Il lavoro in carcere

 

Il lavoro in carcere

Ricerca realizzata da Sabrina Rosci (www.labitalia.com)

 

"Made in jail": fabbricato in carcere. La provenienza delle magliette indossate in concerto da Piero Pelù o da Fiorella Mannoia è dichiarata. Anzi è una vera e propria forma di promozione dei tanti prodotti "realizzati in prigione", reperibili, in molte città italiane, nelle "Botteghe della solidarietà". Difficile valutare il giro d’affari, a causa del riserbo di molti operatori, spesso ex detenuti. Ma, un bilancio dei diversi difficili tentativi di dare un’occupazione ai detenuti, durante e dopo la pena, si può tentare. Secondo gli ultimi dati disponibili del ministero della Giustizia (2001) in Italia sono 13.704 i detenuti che svolgono un’attività lavorativa, pari al 25% del totale (55.275). Di questi solo 7.127 frequentano un corso professionale. Tuttavia la percentuale degli occupati si assottiglia sensibilmente una volta scontata la pena, toccando valori bassissimi. Tra i progetti, la legge regionale che in Piemonte consente di impiegare 63 detenuti in lavori socialmente utili di tutela ambientale, la partecipazione della TIM in progetti nelle carceri di Rebibbia e San Vittore, o la ricollocazione di 637 ex detenuti siciliani ad opera di Italia Lavoro, agenzia del ministero del Welfare, e GESIP.

 

La normativa esistente

 

L’art. 20, comma 2 dell’Ordinamento Penitenziario precisa che il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato, in linea con quanto detta l’art. 27 della Costituzione sulla finalità rieducativa della pena. Tuttavia le retribuzioni non superano, di solito, i 500 euro mensili. Le ipotesi secondo le quali il detenuto ha la possibilità di svolgere una regolare attività lavorativa presso imprese esterne al carcere sono: lavoro all’esterno per i detenuti, lavoro in semilibertà per chi è agli arresti domiciliari e affidamento in prova al servizio sociale.

All’interno degli Istituti penitenziari, possono invece essere avviate lavorazioni organizzate e gestite direttamente da imprese, pubbliche o private, e possono essere istituiti corsi di formazione professionale organizzati e svolti da aziende, pubbliche o private, in convenzione con le Regioni. In materia di lavoro carcerario non esistono forme dirette o indirette di incentivazione, quali sgravi contributivi e finanzia menti agevolati.

L’inserimento lavorativo, attraverso percorsi mirati di formazione, diventa lo strumento basilare di supporto all’obiettivo primario: l’integrazione del detenuto nel corpo sociale in modo dignitoso e gratificante. la realizzazione di corsi formativi all’interno degli Istituti è indispensabile per dare una proiezione verso l’esterno attraverso un’azione di accoglienza e di orientamento. Il lavoro interno si distingue in lavoro domestico e di produzione. Per lavoro domestico si intendono quelle mansioni di media o bassa qualifica (scopino, portavitto, spesino, bibliotecario, barbiere, giardiniere) necessarie affinché sia garantito il mantenimento dell’istituto e sono di scarsa qualificazione dal punto di vista professionale. Il lavoro interno in attività produttive, industrie e aziende agricole, è concentrato in pochi istituti. L’Ordinamento penitenziario prevede specifiche iniziative di sostegno per il periodo immediatamente precedente la dimissione e per quello successivo, da attuarsi con il coinvolgimento del servizio sociale e l’apporto di enti pubblici è privati qualificati.

Gli interventi al di fuori del contesto carcerario, a livello provinciale, sono affidati al centro di servizio sociale, organismo a carattere prettamente professionale, ed al consiglio di aiuto sociale, a matrice più assistenziale e volontaristica. Ne fanno parte il presidente del tribunale dei minorenni o un altro magistrato da lui designato, un magistrato di sorveglianza, un rappresentante della regione, da un rappresentante della provincia, un funzionario dell’amministrazione civile dell’interno, il sindaco o un suo delegato, il medico provinciale, il dirigente dell’ufficio provinciale del lavoro, il delegato dell’ordinario diocesano, i direttori degli istituti penitenziari del Circondario. Al fine di stabilire corretti e finalizzati collegamenti con l’istituzione carceraria, il Direttore è tenuto, almeno tre mesi prima della dimissione del detenuto, ad avvisare il Centro ed il Consiglio del luogo in cui ha sede l’Istituto e la località in cui l’interessato intenda stabilirsi. I Consigli di aiuto sociale monitorano le possibilità di avviamento al lavoro e organizzano corsi, di addestramento e attività lavorative, per gli ex detenuti che abbiano necessità di integrare la propria preparazione professionale. L’avviamento al lavoro è compito invece del Comitato per l’occupazione degli assistiti del Consiglio di aiuto sociale, composto da rappresentanti dell’Industria, del Commercio, dell’Agricoltura e dell’Artigianato locale, dei coltivatori diretti e delle organizzazioni sindacali.

 

Il livello d’istruzione e le precedenti occupazioni

 

La maggioranza assoluta delle persone detenute rientra nella fascia giovanile. Al primo gennaio 2000, 27.732 detenuti, pari al 52,4% della popolazione in carcere, hanno un’età compresa fra i 18 e i 35 anni. La percentuale complessiva dei disoccupati e degli inoccupati, prima dell’ingresso in carcere, è del 33.9%, a cui si deve aggiungere un 41.91% con una condizione lavorativa non rilevabile. Si tratta generalmente di extracomunitari o di persone fuori da ogni contesto integrato. 12.951 sono i detenuti che all’ingresso in carcere risultavano titolari di una posizione lavorativa definita. Non ha assolto l’obbligo scolastico il 56.34% del totale della popolazione detenuta, e comprende i privi di qualsiasi titolo di studio, gli analfabeti e coloro i quali hanno il solo titolo di licenza scuola elementare. Solo lo 0,84% ha una laurea e il 3,67% ha un diploma di scuola media superiore. La licenza media costituisce il livello di istruzione raggiunto dal 35.64% dei detenuti, mentre il 3,5% ha conseguito un diploma di scuola professionale.

 

Il numero dei detenuti lavoratori

 

Secondo i dati aggiornati del ministero della Giustizia, i detenuti che lavorano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria in Italia sono 11.692. In particolare, in Abruzzo sono 462, Basilicata 120, Calabria 269, Campania 1.095, Emilia Romagna 587, Friuli Venezia Giulia 102, Lazio 1.428, Liguria 268, Lombardia 1.920, Marche 155, Molise 97, Piemonte 805, Puglia 595, Sardegna 648, Sicilia 1.071, Toscana 1.269, Trentino Alto Adige 50, Umbria 368, Valle d’Aosta 59 e Veneto 324.

I detenuti che non lavorano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria in Italia sono 2.012. In particolare, in Abruzzo sono 31, Basilicata 5, Calabria 53, Campania 195, Emilia Romagna 157, Friuli Venezia Giulia 50, Lazio 179, Liguria 127, Lombardia 378, Marche 38, Molise 9, Piemonte 142, Puglia 88, Sardegna 40, Sicilia 126, Toscana 176, Trentino Alto Adige 14, Umbria 35, Valle d’Aosta 1 e Veneto 168.

I detenuti lavoratori stranieri in Italia sono 3.862, pari al 23,7% sul totale delle presenze. In particolare 319 in Abruzzo, 48 in Basilicata, 78 in Calabria, 168 in Campania, 256 in Emilia Romagna, 55 in Friuli Venezia Giulia, 546 nel Lazio, 140 in Liguria, 649 in Lombardia, 68 nelle Marche, 22 nel Molise, 261 nel Piemonte, 69 in Puglia, 217 in Sardegna, 185 in Sicilia, 431 in Toscana, 2 in Trentino Alto Adige, 155 in Umbria, 31 in Valle d’Aosta e 162 in Veneto.

 

I corsi professionali negli istituti di pena

 

I corsi professionali attivati nelle carceri sono 599, per un totale di 7.127 iscritti. Questa la tipologia dei corsi; arte e cultura, arti grafiche e televisive, artigianato, cucina e ristorazione, edilizia, elettrica, estetica, falegnameria, giardinaggio, idraulica, impiegatizio, informatica, legatoria e tipografia, lingue, meccanica, pulizia e tessile. Il corso di informatica risulta quello più seguito, con 1.089 iscritti, quello relativo alla pulizia invece è quello che conta meno allievi, contando solo 16 iscritti.

I detenuti iscritti ai corsi professionali sono 287 italiani e 127 stranieri in Abruzzo distribuiti su 18 corsi, 209 italiani e 70 stranieri in Basilicata, 22 italiani in Calabria, 706 italiani e 63 stranieri in Campania, 456 italiani e 214 stranieri in Emilia Romagna, 254 italiani e 125 stranieri in Friuli, 193 italiani e 30 stranieri nel Lazio, 214 italiani e 109 stranieri in Liguria, 1.886 italiani e 432 stranieri in Lombardia, 54 italiani e 21 stranieri nelle Marche, 41 italiani e 5 stranieri nel Molise, 695 italiani e 195 stranieri nel Piemonte, 216 italiani e 49 stranieri in Puglia, 1.011 italiani e 97 stranieri in Sardegna, 424 italiani e 115 stranieri in Sicilia, 93 italiani e 35 stranieri in Trentino, 36 italiani e 8 stranieri in Umbria, 6 italiani e 4 stranieri in Valle d’Aosta e 324 italiani e 168 stranieri in Veneto.

 

Le iniziative regionali

 

In Abruzzo l’Osservatorio regionale per l’inclusione socio-lavorativa (OIS) si pone come una delle possibili risposte al problema delle difficoltà di accesso al mercato del lavoro da parte dei detenuti. L’OIS è un servizio rivolto in particolare ai policy maker (governo regionale e provinciale) e ai promotori e gestori di interventi e progetti, nel settore pubblico e privato, finalizzati all’inserimento socio-lavorativo dei soggetti svantaggiati. L’Osservatorio elabora proposte che siano in linea con gli orientamenti comunitari, nazionali e regionali e sperimenta strategie e modelli innovativi a livello locale, regionale (e nazionale) anche attraverso attività di sensibilizzazione e animazione territoriale.

 

Nel periodo 2000-2006 la Regione Basilicata promuove, per l’inserimento lavorativo di detenuti, le imprese sociali (cooperative di solidarietà sociale, imprese di transizione) operanti nel settore dell’ambiente, dei servizi, dei servizi alla comunità, dei nuovi bacini d’impiego, dell’artigianato. A tale forma di intervento è destinata una percentuale di finanziamento delle risorse complessive del Fondo sociale europeo non inferiore allo 0,5%.

 

Per il reinserimento nel mondo del lavoro dei detenuti ed ex detenuti della Calabria, la Regione ha inserito nel Piano dell’occupazione regionale un’apposita voce che prevede la facilitazione dell’accesso e la fruizione dei servizi e dell’offerta formativa da parte di soggetti limitati nella mobilità territoriale.

 

La Regione Emilia Romagna prevede finanziamenti per chi assume, a tempo indeterminato o determinato, e per almeno 12 mesi, ex detenuti che siano stati in carcere per almeno 6 mesi negli ultimi 5 anni, detenuti ammessi al lavoro esterno o in semilibertà. I limiti massimi dei contributi sono; 10.329,14 euro per assunzioni a tempo indeterminato e a tempo pieno; 5.164,57 euro per assunzioni a tempo determinato di almeno 12 mesi; proporzionalmente all’orario di lavoro nelle assunzioni a tempo parziale.

 

Un accordo per agevolare i rapporti tra gli Istituti penitenziari e le cooperative sociali di Federsolidarietà, finalizzato all’integrazione dei detenuti friulani nelle cooperative, è stato sottoscritto dal servizio formativo di work experience dello IAL (Istituto addestramento lavoratori, ente della CISL per la formazione professionale, culturale e sociale dei lavoratori) regionale, il Centro servizi sociali per adulti e la presidenza regionale di Federsolidarietà. La peculiarità dell’accordo consiste nel fatto che la procedura di inserimento è preceduta da un’analisi preliminare delle conoscenze, delle aspettative e della disponibilità formativa del detenuto, oltre che dalla disponibilità della cooperativa. Una commissione paritetica fra gli enti sottoscrittori del protocollo effettua la valutazione e quindi si passa all’intervento formativo - stage attraverso la work experience nella quale la cooperativa ha il solo obbligo di tutorship e non è impegnata nell’assunzione.

 

In tutto il Lazio vi sono 5.288 detenuti, lavorano all’interno del carcere 1.413 persone sono impegnate soprattutto in attività di amministrazione domestica. La Regione ha costituito l’Ufficio per la promozione del lavoro per detenuti, detenuti in misura alternativa, ex detenuti.

L’Ufficio ha il compito di dirigere gli interventi riguardanti opportunità di lavoro e formazione in e fuori dal carcere. Nasce dalla volontà di stabilire un rapporto organico di collaborazione e sinergia con i centri e i servizi che si occupano nel territorio di politiche attive del lavoro e dall’intenzione di stabilire un rapporto organico con gli operatori del ministero della Giustizia, con le strutture e le iniziative dell’Amministrazione Penitenziaria ai diversi livelli. Tra gli obiettivi principali dell’Ufficio l’attivazione di percorsi di inserimento lavorativo e l’acquisizione di informazioni e procedure per la ricerca del lavoro, sulle opportunità di formazione e qualificazione professionale (dentro e fuori il carcere).

 

Un finanziamento di quasi 154 mila euro è quello stanziato dalla Provincia di Roma, assessorato ai Servizi sociali e alle Politiche per la comunità familiare, in favore dei progetti per l’apprendimento di abilità spendibili all’esterno ed anche per il conseguimento delle misure alternative alla detenzione e da realizzarsi a cura di associazioni, cooperative e organismi del volontariato. Per ogni progetto verrà finanziato un importo massimo di 15.493,71 euro. Gli interventi saranno realizzati presso le carceri di Regina Coeli, Rebibbia femminile, Rebibbia nuovo complesso, Rebibbia penale, la casa di reclusione e il nuovo complesso penitenziario di Civitavecchia, la casa circondariale di Velletri e l’istituto penale per minorenni Casal Del Marmo.

 

Il Comune di Roma, per favorire il reinserimento sociale di persone svantaggiate, finanzia dieci progetti di inserimento occupazionale, rivolti a cooperative sociali, disciplinate dalla legge 381/99, e alle organizzazioni non lucrative che si impegnano ad occupare lavoratori detenuti in misura alternativa, o ex detenuti da non oltre 12 mesi. L’inserimento occupazionale avrà la durata di dodici mesi e sarà articolato in 24 ore settimanali. Il contributo economico sarà di 5.000 euro annui e verrà erogato ogni due mesi per un importo pari a euro 833,33. Del progetto, volto a favorire il reinserimento sociale di persone svantaggiate, si occupa l’assessorato alle Politiche delle periferie (Dipartimento sviluppo locale, formazione e lavoro).

 

Lo sportello integrazione lavoro per persone detenute avviato dalla Provincia di Brescia, in convenzione con l’associazione Carcere e territorio di Brescia, mira ad un pieno e collaborativo coinvolgimento delle realtà sociali, tra le quali il mondo dell’imprenditoria, della cooperazione sociale e del volontariato, da sempre sensibili e attive nel tentativo di proporre soluzioni al problema del reinserimento, delle persone svantaggiate in genere e delle persone coinvolte nell’esecuzione penale, in particolare. Lo sportello di Carcere e territorio, gestito in collaborazione con l’area lavoro e integrazione del Consorzio Tenda, che ha messo a disposizione anche il proprio sportello, ha trattato nell’ultimo anno 91 segnalazioni di cui 15 andate a buon fine: gli ex detenuti hanno trovato un lavoro dopo un’attesa di circa 4-5 mesi. La maggioranza delle persone che si sono rivolte allo Sportello sono maschi dai 35 ai 40 anni; le donne che si sono rivolte sono state 8 e 4 hanno trovato stabile occupazione prevalentemente presso cooperative sociali.

 

La legge regionale del Piemonte n° 45 del 1995, denominata "Impiego di detenuti per lavori socialmente utili a protezione dell’ambiente", offre ai reclusi misure alternative alla detenzione, utili alla collettività, con un percorso di riabilitazione e reinserimento sociale, attraverso l’esercizio di un lavoro lecito e remunerato. Ripristinare una strada di montagna o i sentieri di un parco, riqualificare un’area degradata, costruire aiuole nei territori comunali e in parchi giochi per i bambini, curare la manutenzione delle aree verdi.

"L’intendimento di punire chi è stato riconosciuto responsabile di un reato non può prescindere né dalla qualità della pena, né dalle prospettive di reinserimento sociale, ad esempio attraverso occasioni concrete di lavoro - ha detto l’assessore alle Politiche Sociali Mariangela Cotto - ed è, proprio, a tali principi che si ispira questa legge, che consente alla Regione Piemonte di finanziare progetti realizzati dai Comuni o dalle Comunità montane: quest’anno, ne sono stati presentati 24.

Le risorse economiche impegnate ammontano a circa 620 mila euro e prevedono l’inserimento lavorativo di 63 persone. L’iniziativa è dell’assessorato regionale alle Politiche sodali, con la collaborazione, nella fase attuativa, degli Enti locali, dei Tribunali di sorveglianza e degli operatori dell’Amministrazione penitenziaria, che, tra i 4 mila e 700 detenuti presenti nelle carceri del Piemonte (un terzo sono stranieri) devono individuare i soggetti in possesso dei requisiti giuridici e professionali. I progetti finanziati nel 2002 coinvolgono le case circondariali e di reclusione di Alessandria (15 detenuti), Asti (4), Biella (8), Cuneo (4), Alba (2), Fossano (2), Novara (4), Torino (10), Ivrea (8), Verbania (2), Vercelli (4).

 

Riabilitare i detenuti attraverso il lavoro specializzato in aziende agricole. Questo l’obiettivo del protocollo d’intesa siglato dal ministero della Giustizia e dalla Regione Sardegna, per l’attuazione di programmi di formazione e orientamento professionale dei detenuti degli istituti penitenziari sardi. Il protocollo offre opportunità di lavoro alla popolazione detenuta nelle case di reclusione di Is Arenas, Isili e Mamone, favorendo l’attuazione di quei progetti di intervento riguardanti l’azienda agricola e la lavorazione di quanto prodotto, elaborati da cooperative sociali professionalmente competenti.

 

In Toscana dal 1995 esiste il PILD (Punto informazione lavoro detenuti), nato dal1a collaborazione tra l’associazione Container e la Camera del lavoro di Firenze. A partire dal 1999, a seguito della convenzione siglata con la CGIL regionale, l’esperienza è stata ripresa in altre Camere del lavoro della Toscana: Prato, Pisa, Pistoia, Arezzo, Empoli, Massa. Il sostegno degli operatori PILD consiste nell’indirizzare i detenuti all’interno del mercato di lavoro e della formazione professionale, per prepararli ad affrontare il mondo del lavoro attraverso percorsi graduali, come tirocini formativi o inserimenti socio-terapeutici.

 

Nei mesi scorsi il Comune di Adria (provincia di Rovigo) e il ministero della Giustizia hanno sottoscritto la convenzione della durata di 5 anni, per la gestione del lavoro di utilità pubblica come alternativa alla pena carceraria. Questa possibilità rientra nelle nuove disposizioni che hanno affidato competenza in materia penale al Giudice di Pace, prevedendo in maniera specifica un’alternativa all’espiazione della pena in carcere, commutandola in attività lavorativa. Il Comune di Adria ha individuato due aree in cui possono essere utilizzate queste persone, la manutenzione dei giardini, in cui si prevede l’impiego di quattro addetti, mentre uno sarà utilizzato presso la Biblioteca comunale. A carico dell’amministrazione comunale di Adria, saranno le spese per la copertura assicurativa contro gli infortuni, malattie professionali e responsabilità civile verso terzi.

 

Un protocollo d’intesa a livello provinciale sulle attività formative destinate ai detenuti, al fine di un loro reinserimento attraverso le imprese artigiane, è stato siglato tra l’Associazione Artigiani vicentina, l’Amministrazione provinciale di Vicenza, la Casa circondariale di Vicenza e la Cooperativa Sociale "Saldo & Mecc". Scopo dell’intesa è consentire ai detenuti selezionati di avere una formazione, specie nel campo metalmeccanico, in modo da permetterne l’inserimento in aziende artigiane al termine del periodo di detenzione. Ciascuno svolgerà un periodo formativo all’interno del carcere anche attraverso l’utilizzo di uno specifico laboratorio interno attrezzato, per diventare saldatore, tornitore e fresatore. L’inserimento successivo nelle imprese sarà effettuato tramite un tirocinio formativo e di orientamento, in maniera che l’azienda possa verificare le attitudini e le capacita delle persone.

 

L’impegno di Italia Lavoro

 

Italia Lavoro, agenzia del ministero del Welfare, nell’ambito delle sue azioni mirate all’occupabilità delle fasce deboli del mercato del lavoro, sviluppa e promuove percorsi d’inclusione socio-lavorativa per i detenuti. Un esempio sono gli stage formativi realizzati presso gli enti di formazione della Regione Sicilia, che hanno coinvolto 876 ex detenuti. In Sicilia sta per essere realizzata una banca dati degli ex detenuti, con segnalazione delle esperienze formative e occupazionali, finalizzata alla selezione dei lavoratori da parte delle imprese private. Italia Lavoro, tramite la GESIP di Palermo, la più grande azienda multiservizi italiana, ha contribuito al reinserimento di 637 ex detenuti o cittadini con problemi penali di varia natura. "Molti di questi lavoratori - ha detto l’amministratore delegato di Italia Lavoro, Natale Forlani - presentavano anche problemi di analfabetismo. Abbiamo dovuto quindi predisporre un percorso formativo ad hoc. L’operazione GESIP ha centrato due obiettivi: quello industriale in quanto la GESIP assicura la fornitura di servizi pubblici di alta qualità a 3.600 e quello sociale perché ha tolto 637 persone dal bacino della disoccupazione e dell’assistenzialismo, assumendoli a scatola chiusa".

 

Il Progetto Ginestra a Rebibbia

 

Nel febbraio del 1998 è stata siglata un’intesa tra TIM, sindacati, ministero del Welfare e ministero della Giustizia per realizzare il "Progetto Ginestra" che ha portato, grazie anche alla collaborazione delle associazioni di volontariato, alla costituzione di società cooperative di detenuti a San Vittore, a Milano, e a Rebibbia, a Roma. I detenuti, con l’esclusione di particolari tipologie di reato, cui sono stati richiesti dei requisiti di scolarità e di qualificazione professionale, sono stati adibiti a tre segmenti di lavoro specifici: data entry, controlli manuali e riproduzione materiale informativo. La prima tipologia di attività riguarda l’aggiornamento degli archivi tramite computer, un’altra i controlli manuali assicurando l’abbinamento tra copie di uno stesso documento, mentre la terza attività riguarda la riproduzione di materiale informativo prodotto dalla TIM, sia sul supporto cartaceo che multimediale, rivolto ai clienti e al personale. Nel carcere di Rebibbia, TIM ha fornito alla cooperativa "E-team" le attrezzature necessarie e la collaborazione di manager dell’azienda.

Ha poi realizzato corsi di formazione per i detenuti lavoratori, per fornire loro le necessarie conoscenze teoriche e pratiche sulle attività da svolgere. "I detenuti lavorano per tre anni - spiega don Sandro Spriano, cappellano di Rebibbia da 13 anni - durante il periodo di reclusione, ma anche oltre, in quanto il contratto è di tipo tradizionale e prevede un periodo di formazione, seguito dall’assunzione a tempo indeterminato, quindi anche dopo la pena. Il progetto - ha aggiunto don Spriano - coinvolge 14 detenuti, una metà lavora all’interno, l’altra all’esterno del carcere".

 

Il lavoro sul territorio

 

Il lavoro dei detenuti deve consentire una futura condizione di stabilità una volta scontata la pena. Su questo presupposto si basa il lavoro di Lillo di Mauro, presidente Consulta penitenziaria del Comune di Roma e responsabile dell’area giustizia della cooperativa sociale Cecilia. "Bisogna mirare al recupero della persona - ha detto Di Mauro - e, dal punto di vista del lavoro, guardare alle reali esigenze del mercato. È inutile formare figure professionali obsolete che non aiutano l’ex detenuto a trovare un’occupazione stabile. Nella cooperativa, ad esempio, è stata introdotta la figura del manutentore di siti archeologici e aree verdi della città, che risponde ad una precisa esigenza del mercato del lavoro locale".

La Cooperativa Seriarte Ecologica nasce nel 1988, ha come scopo la risocializzazione ed il reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro anche attraverso varie attività di formazione professionale, Da più di 11 anni la Cooperativa organizza, a titolo di volontariato, corsi di formazione professionale nell’istituto Penale Minorile di Casal del Marmo a Roma. In particolare, il corso di stampa serigrafica ha dato vita a un vero e proprio laboratorio artigianale, ottenendo successo non solo tra i giovani partecipanti (i detenuti), ma anche tra i consumatori, come dimostra l’acquisto dei prodotti serigrafici cosi presso lo stand dell’Istituto minorile a "La Befana a piazza Navona". Il laboratorio avviato a Casal del Marmo, cosi come quelli di Quartuccìu (Cagliari) e di Rebibbia III casa penale, sono gestiti a titolo volontario, e gli istituti non contribuiscono in alcun modo alle spese.

"Qui vendiamo i prodotti che i detenuti fanno in carcere, dove imparano subito un mestiere che gli servirà una volta scontata la pena". A parlare è Marina, del negozio di via Ripetta, a Roma, aperto quasi tre anni fa su iniziativa della cooperativa sociale Seriarte Ecologica - Made in Jail. "La cooperativa, socia del consorzio "Le Botteghe della Solidarietà" - continua Marina - oltre a sostenere le cooperative del commercio equo e solidale, favorisce anche le cooperative sociali che lavorano nell’area del disagio del nostro Paese. I detenuti producono zaini e magliette e ricevono un’adeguata retribuzione. I prodotti si vendono facilmente, soprattutto da quando vengono indossati dai cantanti Piero Pelù e Fiorella Mannoia durante i concerti".

 

 

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