducia nelle figure professionali dell’area sanitaria (medici, infermieri agenti). 

Nei casi di più difficile gestione (alcuni pazienti provenienti dall’Africa centrale e di religione animista), nei quali la diagnosi differenziale, tra disagio psichico ed espressione di retaggi culturali e religiosi, era difficilissima, ci siamo potuti avvalere di una mediazione, resa possibile dagli operatori dello Sportello con superamento delle difficoltà di gestione e completa chiarificazione del quadro.

Negli ultimi due anni, grazie alla creazione dello sportello stranieri, oltre che a un incremento dell’entrata di altre figure professionali, volontari, creazione di corsi interni, maggior capacità di relazione tra i vari operatori sanitari e non, operanti nella Casa Circondariale, si è assistito ad una diminuzione relativa alle manifestazioni fisiche di disagio psicologico e sociale. Infatti nel primo semestre 2001, con popolazione detenuta di 92 oggetti stranieri, si contavano 6 atti di autolesionismo e 1 tentativo di suicidio; nel primo semestre 2002, con 115 detenuti stranieri, nessun tentativo di suicidio e solo 9 lievi episodi di autolesionismo, segni questi inequivocabili di migliore vivibilità e di attenuazione delle tensioni adattive e psichiche. 

La creazione di una rete, con grande capacità di osmosi e di passaggio rapido e puntuale delle informazioni, che si è potuta verificare anche grazie agli operatori suddetti, ha reso la realtà della Casa Circondariale di Reggio sicuramente migliore, non solo per i fruitori del servizio, ma anche per gli operatori.

Tipologia delle richieste

 

Quantificazione e ambiti tematici delle richieste (luglio 2000 - marzo 2002)

 

I colloqui effettuati nel periodo considerato riguardano diversi ambiti tematici.

 

Permessi di soggiorno

 

Senza dubbio la richiesta più frequente ha riguardato le problematiche relative ai permessi di soggiorno. Per poter dare risposte adeguate a questo tipo di problema è stato organizzato dalla direzione della Casa Circondariale un primo incontro con il Dirigente dell’Ufficio Stranieri della Questura di Reggia Emilia, in data 27.09.2000. Dall’incontro sono emerse la procedura da seguire, le possibilità di rilascio dei permessi, le richieste da tenere in considerazione e quelle invece da scartare o rimandare nel tempo. Attualmente, la Questura di Reggio Emilia sta esaminando diversi casi trasmessi dallo Sportello.

 

Informazioni legali

 

Molte sono state le richieste d’informazione sulle possibilità di accesso alle misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà, detenzione domiciliare, etc.), sulla legge 40/98 e sul relativo regolamento di esecuzione, sulle modifiche apportate alla stessa dalla nuova legge 158/2002, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di ottenere l’espulsione come misura alternativa alla detenzione o prima della fine della stessa.

Molte anche le richieste d’informazioni sulle leggi italiane che regolano il matrimonio e la separazione, sul processo penale e le sue fasi, sui termini di durata della custodia cautelare e sui presupposti della stessa, sulle modalità per ottenere gli assegni di disoccupazione, sul dissequestro di autoveicoli e altri oggetti.

 

Vita interna

 

Altri detenuti sono stati aiutati nella compilazione di domandine di vario tipo, ad esempio per poter frequentare corsi scolastici all’interno dell’Istituto, per poter fruire di colloqui o telefonate, per acquistare beni di consumo di vario genere, per ottenere dalla Direzione un piccolo aiuto economico, per far fronte alle esigenze di vita quotidiana, per lavorare all’interno della Casa Circondariale, etc.

 

Lavoro

 

Molti detenuti stranieri hanno lamentato una presunta discriminazione, nell’assegnazione al lavoro, rispetto ai detenuti italiani. Sono stati, pertanto, illustrati i criteri di assegnazione al lavoro, nonché le graduatorie che periodicamente vengono redatte da un’apposita commissione e affisse nei locali dell’Istituto e i punteggi che vengono attribuiti.

 

Informazioni sui servizi del territorio

 

Diverse richieste si sono incentrate sui servizi del territorio comunale e, più precisamente, sulle possibilità di ottenere una casa dell’Edilizia Residenziale Pubblica (E.R.P.), sull’esistenza di strutture in grado di accogliere detenuti ai quali siano concessi gli arresti domiciliari, o sulle possibilità di ottenere un lavoro in caso di concessione di semilibertà o arresti domiciliari. Ci sono, inoltre, state rivolte richieste d’aiuto per le famiglie, soprattutto se con figli minorenni, richieste di assistenza nel contattare gli assistenti sociali e richieste di informazioni sui servizi comunali che offrono opportunità e sostegno alle famiglie straniere.

 

Richieste varie

 

Quest’ambito comprende varie tipologie di richieste, che spaziano dalla richiesta d’aiuto nello scrivere ad avvocati, consolati, parrocchie, datori di lavoro, associazioni di stranieri o di volontariato, al reperimento dei documenti necessari per contrarre matrimonio in carcere, o di documenti utili in vista del processo.

 

Tipologia delle richieste dal 17 luglio 2000 al 31 marzo 2002

 

 

 

Oggetto richieste

Richieste dal 17.07.00 al 31.12.00

Richieste dal 01.01.01 al 31.12.01

Richieste dal 01.01.02 al 31.07.02

 

 

Totale

Richiesta d’informazioni e assistenza circa le pratiche di richiesta/rinnovo del permesso di soggiorno

36

24

4

64

Richieste d’informazioni su leggi, benefici, misure alternative, etc.

9

15

12

36

Richiesta d’informazioni sul lavoro in istituto e d’aiuto nella compilazione della domandina per lavorare

9

10

10

29

Richiesta d’informazioni circa la legge sull’espulsione

15

8

4

27

Richieste d’indirizzi e d’assistenza nello scrivere lettere (ad Ambasciate, Consolati, Avvocati...)

 

10

14

24

Richiesta d’assistenza nella compilazione di domandine per telefonare

6

10

 

16

Richiesta d’assistenza economica o di vestiario

7

5

4

16

Richieste d’assistenza su questioni fiscali (stipendi arretrati, assegni di disoccupazione, etc.)

1

9

5

15

Richiesta d’informazioni su edilizia pubblica o privata e sui centri d’accoglienza presenti sul territorio

 

5

 

6

 

3

 

14

Richiesta d’assistenza nella ricerca di un lavoro esterno una volta terminata la pena

4

3

7

14

Richiesta d’assistenza nell’ottenere l’autorizzazione a colloqui interni

5

4

4

13

Segnalazione di nucleo familiare in difficoltà

 

5

2

7

Richiesta d’aiuto nel recuperare i propri documenti custoditi all’esterno

 

 

7

7

Richiesta d’informazioni sui corsi scolastici interni e d’aiuto nella compilazione della domandina per frequentarli

1

4

1

6

Richiesta d’aiuto nel mantenere relazioni coi figli minori 

1

3

2

6

Richiesta d’aiuto per recuperare beni dissequestrati (auto, documenti, etc.) 

1

4

 

5

Richiesta d’informazioni su come nominare Avvocati 

2

2

1

5

Richiesta d’informazioni sulla possibilità d’iscriversi all’Università 

2

1

2

5

Richiesta d’informazioni sui documenti necessari al matrimonio in istituto 

1

1

3

5

Richiesta d’informazioni sui corsi interni e assistenza nella compilazione delle domandine per frequentarli (restauro, teatro, musica, etc.) 

1

2

 

 

1

4

Problemi di salute 

2

1

1

4

Richiesta d’aiuto nel trasferimento di oggetti, documenti, denaro, da altre Case Circondariali 

 

3

1

4

Richiesta d’informazioni sul Centro informazione immigrati, del Comune di RE 

 

2

2

4

Richiesta di libri, stradali, etc. 

1

1

1

3

Richiesta d’aiuto su come trasferire denaro da conti correnti esterni al carcere 

 

1

2

3

Richiesta d’assistenza nella compilazione di domandine per parlare con il CSSA o altri assistenti sociali 

 

1

2

3

Richiesta d’assistenza nel denunciare lo smarrimento di documenti 

2

 

2

 

Richiesta della carta delle preghiere per il Ramadan 

 

1

 

1

Grazie per avermi ascoltato!

 

Accanto alla funzione prettamente informativa e di supporto dello Sportello, come risulta dal capitolo precedente, ne è emersa, in questi due anni di attività, un’altra, che in fase di progettazione non era stata debitamente presa in considerazione.

Quando infatti gli incontri con i singoli detenuti sono diventati più frequenti, e la relazione di fiducia nei confronti degli operatori è divenuta più significativa, la funzione di ascolto ha acquisito notevole rilievo. Molto spesso ci è capitato di incontrare utenti che si rivolgevano allo Sportello non per reali esigenze di informazioni, ma più per la voglia di raccontare esperienze e vissuti, che difficilmente trovano uno spazio adeguato alla loro esternazione in un contesto come quello carcerario. 

L’alto contenuto emotivo di questi colloqui, che in alcuni casi sono stati estremamente toccanti, sia per i narratori che per noi operatori, ha portato gli stessi detenuti a riconoscere la funzione anche "psicologica" del colloquio: di frequente ci siamo trovati in presenza di utenti che si sono congedati con un sincero e assai gratificante "grazie per avermi ascoltato!".

Con il consenso di alcuni detenuti e a conferma di quanto detto, abbiamo potuto raccogliere delle testimonianze che ci sono parse significative. Ci auguriamo che le seguenti storie possano indurre il lettore ad un, seppur minimo, mutamento di prospettiva nei confronti di quella che è l’immagine - forse un po’ stereotipata - del detenuto straniero.

  

Arrivare in Italia

 

Io sono nata in Colombia. Non ho mai conosciuto i miei genitori, ma allo stesso tempo ho avuto la fortuna di essere accudita e cresciuta da una donna meravigliosa, che amo molto e per la quale darei tutto. Nonostante le difficoltà economiche ha saputo gestire la mia educazione e la mia vita, venendo incontro alle mie esigenze, anche scolastiche: è grazie a lei che ho potuto studiare.

Nel mio paese ci sono molti problemi, ma i più gravi sono la disoccupazione, la delinquenza e la guerriglia. Sono venuta in Italia dopo aver conosciuto quello che poi sarebbe diventato il mio ex marito. A dire il vero, non avevo mai pensato di lasciare il mio paese, ma non mi pento di averlo fatto. Ho potuto imparare molte cose, e nonostante io stia affrontando quest’esperienza così dura e difficile, reputo l’Italia un paese bellissimo. Il viaggio verso l’Italia è stato entusiasmante e non lo dimenticherò mai: non avevo mai volato prima di allora! Ero così emozionata! Una volta arrivata a Milano mi sono trovata subito a mio agio, anche se non posso nascondere di aver provato (e di provare ancora) una forte nostalgia per il mio paese e la mia famiglia.

 

Avevo 17 anni quando sono sbarcato a Lampedusa, era notte, eravamo quasi una quarantina di persone tra adulti e ragazzi, siamo scesi dalla barca e ognuno ha intrapreso il suo cammino: così inizia la mia vita in Italia. Sono stati giorni molto duri: non conoscevo la lingua, non avevo soldi, e l’unica possibilità era quella di contattare alcuni "amici" che vivevano a Modena.

Mi hanno ospitato e mi hanno anche fatto capire come guadagnare un po’ soldi: il mio unico obiettivo, quello per cui avevo lasciato il mio paese! È così ho iniziato a spacciare droga, l’unica cosa che mi avevano insegnato.

All’inizio sembrava che le cose andassero per il verso giusto, ma non era tutto come pensavo. Dopo poco sono stato arrestato e condannato a 5 mesi di reclusione: un’esperienza terribile. Ma nonostante questo, una volta uscito, ho ripreso il mio "lavoro", avevo bisogno di soldi, ancora più di prima. Finalmente però, dopo altre esperienze negative, ho conosciuto una ragazza che ha cambiato la mia vita in positivo: ci siamo innamorati, sposati, e aspettavamo anche una bambina!

Pochi giorni prima della nascita, però, quello che ritenevo un amico mi ha accusato di avergli venduto della droga, così sono stato di nuovo arrestato e, questa volta, condannato a 4 anni di reclusione, che attualmente sto scontando. E, come se non bastasse, a un mese dalla nascita la nostra bambina è morta, mentre io mi trovavo in carcere.

Oggi sono convinto che quest’esperienza mi sia servita molto, soprattutto a conoscere me stesso e a credere nelle mie possibilità. Ho capito che quello che avevo fatto era grave per me e per la società in cui vivevo. In carcere ho frequentato i corsi scolastici, e ho iniziato a lavorare: tutte cose che credo mi aiuteranno in futuro. Quello che mi auguro è di uscire al più presto, per recuperare la mia libertà e poter vivere con mia moglie, come tutte le persone normali. Cercherò di trovare subito un lavoro e di rifarmi una famiglia, assumendomene ogni responsabilità, fiducioso che con l’aiuto di Dio non commetterò altri errori e che dimenticherò la vita di un tempo.

 

La vita nel mio paese è molto diversa de come potete immaginare: non è soltanto guerriglia, droga, delinquenza. Il mio paese è un paese bellissimo, pieno di gente con un gran cuore e sempre disponibile verso gli altri. La mia è una famiglia piccola: quando mio padre è morto (una morte violenta, per motivi di droga) io ero ancora un ragazzo, mia madre non ha retto la situazione ed è fuggita in Italia, così io ho cominciato a vivere da solo, da quando avevo 16 anni, e ho vissuto poco con i miei famigliari, sono stato molto indipendente.

Rimanere in Colombia avrebbe significato entrare nel mondo della droga (la maggior parte delle persone là vive di questo), così decisi di raggiungere l’Europa, prima la Francia, poi l’Italia. Sono venuto per la prima volta in Italia quando avevo 17 anni. Vedevo l’Italia come un paese tranquillo, e libero in molti aspetti. In Colombia, invece, il problema più grave, secondo il mio parere, era la mancanza di lavoro: le persone che hanno un lavoro prendono degli stipendi molti bassi, allora pensate a quelli che non hanno un lavoro, come fanno a vivere! Vivono di qualsiasi espediente, per sostenere la loro famiglia, facendo qualsiasi cosa, così è sempre più facile che si debba delinquere per poter vivere. Insomma, è la mancanza di lavoro che fa avere sempre più delinquenza da parte delle persone più bisognose, e questo è un grave problema!

Appena arrivato in Italia, mi sono sistemato in una piccola città, priva d’opportunità di lavoro per un immigrato; dopo un paio di mesi mi sono trasferito a Firenze, dove studiavo la lingua italiana e lavoravo in un internet - point. In seguito ho studiato informatica grafica all’università, e lavoravo per una compagnia aerea, come operatore grafico e creatore di siti web. Sempre mi sono trovato a mio agio e specialmente pieno di tranquillità; purtroppo però ho conosciuto delle persone che con l’inganno mi hanno fatto arrivare qui, in questa situazione triste e brutta della mia vita.

 

La mia storia in Italia inizia con un viaggio in barca, pagato circa 500.000 lire, con tanti progetti e sogni che credevo si potessero realizzare in fretta. Avevo saputo che in Italia c’erano buone probabilità di trovare lavoro e quindi di poter mettere da parte ciò che mi serviva per realizzare i miei progetti: una casa tutta mia, un’attività che mi desse l’opportunità di vivere serenamente e magari fare dei progressi. Nel mio paese non c’è lavoro e, anche se si lavora, non ci sono possibilità di fare progressi: le paghe sono basse e le tasse alte, manca la libertà personale e le leggi sono troppo severe ed ingiuste. Ma torniamo al viaggio: dopo parecchie ore e tanta paura di non farcela, riusciamo finalmente ad arrivare in Italia, esattamente a Lampedusa, dove troviamo Guardia di Finanza e Carabinieri.

Questi ci portano ad Agrigento: qui ci chiedono alcune generalità, ci danno da mangiare e il posto dove poter dormire per una notte. Io penso: "Ecco! Finalmente sono arrivato in Italia!". Ma penso anche a ciò che ho lasciato nel mio paese: penso a mia madre e a tutti i suoi problemi, penso ai miei due fratelli (ma sono più tranquillo, perché so che loro hanno la testa sulle spalle), penso a mio zio, che per noi è stato come un padre, essendo i miei genitori separati.

Dopo una notte passata quasi in bianco, con mille pensieri che mi ronzano in testa, arriva il giorno e i Carabinieri, dopo il riconoscimento, ci danno il foglio di via e ci lasciano liberi. Qui inizia la mia storia in Italia. Come inizio non è un gran che, ma almeno sono in Italia, dove - per sentito dire - potrò cominciare una nuova vita. A volte però le cose non vanno per il verso giusto, da Agrigento arrivo con molte difficoltà in Emilia Romagna, dove so che ci sono alcuni miei paesani: almeno avrò un tetto sulla testa! 

Dopo aver imparato qualche parola di italiano inizio a cercarmi un lavoro: non è facile, per me che non conosco ancora la lingua e non ho il permesso di soggiorno. I giorni passano e i soldi stanno per finire, ma di un lavoro neanche l’ombra! Non è come mi avevano raccontato. Pensavo che per un ragazzo giovane, robusto e con tanta voglia di fare, sarebbe stato più facile! Dopo qualche tempo trovo un lavoro in nero, come muratore e mi dico "meglio questo che niente".

Dopo qualche tempo, parlando con alcuni amici italiani, scopro che per come lavoro e per gli orari che faccio sono davvero mal pagato! Aspetto qualche mese poi lo faccio presente al mio datore. Questo mi risponde che la paga è quella: o così o niente lavoro! Continuo a lavorare, ma nel frattempo conosco una persona che mi propone di lavorare con lui: un lavoro illegale, ma in cui si guadagna molto. A poco a poco lascio il lavoro da manovale e divento un pusher. Ma qualcosa deve ancora succedere: incontro una ragazza italiana, tra noi scocca il classico colpo di fulmine e dopo pochi mesi lei rimane incinta.

Nonostante la sua famiglia ci appoggi, lei è minorenne e i servizi sociali decidono di toglierci il nostro adorato bambino. I guai non sono ancora finiti: di lì a poco finisco in carcere, non resto molto e fuori c’è il mio amore ad aspettarmi, ma senza il nostro bambino! Così inizio il solito tran tran, riprendo a fare il manovale, per dimostrare al servizio sociale che amo mio figlio e sua madre e farei di tutto per averli con me. Non serve a nulla, così ricomincio a fare il pusher, per potermi pagare un avvocato in grado di farmi riavere mio figlio. Di lì ad un anno la mia compagna è di nuovo incinta e io finisco di nuovo in carcere: la mia vita in italia non è proprio come l’avevo sognata! 

Ma spero in tempi migliori. Invece sono sempre in carcere, con due figli che amo e che non posso vedere perché i Servizi mi giudicano pericoloso. Ma esiste al mondo un padre davvero pericoloso per i propri figli? Poco tempo fa, in carcere, ho sposato la madre dei miei figli, ma niente è cambiato: pensavo che le leggi fossero assurde nel mio paese, ma anche qui non scherzano! Sto pagando il mio reato col carcere! È giusto privarmi anche dei miei figli? Sono io ad aver commesso uno sbaglio, perché devono pagare anche loro? I miei figli hanno il diritto di vedere il loro padre, magari di trarre insegnamento dai miei errori. Ho lasciato il mio paese convinto di venire qua, trovarmi un lavoro e costruirmi un futuro, l’ho lasciato per essere più libero e invece sono in carcere. Eppure so che un giorno, quando uscirò, avrò una famiglia tutta mia che mi sta aspettando. Troverò un lavoro che mi dia soddisfazione e anche qualche soldo da mettere da parte, così forse un giorno potrò tornare nel mio paese, con mia moglie e i miei figli, per trovare mia madre che finalmente potrà vedere i suoi nipotini.

 

Vivere dentro

 

Adesso che sto vivendo quest’esperienza, mi sento deluso dagli amici: io pensavo che gli amici fossero delle persone che per gran parte della mia vita dovevano restare intorno a me, sia nei bei momenti come nei brutti, ma adesso ho capito che la parola "amici" è una parola difficile da comprendere, piuttosto posso dire di avere molti conoscenti, persone che mi circonderanno in alcuni dei momenti che vivo e mi abbandoneranno in altri che vivrò. È brutto quando si apprezza e si vuole bene a qualcuno e dopo ci si rende conto che niente è più come prima, come quando si sta bene. Nei miei bei momenti c’era almeno una trentina di persone che dicevano d’essere amici miei, adesso che sto qui non li conto neanche nelle dita di una mano. In ogni modo sopravvivo e andrò oltre, per poter realizzare i miei sogni e tutto ciò che voglio dalla mia vita, con o senza amici!

 

Sono una detenuta, ristretta presso la Casa Circondariale di Reggio Emilia da circa un anno e mezzo. Ho iniziato a frequentare l’Ufficio stranieri per essere aiutata, ma non pensavo che mi avrebbero aiutata fino a questo punto, invece grazie al loro aiuto ho potuto risolvere alcuni problemi famigliari, soprattutto riguardanti i miei figli, che ho dovuto "abbandonare" dal giorno del mio arresto. Loro hanno contattato il Comune, gli assistenti sociali. Tutto questo l’hanno fatto per me, ma anche per molte altre persone, come ad esempio per una mia amica italiana, detenuta insieme al compagno tunisino (e padre di sua figlia) in questo istituto. Le operatrici dello sportello li hanno aiutati a fare i documenti necessari per il matrimonio, visto che qui siamo impossibilitati a fare qualsiasi tipo di documentazione.

Per questo, grazie a loro, tre donne, possiamo risolvere molti dei nostri problemi. Quando parlo con le ragazze mi sento bene, so che loro mi ascoltano e mi credono: mi sembra quasi di parlare con qualcuno della mia famiglia. Essendo questa la mia prima carcerazione, non pensavo di poter festeggiare la Festa della Donna. Invece grazie al nostro Direttore e alle operatrici dello sportello è stata organizzata una bella festa, durante la quale abbiamo ricevuto anche dei piccoli regali, e trascorso una piacevole giornata nonostante ci si trovi in un luogo come questo.

 

Qui in carcere ho frequentato dei corsi di formazione e ricreativi (computer, teatro), ho anche frequentato la scuola superiore, ottenendo la qualifica di operatore sociale. Le giornate si vivono in modi diversi: c’è chi fa della propria giornata una tragedia e c’è chi ne fa un giorno che si vive per poter arrivare a quello successivo. Attualmente ho un lavoro, ciò mi permette di sentirmi attivo: è un lavoro di responsabilità, che mi dà uno stipendio che mi permette di sostenere la mia carcerazione. Grazie a questo lavoro non sto sempre a pensare all’esterno, alla vita che ho lasciato alle mie spalle! Quando posso faccio sport, gioco a calcio, etc. Non tutte le giornate sono uguali, ma sempre penso che la prossima sarà migliore.

 

Qui ci sono molte cose che mancano, che insieme ne fanno una sola: la libertà. Libertà di vivere, di essere me stesso. Mi manca la mia famiglia, i rapporti con le persone a cui voglio veramente bene, mi manca l’essere ascoltato e, in eguale modo, ascoltare le persone che mi vogliono bene, mi manca poter dire ad altri le cose che ho dentro al mio cuore, la tristezza, l’allegria. Mi manca sentire la mia vita, mi manca dare un valore ad ogni cosa che faccio, per costruire un futuro, giacché qua dentro non si può costruire nessun futuro.

 

Non vedere o sentire le persone a cui vuoi bene significa provare una nostalgia enorme, la mancanza delle persone care nei momenti in cui hai più bisogno di loro è forte. In molti momenti si ha bisogno di sfogare i pensieri, di poter ragionare insieme a qualcuno che capisca veramente cosa senti interiormente, che ti dia un consiglio su cosa devi fare. Quando si fa il colloquio, quell’ora sembra soltanto un breve minuto, in cui si riescono a comunicare solo le cose più importanti: non si riesce ad avere un bel rapporto. Ma qui non c’è nessuno. Ci sono momenti dove la fede, la speranza, la forza si perdono, ma ci sono anche momenti in cui la forza è grandissima e volo con l’immaginazione ai miei ricordi, ad uscire da queste mura.

 

La cosa più importante che ho imparato qui e che servirà per il mio futuro è quella di trovarsi soli con se stessi, essere veramente coscienti del valore della vita, non buttarla via a causa di momenti pieni di tristezza, noia, depressione.

La cosa più importante che ho imparato è che fuori da queste mura la vita è bella, se hai i soldi o se non li hai, se hai delle cose materiali, oppure no. La vera cosa da imparare è quella di dare il giusto significato alla parola libertà. Non la libertà di muoversi, correre, saltare, andare in giro, queste sono solo cose fisiche: la vera libertà è quella che si sente dentro ai nostri cuori e ai nostri pensieri, essere liberi dalle paure, dai dubbi, dal timore di non raggiungere i propri sogni. Chi ha grandi e bei sogni è più grande di chi ha tutto. Questa brutta esperienza potrà privarmi della mia libertà fisica, ma non potrà mai privarmi della mia libertà spirituale; non potrà mai privarmi dei miei sogni, dei miei pensieri, dei miei sentimenti.

 

Qui medito tantissimo sugli errori commessi, però a volte è inutile pensare agli errori fatti e al mio cattivo passato, è meglio meditare su cosa dovrei fare per evitare di commettere altri errori in futuro. Solo una cosa non si potrà mai fare, tornare indietro, quello che è fatto è fatto e basta.

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