Inchiesta di "Famiglia Cristiana"

 

Immigrati, le condizioni degli stranieri detenuti in Italia

Mohammed in carcere, recluso due volte

 

Famiglia Cristiana n° 26 - 30 giugno 2002

 

Sono 16.000, un terzo della popolazione carceraria. E l’associazione Antigone denuncia: dignità e diritti violati. Certo, quando l’avvocato della Human Rights Association parla della situazione in Turchia (che comunque aspira a far parte dell’Europa) vengono i brividi. Parla di torture, di gente sbattuta in galera solo per aver chiamato il figlio con un nome curdo, di botte e di maltrattamenti, di violenze perpetrate nei confronti di politici, intellettuali, giornalisti, scrittori, gente comune. Il convegno di Roma, organizzato dalla Conferenza nazionale volontariato giustizia – con il contributo dell’Assessorato alle Politiche per le periferie del Comune di Roma (l’assessore capitolino Luigi Nieri ha fatto diffondere una guida al lavoro in carcere, pubblicata di recente e destinata ai detenuti delle carceri romane) e dell’Ufficio per l’Italia del Parlamento europeo e della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea –, svoltosi venerdì scorso nella capitale, aveva un tema sconfinato: "Contesti migratori, diritti umani e prigioni nell’Europa allargata del Terzo Millennio". Ma anche un’idea di fondo abbastanza riconoscibile in queste parole: i diritti sono di tutti. Ovvio, si dirà, e invece no. Nella sessione mattutina hanno parlato personaggi di primo piano. Tra gli altri, Alex Zanotelli, missionario comboniano, Marco Bechis, regista cinematografico, e il madrileno Baltasar Garzón, uno dei magistrati più famosi del mondo, che ha condotto all’inizio degli anni Novanta le inchieste sulla corruzione, sulla "guerra sporca" al terrorismo basco, sui desaparecidos spagnoli in Sudamerica, facendo arrestare a Londra l’ex dittatore cileno Pinochet, e che dal ’96 indaga su Silvio Berlusconi per le presunte frodi fiscali legate a Telecinco, un’indagine "congelata" per l’immunità del premier. 

 

Una cultura dei diritti umani 

 

Il pomeriggio ha, invece, messo a fuoco la situazione del nostro Paese – del nostro civilissimo Paese –, soprattutto a proposito della negazione dei diritti nei confronti degli immigrati. Il titolo "Prigioni, diritti e lavoro" comprendeva un po’ tutto: la difficile situazione di chi si trova incarcerato e non parla la nostra lingua, non conosce i suoi diritti, non ha lavoro, non ha riferimenti, è solo. Secondo i dati forniti, sono 16.000 i detenuti stranieri nei penitenziari italiani, pari a più di un terzo della popolazione carceraria.

A Roma i reclusi stranieri sono 1.200, cioè il 35% del totale, che conferma il dato nazionale. Ha detto Nieri: «Per i diritti umani dobbiamo cercare nelle storie dei Codici nazionali standard massimi di comuni denominatori, che abbiano significato per tutti. Dobbiamo cercare di applicare le prassi migliori e a maggior ragione bisogna farlo quando ci occupiamo di migranti o di persone private della libertà». Importante, quindi, creare una cultura dei diritti umani a partire da questi soggetti, migranti e detenuti, categorie i cui diritti sono più a rischio. Il rapporto sullo stato delle prigioni italiane di Antigone, l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, che sta per essere pubblicato, fotografa e denuncia violazioni dei diritti, della dignità delle persone detenute, italiane e straniere (per informazioni: www.associazioneantigone.it). Non sarà una situazione simile a quella turca, ma certo anche da noi grandi progressi in questo senso non si sono fatti. Lo dice, in qualche modo, anche Giovanni Tamburino, del Dipartimento amministrazione penitenziaria: «I diritti sono gli stessi? No. Lo straniero è straniero, e il detenuto straniero è uno straniero detenuto».

 

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