Perché diciamo no ai Cpt

 

Perché diciamo no ai Cpt

Appello dei Padri Comboniani di Castelvolturno

 

Manifestazione Nazionale contro i CPT il 18 Giugno. Associazioni e gruppi manifestano il giorno 18 Giugno davanti alle Prefetture, Questure, CPT o altri luoghi significativi chiedendo la chiusura di queste carceri dove vengono rinchiusi i migranti.

Persone in gabbia. Ce ne sono in questa città, oppure ce ne saranno se i progetti di espansione delle galere etniche andranno in porto. Serviranno a rinchiudere uomini e donne colpevoli solo di voler esistere in un paese che non è il loro, in cui i loro diritti sono sospesi. "Non persone" in un continente che si celebra come la culla dell’accoglienza e del rispetto dei diritti, che proclama la propria democrazia come unica forma di convivenza possibile e intanto esclude, discrimina, elimina chi non è conforme ai propri interessi. I Centri di permanenza temporanea per migranti sono questo e sono molto di più. Sono luoghi in cui si viene rinchiusi per sessanta giorni in attesa di essere identificati e rispediti al proprio paese. Sono luoghi da cui molto spesso si viene espulsi con un foglio senza essere stati identificati, condannando la persona ad una perenne fuga, una continua clandestinità.

Sono luoghi in cui non esistono neanche le garanzie giuridiche degli istituti penitenziari, dove ci si ferisce o si tenta il suicidio, dove non è spesso garantita assistenza legale. Luoghi in cui possono entrare solo i parlamentari, in cui anche il diritto di far sentire la propria voce è impedito.

Luoghi in cui si somministrano farmaci per impedire tumulti e disordini, istituzioni totali in cui operano organizzazioni come la Croce Rossa, Le Misericordie o settori marginali del terzo settore, ma la cui sorveglianza è affidata alle mani e alla discrezionalità dell’autorità del Ministero dell’Interno, del Prefetto, delle forze dell’ordine con l’obbligo di impedire con qualsiasi mezzo la fuga di quelli che con ipocrita censura vengono definiti "ospiti".

Luoghi che gravano sul bilancio dell’ultima legge finanziaria per 105 milioni di euro, soldi che potrebbero servire per accogliere e fornire servizi sociali a migranti e autoctoni e che invece ingrassano i bilanci di chi gestisce ogni singolo centro. Poco è dato sapere a coloro che vogliono conoscere dal di dentro queste realtà: ogni informazione sembra vincolata da segreti riguardanti la sicurezza nazionale tanto che persino ai parlamentari è spesso negato l’accesso ai procedimenti che regolano le convenzioni di appalto fra lo Stato e gli enti gestori. Quello che giunge, dopo molte fatiche, sono solo cifre insignificanti e ambigue.

Ma sono soprattutto luoghi inaccettabili di sofferenza: possono avere l’aria condizionata come a Modena o essere ritenuti inaccettabili per qualsiasi criterio di abitabilità come a Lamezia Terme o a Torino, dove non è raro veder correre fra una gabbia e l’altra, di quelle che recintano i container in cui sono ricevuti gli "ospiti", topi più grossi di un gatto. La sofferenza di essere privati della libertà personale senza alcuna ragione, di ritrovarsi un momento prima al lavoro, al bar con gli amici, in casa e di colpo in una gabbia, vedendo frantumati i sogni di una vita migliore senza neanche capire perché. I Cpt, come ormai sono chiamati da noi, sono una istituzione presente in tutti i paesi del mondo ricco, servono anzi a delimitare i confini, fra chi ha diritto ad un futuro e chi deve tornare a casa propria. In Italia, con una scelta scellerata, li ha istituiti un governo di centro sinistra, li ha inaspriti un governo di centro destra.

Unico il disegno, adeguarsi alle scelte e alle imposizioni dell’Europa che segna e ridisegna continuamente le proprie frontiere con il trattato di Schengen. Esiste, si consolida, trova spazi però un pensare comune che ripudia questi strumenti. Crediamo che i Cpt, come ogni altro strumento di privazione immotivata delle libertà personali, segnino un pericoloso arretramento etico prima ancora che politico. È questa l’accettazione e l’istituzionalizzazione di una divisione gerarchica fra persone a cui sono garantiti i diritti fondamentali e persone da utilizzare come merce e poi rispedire via quando non servono più.

Per questo oggi siamo qui, soggetti diversi, uomini e donne che a questo pensiero non si adeguano a denunciare l’esistenza di questi immondi luoghi di ingiustizia, per affermare col nostro gesto di disobbedienza, un no senza se e senza ma a questi muri a queste sbarre, a questi fili spinati. I Cpt vanno chiusi perché luoghi della vergogna. A coloro che hanno già la sventura di averne nel proprio territorio chiediamo di attivarsi insieme a noi per imporne la chiusura, a coloro che ancora sono immuni chiediamo di imporre alle proprie amministrazioni locali che si diano da fare per impedire che se ne realizzi alcuno. Sarebbe un segnale profondo verso una democrazia reale nel nostro paese.

 

Le associazioni organizzatrici:

Comunità Le Piagge (Firenze)

Padri Sacramentini (Caserta)

Tam-Tam per Korogocho (Rovereto di Trento)

Torino Social Forum (Torino)

Comitato delle Associazioni Per la Pace e i Diritti Umani (Rovereto - Trento)

Todo Cambia (Milano)

Rete Antirazzista (Venezia)

Medici del Mondo (Firenze)

Pax Christi Punto Pace (Roma)

Agorà (Portici - Napoli)

Laici Comboniani (Palermo)

Missionari Comboniani

Associazione La Pulce (Venegono Sup. Va)

Dipartimento Immigrazione PRC (Roma)

Centro Sociale Excanapificio (Caserta)

Chiesa Libera (Avellino)

ARCI (Nuoro)

Centro Sociale (Reggio Calabria)

Beati i Costruttori di Pace

Naga (Milano)

Centro Sociale Leoncavallo (Milano)

Associazione 3 Febbraio

Comunità S. Benedetto (Genova)

Parrocchia S. Cristina, Gruppo Ya Basta, Gruppo Ciac (Parma)

Modena Social Forum

Coordinamento delle Associazioni per la Pace (Trapani)

 

 

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