Detenuti in corsia, pazienti in rivolta

 

Detenuti in corsia, pazienti in rivolta

(di Michela Nicolussi Moro)

 

 

Corriere del Veneto, 13 aprile 2004

 

Dopo la chiusura del reparto bunker al Giustinianeo un anno e mezzo fa, i reclusi vengono ricoverati nelle stanze dell’ospedale civile

 

L’Adl Cobas: "Gente con le manette e poliziotti tra i letti, i malati hanno paura"

 

All’inizio era una novità sporadica, accolta con curiosità e una certa timidezza. Adesso, a distanza di un anno e mezzo, è diventato un fastidio dichiarato. I pazienti dell’ospedale civile non sopportano più di dover dividere la stanza con i detenuti malati e provenienti dal carcere Due Palazzi. Il problema è nato nel 2002, quando è stato chiuso il reparto bunker, sistemato al Giustinianeo e ormai fatiscente. In un primo momento si doveva ristrutturare, poi la direzione dell’Azienda Ospedaliera ha ritenuto più opportuno prevederne uno nuovo al Sant’Antonio, ma per mancanza di fondi il progetto preliminare non è mai diventato esecutivo. E così i reclusi finiscono in corsia: se c’è disponibilità occupano camere singole, però sempre più rare dato il taglio di letti e il perenne affollamento dei reparti.

"Nella maggior parte dei casi finiscono in mezzo agli altri degenti, creando enormi disagi – denunciano Stefano Pieretti e Cristiano Pavarin dell’Adl Cobas, sigla che ha raccolto la protesta degli utenti –. Non è un bello spettacolo per una persona già debilitata veder arrivare un uomo con manette e catene ai polsi. Ci si agita per forza. Ma il vero problema è la permanenza, 24 ore al giorno, di tre poliziotti per detenuto, che per motivi di sicurezza devono controllare continuamente anche i movimenti degli altri degenti e dei loro parenti. E spesso i familiari sono così esasperati che preferiscono ridurre le visite. È una situazione insostenibile, l’Azienda deve intervenire: è giusto che anche i reclusi siano curati, ma non insieme agli altri malati. Sono d’accordo gli infermieri, in questi casi costretti a muoversi sempre in due o tre". I parenti temono poi per l’incolumità dei loro cari in caso di un’eventuale tentata evasione.

In agitazione anche la Cgil Veneto del settore penitenziario, che ha inviato un esposto al ministro della Giustizia, Roberto Castelli, chiedendo che "interceda presso la direzione dell’ospedale perché acceleri i lavori di ristrutturazione del bunker". Stessa richiesta avanzata a Castelli dall’onorevole Piero Ruzzante (Ds), con un’interrogazione parlamentare. "Tale carenza crea ostacoli alla polizia penitenziaria - spiega il coordinatore regionale Gianpietro Pegoraro Ogni detenuto ricoverato in corsia dev’essere piantonato non più da due ma da tre agenti, tolti al Due Palazzi, già in sott’organico. Al punto che in eventi di eccezionale sofferenza, come in occasione dei sei ricoveri avvenuti due mesi fa, dobbiamo chiedere rinforzi agli altri istituti penali del Triveneto. Il bunker limitava il pericolo di fuga, a.desso più alto. Bisogna allora controllare costantemente degenti, medici, infermieri e familiari. È uno stress per i pazienti, che ci vivono come un’invasione alla loro privacy, ma anche per noi, che in queste condizioni non riusciamo a garantire la sicurezza".

 

Il progetto è pronto, ma mancano i fondi

 

Il progetto preliminare del bunker da costruire all’ospedale Sant’Antonio è stato redatto nel 2003 dai tecnici dell’Usl 16, che gestisce appunto il complesso di via Facciolati. Secondo il piano, il reparto blindato dovrebbe sorgere nel corpo C, su un piano sopraelevato, e contenere 13 stanze singole con bagno, accesso "filtrato", zona di controllo, area per gli infermieri, una per il caposala, un locale per la sorveglianza, il deposito armi, un magazzino e due ambulatori, uno dei quali chirurgico. Le camere sono pensate in modo da essere visibili dall’esterno, grazie ad una porta blindata munita di vetro antisfondamento e serratura. I bagni sono privi di punti "bui" dove ci si possa nascondere. L’ingresso del bunker sarà a doppia porta, come quello delle banche. Insomma, un bijoux, esteso su 650 metri quadri e del costo di 1 milione e 500 mila euro. La Regione ha approvato il progetto, ma non l’ha ancora finanziato.

"La mancanza di fondi ci ha impedito di renderlo esecutivo e quindi di iniziare i lavori – conferma Adriano Cestrone, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera –. Noi abbiamo già tante spese e ci diventa difficile sostenerne un’altra per di più così consistente. Devo incontrarmi al più presto con i referenti della giunta Galan, perché in effetti il problema sussiste ed è grave".

 

I pazienti si lamentano

 

"In genere cerchiamo di tenere i detenuti isolati, ricoverandoli in stanze singole, ma non sempre è possibile. Conosco bene la situazione, ne ho parlato anche con il direttore del Due Palazzi, per trovare una soluzione insieme".

 

Non si faceva prima a restaurare il bunker del Giustinianeo?

"Ci avevamo pensato, ma quell’edificio è sotto il controllo della Soprintendenza alle Belle Arti, quindi è soggetto a una serie di vincoli. E poi il reparto era talmente superato che costerebbe di più rimetterlo in sesto che farne uno nuovo. Senza contare che la ristrutturazione darebbe comunque scarsi risultati, per l’inadeguatezza dei vecchi locali allo scopo".

 

 

Home Su Successiva