Questionari Progetto Sportelli

 

Questionari Progetto Sportelli - Carcere

 

 

Premessa

Il metodo della rielaborazione

Case circondariali: 274 questionari

Analisi delle risposte

Risposte a domande aggregate

La presenza degli immigrati: percezioni e rappresentazioni

Parte specifica per categoria professionale

Analisi di un contesto situazionale: sportello immigrati e carcere

Strumento: questionario a domande aperte

Premessa

 

Durante la presentazione dei questionari nei vari Istituti e ai CSSA della Regione, c’è stata una buona partecipazione della polizia penitenziaria in raccordo con gli educatori dell’amministrazione penitenziaria.

Tra febbraio e marzo sono stati presentati i questionari; le presentazioni sono servite anche per informare molti operatori penitenziari e del CSSA sul progetto "sportelli immigrati" e collocare questa indagine all’interno del percorso realizzato dal 1998 a livello regionale. Dopo diversi incontri del gruppo di pilotaggio regionale che hanno definito i criteri di costruzione del campione e le modalità di somministrazione dei questionari nelle diverse case circondariali.

Visto il carattere qualitativo - e non statistico – della ricerca si è concordato di coinvolgere il 10% della polizia penitenziaria scegliendo preferibilmente gli agenti che lavorano nelle sezioni a contatto con i detenuti immigrati , gli ispettori senza dimenticare qualche operatore dell’ufficio matricola. Invece i questionari sono stati distribuiti a tutte le altre figure: direttori d’Istituto, educatori, operatori dell’area sanitaria, operatori e mediatori degli sportelli e assistenti sociali del CSSA.

La ricerca tende a comprendere il punto di vista dei vari attori (operatori penitenziari, operatori enti locali che intervengono nella gestione degli sportelli e operatori del CSSA), rispetto al progetto regionale, ai mutamenti intervenuti e alla natura delle interazioni tra gli attori stessi per produrre risposte concrete nella gestione del fenomeno immigrazione in carcere.

La scelta di un questionario a domande aperte è legata al carattere qualitativo della ricerca e alla volontà di dare spazio all’espressione del punto di vista degli operatori. Questa ricerca servirà a valutare meglio come proseguire questa esperienza regionale tenendo conto, appunto, della situazione sul campo e del parere di chi si trova a gestire quotidianamente i problemi.

 

Il metodo della rielaborazione

 

La rielaborazione vuol fare emergere la "mappa delle risposte" come "mappa di concetti chiave"; indicatori importanti per capire percezioni, vissuti, interrogativi e rappresentazioni della pluralità degli attori coinvolti. Vogliamo ricordare – riprendendo l’approccio interpretativo dell’antropologia riflessiva di Pierre Bourdieu, - che ogni spazio di relazioni, è uno spazio di relazioni tra soggetti e attori diversi con ruoli, funzioni e status diversi; che ogni spazio di relazioni è uno spazio sociale dove si costruiscono rappresentazioni e regole; che ogni spazio sociale è uno spazio simbolico fatto di valori, giudizi, pregiudizi che determinano la natura dei rapporti e le gerarchie tra gli attori. Ogni attore ha un proprio habitus: un insieme di disposizioni socialmente interiorizzate cioè un insieme di abitudini mentali; una struttura mentale che riflette la struttura sociale interiorizzata.

Per il carcere si potrebbe dire che la polizia penitenziaria, gli educatori, gli operatori sanitari, quelli degli enti locali e del CSSA hanno un proprio habitus che veicola una propria rappresentazione delle cose e un proprio senso pratico.

Il senso pratico che esprime ogni habitus passa attraverso una "mappa di concetti e categorie" che media percezioni, produce rappresentazioni e determina l’agire sociale di ognuno. Questo è vero per il carcere come per qualsiasi altro contesto formale o informale. Le strutture sociali incorporate diventano disposizioni dei "corpi" in un determinato "campo"; ogni "campo" è strutturato come un insieme di "campi specifici" legati gli uni agli altri ma ognuno con la propria autonomia; per cui il campo Istituto penitenziario è un insieme di campi che producono degli habitus ma che sono anche prodotti da questi; c’è quello della direzione, della sezione sanitaria, delle sezioni con le celle, quello dell’area pedagogica e di quella dello sportello.

Ognuno interagisce con l’altro inglobando la struttura del campo generale ma produce anche un proprio "capitale culturale specifico" cioè un proprio modo di vedere e di comprendere nella pratica. Questo lavoro ci permetterà di costruire la mappa dei concetti chiave dei vari habitus prodotti nei vari campi specifici rispetto all’oggetto immigrazione e alla sua gestione attraverso un campo specifico come lo sportello.

Qual è la comprensione pratica dei vari attori cioè qual è il loro habitus, il loro senso pratico nella gestione dello spazio carcerario visto come un insieme di relazioni tra disposizioni nell’affrontare la gestione di un campo in mutazione dal punto di vista della sua composizione antropologica con l’arrivo dei detenuti immigrati. E come viene visto, vissuto e capito nel rapporto pratico della gestione operativa del fenomeno migratorio l’agire specifico dello sportello? Quello che vogliamo comprendere con questa indagine è quello che Bourdieu chiama, nella sua "Antropologia riflessiva", la "comprensione pratica" che gli "agenti" di un determinato campo hanno del mondo sociale dove e attraverso il quale vivono.

La mappa dei concetti chiave e delle categorie costituiscono gli "schemi dell’habitus" di ogni attore - che sono il prodotto dell’incorporazione delle strutture - del campo -; questi "schemi di percezione, di apprezzamento e di azione "permettono di comprendere gli "atti di conoscenza pratica" rispetto al mondo sociale del "campo specifico", in questo caso l’Istituto penitenziario nel suo rapporto con l’immigrazione e il ruolo , in tutto questo, dello sportello.

Attraverso questa indagine che ci permetterà di avere alcuni elementi di conoscenza pratica per proseguire l’esperimento regionale; l’habitus degli attori (polizia penitenziaria, educatori, operatori e mediatori sportello, operatori sanitari, assistenti sociali) fatto di percezioni, disposizioni (strutture sociali interiorizzate) e senso pratico, rappresenta la mediazione per eccellenza nella misura in cui determina gli orientamenti pratici.

Dopo un primo "check list" delle risposte nella parte comune e trasversale a tutti gli istituti e a tutte le categorie professionali ci sarà un lavoro di aggregazione delle risposte per la parte specifica per ogni Istituto e per ogni categoria professionale.

 

Nella rielaborazione finale si terrà conto di tre "variabili focali":

  1. la percezione dell’immigrazione in carcere: sentimenti e percezioni;

  2. gli sportelli: percezioni, nodi critici e proposte;

  3. riflessioni e considerazioni dei diversi attori.

 

Seguiranno alcune considerazioni finali come spunto per un confronto successivo. Vorrei ricordare che questo lavoro parte dai materiali prodotti dagli attori che lavorano sul campo e che il processo della ricerca vuol essere interattivo e partecipato; abbiamo ripetuto in più occasioni che non si può non partire dalle condizioni concrete di realizzazione dei progetti, che queste condizioni concrete passano attraverso i vissuti reali degli operatori che quotidianamente gestiscono gli interventi.

Questi vissuti, le stesse percezioni, il modo di vedere le cose sono determinanti nel condizionare le forme pratiche dell’attuazione dei progetti. Mi sembra significativo che su 274 questionari restituiti dai diversi Istituti 177 siano stati compilati dagli operatori della Polizia penitenziaria; cioè il 65% dell’insieme, e sappiamo tutti che la polizia penitenziaria è l’anello più importante- dal punto di vista funzionale- dell’organizzazione carceraria. E’ la Polizia penitenziaria che ha i rapporti più stretti con i detenuti e quindi capire come questa si vive nel rapporto con i detenuti immigrati, e come vede gli interventi tipo sportello.

Case circondariali: 274 questionari

 

Domande/risposte

 

Come vedo gli immigrati in carcere?

Quali cambiamenti sono avvenuti?

Quali sono i problemi e i bisogni dei detenuti immigrati?

Serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti?

Cosa fare per migliorare la situazione?

 

Centro Servizi sociali: 87 questionari

 

Case Circondariali

 

Bologna: 53 questionari

 

Polizia penitenziaria: 44

Educatori: 5

Mediatori e operatori sportello: 3

Operatori sanitari: 1

 

Ferrara: 26 questionari

 

Direttore: 1

Polizia penitenziaria: 17

Educatori: 2

Mediatori e operatori sportello: 1

Operatori sanitari: 5

 

Forlì: 47 questionari

 

Direttore: 1

Polizia penitenziaria: 42

Educatori: 3

Mediatori e operatori sportello: 0

Operatori sanitari: 1

 

Modena: 25 questionari

 

Direttore: 1

Polizia Penitenziaria: 12

Educatori: 3

Esperti: 2

Mediatori e operatori sportello: 2

Operatori sanitari: 3

Tirocinanti: 2

 

Parma: 22 questionari

 

Polizia Penitenziaria: 10

Mediatori e operatori sportello: 2

Operatori sanitari: 8

Ex-art. 80: 2

 

Reggio - Emilia: 23 questionari

 

Direttore: 1

Polizia penitenziaria: 15

Operatori sanitari: 3

Esperti: 2

Educatori: 2

 

Piacenza: 30 questionari

 

Direttore: 1

Polizia penitenziaria:17

Educatori:3

Mediatori e operatori sportello: 1

Operatori sanitari: 8

 

Ravenna: 21 questionari

 

Direttore: 1

Collaboratore d’Istituto:1

Polizia Penitenziaria:7

Educatori:1

Mediatori e operatori sportello:2

Esperto:1

Psicologo:1

Operatori sanitari:7

 

Rimini: 27 questionari

 

Direttore: 1

Polizia Penitenziaria: 13

Educatori: 4

Mediatori e operatori sportello: 4

Operatori sanitari: 5

 

Risposte a domande aggregate

 

Come vedo la presenza degli immigrati

 

Ci sono e ce li dobbiamo tenere;

ricercare soluzioni nuove rispetto alle modalità operative;

si cerca di non fare differenza tra i detenuti di cultura diverse;

aumentano;

per certi aspetti sono (gli immigrati) penalizzati rispetto agli italiani;

la presenza degli immigrati in carcere costituisce un grave problema;

non la vedo molto bene;

problematica per le differenze culturali;

un evidente problema;

se non ci fossero sarebbe sicuramente meglio perché creano problemi maggiori sia a livello di servizio interno che gestionale;

portano molti problemi;

un problema in forte espansione

non bene

ci vuole maggiore attenzione

non positiva

una nuova realtà

sono troppi

problematica, un fallimento

ci sono problemi che non trovano risposte

una realtà di fatto

ci vogliono maggiori competenze tecniche, giuridiche e culturali

una presenza che si vuole imporre con prepotenza agli immigrati

il sovraffollamento in carcere crea un disagio che si riversa soprattutto sugli immigrati

male, vanno rispediti nei loro paesi d’origine

negativamente

problematiche legate alla lingua e alla cultura

difficoltà d’integrazione a causa della cultura, della religione e dei costumi diversi

problemi comunicativi

se non ci fossero sarebbe meglio

non rispettano le regole

rappresentano un pericolo per la sicurezza

sono un problema per la società

uno spreco di denaro pubblico

presenza scomoda

uno scandalo

negativa, problematica, scandaloso

sono poco tollerati dagli altri detenuti

naturale in una società multirazziale

difficoltà d’inserimento, per vivere commettono reati

devono tornare nei loro paesi, soprattutto quando compiono reati gravi

come la normale conseguenza del flusso migratorio diretto verso i Paesi Europei

occorre creare dei filtri esterni

il carcere non è in grado di gestire il problema

un necessario adattamento che passa necessariamente attraverso situazioni conflittuali

rappresentano un peso; se fossero meno numerosi ci sarebbe meno stress e meno fatica

un disastro morale, fisico e politico

gli immigrati hanno troppi favoritismi.Se noi andassimo nel loro paese non ci permetterebbero di seguire la nostra religione , la nostra cultura e le nostre abitudini

la situazione carceraria rispecchia i cambiamenti intervenuti nella società

gli stranieri hanno rovinato i carceri italiani

i nostri sforzi sono vani perché gli stranieri vengono in Italia per delinquere

occorre intervenire di più per garantire il rispetto dei diritti fondamentali

 

I mutamenti intervenuti

 

comporta la coesistenza in uno stesso spazio sociale di culture, valori e tradizioni diverse; questo cambia il contesto carcerario. Basta vedere il nuovo regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario che prevede la presenza del mediatore culturale.

crescita di operatori e detenuti

con ce ne sono

rivedere le normative e l’operatività

si perché il carcere deve tenere in considerazione le persone che hanno problematiche diverse

ci sono molti problemi per la lingua e la religione

tutto quello che è nuovo apporta modifiche ed è nostro dovere prenderne atto gradualmente

i problemi che hanno gli immigrati sono tanti ma DAP e Ministero sono latitanti

modalità comunicative diverse

di loro si sa poco o niente

i detenuti immigrati non conoscono doveri e diritti

molti immigrati non potendo accedere alle misure alternative rimangono sempre in carcere; le celle sono piene

i colloqui in ingresso sono più difficili

bisogna ampliare le competenze degli operatori penitenziari

il sovraffollamento crea disagio per tutti i detenuti e anche per chi ci lavora

abbiamo paura del diverso e siamo preoccupati perché occorre un nuovo equilibrio

il problema della comunicazione

il fatto che gli immigrati detenuti non usufruiscono delle misure alternative, un altro problema è quello del gratuito patrocinio

molti non riescono ad adeguarsi all’Occidente

l’assenza di prospettiva in uscita

maggiori problemi per chi viene dai paesi più poveri

i più problematici sono i mussulmani

tossicodipendenza e disturbi psichiatrici

per molti immigrati clandestini il carcere alimenta il loro perdurare nei circuiti della microcriminalità

l’assenza di dialogo

la solitudine

molti non accettano la carcerazione

ci vuole più sostegno psicologico

occorre più mediazione

si investe troppo sui progetti all’interno e non abbastanza sul reinserimento in uscita

aumento del numero di tossicodipendenti in carcere

la terapia metadonica o la droga di Stato può essere nel carcere negativa poiché non aiuta ad eliminare una dipendenza tossicologica

 

Quali sono i problemi e di bisogni dei detenuti immigrati?

 

molti non conoscono l’italiano; è difficile potersi spiegare e far capire le regole

albanesi, tunisini e algerini sono più aggressivi

le difficoltà legate al sostentamento in carcere

la maggior parte degli immigrati è priva di riferimenti all’esterno

molti chiedono di lavorare ma l’amministrazione non è in grado di soddisfare tutti e i posti disponibili sono limitati;

i problemi dei detenuti non dipendono dall’origine etnica ma dall’impossibilità di dare risposte adeguate ai loro bisogni

lontananza dalla famiglia

la possibilità di un lavoro in uscita o durante la permanenza in carcere

la lingua , la religione e l’assenza di supporti esterni.

non cercano d’integrarsi alla cultura italiana.

la differenza culturale

lo stato di clandestinità o d’irregolarità

chi ha vissuto il mondo dell’alcoolismo e della droga

contattare telefonicamente i familiari

il problema principale è il loro modo di vivere, di pensare e soprattutto le loro usanze

la pulizia della stanza e della persona

l’autoisolamento

sono violenti, non vogliono migliorare le loro conoscenze con lo studio, preferiscono oziare tutto il giorno.

albanesi e marocchini sono quelli che creano più problemi in carcere, ma non sono da meno neanche i turchi , algerini e tunisini

il fatto di non avere un futuro , una speranza alla fine della carcerazione

vengano fatte promesse ai detenuti immigrati promesse che poi non sono mantenute esempio: lavoro interno, telefonate

non hanno contatti con le proprie famiglie

la cultura, la lingua e il modo di vita

non so spiegarlo bene perché non ho una grande cultura , diciamo che la maggior parte si sente vittima dello stato italiano perché straniero, nonostante abbia commesso un reato

difficoltà di adeguarsi a qualsiasi regola

ci sono tra loro, come tra i detenuti italiani, quelli più aggressivi e quelli più educati

i problemi sono legati al loro modo di vivere e molti sono abituati a vivere in un contesto dove non vengono rispettate le leggi

si tagliano spesso

difficoltà di amalgamare culture diverse, vige un preventivo distacco

gli immigrati che provengono dall’Africa (Tunisia, Marocco, Nigeria pretendono il massimo, sovente con arroganza ed aggressività; la maggior parte delle sanzioni disciplinari vengono applicate a tali soggetti; difficoltà d’integrarsi alle regole della civiltà europea.

il lavoro, la corrispondenza e le telefonate con i famigliari sono i loro maggior bisogni - anche il permesso di soggiorno

deficit di affettività:lontananza dal paese di origine e dalla famiglia

la condizione penitenziaria rende difficile i contatti con i familiari

non c’è nessun rapporti tra i problemi che presentano i detenuti e le origini etniche

mancanza di soldi e poche possibilità di telefonare ai familiari

la paura perché non si sentono capiti

poter praticare il proprio credo religioso

alcoolismo e autolesionismo

problemi di tossicodipendenza

tunisini e albanesi hanno la cultura del chiedere e aspettare

albanesi e marocchini hanno molte pretese

albanesi e marocchini non si vogliono integrare

i detenuti albanesi disprezzano le regole

deficit di affettività: lontananza dal paese d’origine; le norme penitenziarie rendono difficili i contatti con i familiari;

i problemi che presentano i detenuti immigrati non sono legate alle origini etniche ma alla storia delle singole individualità;

mancanza di soldi, poche possibilità di telefonare ai familiari;

la paura perché non si sentono capiti;

poter praticare il proprio credo religioso;

non capiscono il contesto

alcoolismo, autolesionismo;

grosse frustrazioni affettive;

problemi di tossicodipendenza;

tunisini e albanesi hanno la cultura del chiedere e aspettare;

detenuti che vengono dall’Africa creano più problemi

la costrizione all’ozio, l’assenza di lavoro, è qualcosa di diseducativo che crea anche tensione

chi è senza documenti ha paura dell’espulsione

 

Serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti?

 

no, li rimanderei nei loro paesi, in quanto l’Italia è piccola e di immigrati ce ne sono troppi, e purtroppo tanti di loro sono delinquenti

per l’amministrazione penitenziaria l’intervento trattamentale è un obbligo : gli interventi in questi casi dovrebbero essere centrati sul recupero di sé e della propria dignità per recuperare il coraggio di affrontare il gruppo di appartenenza nel paese di origine.

si deve intervenire per tutti i detenuti.

non devono esserci differenze tra italiani e immigrati

ogni individuo va valutato per la sua singolarità

i detenuti immigrati vanno rimpatriati

hanno diritto ad un intervento come tutti gli altri

si devono rimandare da dove sono venuti prima di entrare in carcere

ci vogliono leggi più severe così non entrano

bisogna lavorare per un loro inserimento

anche se pochi sono recuperabili

non lo so

importante fare un intervento di sostegno psicologico

un intervento può servire così non tornano a delinquere una volta usciti.

occorre comunque garantire una carcerazione dignitosa

il governo non deve fare sanatorie per chi è in carcere ma deve rimandarli nei loro paesi

si se accettano di essere identificati

no perché c’è troppo assistenzialismo nei confronti degli immigrati

 

Cosa fare per migliorare la situazione?

 

fornire all’ingresso opuscoli plurilingue

ci vogliono in carcere operatori che appiano più lingue

potenziare lo sportello, investire nella formazione degli operatori, migliorare la comunicazione all’interno

una presenza più assidua del mediatore culturale allo sportello

migliorare le normative

preparare professionalmente gli operatori penitenziari

puntare sulla formazione della polizia penitenziaria

creare delle sezioni speciali per gli immigrati e farli lavorare per aziende e ditte all’interno

dare più opportunità di formazione professionale e lavoro in modo che quando sono rinviati nei loro paesi abbiano qualcosa di positivo in mano

potenziare gli sportelli

evitare che in Italia arrivino stranieri

imparare a conoscere usanze e culture di questi detenuti

fare capire ai detenuti immigrati che devono rispettare le regole

non lo so

ci vuole un occhio di riguardo per l’operatore di polizia

non avere carceri sovraffollate

rafforzare la presenza di tutti gli attori che possono occuparsi della condizione degli stranieri in carcere

ci vogliono più mediatori culturali con più ore di presenza

ci vogliono dei mediatori culturali formati meglio

ci vuole maggior coordinamento e più circolarità negli interventi

occorre umanizzare attraverso diversi interventi

trovare delle modalità di identificazione dei detenuti stranieri

corsi di lingua italiana

possibilità di un lavoro retribuito

ci vuole più collaborazione tra gli enti

occorre migliorare le strutture edilizie degli Istituti

occorre favorire una migliore comprensione del regolamento in ingresso

ci vogliono più momenti di svago per abbassare la tensione

occorre migliorare la comunicazione tra gli operatori

collaborare senza sostituirsi all’altro,ognuno rispettando il proprio ruolo

corsi di lingua araba per gli operatori

gli operatori penitenziari devono imparare le lingue

inserire degli agenti di polizia di origine straniera

alleggerire il carico orario degli agenti di turno

prevedere la formazione e l’aggiornamento degli operatori penitenziari

incrementare il personale

capire meglio le persone con chi si lavora

sensibilizzare ed educare il personale penitenziario

prevenire il carcere con una legge più efficiente per lottare contro l’immigrazione clandestina

aumentare i controlli di polizia sul territorio

 

CSSA

 

Come vedo gli immigrati in carcere?

 

un grave problema

rispecchia quello che si sta verificando in ogni ambito sociale

se hanno commesso reati sul territorio italiano è giusto che paghino secondo la legge italiana

un problema per gli operatori che devono reperire risorse sul territorio

un problema che si aggrava e che va affrontato con strumenti diversi

un problema perché gli immigrati non comunitari hanno abitudini di vita diversi

difficoltà legata alla diversità di lingua, cultura e abitudini

difficile perché gli immigrati non sono accettati

aumenta il disagio complessivo

il loro numero in carcere aumenterà poiché ottengono con difficoltà i benefici di legge

il fenomeno migratorio è un fenomeno irreversibile; se c’è criminalità straniera c’è anche quella italiana

il carcere diventa sempre di più una scarica sociale

questo aumento può rappresentare una minaccia destabilizzante

dovrebbero espiare la pena detentiva nel luogo di origine

 

Neo-assunti:

 

penso che vengono amplificati i problemi già esistenti

presenza in aumento

aumentano i problemi

aumento dell’intolleranza e del razzismo

 

Quali cambiamenti sono avvenuti?

 

occorre differenziare di più gli interventi

porre attenzione agli aspetti linguistici,culturali e religiosi

si assiste al ritorno a concezioni e prassi puramente custodialistiche

le risorse non sono sufficienti per affrontare i problemi che sono tanti

ci dobbiamo adattare a questo cambiamento

occorre tener conto della diversità

il fenomeno migratorio ha alterato alcuni equilibri, abitudini e norme di convivenza

peggioramento sul piano igienico-sanitario

stanno peggiorando le condizioni detentive

 

Neo-assunti:

 

aumenta la complessità

difficile gestire tutte le procedure

 

Quali sono i problemi e i bisogni dei detenuti immigrati?

 

difficoltà a comprendere l’aspetto giuridico e l’iter burocratico per ottenere un beneficio

riferimenti esterni a lavoro

la già difficile condizione dello "straniero" viene aggravata dallo stato detentivo

la difficoltà di comunicare e di attrezzarsi ad un sistema culturale diverso

mancanza di mezzi di sussistenza

difficoltà a comprendere le ritualità giuridiche e penitenziarie, accedere ad informazioni corrette e comprensibili, accedere ad una difesa legale accettabile, sapere cosa succederà dopo la carcerazione, mantenere contatti con i parenti.

difficoltà comunicative

difficoltà legate ad abitudini diverse ma anche alla lingua e alla religione

nessun punto di riferimento all’esterno

i problemi dei detenuti immigrati sono gli stessi dei detenuti italiani ma amplificati

permesso di soggiorno, lavoro, alloggio, reinserimento

l’alimentazione

l’affettività

la non conoscenza delle leggi italiane

la mancanza di contatti con i familiari

timore dell’espulsione

ricerca di risorse e riferimenti esterni per usufruire delle misure alternative

costruire una rete amicale e solidale all’esterno

la paura e l’angoscia perché non hanno prospettive in uscita

permesso di soggiorno

problemi relazionali con gli altri detenuti

chi si sente abbandonato perché straniero può creare più problemi

hanno minore opportunità e sono meno garantiti.

rafforzare il rapporto con la rete esterna

 

Neo-assunti

 

contatti con le famiglie

consulenze legali

conoscono poco i loro diritti

lingua

comunicazione e dialogo con gli altri detenuti

 

Serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti?

 

si anche se la persona non potrà rimanere sul territorio nazionale

occorre dare dignità al detenuto a prescindere delle sue future prospettive

bisogna comunque fornire un sostegno

dipende

si, sia per motivi "umanitari" sia per non creare situazioni "rischiose"

va dato comunque dignità alla persona

bisogna favorire comunicazione ed informazione

tutti i detenuti hanno diritto al trattamento come stabilito dalla legge

si perché potrebbe essere anche una occasione per regolarizzare una posizione irregolare

si ma bisogna costruire un intervento che non crei false aspettative

si perché può portare a cambiare gli strumenti normativi

l’ascolto è comunque una risposta

il mantenimento in carcere ha un costo (economico)

persone sprovviste di permesso di soggiorno scarcerate spesso non vengono espulse, vivono in situazione di clandestinità, è un problema complesso (…) va affrontato con senso di responsabilità

si a costruire dei percorsi di accompagnamento positivo per il ritorno nel paese di origine

 

Neo Assunti

 

si ma con un supporto particolare

incrementare i momenti di ascolto

sostegno durante la carcerazione

 

Cosa fare per migliorare la situazione?

 

dare una possibilità lavorativa

prevedere un trattamento più personalizzato

incrementare gli interventi di mediazione all’interno

formare e sensibilizzare il personale penitenziario

favorire la comunicazione per diminuire la conflittualità

favorire l’accesso alla formazione ed al lavoro; favorire l’auto organizzazione dei detenuti

aumentare il numero degli operatori dell’area educativa

potenziare la presenza dei mediatori culturali

fare maggiore attenzione per il "diverso"

concedere di più le misure alternative

offrire opportunità di lavoro

moltiplicare le possibilità d’incontro con l’esterno ma anche tra detenuti

applicare fino in fondo la Legge di riforma 354/75 e i regolamenti di esecuzione

comunicare di più tra servizi

prevenire e quindi fare di più per l’integrazione sociale

rendere più vivibile la detenzione

potenziare la sportello e l’organico dell’area educativa

lavorare di più in rete

fornire maggiori informazioni ai detenuti

favorire le azioni di mediazione con l’esterno

coinvolgere di più la comunità esterna con la presenza di mediatori

prevedere il coinvolgimento di equipe multi settoriali

aprire di più il carcere all’esterno

formazione e aggiornamento per gli operatori

cosa significa operare per un reinserimento sociale per persone senza permesso di soggiorno?

 

Neo assunti

 

prevedere la presenza di mediatori

collegarsi con dei centri d’ascolto e la formazione professionale

 

Parte specifica per categoria professionale

 

Direttori C.C.

 

Utilità dello sportello

 

utile per una intermediazione "neutra" con i ristretti stranieri

può essere uno strumento molto importante qualora più assiduamente presente e con gli operatori impegnati nelle diverse attività – compresa la traduzione in lingua.

Utile per dare risposte utili

Valido strumento per entrare in relazione con i bisogni dell’utenza extracomunitaria al fine di trovare soluzione e risposte

Consente di avere maggior ascolto delle problematiche dei detenuti

Utile vista l’attività di informazione e di sostegno che i mediatori hanno svolto senza peraltro creare nei detenuti false aspettative e raccordandosi con gli operatori penitenziari

 

Lo sportello può diventare un sevizio organico dell’Istituto

 

È auspicabile che lo sportello venga potenziato anche in termini di risorse da gestire, in modo da rappresentare un punto di riferimento, ma anche fucina di proposte per la realizzazione di un contesto penitenziario multiculturale e multietnico in cui la diversità non sia imposta, ma accettata senza paura

Penso di si, soprattutto se si arricchisce di nuovi contenuti pensati non solo genericamente per "lo straniero" che ha problematiche legate agli affetti

Può essere uno strumento molto importante se viene potenziata la sua presenza

Non credo per le seguenti motivazioni:

poiché non previsto dall’O.P.

poiché presuppone una implementazione con operatori non propriamente "penitenziari".

ritengo che una volta che il personale di polizia penitenziaria complessivamente sensibilizzato in futuro possa supplire a detto sportello.

 

Educatori

 

Differenze tra detenuti immigrati e italiani nel trattamento

 

aumenta il tempo dedicato ai detenuti stranieri

i detenuti italiani hanno prospettive, legami all’esterno, riferimenti abitativi, possibilità, legami all’esterno, riferimenti abitativi, possibilità lavorative; gli stranieri contrario non hanno nessuna possibilità; il carcere fa da contenimento

il rapporto coi ristretti immigrati è più "labile", perché più difficilmente finalizzata

la differenza è evidente per le insicurezze rispetto alla futura permanenza in Italia

le situazioni sono spesso più difficili poiché non possono accedere ai benefici

la presenza dei detenuti immigrati esige di diversificare le tipologie d’intervento psicologico e il livello dell’osservazione

la lingua e la diversità culturale cambiano il rapporto

necessaria una più grande differenziazione dell’intervento sia in ingresso che durante il trattamento i problemi di permesso di soggiorno, l’assenza di una rete di riferimento esterno e la difficoltà di conoscere la storia della persona immigrata

il detenuto straniero spesso clandestino non è identificabile perché fornisce dati anagrafici falsi

non si può fare finta che il problema della loro gestione non esista, soprattutto per quel che concerne la sicurezza e visto che difficilmente possono accedere ai benefici.

proprio per la presenza di stranieri clandestini sempre di più s’investe su progetti intramurario (tipo sportelli) piuttosto che di reinserimento sociale.

tutto è concentrato negli interventi interni per mediare tensione tra i conflitti tra etnie diverse e ci sono scarse possibilità di progetti esterni

aumento considerevole di funzioni che non riguardano l’osservazione e il trattamento ma interventi assistenziali e/o sostitutivi di altre figure (avvocato, assistente sociale)

fare i conti con modalità comunicative diverse

occorre seguire con più cautela per comprendere

è più difficile lavorare con persone senza prospettive

necessario acquisire conoscenza nuove e competenze per intervenire

 

I rapporti con gli agenti nella gestione trattamentale dei detenuti immigrati e il ruolo degli educatori

 

il ruolo dell’educatore nel trattamento è: osservazione sostegno e risposte possibili

i rapporti con gli agenti è spesso difficile perché alcuni non hanno pazienza, autocontrollo , equilibrio. Trattano gli immigrati con aria di sufficienza. Altri invece segnalano i casi da seguire.

ci sono più rapporti con strutture esterne che si occupano degli immigrati

i rapporti con gli agenti sono limitati

i rapporti sono basati sullo scambio d’informazioni, l’accoglimento di eventuali segnalazioni tutto questo nell’ambito delle attività di osservazione e il trattamento dei detenuti

sarebbe auspicabile una maggiore collaborazione

si cerca di trovare insieme risposte ai problemi che si pongono

ci sono educatori che nel rapporto con il detenuto immigrato privilegiano il rapporto individuale, altri che organizzano incontri collettivi e altri che demandano la gestione di certi casi allo sportello

oggi l’agente osserva di più ed è più attento

scambio d’informazioni sulle dinamiche interne alla sezione di appartenenza

scambio d’informazioni molto frammentarie

rapporti normali con gli agenti

 

Rapporti con lo sportello

 

discutibile, non c’è stato ancora il salto di qualità necessario

gli scambi sono frequenti ma non si può misurare facilmente l’efficacia dell’intervento

la presenza dei mediatori importante per i detenuti e per gli operatori trattamentali

il carico di lavoro non facilita gli operatori dello sportello. Rimane molta insoddisfazione

rapporti di collaborazione stretta ma gli interventi sono poco efficaci per mancanza di mezzi e strumenti

rapporto stretto bisognerebbe potenziarlo

è ricercata la collaborazione del mediatore culturale nell’intervento trattamentale

si cerca la massima collaborazione:informazione ai detenuti, invio dei detenuti, discussione dei casi

alcuni interventi hanno riscontri efficaci ma in diverse circostanze non si riescono a dare risposte

lo Sportello si occupa dei detenuti stranieri che chiedono l’intervento del Servizio.

sarebbe opportuno che lo sportello nella fase informativa intervenisse nei confronti di tutti i detenuti immigrati.

i rapporti con lo sportello sono, per mancanza di tempo e risorse, discontinui e perciò non molto efficaci

non sempre lo sportello riesce a dare risposte

la mediazione è importante per rafforzare messaggi che devono essere inequivocabili sia riguardo alle norme interne che quelle riguardanti l’ordinamento penitenziario

ci vorrebbe un rapporto più strutturato

si dovrebbero migliorare i rapporti dello sportello con gli altri operatori

va curato meglio l’aspetto informativo dello sportello (sia nei confronti dei detenuti che degli operatori)

 

Lavoro di rete e collegamenti interno - esterno

 

occorre collegare meglio l’attività interna a quella esterna

l’intervento dall’esterno all’interno può creare opportunità per abbassare la tensione e le frustrazioni; così non si tagliano e non fanno sommosse

ci vuole più sostegno psicologico

prevede corsi di formazione all’interno

fare funzionare una rete interno-esterno non è cosa semplice visto la scarsità di risorse

informare di più l’immigrato sui rischi che corre, sui suoi diritti e doveri quando esce.

 

Operatori e mediatori dello sportello

 

Riconoscimento del ruolo di mediatore

 

mi sento trattato come un volontario

forse nell’ultimo periodo c’è un maggiore riconoscimento del nostro lavoro

gli agenti non sono informati sul nostro ruolo

il riconoscimento non è sempre chiaro

mi sento riconosciuta all’interno della Casa Circondariale ma non in Questura

ci sentiamo riconosciuti dagli operatori con i quali lavoriamo a stretto contatto

la nostra professionalità è scarsamente riconosciuta dalla maggior parte dell’Amministrazione Penitenziaria

non ci sentiamo riconosciuti; non si sa cosa siamo.

il nostro ruolo è confuso

 

Rapporti con agenti ed educatori difficoltà e positività

 

dipende dalle persone nel caso degli agenti

la difficoltà con gli educatori dipende dall’organizzazione degli orari; non è sempre facile incontrarsi.

con gli agenti ci sono buoni rapporti anche se spesso non capiscono il nostro ruolo.

con gli educatori non c’è abbastanza lavoro d’équipe

il rapporto con gli educatori è di scambio di informazioni

le difficoltà di rapporti sono più dovuti alle lentezze burocratiche che non alle relazioni personali

i rapporti con gli agenti sono importanti poiché hanno un rapporto costante con i detenuti

con gli agenti le difficoltà ci sono quando ignorano tutto del nostro ruolo

le difficoltà ci sono perché gli educatori hanno un grosso carico di lavoro

buoni rapporti con gli agenti dell’area pedagogica; rapporti inesistenti con il resto degli agenti

molti agenti hanno soltanto una vaga idea del lavoro dello sportello

da parte degli agenti non c’è abbastanza apertura mentale

buoni rapporti con gli educatori anche se si potrebbe migliorare il coordinamento

non ci vediamo abbastanza con gli educatori

 

Bisogni dei detenuti immigrati e risposte dello sportello

 

documenti, permesso di soggiorno

hanno bisogno di sentirsi ascoltati

lo sportello può essere un luogo di ascolto

disagio psichico e ansia di fronte alla prospettiva di espulsione

facciamo quello che possiamo

i detenuti immigrati vorrebbero usufruire delle misure alternative e dei benefici come gli italiani

contatto con la famiglia nel paese di origine (telefonate)

non riusciamo sempre a rispondere ai bisogni

contatto con gli avvocati

scrivere un’istanza o una richiesta al Tribunale

sostegno psicologico

se si tratta di trasmettere informazioni

no, se si considera la soddisfazione dei bisogni dei detenuti

stato di indigenza

difficoltà linguistiche e culturali

necessità di lavorare

riusciamo a dare poche risposte

assistenza religiosa

speranza e ansia di cambiare vita all’uscita

 

Come migliorare la rete degli sportelli

 

sarebbe utile potersi scambiare le esperienze con altri sportelli

ci vorrebbe più lavoro di équipe e più formazione per gli operatori

ci vuole più collaborazione tra gli operatori

occorre permettere lo scambio tra sportelli

ci vogliono più scambi e confronti tra mediatori ed educatori

rafforzare le ore di presenza allo sportello

bisognerebbe avere un lavoro d’équipe più strutturato e lavorare sui singoli case senza pregiudizi

manca un vero scambio tra gli sportelli

moltiplicare gli scambi tra sportelli

ci vuole più formazione comune per scambiare punti di vista e esperienze

 

Operatori dell’area sanitaria

 

Le problematiche nel lavoro con i detenuti immigrati

 

problemi linguistici

abitudini diverse

problemi di comunicazione

la diffidenza

l’assenza di rete socio-familiare all’esterno

malattie della pelle

maggior frequenza di malattie endemiche

creare un rapporto terapeutico di fiducia : spiegare i rischi sanitari

interpretare la richiesta del detenuto immigrato

abuso etilico

atti di autolesionismo

 

Lo sportello ed il ruolo dei mediatori

 

non ne conosco l’esistenza

nessun rapporto con lo sportello

pochi rapporti

la mediazione in questo ambito non è necessaria e rappresenta una spesa ulteriore

nessun rapporto

ci sono solo rapporti sporadici

l’intervento del mediatore potrebbe essere utile se fatto seriamente e con competenze

 

Come migliorare la situazione

 

mediazione linguistica

migliorare le condizioni igienico-sanitarie degli immigrati anche all’esterno

dare più informazioni ai detenuti

fornire un vestiario e dei prodotti igienici ai detenuti

più serietà e competenze negli interventi di mediazione

una formazione specifica sulla comunicazione interculturale

pensare a degli incontri sulla prevenzione sanitaria con i detenuti immigrati

una terapia psico-farmacologica più adeguata

 

Polizia Penitenziaria

 

Conoscenza e rapporti con lo sportello: cosa ne pensa?

 

non so di cosa si tratta

penso che siano dei volontari che prendono in considerazione i problemi degli extracomunitari.

non credo molto nell’attività dello sportello

interviene poco

non è presente nella sezione femminile

non ne conoscevo l’esistenza fino a 10 minuti prima della compilazione del presente

la figura dell’operatore interculturale serve a dare risposte ai detenuti con particolari difficoltà

non sono mai stato informato

al momento della dimissione dall’Istituto dovrebbe curare il rientro nel paese di origine

ci vuole una maggiore collaborazione e più contatti

ci sono ragazzi di diverse nazionalità; una volta ogni tanto vengono a fare dei colloqui con i detenuti extracomunitari

serve ad aiutare i detenuti stranieri per i documenti

è un mezzo di informazione e di orientamento

l’unico filo conduttore con l’esterno

non mi interessa

così non va bene, potrebbe essere più presente nelle sezioni per calmare gli immigrati e dare una risposta alle loro domande

non sapevo nulla dello sportello fino alla presentazione del questionario

c’è scarsa informazione sullo sportello.

 

Rapporto con gli educatori

 

rapporto superficiale

la figura dell’educatore è vana

rapporto molto ristretto

collaborativo

spesso vi sono delle grosse divergenze

non si fanno quasi mai vedere

la sezione femminile è poco seguita

improntato ad un reciproco rispetto istituzionale

rapporti rari

collaborazione reciproca

buoni; di stima

mi sento escluso in quanto alle riunioni dell’ equipe per valutare un extracomunitario non veniamo mai interpellati; anche se siamo i primi diretti interessati al contatto col detenuto

troppo distanti

non siamo mai chiamati ad esprimere il nostro parere in merito al comportamento del detenuto

 

Relazione tra detenuti italiani e stranieri

 

non facile, viste le differenze culturali e religiose

ci vuole il mediatore culturale

vengono divisi

difficile

ci vogliono più volontari

forti tensioni soprattutto quando si creano dei gruppi separati

i più grossi problemi ci sono con le detenute nigeriane

non buoni

gli assistenti sociali sono impreparati a risolvere i problemi; danno anche dei suggerimenti sbagliati ai detenuti

difficile convivenza in particolar modo nel condividere la stessa cella e le varie attività giornaliere

occorre aumentare il numero degli educatori, operatori e volontari per migliorare la comunicazione

non buona, la maggior parte di immigrati è legata ai problemi di spaccio di droga; gli italiani a problemi di consumo. Spesso si creano problemi per queste vicende

ci vogliono più assistenti sociali

si crea separazione in quanto gli immigrati più delle volte vivono sulle spalle degli italiani

ci vogliono dei ministri del culto; cappellano e imam

rapporti regolari

le relazioni sono difficilissime visto la ristrettezza dello spazio; questo crea molti dissidi e risse

la tendenza è quella del "clan": con il tentativo di sopraffazione da parte degli italiani (napoletani, siciliani) nei confronti di albanesi o maghrebini e viceversa, a secondo del numero di appartenenti alle varie etnie

mancano non solo figure di mediatori culturali ma anche una preparazione degli agenti per sapere come comunicare con i detenuti stranieri

tensioni dovute al razzismo

la separazione per gruppi etnici aumenta le tensioni

 

Assistenti sociali del CSSA

 

Rapporti con lo Sportello – utilità nel rapporto con l’esterno

 

nessun rapporto

mancanza di informazione

perplessità sull’efficacia dello sportello

rapporto molto saltuario

quasi inesistente

saltuario; mancano esperti e consulenti che garantiscano un minimo di presenza e di continuità

non ha visibilità all’esterno

dovrebbe essere un servizio di orientamento e informazione

ho imparato a conoscere lo sportello con i seminari regionali

preparare il detenuto durante la fase trattamentale per la fase in uscita

nessun rapporto; per avere informazioni mi rivolgo al Centro stranieri del Comune

 

Come dovrebbe essere uno sportello proiettato verso l’esterno?

 

ubicazione non solo interna ma anche esterna

maggior coordinamento e rapporto con il CSSA

gli operatori dello sportello dovrebbero conoscere molto bene le risorse del territorio

proiettato troppo all’esterno rischia di sovrapporsi ad altri Enti

maggior collegamento con il CSSA e la questura

figure professionali formate e preparate al lavoro di rete

creare più momenti di scambio tra sportello e agenzie esterne

il mediatore preparato dovrebbe essere presente nella fase di reinserimento

strutturare dei momenti d’incontro per progettare il reinserimento

 

Proposte

 

ci vuole maggiore chiarezza sugli obiettivi trattamentali con i detenuti immigrati

rafforzare il collegamento esterno con dei mediatori all’uscita

puntare sulla formazione degli operatori

coinvolgere di più le Associazioni d’immigrati

una formazione mirata conoscere meglio i mondi culturali di provenienza degli immigrati

una formazione specifica sull’evoluzione del quadro normativo sull’immigrazione

lavoro di rete e di gruppo

formare i mediatori

riconoscimento giuridico della figura del mediatore precisando ruolo e compiti

formare i mediatori ad accompagnare il percorso di reinserimento

 

Analisi risposte

 

Premessa metodologica

 

I questionari compilati dagli operatori degli Istituti sono 274; 53 per Bologna, 47 per Forlì, 30 per Piacenza, 27 per Rimini, 26 per Ferrara, 25 per Modena, 21 per Ravenna, 22 per Parma e 23 per Reggio Emilia.

A questi occorre aggiungere 83 questionari compilati dai diversi Centri per i Servizi sociali. Dalla lettura numerica dei questionari per Istituto si evidenzia lo sforzo di Forlì e la consistenza dei diversi Istituti. Ovunque la Polizia penitenziaria ha fornito un impegno significativo così come gli operatori dell’area sanitaria. Ci è sembrato più utile aggregare le risposte trasversalmente e non focalizzarci su ogni Istituto; dalla lettura delle risposte per categoria professionale non emergono poi differenze così grosse tra le varie realtà locali.

I problemi incontrati sono simili con gradazioni diverse in tutti gli Istituti.

Questa indagine si configura come una ricerca qualitativa con un approccio interattivo di valutazione dei processi di formazione del modo di rappresentarsi l’immigrato in carcere, di costruzione del rapporto con gli sportelli e di strutturazione degli interventi pratici.

Il questionario è stato lo strumento - costruito con gli operatori del gruppo tecnico regionale - per esplorare problematiche, bisogni, nodi critici , punti di forza e proposte. Per riprendere quello che scriveva John Dewey in " Esperienza e educazione" abbiamo la convinzione che solo la valutazione dell’esperienza pratica possa fornire gli elementi necessari per uno sviluppo ulteriore del progetto regionale: "Tutto dipende dalla qualità della esperienza che si ha. La qualità di ogni esperienza ha due aspetti: da un lato essa può essere immediatamente gradevole o sgradevole, dall’altro essa esercita la sua influenza sulle esperienze ulteriori…L’effetto di un’esperienza non lo si può conoscere subito. Pone un problema all’operatore, quello di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno".

Dopo l’analisi delle risposte si tratterà quindi, rispetto al progetto Sportelli "di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno". Abbiamo scelto un approccio interattivo coinvolgendo tutti gli operatori per avere delle informazioni e il punto di vista degli attori che interagiscono nella gestione dei progetti locali; sempre Dewey diceva che "ogni esperienza umana alla fin fine è sociale e implica contatto e comunicazione"; gli scopi di questa indagine sono:

studiare i vissuti o meglio le attribuzioni che il singolo attore o la singola categoria professionale assegna all’esperienza con i detenuti immigrati e al suo rapporto con lo sportello;

ricostruire il "sistema concettuale" impiegato da ogni attore per esplicitare la sua esperienza;

considerare il "fatto immigrazione in carcere"- che è un fatto sociale totale, per usare una espressione di Marcel Mauss - e "l’evento Sportello" per il ruolo che esso ha in quanto stimolatore e organizzatore dell’esperienza.

Quest’approccio interattivo si realizza attraverso la procedura della ricerca partecipata cioè un metodo che si giova dell’associazione alle operazioni e alla ipotesi della ricerca di coloro che entrano a far parte del campo di ricerca. Questo spiega il coinvolgimento dei rappresentanti dei vari gruppi (Istituti, CSSA, enti locali, Prap) e degli stessi operatori(polizia penitenziaria,educatori,operatori sanitari,mediatori sportello e assistenti sociali).

Ogni attore ha così il modo di "disvelare le proprie potenzialità interpretativa e propositiva", le loro ragioni e i loro bisogni; questa ricerca partecipata ha costruito una rete e ha funzionato come un processo di riflessione sistemica e di analisi dell’esperienza. Parole chiave, incidenti critici, differenziatore semantico (misurazione psico-simbolica delle cose attraverso "reattivi" cioè concetti ricorrenti) servono nella nostra ricerca a mettere in evidenza i "modelli pratici", le "mappe mentali" che consentono ai vari attori di agire e di orientarsi. Il sistema carcere; inteso come spazio di relazioni formali e informali, funziona come uno "spazio simbolico" dove l’habitus, per riprendere l’analisi di P.Bourdieu, cioè quell’insieme di disposizioni cognitive e pratiche traduce le modalità soggettive incorporate dalle strutture sociali; in questo caso dalla presenza degli immigrati e dall’apertura di un intervento specifico come lo sportello. Questa indagine si colloca in un momento particolare della storia dell’ordinamento penitenziario e della sua evoluzione; è Don Luigi Ciotti che affermava tempo fa: " le carceri italiani stanno scoppiando sotto il peso di una politica della sicurezza esclusivamente repressiva. A farne le spese, però, sono le fasce deboli della società. Con buona pace della funzione riabilitativa della sanzione".

Rusche e Kirchheimer ci hanno mostrato che la pena è un "prodotto storico" che subisce dei mutamenti in relazione con l’insieme dei rapporti sociali; è uno strumento delle "classe pericolose"- come venivano chiamate una volta. Oggi le "classi pericolose" vengono identificate con gli immigrati; inoltre le problematiche che emergono dalle risposte al questionario riflettono uno stato di sofferenza complessiva del Sistema carcere. Questo stato di sofferenza che viene espresso dalle risposte date dalla polizia Penitenziaria soprattutto, ma in qualche modo anche dagli altri attori, si colloca nel quadro di una tendenza generale ; Massimo Pavarini ci ha mostrato come a partire dal 1990 i tassi di carcerazione indicano un costante trend di crescita (negli ultimi 6 anni sono lievitati del 40%).

Abbiamo scelto di codificare il materiale emerso dalle risposte allo scopo di categorizzarlo per riflettere sugli sviluppi successivi del progetto regionale: il metodo utilizzato è quello della "codifica aperta" cioè esprimere i dati sotto forma di concetti; individuando dei "concetti chiavi" e dei "temi sensibili". Attraverso questo tipo di rielaborazione ci proponiamo d’individuare le mappe concettuali, i sistemi rappresentativi degli attori, le tematiche calde e le proposte.

Il sistema carcere funziona come un campo interattivo; un insieme di rapporti strutturanti che s’impongono a tutti quelli che entrano in questo campo e che sono spesso irriducibili alle intenzioni degli agenti individuali. E questo campo sociale strutturato come spazio multidimensionale di posizioni, ruoli e funzioni degli attori che produce le rappresentazioni; da questo punto di vista l’immigrazione; la presenza significativa di detenuti stranieri spinge questo campo di forza a riorganizzarsi.

In che misura lo sportello può rappresentare una risposta funzionale a questa riorganizzazione; in che modo s’inserisce in questo campo strutturato oppure ne rimane come un elemento periferico non organico e quale funzione viene conferito a questo servizio? Quali risposte offre ai bisogni dei detenuti immigrati e alle nuove esigenze della gestione del periodo di pena e del trattamento? Ecco alcune delle domande alle quali si tenta di rispondere analizzando le risposte degli operatori stessi in quanto attori-agenti di questo campo strutturato chiamato carcere.

Abbiamo deciso di raggruppare le risposte in modo trasversale; trasversale sia rispetto alle categorie professionali che agli Istituti Penitenziari. Questo ci permette di analizzare le risposte del sistema carcere come insieme di relazioni e di risposte. Ci sono alcune differenziazioni per categoria professionale che verranno riprese nella parte specifica; alla lettura delle risposte provenienti dai vari Istituti ci siamo resi conto che non esistono grosse differenze.

La sostanza delle risposte è abbastanza omogenea sia per i grandi che i piccoli Istituti . Questo può sembrare strano poiché si potrebbe pensare che in una realtà più piccola cambia il tipo di relazione. In realtà la struttura del carcere con il suo sistema gerarchizzato e Di vincoli è simile in tutti gli Istituti e i vissuti dei singoli operatori e delle singole categorie sono abbastanza omogenei.

Le cose si differenziano quando si analizza la parte specifica; qui ogni operatore esprime un punto di vista particolare. Il grosso delle risposte nella parte comune proviene dalla polizia penitenziaria che rappresenta circa il 60% dei questionari consegnati dagli Istituti; gli educatori sono circa il 10%; gli operatori o mediatori degli sportelli il 5,5% (questo dato è anche significativo perché indice di una scarsa partecipazione; le ragioni sono in parte legate al piccolo numero di queste figure; alla loro presenza frammentaria; gli operatori sanitari sono presenti con un numero significativo (il 15%); tra di loro si sono collocati diversi psicologi; notiamo che tutti i direttori e alcuni collaboratori d’Istituto hanno risposto. Abbiamo diviso il dentro dal fuori, da una parte gli Istituti e dall’altro i CSSA. Per questi hanno partecipato tutti i CSSA e anche un gruppo consistente di neo-assunti.

Durante la presentazione dei questionari sia nei vari Istituti che nei diversi CSSA abbiamo notato una partecipazione attenta; e in alcune situazioni molto dinamica. Negli Istituti c’è stata una presenza consistente della polizia penitenziaria; presenza confermata dai questionari consegnati. Abbiamo potuto constatare che in molti Istituti ; e anche nei diversi CSSA, gli operatori ignoravano quasi del tutto l’esistenza dello sportello. Negli incontri sono emersi riflessioni e considerazioni sul fenomeno migratorio; sull’utilità di un intervento del tipo Sportello; i pareri erano spesso differenziati ma anche con una tendenza - determinata dal contesto - a leggere e giudicare l’immigrazione attraverso il prisma particolare (e minoritario) della presenza immigrata in carcere.

Molte domande sullo Sportello sono state fatte durante la presentazione del questionario, per questa ragione è stata anche un’occasione per informare gli operatori penitenziari e gli assistenti sociali del CSSA. In diverse sedi abbiamo registrato in modo netto l’esigenza di avere informazioni più precise sull’evoluzione delle normative in materia di immigrazione ma anche sulle culture di appartenenza dei detenuti. Sono emerse preoccupazioni e giudizi negativi nei confronti dei detenuti di religione islamica. Molti agenti hanno manifestato il loro pesante carico di lavoro e la grave situazione del sovraffollamento nelle celle che crea tensioni tra i detenuti aumentando il disagio.

Complessivamente tutta la rete d’Istituti e di CSSA ha risposto positivamente partecipando alla presentazione dei questionari e poi alla loro compilazione.

La presenza degli immigrati: percezioni e rappresentazioni

 

In molte risposte viene evidenziato il carattere fortemente problematico della presenza degli immigrati in carcere e in Italia.

Troviamo in modo ricorrente frasi come "un grave problema", "portano molti problemi" "creano problemi", "non positiva", "male", non rispettano le regole". Questa percezione è fortemente presente nel corpo di polizia penitenziaria ma anche tra gli educatori e gli operatori sanitari. La percezione problematica del fenomeno va da l’espressione di un semplice disagio, di un sentimento d’impotenza a veri e propri giudizi di valore sugli immigrati.

Le cause della problematicità degli immigrati in carcere viene vista nelle differenze culturali e religiose; nel numero (questo provoca una situazione di sovraffollamento che produce disagio per tutti; operatori e detenuti); nei problemi di comunicazione. In diverse risposte si parla di "pericolo per la sicurezza" e di incapacità delle strutture penitenziarie di gestire il fenomeno.

Sono frequenti l’espressione di giudizi di valore negativi su alcune categorie di detenuti immigrati come quelli di religione musulmana.

Molti operatori prendono atto del mutamento intervenuto e evidenziano le difficoltà di gestione della detenzione

Tutti gli operatori in modo differenziato sentono la necessità di cercare delle soluzioni nuove. La percezione netta è che il carcere rispecchia in modo accentuato in cambiamenti intervenuti nella società. Ci sono anche giudizi (forse bisognerebbe chiamarli pregiudizi) negativi sui paesi di provenienza. I giudizi sui detenuti di religione musulmana sono spesso negativi ("non si vogliono integrare", "non riescono ad adeguarsi all’occidente", "non accettano le regole").

La polizia penitenziaria sottolinea come sia difficile la convivenza tra persone di cultura e religione diversa in celle sovraffollate. Rispetto ai modi problematici vengono segnalate la violenza, l’alcolismo, la tossicodipendenza e l’autolesionismo. La mappa delle percezioni tende ad identificare il detenuto immigrato come fortemente problematico e di difficile gestione.

Osserviamo che queste risposte non provengono solo dalla parte più importante dei questionari compilati dalla polizia penitenziaria, ma anche dalle altre categorie professionali.

Anche nelle risposte degli assistenti sociali dei CSSA troviamo un quadro concettuale simile anche se l’accento viene posto sul fatto che gli immigrati non ottengono l’accesso alle misure alternative e che il loro possibile reinserimento sociale in uscita è spesso problematico. Tra gli assistenti sociali come fra l’altro tra la polizia penitenziaria diversi operatori pensano che i detenuti stranieri dovrebbero "espiare" la pena detentiva nei loro paesi di origine. Nei problemi che si pongono viene anche indicato il rischio di un aumento del razzismo tra gli operatori.

 

Presenza degli immigrati (% sull’insieme dei questionari)

Problema: 80%

Dato di fatto: 20%

Lingua: 90%

Cultura: 60%

Religione: 55%

Comunicazione: 80%

Tossicodipendenza: 35%

Alcoolismo: 30%

Autolesionismo: 30%

 

 

Nei problemi percepiti ci sono quelli legati alla comunicazione; è sicuramente l’aspetto problematico più significativo che emerge dall’insieme delle risposte; difficoltà comunicative dovute alla lingua, alle differenze culturali, (costumi e religione) nonché alla situazione di disagio che vivono in generale i detenuti . Ci sembra anche interessante sottolineare la risposta data alla domanda se "serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti".

Ci sono tre tipi di risposte: 1) chi dice che i detenuti immigrati dovrebbero eseguire la pena nei paesi di origine; 2) chi sottolinea che l’intervento trattamentale in Italia è un obbligo e 3) chi dice che bisognerebbe affrontare il problema a monte, cioè il controllo delle frontiere. Qualcuno vede nella minaccia di una espulsione per eseguire la pena nel paese d’origine come un deterrente per costringere l’immigrato a farsi identificare.

 

I problemi e i bisogni dei detenuti immigrati

 

La lingua è uno dei problemi per molti immigrati; la difficoltà di potersi spiegare, di capire e di comprendere regole, diritti e doveri quando entrano in carcere. Molti operatori fanno osservare che la lontananza dalla famiglia, la difficoltà, e in alcuni casi l’impossibilità di telefonare ai parenti aumento lo stato d’isolamento comunicativo del detenuto. Ci sono poi bisogni elementari come: lavorare, telefonare a casa, risolvere i problemi attinenti ai documenti, la mancanza di soldi.

C’è anche l’ansia e la paura per quello che succederà in uscita: espulsione o no.

Diversi operatori mettono in evidenza che la paura provoca spesso uno stato depressivo oppure aumenta l’aggressività; produce anche spesso autoisolamento rafforzando così il senso di solitudine.

Il detenuto immigrato vive un enorme deficit di affettività visto l’impossibilità di avere contatti con i propri familiari ma anche, nel caso particolare dei musulmani di poter praticare il proprio credo religioso.

Inoltre l’impossibilità di lavorare crea tensione e aumenta il disagio del detenuto; a questo bisogna aggiungere i problemi di tossicodipendenza, di alcoolismo e i fenomeni di autolesionismo. Molti operatori notano come non sia semplice la convivenza in un contesto ristretto e sovraffollato come quello carcerari. C’è anche qualcuno che sottolinea le problematiche specifiche delle sezioni femminili evidenziando come mancano lì progetti specifici.

 

Problemi e bisogni degli immigrati

 

Permesso di soggiorno: 90%

Contatti con la famiglia: 85%

Lavoro: 80%

Soldi: 80%

Culto: 50%

Tossicodipendenza: 20%

Autolesionismo: 20%

Disagio psico-affettivo: 70%

 

Per molti operatori penitenziari, in particolare per la polizia penitenziaria ma anche una certa percentuale di operatori sanitari, ci sono detenuti stranieri che presentano più problemi di altri: sarebbe il caso di albanesi, marocchini, tunisini, ed algerini.

Secondo questi operatori questa categoria "etnica" di detenuti perché "abituati a vivere in un altro modo" non rispettano le regole e si dimostrano più aggressivi.

 

Serve occuparsi dei detenuti senza documenti destinati all’esclusione

 

Si: 70%

No: 25

La pena va eseguita nel paese di origine: 20%

Dipende: 5%

 

La maggioranza degli operatori considera che "l’intervento trattamentale" è un obbligo; l’intervento serve al recupero della dignità e per dare al detenuto il coraggio di affrontare la situazione in uscita dal carcere. Un 20% afferma che i detenuti dovrebbero compiere la pena nei loro paesi di origine. Tra i problemi sottolineati dalle risposte troviamo quello della difficile identificazione di molti detenuti.

 

Proposte per migliorare

 

Diversi operatori della polizia penitenziaria chiedono un maggior riguardo per il lavoro che svolgono; molti chiedono di affrontare il problema del sovraffollamento delle celle che crea disagio e tensioni.

L’incremento del personale in carico e l’alleggerimento dei turni di lavoro. Molti operatori mettono l’accento sull’importanza della conoscenza delle lingue oppure sull’utilità di rafforzare la presenza dei mediatori linguistico-culturali.

Occorre predisporre degli opuscoli plurilingue come si sta già facendo in alcune case circondariali. Preparare professionalmente gli operatori penitenziari con corsi di aggiornamento sulla mediazione culturale, sui paesi di provenienza dei detenuti, sull’evoluzione del quadro normativo. Qualcuno pensa che sia più utile prevedere delle sezioni carcerarie per solo detenuti immigrati ma anche favorire l’accesso al lavoro; questo può migliorare la qualità della comunicazione e abbassare la tensione. Ci vuole la collaborazione degli enti presenti sul territorio: comuni, servizio sociale.

Qualcuno si spinge anche a proporre dei corsi di lingua araba per gli operatori vista la presenza consistente di detenuti provenienti del Maghreb.

 

C.S.S.A.

 

Percezione del fenomeno immigrazione

 

Le parole ricorrenti sono difficoltà e problema; le difficoltà vengono indicate, la diversità di lingua, di cultura, e di abitudini. Molti operatori evidenziano che il numero di immigrati in carcere è destinato ad aumentare visto che ottengono con difficoltà i benefici di legge oppure non accedono alle misure alternative.

La percezione è quella di un carcere come "scarica sociale". Qualche operatore pensa tuttavia che gli immigrati che commettono reato dovrebbero eseguire la pena nel paese d’origine. Tra i neoassunti si nota un aumento dell’intolleranza e del razzismo; si mette in evidenza che molti problemi vengono amplificati. Molti operatori pensano che bisogna utilizzare modalità d’intervento e strumenti diversi per rispondere a fenomeni e situazioni nuove; inoltre l’entità dei problemi non troverebbe un corrispondente nelle risorse messe a disposizione. Tra i problemi preoccupanti vengono indicati: il sovraffollamento e quindi il peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie e l’aumento del disagio.

 

I bisogni degli immigrati

 

Molti operatori mettono in evidenza la difficoltà degli immigrati a comprendere l’aspetto giuridico, l’iter burocratico per ottenere i benefici della legge e per accedere ad una difesa legale accettabile. Le difficoltà comunicative dovute alla lingua e alla cultura costituiscono spesso un handicap per l’immigrato nella comprensione dei diversi passaggi del suo percorso carcerario. Permesso di soggiorno, lavoro, alloggio e mancanza di mezzi di sussistenza rappresentano i bisogni fondamentali del detenuto immigrato: molti operatori aggiungono a questo la paura e l’angoscia poiché non hanno prospettive di reinserimento in Italia all’uscita. Vengono anche citati tra i bisogni i contatti con le famiglie, le consulenze legali, la mancanza di relazioni con l’esterno. Per molti operatori i problemi dei detenuti immigrati sono simili a quelli degli italiani ma vengono esasperati dalla mancanza di rete di supporto familiare e dall’0angoscia dell’espulsione.

 

I detenuti immigrati senza documenti

 

Gran parte degli operatori considerano che bisogna comunque intervenire anche nei confronti degli immigrati detenuti senza documenti fosse solo per ragioni umanitarie.Tuttavia non mancano le perplessità:

a) chi dice bisogna stare attenti a non creare false aspettative;

b) che il mantenimento in carcere rappresenta un costo per una persona che non ha nessuna possibilità in Italia; c) chi viene espulso rimane comunque in Italia.

Diversi operatori si chiedono se non sarebbe possibile pensare a dei percorsi di accompagnamento per il ritorno nel paese di origine. Comunque la maggioranza pensa che l’intervento serve perché dà la possibilità alla persona di conservare un minimo di dignità.

 

Proposte

 

Una serie di suggerimento va nel senso di più formazione agli operatori; più coordinamento tra l’interno e l’esterno e più possibilità di incontro tra operatori.

Ci sono altre proposte come:

a) incrementare gli interventi di mediazione culturale (con una particolare attenzione dentro-fuori)

b) formare e sensibilizzare il personale penitenziario

c) aumentare oil numero degli operatori dell’area educativa

d) comunicare di più tra i servizi

e) potenziare qualitativamente la presenza dello sportello.

Ci sono poi proposte che riguardano specificatamente i detenuti: prevedere un trattamento più personalizzato; favorire l’accesso al lavoro e alla formazione, fornire maggiore informazione ai detenuti, favorire la comunicazione, con la presenza e il supporto dei mediatori, per diminuire la conflittualità. Il lavoro di rete, il collegamento con la formazione professionale e i centri d’ascolto del territorio possono costituire altre possibilità per diminuire anche la conflittualità e il disagio tra i detenuti.

 

Parte specifica per categoria professionale

 

Direttori Case Circondariali

 

a) Utilità

 

Tranne per Parma abbiamo la risposta di tutti i direttori d’Istituto e in alcuni casi anche dei collaboratori d’Istituto. Lo sportello viene visto da tutti come uno strumento utile per favorire la comunicazione con i detenuti immigrati ed entrare in relazione con i loro bisogni.

Viene sottolineato il ruolo positivo del mediatore nell’attività d’informazione e di sostegno dei detenuti; lo sportello da questo punto di vista costituisce un utile servizio d’ascolto delle problematiche dei detenuti immigrati. Si chiede tuttavia che lo sportello abbia un’attività più costante; in alcuni Istituti si lamenta la discontinuità del servizio.

 

b) Un servizio organico dell’Istituto

 

Un direttore esplicita il suo parere favorevole alla trasformazione dello sportello in un servizio dell’Istituto; gli altri si dicono favorevoli chiedendo tuttavia una maggiore presenza degli operatori e degli obiettivi più specifici.

Un direttore fa presente che non è utile che lo sportello diventi un servizio dell’’Istituto poiché è già previsto dall’O.P; basterebbe sensibilizzare la polizia penitenziaria. Il timore di molti direttori è che ci siano della sovrapposizioni di ruoli.

 

Educatori

 

Per diversi educatori si lamenta la discontinuità e frammentarietà dei rapporti con lo sportello; si chiede un potenziamento della presenza dello sportello; una maggiore presenza dei mediatori (e una formazione specifica per quest’ultimi).

Gli educatori cercano di collaborare con uno strumento che vedono come utile per favorire informazioni e seguire altri casi. Si chiede che lo sportello intervenga nella fase informativa nei confronti di tutti i detenuti immigrati. Ci vorrebbe tuttavia maggiore coordinamento e un rapporto più strutturato nel tempo.

Il ruolo del mediatore viene visto come importante sia per fornire informazione al detenuto che per orientarlo. Va tuttavia curato meglio l’aspetto informativo dello sportello sia nei confronti dei detenuti che degli operatori.

Molti educatori pensano che lo sportello possa svolgere una "funzione ponte" tra l’interno e l’esterno attraverso un lavoro di orientamento. La presenza dei mediatori può rassicurare alcuni detenuti stranieri e produrre in questo modo un calo della tensione. Qualcuno chiede anche la presenza nell’ambito dello sportello di un supporto psicologico per il detenuto straniero nelle situazioni difficili e necessarie.

 

Operatori e mediatori dello sportello

 

Il ruolo

 

Moti operatori e mediatori si sentono visti come volontari; molti agenti di polizia penitenziarie ignorano quello che fa lo sportello. Manca un riconoscimento effettivo del lavoro svolto; c’è riconoscimento con gli operatori che sono a contatti con lo sportello. Molti operatori dichiarano anche essere confusi rispetto al loro ruolo specifico. In genere i rapporti con gli educatori sono di collaborazione positiva; i problemi che esistono dipendono dall’organizzazione degli orari e quindi dalle difficoltà di incontrarsi.

I rapporti con gli agenti sono importanti anche se ignorano spesso quello che fa lo sportello; inoltre molti agenti dimostrano delle chiusure non piccole nei confronti degli immigrati.

 

Bisogni dei detenuti immigrati

 

Le questioni legate ai documenti, al contatto con le famiglie nel paese di origine, la contatto con gli avvocati; alle richieste da mandare al tribunale, al lavoro e allo stato d’indigenza. Ci sono anche bisogni legati alla sofferenza psichica; stati depressivi e solitudine; stati di ansia e paure di fronte alla prospettiva dell’espulsione.

I detenuti immigrati vorrebbero usufruire delle misure alternative e dei benefici come gli italiani. Da questo punto di vista lo sportello rappresenta uno spazio d’ascolto, molti immigrati vanno allo sportello per parlare e sentirsi ascoltati. Il supporto linguistico e l’assistenza religiosa, in particolare nel caso dei musulmani, costituiscono altre richieste dei detenuti che hanno spesso bisogno di un sostegno di natura psicologica.

 

Proposte

 

I mediatori chiedono un riconoscimento giuridico del loro ruolo; chiedono di potere avere degli scambi con gli operatori degli altri sportelli. Tra le proposte c’è quella di garantire maggior continuità agli interventi nonché favorire una formazione più mirata. Manca anche un lavoro d’équipe sistematico con gli educatori, gli operatori sanitari e gli agenti.

 

Polizia penitenziaria

 

Il dato che emerge da tutte le risposte della polizia penitenziaria è la non conoscenza dell’esistenza dello sportello. Sull’insieme dei questionari compilati l’ottantacinque per cento dichiara avere sentito parlare dello sportello per la prima volta il giorno della presentazione del questionario.

Molti si lamentano del poco coinvolgimento della polizia e della scarsa collaborazione e informazione.

Solo nel 15 % dei questionari si dice di sapere più o meno cosa fa allo sportello. In questo caso la valutazione dell’utilità di un intervento di questo tipo è positiva. Alcuni agenti chiedono un intervento dei mediatori nelle sezioni per aiutare ad abbassare le tensioni che scoppiano; molti problemi nascono da difficoltà comunicative.

Gli agenti lamentano una superficialità e saltuarietà dei rapporti con gli educatori; per molti di loro non c’è abbastanza collaborazione. Viene anche precisato che non c’è abbastanza attenzione per le donne detenute che presentano problemi specifici. Il rapporto tra detenuti immigrati e italiani sono visti come difficili e problematici; ci sono tensioni e anche episodi di razzismo alimentato anche dalla logica di clan che domina in carcere. Si fa notare come manca una preparazione adeguata per affrontare questa nuova situazione che richiederebbe la presenza di mediatori culturali preparati

Molti agenti segnalano le condizioni di sovraffollamento delle celle come uno dei grossi problemi poiché il disagio ambientale accentua tensioni, conflitti e incomprensioni. Inoltre non viene visto necessariamente come soluzione la separazione etnica dello spazio carcerario. Diversi agenti pensano che alcuni immigrati siano più problematici per motivi etnici e culturali il razzismo costituisce uno dei problemi ma non sembra quello determinante per gli agenti. L’attività dello sportello rimane tuttavia sconosciuta alla maggioranza degli agenti. Lì dove gli agenti hanno avuto occasione di conoscere lo sportello la valutazione fatta è positiva.

 

Lo sportello per gli agenti che lo conoscono

Attività positiva: 80%

Perplessi: 10%

Inutile: 10%

 

Punti forti

Mezzo di supporto al detenuto straniero: 70%

Filo con l’esterno: 20%

Informa e orienta: 10%

 

Molti agenti riportano comunque le difficoltà comunicative e il ruolo è positivo che possono avere i mediatori.

Nella valutazione della condizione del detenuto immigrato occorre tener conto di quello che il sociologo algerino Abdelmalek Sayad chiama in un bel libro dedicato all’immigrazione maghrebina in Francia, "la doppia assenza". "Dalle illusioni dell’immigrato alle sofferenze dell’immigrato". Pierre Bourdieu scrive nella prefazione di questo libro che emigrazione e immigrazione sono due fenomeni indissociabili " come il dritto e il rovescio dello stesso foglio".

Sayad ci restituisce le storie vive della migrazione con questi i due momenti ( emigrazione e immigrazione) inscindibili; l’emigrazione è infondo una grande "menzogna collettiva" attraverso la quale l’immigrazione si riproduce poiché ogni immigrato è portato, per rispetto per se stesso e per il gruppo che lo ha delegato ad esiliarsi, a dissimulare le sofferenze legate all’emigrazione e ad incoraggiare in questo modo nuove partenze. La doppia assenza della condizione dell’immigrato: assente dalla sua famiglia, dal suo villaggio, dal suo paese-quindi colpita da una colpevolezze non espiabile- ma anche assente sul paese di arrivo perché escluso o trattato come semplice forza lavoro.

Dalle risposte degli operatori degli sportelli sui bisogni dei detenuti immigrati questa "doppia assenza" che è anche una "doppia colpevolezza" diventa insopportabile provocando una destrutturazione della personalità, una forte tensione psichica ed una impossibilità di "espiare" questa doppia colpa sia nei confronti della società di partenza che di quella di arrivo.

 

Assistenti sociali CSSA

 

La stragrande maggioranza degli assistenti sociali dichiara mancare di informazioni sull’attività dello sportello; il rapporto quando c’è molto saltuario ( molti assistenti dicono aver avuto conoscenza dello sportello attraverso i seminari regionali). Lo sportello dovrebbe essere più collegato alle questure e d ai CSSA si lamenta anche l’esistenza di mediatori preparati per gestire l’accompagnamento e il reinserimento in uscita dal carcere, gli assistenti sociali insistono molto:

  1. sulla chiarezza dei ruoli

  2. sulla formazione degli operatori e dei mediatori

  3. sull’importanza del lavoro di rete

  4. sul collegamento sportelli-questure-servizi sociali

 

Considerazioni finali

 

Si tratta di leggere il risultato di questo lavoro da due punti di vista:

quello del sistema di attori coinvolti

quello delle prospettive future del progetto.

Inoltre non si può non introdurre la variabile della nuova normativa che finirà per incidere in modo non trascurabile sull’andamento del progetto. Non è un risultato trascurabile l’avere costruito una rete di connessioni tra Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria, Regione, Istituti Penitenziari, Enti locali e CSSA; la mediazione continua tra questi vari soggetti istituzionali non è stata sempre semplice. Occorre anche aggiungere a questo che sia durante i seminari regionali che le riunioni del gruppo di pilotaggio regionale gli operatori (agenti, educatori, assistenti sociali, operatori e mediatori sportelli) hanno avuto la possibilità di conoscersi e confrontarsi.

La stessa metodologia di lavoro di una partecipazione attiva degli stessi operatori alla costruzione dell’indagine valutativa ci sembra un risultato positivo.

Basta pensare a quello che è avvenuto durante la presentazione dei questionari nei vari Istituti e CSSA.

Negli Istituti c’è stata una presenza significativa della polizia penitenziaria con gli interventi di chiarimento e l’espressione di diversi punti di vista sulla questione immigrazione vista dall’osservatorio carcerario. Educatori, operatori sanitari e operatori degli sportelli hanno partecipato attivamente a questi incontri che sono spesso diventati dei momenti per conoscere meglio il progetto regionale. Nei CSSA gli operatori hanno chiesto informazioni e manifestato l’interesse per un progetto più visibile e collegato con il territorio.

Tutti gli operatori informati e a conoscenza del progetto lo giudicano positivamente e chiedono una presenza più costante degli operatori dello sportello. C’è anche la consapevolezza del ruolo del mediatore ma c’è anche la richiesta di una maggiore definizione di quest’ultimo.

Dalla ricerca emergono tre tipi d problematiche rispetto al progetto Sportelli e alle sue possibili prospettive:

Deve diventare un servizio organico all’amministrazione penitenziaria? In che misura il Ministero di Grazia e Giustizia è disposto a rendere più strutturale la funzione degli sportelli all’interno degli Istituti Penitenziari?

Per rispondere a questa domanda occorre chiarire gli ambiti di intervento degli sportelli all’interno degli Istituti ma anche come interfaccia con l’esterno.

 

Grosso modo le funzioni svolte dai vari sportelli al di là delle peculiarità locali sono 4:

una funzione informativa (regolamenti, documenti, questioni legali)

una funzione orientativa (raccordo con servizi socio-assistenziali, CSSA, servizi sanitari, centri per l’impiego)

una funzione di sostegno accompagnamento (rapporti possibili con cooperativi sociali, opportunità di reinserimento, modalità possibili del rimpatrio)

una funzione di lavoro sociale di rete: (modalità di lavoro di rete con gli attori interni all’Istituto e con quelli esterni

Queste funzioni svolte dagli sportelli richiedono la presenza di diverse competenze che già in parte si stanno sperimentando sulla gestione degli interventi. Un coordinatore del servizio in grado di gestire la complessità dei rapporti con gli attori interni ed esterni all’Istituto e dei mediatori formati a lavorare in ambito penitenziario con i detenuti. Questo spiega perché molti operatori propongono una formazione più adeguata dei mediatori e anche una definizione più precisa del ruolo per evitare sovrapposizioni e situazioni conflittuali con altre figure professionali. Per esempio nel rapporto con gli altri operatori dell’aerea pedagogica. Inoltre questa maggiore chiarezza del ruolo che dovrà anche passare attraverso il riconoscimento del profilo professionale permetterà ai mediatori di non essere più percepiti dalla polizia penitenziaria come dei volontari.

Alcuni temi da affrontare:

Il riconoscimento e la definizione del ruolo implica anche l’elaborazione di un codice deontologico. Molti agenti vedono nei mediatori degli strumenti utili per l’identificazione dei detenuti. La domanda è : è deontologicamente accettabile e rientra nel ruolo del mediatore dello Sportello? Oppure la richiesta di fare intervenire i mediatori nelle sezioni per mediatori nelle sezioni per mediare rispetto a conflitti che scoppiano; rientra nei compiti del mediatore? Insomma occorre fare uno sforzo di definizione del ruolo e circoscrivere dei compiti

Un altro punto di grande importanza riguarda la formazione e l’aggiornamento delle competenze degli operatori penitenziari per gestire una situazione cambiata radicalmente sul piano antropologico. Agenti di polizia penitenziaria, operatori dell’aerea pedagogica dell’area sanitaria e assistenti sociali. Credo che la situazioni nuova ha creato nuovi bisogni e nuove esigenze; ci vogliono nuovi saperi, nuovi strumenti, nuove conoscenze e metodologie d’intervento. Nelle risposte ai questionari sono gli stessi operatori a chiedere una maggiore formazione e un aggiornamento delle loro conoscenze.

L’importanza del lavoro sociale di rete:

Oltre a facilitare l’accesso dei detenuti ai propri diritti occorre porsi il problema dello sportello come mediazione funzionale con l’esterno. Già adesso molti sportelli hanno dei rapporti con i servizi socio-assistenziali e sanitari del territorio, con il servizio sanitario, i Centri per l’impiego, le Questure e le Autorità Consolari.

Dalle risposte date dagli educatori e dagli assistenti sociali emerge l’importanza del ruolo-ponte dello sportello con l’esterno; tra la fase trattamentale e l’uscita del detenuto. Che tipo di progettualità per il reinserimento sociale in Italia oppure che tipo di transizione-accompagnamento per un possibile rientro in Patria. Non solo dei collegamenti con i servizi ma anche con l’associazionismo (compreso quello degli immigrati) il privato sociale (in particolare le cooperative sociali) i Centri di formazione professionale e le ONG.

Arrivato a questo punto del progetto sarebbe importante che si aprisse una rete interattiva tra gli sportelli; con la creazione di uno spazio internet, e che si costituisse una documentazione con inserimento informatico in un sito coordinato dalla Regione. Ci vuole anche un maggiore coinvolgimento degli operatori penitenziari con l’organizzazione di incontri periodici tra esperienze.

L’esperienza regionale ha permesso di riflettere sul profilo professionale del mediatore culturale e il suo ruolo.

Intanto gli operatori della comunicazione interculturale dovrebbero avere una serie di competenze trasversali ma anche delle competenze specifiche.

Ci sembra di poter indicare alcune di queste competenze; competenze che sono spesso esperienziali ma che devono diventare professionali.

Per esempio: per non ridurre il ruolo del mediatore a quello di interprete non basta essere un operatore proveniente dalla stessa area geo-linguistica dell’immigrato per essere in grado di gestire in termini di facilitazione i processi comunicativi. Non è detto che un marocchino per il fatto di essere un marocchino, sappia lavorare con altri marocchini. Per di più il mediatore di origine marocchina può trovarsi a lavorare con immigrati di altre provenienze geo-linguistiche e culturali.

L’importante è che l’operatore della comunicazione interculturale abbia rielaborato in termini professionali, la propria esperienza migratoria. Da questo punto di vista non è escluso che degli italiani abbiano questi prerequisiti. L’Operatore della comunicazione interculturale o mediatore culturale ha come compito di produrre relazione d’aiuto in un contesto multietnico e pluriculturale, deve facilitare la comunicazione, favorire l’accoglienza e l’accesso degli immigrati al sistema dei servizi sul territorio, produce azioni comunicative per favorire una integrazione sociale rispettosa delle diversità e del pluralismo culturale.

Una volta acquisito le competenze trasversali necessarie il mediatore deve diventare un esperto della comunicazione interculturale in un settore di attività specifico: per esempio l’ambito giudiziario. Diventa importante arrivare alla definizione di u profilo professionale giuridicamente formalizzato. Nel caso contrario questa figura rischia di rimanere ambigua, debole e poco chiara sia rispetto al proprio ruolo che al proprio ambito contrattuale.

Analisi di un contesto situazionale: sportello immigrati e carcere

 

Premessa

 

Ogni contesto funziona come un sistema interattivo che produce rappresentazioni e autopercezioni degli attori che lo compongono. La proposta è di fare un’analisi etnologica del contesto carcerario partendo dall’agente analizzatore sportello immigrati. Il metodo d’indagine è quello sviluppato dall’etnometodologia: il metodo documentario delle procedure interpretative (gli etnometodi) dei vari gruppi ed attori del contesto. È proprio attraverso le interazioni di campo che si costruiscono le rappresentazioni che organizzano lo spazio sociale di relazioni fatto di regole, vincoli e codici. L’etnometodologia mira a comprendere le procedure pratiche degli attori che interagiscono tra di loro: questo tipo di indagine ha come scopo di rendere leggibile il contesto ai suoi attori e di fare emergere la costruzione dell’immagine dell’altro nella dinamica dei ruoli. Capire qual è la percezione dell’attività dello sportello ci permetterà anche di valutare qual è la rappresentazione che ogni attore ha del proprio ruolo ne l rapporto con gli altri e nel lavoro con i detenuti immigrati.

 

Una ricerca azione ed intervento per migliorare il sistema di risposte

 

Questa indagine viene concepita come:

  1. una ricerca partecipata; vedrà la partecipazione di direttori, agenti, educatori, mediatori, operatori sanitari ed assistenti sociali

  2. una ricerca azione che permetterà ad ogni attore d’interagire con gli altri nel momento della rielaborazione

  3. una ricerca intervento che permetta al contesto e ai suoi attori di leggere se stessi e di ragionare sulle strategie di miglioramento del Sistema Comunicativo. Questa ricerca potrà fornire strumenti supplementari di comprensione delle azioni rivolte a promuovere risposte di lavoro operativo in ambito carcerario.

Questo spazio di ricerca può evidenziare nodi critici, bisogni non esplicitati, zone potenziali di sviluppo nel lavoro con detenuti immigrati: in questo senso il metodo della ricerca qualitativa ha anche per obiettivo di favorire un processo autoformativo. Gli sportelli informativi saranno le regie di diffusione dei questionari che serviranno a rilevar i dati utili allo sviluppo dell’indagine.

 

Strumento: questionario a domande aperte

 

Il questionario sarà strutturato in due parti:

(1) una parte trasversale per tutti gli attori (direttori, agenti, educatori, assistenti sociali, operatori sanitari e mediatori sportelli) e (2) una specifica per ogni attore. Il questionario va somministrato a tutti gli agenti, a tutti gli educatori, a tutti gli assistenti sociali e a tutti i mediatori. Il questionario sarà anonimo e verrà distribuito attraverso i referenti individuati dal gruppo di pilotage regionale.

 

Parte comune:

 

  1. Come vedi la presenza degli immigrati non comunitari in carcere?

  2. Pensi che la situazione carceraria stia subendo dei mutamenti particolari con la presenza immigrata in carcere?

  3. Quali sono, secondo te, le problematiche principali dei detenuti immigrati in carcere?

  4. Secondo te è importante intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti che non hanno prospettive di uscita?

  5. Cosa si può fare per migliorare la situazione in carcere?

  6. Ci sono detenuti immigrati che creano più problemi degli altri? Nel caso affermativo puoi specificare?

  7. Quali sono, secondo voi, i bisogni degli immigrati detenuti che non trovano risposte?

 

Direttori degli Istituti Penitenziari

 

  1. Come vede la presenza degli immigrati non comunitari in carcere?

  2. Pensi che la situazione carceraria stia subendo dei mutamenti con la presenza immigrata in carcere?

  3. Cosa ne pensa dell’attività e dell’utilità dello sportello informativo?

  4. Pensa che lo sportello informativo possa diventare un servizio più organico alle attività dell’Istituto?

 

Educatori

 

  1. Come è cambiato il tuo lavoro e il tuo ruolo con l’arrivo dei detenuti immigrati?

  2. Esiste una differenza nella gestione dei casi e nella fase trattamentale tra detenuti immigrati e italiani

  3. Esistono ruoli diversi tra gli educatori nella gestione trattamentale dei detenuti immigrati?

  4. Quali sono i vostri rapporti con gli agenti nella gestione trattamentale dei detenuti immigrati?

  5. Quali sono i vostri rapporti con lo sportello informativo e pensate che intervenga con efficacia?

  6. Ritieni importante costruire una rete di collegamento all’interno e nei rapporti con l’esterno?

 

Polizia Penitenziaria

 

  1. Come è cambiato il tuo lavoro e il tuo ruolo con l’arrivo dei detenuti immigrati non comunitari?

  2. Cosa sai dello sportello informativo per detenuti immigrati?

  3. Pensi che lo sportello possa migliorare e facilitare il tuo rapporto con i detenuti immigrati?

  4. Qual è il tuo rapporto con gli educatori nella gestione trattamentale dei detenuti immigrati?

  5. Come vedi le relazioni tra detenuti italiani e detenuti immigrati?

  6. Quali altri soggetti o attori intervengono per migliorare la comunicazione con gli immigrati?

 

Centro servizi sociali

 

  1. Come è cambiato il tuo lavoro e il tuo ruolo con l’arrivo dei detenuti immigrati?

  2. Che tipo di relazione hai con lo sportello informatico per gli immigrati?

  3. Pensi che questo servizio possa migliorare le condizioni di relazioni con l’esterno e favorire un percorso di "risocializzazione" all’uscita dei detenuti?

  4. Quali caratteristiche dovrebbe avere lo sportello più proiettato verso l’esterno?

  5. Cosa si potrebbe fare per migliorare il vostro lavoro?

 

Operatori e mediatori dello Sportello

 

  1. Si sente riconosciuto come operatore professionale nella gestione dello sportello informativo?

  2. Che tipo di rapporti hai con gli agenti di polizia? Quali le difficoltà e le potenzialità?

  3. Che tipo di rapporti hai con gli educatori? Quali le difficoltà e le potenzialità?

  4. Quali sono i bisogni che esprimono i detenuti immigrati?

  5. Riuscite a fornire delle risposte soddisfacenti?

  6. Cosa bisogna fare per migliorare la funzionalità della rete degli sportelli? Avete scambi e contatti con altri sportelli?

 

Operatori dell’area sanitaria

 

  1. Come è cambiato il suo ruolo e il suo lavoro con l’arrivo dei detenuti immigrati?

  2. Quali sono i problemi più frequenti che emergono con gli immigrati?

  3. Cosa bisognerebbe fare per migliorare le condizioni sanitarie dei detenuti immigrati?

  4. Pensa che potrebbe essere utile un interveto di mediazione culturale in ambito sanitario?

  5. Che rapporto ha con lo sportello informativo?

  6. Pensa che possa migliorare il suo lavoro?

 

 

 

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