La scuola oltre le sbarre

 

La scuola oltre le sbarre

 

Art. 27 della Costituzione Italiana

 

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di dignità umana e devono tendere alla rieducazione del condannato.

 

Partendo da questo articolo della nostra costituzione vorrei fare il punto su quella che è la situazione della scuola nell’Istituto penale per Minori di Catanzaro che per alcuni aspetti può essere esteso a tutto il territorio italiano.

 

 

Rieducazione. Questo è l’obiettivo da raggiungere con un detenuto, ancor più quando il detenuto in questione è un minore. Non è facile fare il maestro all’interno di un I.P.M. Penso al primo incontro con il "Maestro" della scuola elementare, mi disse:"cerco sempre di non annotare sul registro diciture "sgradevoli" come "assente per processo", "permesso premio" o qualsiasi nota che possa risultare sulla pagella finale. Un giorno usciranno e iscrivendosi ad una scuola pubblica non dovranno sentirsi "osservati" o additati, altrimenti il re-inserimento ne potrebbe risultare compromesso".

 

E ancora ricordo la felicità e la soddisfazione quando un ragazzo migrante o analfabeta imparava l’alfabeto o a scrivere le prime parole in italiano.

 

E si! Ragazzi analfabeti (italiani e non) ne arrivano tanti, molti imparano a scrivere il proprio nome nella scuola dell’Istituto, altri hanno un grado di alfabetizzazione minimo, la maggior parte ha interrotto gli studi prima del conseguimento della licenza elementare o di quella media.

Numerosi sono i casi di interruzione temporanea degli studi superiori con volontà di proseguimento una volta fuori o anche da reclusi se possono beneficiare dell’art. 21 e/o prepararsi a sostenere gli esami dell’anno scolastico da privatisti.

All’interno dell’I.P.M. esistono solo due classi: una elementare ed una media, non ci sono, come nelle scuole "fuori", classi suddivise per gradi di capacità conoscitive, bensì un’unica stanza per le elementari ed un’unica stanza per le scuole medie. I docenti devono fare uno sforzo in più per poter garantire ad ognuno programmi adeguati alle conoscenze acquisite prima della detenzione e questo, purtroppo, non sempre è possibile: bisogna tener conto che le ore dedicate alla scuola sono solo una e mezza al giorno.

Per un corretto percorso ri-educativo e di scolarizzazione (laddove necessita), sarebbe opportuno avere più spazi, e, soprattutto più insegnanti per poter prendere in carico pochi ragazzi ed elaborare programmi didattici personalizzati.

Se questo finora sembrava arduo, adesso è praticamente impossibile: con la nuova riforma scolastica da un lato e la finanziaria emanata dal nostro governo dall’altro (il taglio ai fondi delle carceri è addirittura del 40%) ci sarà da rieducare molto!

 

Art. 33 della Costituzione Italiana

 

Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, SENZA ONERI PER LO STATO.

 

È di questi giorni la notizia che il governo darà contributi, sotto forma di credito d’imposta, a chi iscriverà i propri figli alle scuole private. E la scuola pubblica? E la scuola nelle carceri? O negli istituti? Che fine farà? Molto probabilmente, dilagherà l’abbandono spontaneo o forzato dalle scuole dell’obbligo concimando i campi della criminalità organizzata e non.

I percorsi scolastici dei ragazzi che finiscono negli I.P.M. sono molto disarticolati, incompleti e incostanti sia "fuori" sia "dentro", quando addirittura non sono completamente inesistenti.

Basta pensare che 33 su 152 dei ragazzi passati per l’I.P.M. negli ultimi 5 anni erano analfabeti, di questi solo 7 hanno conseguito la licenza elementare e 8 quella media in Istituto. Il numero degli iscritti sale a 30 per la scuola elementare e 15 per la media. Tra i 152 ragazzi, 8 hanno abbandonato la scuola nel primo triennio delle elementari mentre in 19 hanno abbandonato le medie prima del conseguimento della licenza, 16 sono invece gli abbandoni delle superiori.

Uno dei limiti maggiori delle scuole carcerarie è dato dalla transitorietà dei ragazzi in Istituto, che pur avendo volontà di conseguire il titolo di studio, non riescono ad acquisirlo perché escono prima di aver completato il ciclo scolastico e, una volta fuori difficilmente riescono a portare termine ciò che avevano intrapreso. Inasprire le pene ed allungare i tempi di permanenza in carcere non sono soluzioni accettabili per garantire la continuità, ma, bisognerebbe sostenere i ragazzi in un percorso formativo concreto nel momento in cui escono fuori dal carcere.

Perché lo stato non segue il minore rimesso in libertà o trasferito in altro istituto o comunità, con percorsi strutturati che diano concretamente la possibilità di re-inserirsi?

La scuola offerta all’interno di un istituto, che si regge sulla buona volontà dei singoli insegnanti, sostenuti dagli educatori e dai volontari (molte volte sono loro che aiutano i ragazzi a preparare gli esami da privatisti) è penalizzata da mancanza di strumenti didattici efficaci ed aggiornati. Il lavoro d’equipe svolto a Catanzaro ha fatto si che si possa contare su una biblioteca interna dove i ragazzi, assieme agli insegnanti, possono svolgere una ricerca su una enciclopedia aggiornata e prendere libri di narrativa contemporanea in prestito. Si può anche fare richiesta di altri testi che di volta in volta ci si preoccupa di procurare. Ma questo non in tutte le carceri e non sempre è stato possibile.

Quando siamo arrivati nella "biblioteca", ci siamo ritrovati in un ambiente polveroso, con cataste di "carta da macero" buttate sugli scaffali tarlati, priva di qualsiasi ordinamento, figuriamoci se era pensabile per i ragazzi prendere un libro in prestito o consultare un testo!

Oggi questo avviene, anche se con grandi difficoltà. Ma ancora una volta si fa affidamento sulla buona volontà dei singoli soggetti che all’interno dell’I.P.M. non vedono solo un luogo di reclusione ma anche e soprattutto un luogo di cambiamento e miglioramento.

Lo stato italiano spende, mediamente, per ogni detenuto, circa 200.000.000 all’anno, di vecchie lire. Di questi soldi, purtroppo, ben pochi sono destinati a progetti rieducativi e formativi.

E allora se rieducazione deve essere, che si cominci dalla scuola. Non vedo nessun altro percorso possibile al di là di quello di una corretta formazione culturale e questa non può non passare attraverso un percorso scolastico regolare ed omogeneo.

Il percorso scolastico andrebbe affiancato da corsi di formazione che tengano conto del contesto (storico/tecnologico/produttivo/ambientale) nel quale viviamo e da offerte di lavoro che escano fuori dall’ottica dell’assistenzialismo.

Guidare i ragazzi fino ad un inserimento reale e costruttivo nella società, senza abbandonarli al loro (altrimenti segnato) destino.

 

Sandra Berardi e Beniamino Gaudio

"Interzona" piccola società cooperativa sociale

Volontari dell’I.P.M. di Catanzaro, Area biblioteca

 

 

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