La salute è condannata

 

Pure la salute è condannata

 

Il Giorno, 20 giugno 2003

 

La voce dell’ennesimo taglio ai fondi della sanità in carcere era nell’aria già da tre mesi. E adesso Francesco Bertè, direttore sanitario della casa circondariale di Monza, per comprare anche solo una scatola di aspirine si trova costretto a pensarci su almeno dieci volte. La coperta è corta, da qualunque parte la tiri. E le medicine sono diventate ormai merce preziosa.

"All’inizio dell’anno scorso - ha ricordato Bertè - il ministero della Giustizia aveva stanziato oltre 250mila euro per la sanità del carcere di Monza. Poi, a giugno, era stato annunciato un taglio del 50 per cento. E adesso, ai già risicati 125mila euro dobbiamo togliere un altro 13 per cento". Il direttore sanitario è disarmato da questa politica del risparmio.

L’ospedale del carcere è un’impresa costosa. E Francesco Bertè presenta il conto: "Nei primi tre mesi di quest’anno abbiamo già speso 17mila euro per i farmaci antiretrovirali destinati ai tredici detenuti sieropositivi. Questo vuol dire che in tutto il 2003, per tredici persone, se ne andranno 68mila euro. Gli altri settecento reclusi dovranno spartirsi nemmeno 50mila euro". La farmacia del carcere è chiamata a una missione quasi impossibile.

In via Sanquirico, diabetici e cardiopatici dividono le celle con alcoldipendenti, tossicodipendenti e un’infinità di epatici. Molti hanno bisogno di farmaci salvavita, ma il budget non si sposta di una virgola, "e allora se non avremo la possibilità di curare in carcere, porteremo il detenuto all’ospedale", con tutti i costi e l’impegno di agenti che ne derivano. "Inoltre, abbiamo sempre potuto contare sulla presenza periodica di medici specialisti - ha spiegato Bertè - ma di recente il Ministero ha lasciato a casa il dermatologo, l’oculista e il neurologo". Così i dieci medici di guardia (ma prossimamente arriveranno due rinforzi) sono costretti a fare i salti mortali.

Anche, e soprattutto, di notte, visto che l’infermiere è venuto a mancare e un dottore si ritrova da solo con 700 detenuti. "L’unica cosa che ci salva - ha assicurato il direttore sanitario - è che tutti i medici in servizio hanno un’esperienza pluriennale e riescono a garantire una professionalità multipla in grado di tappare i buchi del sistema". Ma se da una parte il Ministero taglia, dall’altra c’è qualcuno che ha deciso di adottare i problemi del carcere.

Il Servizio infermieristico dell’Asl3 di Monza sta infatti facendo l’appello degli infermieri professionali disponibili a svolgere la propria attività in convenzione nell’Istituto penitenziario. La convenzione dura due anni ed è rinnovabile. La selezione dei candidati è aperta fino al 30 giugno. Per ulteriori informazioni, si può telefonare ai numeri 039/2384255-257-285.

 

 

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