Niente carcere per i malati di AIDS

 

Sentenza della Cassazione

niente carcere per i malati terminali di AIDS


La Provincia Pavese, 18 marzo 2003

 

I malati di Aids conclamata indagati per aver commesso un reato devono essere mandati in carcere solo in casi "estremi". Quando la loro pericolosità è tale da mettere a rischio la collettività e vi sono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Ma anche in questo caso, i giudici devono verificare che la prigione in cui vengono accompagnati sia dotata di strutture sanitarie adeguate a non aggravare la condizione di salute dell’imputato, né quella dei suoi vicini. La Cassazione, con una sentenza della terza sezione penale, lo afferma affrontando il caso una giovane nigeriana, malata di Aids.

La Suprema Corte ha accolto il suo ricorso ed ha annullato l’ordinanza del tribunale di Firenze che disponeva nei suoi confronti la custodia cautelare in carcere. Secondo la Cassazione, non si tratta di creare una casta di nuovi intoccabili, soprattutto a seguito di fenomeni di cronaca come quelli delle bande dell’Aids degli anni passati, ma di osservare la legge (rivisitata negli ultimi tempi proprio a seguito di critiche sul trattamento particolare riservato ai malati di Aids rispetto a quelli affetti da patologie altrettanto gravi) che contempera il diritto alla salute con le esigenze di sicurezza. Per la Suprema Corte in caso di Aids conclamato il potere del giudice di disporre la custodia in carcere è limitato a poche ipotesi di eccezionale allarme sociale e resta addirittura precluso quando la malattia si trovi allo stato terminale. Non solo, se il giudice ritiene di non poter concedere gli arresti domiciliari o un’altra misura alternativa al carcere, deve verificare che l’istituto sia dotato di apposite strutture sanitarie.

 

Precedente Home Su Successiva