|   Legge
n° 354 del 1975 (Ordinamento
Penitenziario)     Art.
20 (Lavoro)   
  
    Negli
    istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la destinazione
    dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale. A tal fine, possono essere istituite
    lavorazioni organizzate e gestite direttamente da imprese pubbliche o
    private e possono essere istituiti corsi di formazione professionale
    organizzati e svolti da aziende pubbliche, o anche da aziende private
    convenzionate con la regione.
    Il
    lavoro penitenziario non ha carattere affittivo ed è r enumerato.
    Il
    lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di
    sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro.
    I
    sottoposti alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e dell’ospedale
    psichiatrico giudiziario possono essere assegnati al lavoro quando questo
    risponda a finalità terapeutiche.
    L’organizzazione
    e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro
    nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione
    professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il
    reinserimento sociale.
    Nell’assegnazione
    dei soggetti al lavoro si deve tenere conto esclusivamente dell’anzianità
    di disoccupazione durante lo stato di detenzione o di internamento, dei
    carichi familiari, della professionalità, nonché delle precedenti o
    documentate attività svolte e di quelle a cui essi potranno dedicarsi dopo
    la dimissione, con l’esclusione dei detenuti e internati sottoposti al
    regime di sorveglianza particolare di cui all’art. 14 bis della presente
    legge.
    Il
    collocamento al lavoro da svolgersi all’interno dell’istituto avviene
    nel rispetto di graduatorie fissate in due apposite liste, delle quali una
    generica e l’altra per qualifica o mestiere.
    Per
    la formazione delle graduatorie all’interno delle liste per il nulla-osta
    agli organismi competenti per il collocamento, è istituita, presso ogni
    istituto, una commissione composta dal direttore, da un’appartenente al
    ruolo degli ispettori o dei sovrintendenti del Corpo di polizia
    penitenziaria e da un rappresentante del personale educativo, eletti all’interno
    della categoria di appartenenza, da un rappresentante unitamente designato
    dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale, da
    un rappresentante designato dalla commissione circoscrizionale per l’impiego
    territorialmente competente e da un rappresentante delle organizzazioni
    sindacali territoriali.
    Alle
    riunioni della commissione partecipa senza potere deliberativo un
    rappresentante dei detenuti e degli internati, disegnato per sorteggio
    secondo le modalità indicate nel regolamento interno dell’istituto.
    Per
    ogni componente viene indicato un supplente eletto o designato secondo i
    criteri in precedenza indicati.
    Al
    lavoro all’esterno si applicano la disciplina generale sul collocamento
    ordinario ed agricolo, nonché l’art. 19 della legge 28 febbraio 1987, n.
    56.
    Per
    tutto quanto non previsto dal presente articolo si applica la disciplina
    generale sul collocamento.
    Le
    direzioni degli istituti penitenziari, in deroga alle norme di contabilità
    generale dello Stato e di quelle di contabilità speciale, possono, previa
    autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia, vendere prodotti delle
    lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo,
    tenuto conto, per quanto possibile, dei prezzi praticati per prodotti
    corrispondenti nel mercato all’ingrosso della zona in cui è sistemato l’istituto.
    I
    detenuti e gli internati che mostrino attitudini artigianali, culturali o
    artistiche possono essere esonerati dal lavoro ordinario ed essere ammessi
    ad esercitare, per proprio conto, attività artigianali, intellettuali o
    artistiche.
    I
    soggetti che non abbiano sufficienti cognizioni tecniche possono essere
    ammessi a un tirocinio retribuito.
    La
    durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti
    dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi, sono
    garantiti il riposo festivo e la tutela assicurativa e previdenziale. Ai
    detenuti e agli internati che frequentano i corsi di formazione
    professionale di cui al comma primo è garantita, nei limiti degli
    stanziamenti regionali, la tutela assicurativa e ogni altra tutela prevista
    dalle disposizioni di vigenti in ordine a tali corsi.
    Entro
    il 31 marzo di ogni anno il Ministro di grazia e giustizia trasmette al
    Parlamento una analitica relazione circa lo stato di attuazione delle
    disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti nell’anno
    precedente.   Art.
20 bis (Modalità di organizzazione del lavoro)   
  
    Il
    provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria può affidare,
    con contratto d’opera, la direzione tecnica delle lavorazioni a persone
    estranee all’Amministrazione penitenziaria, le quali curano anche la
    specifica formazione dei responsabili delle lavorazioni e concorrono alla
    qualificazione professionale dei detenuti, d’intesa con la regione.
    Possono essere inoltre istituite, a titolo sperimentale, nuove lavorazioni,
    avvalendosi, se necessario, dei servizi prestati da imprese pubbliche o
    private ed acquistando le relative progettazioni.
    L’Amministrazione
    penitenziaria, inoltre, applicando, in quanto compatibili, le disposizioni
    di cui all’undicesimo comma dell’art. 20, promuove la vendita dei
    prodotti delle lavorazioni penitenziarie anche mediante apposite convenzioni
    da stipulare con imprese pubbliche o private, che abbiano una propria rete
    di distribuzione commerciale.
    Previo
    assenso della direzione dell’istituto, i privati che commissionano
    forniture all’amministrazione penitenziaria possono, in deroga alle norme
    di contabilità speciale, effettuare pagamenti differiti, secondo gli usi e
    le consuetudini vigenti.
    Sono
    abrogati l’art. 1 della legge 3 luglio 1942, n. 971, e l’art. 611 delle
    disposizioni approvate con regio decreto 16 maggio 1920, n. 296.   Art.
21 (Lavoro all’esterno)   
  
    I
    detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all’esterno in
    condizioni idonee a garantire l’attuazione positiva degli scopi previsti
    dall’art. 15. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena di
    reclusione per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis l’assegnazione
    al lavoro all’esterno può essere disposta dopo l’espiazione di almeno
    un terzo della pena e, comunque, di non oltre i cinque anni. Nei confronti
    dei condannati all’ergastolo l’assegnazione può avvenire dopo l’espiazione
    di almeno dieci anni.
    I
    detenuti e gli internati assegnati al lavoro all’esterno sono avviati a
    prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria
    per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all’esterno
    previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria.
    Quando
    si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto
    controllo della direzione dell’istituto a cui il detenuto o internato è
    assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del personale dipendente e del
    servizio sociale.
    Per
    ciascun detenuto o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno
    diviene esecutivo dopo l’approvazione del magistrato di sorveglianza.
    
Le disposizioni di cui ai commi precedenti e la disposizione di cui
    al secondo periodo del comma sedicesimo dell’art. 20 si applicano anche ai detenuti ed agli internati ammessi a frequentare corsi di
    formazione professionale all’esterno degli istituti penitenziari.   Art.
22 (Determinazione delle mercedi)   
  
    Le
    mercedi per ciascuna categoria di lavoranti sono equitativamente stabilite
    in relazione alla quantità e qualità del lavoro effettivamente prestato
    alla organizzazione e al tipo del lavoro del detenuto in misura non
    inferiore ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti
    collettivi di lavoro. A tale fine è costituita una commissione composta dal
    direttore generale degli istituti di prevenzione e di pena, che la presiede,
    dal direttore dell’ufficio del lavoro dei detenuti e degli internati della
    direzione per gli istituti di prevenzione e di pena, da un ispettore
    generale degli istituti di prevenzione e di pena, da un rappresentante del
    Ministero del lavoro del tesoro, da un rappresentante del Ministero del
    lavoro e della previdenza e della previdenza sociale e da un delegato per
    ciascuna delle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano
    nazionale.
    L’ispettore
    generale degli istituti di prevenzione e di pena funge da segretario della
    commissione.
    La
    medesima commissione stabilisce il trattamento economico dei tirocinanti.
    La
    commissione stabilisce, altresì, il numero massimo di ore di permesso di
    assenza dal lavoro retribuite e le condizioni e modalità di fruizione delle
    stesse da parte dei detenuti e degli internati addetti alle lavorazioni,
    interne o esterne, o ai servizi di istituto, i quali frequentino i corsi
    della scuola d’obbligo o delle scuole d’istruzione secondaria di secondo
    grado, o i corsi si svolgano, negli istituti penitenziari, durante l’orario
    di lavoro ordinario.  
 Art.
23 (Remunerazione e assegni familiari)  
 
 
  
    Ai
    detenuti e agli internati che lavorano sono dovuti, per le persone a carico,
    gli assegni familiari nella misura e secondo le modalità di legge. Gli
    assegni familiari sono versati direttamente alle persone a carico con le
    modalità fissate dal regolamento 2.
    
      
 
 
 
 Art.
24 (Pignorabilità e sequestrabilità della enumerazione)  
 
 
  
     Sulla
    enumerazione spettante ai condannati sono prelevate le somme dovute a titolo
    di risarcimento del danno e di rimborso delle spese di procedimento. Sulla
    enumerazione spettante ai condannati e agli internati sono altresì
    prelevate le somme dovute ai sensi del secondo e del terzo comma dell’art.
    2.
    
    In
    ogni caso deve essere riservata a favore dei condannati una quota pari a tre
    quarti. Tale quota non è soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che
    per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del
    danno alle cose mobili o immobili dell’amministrazione.
    
    
     
    La remunerazione dovuta agli
    internati e agli imputati non è soggetta 
    a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da
    alimenti, o a prelievo per il risarcimento arrecato a cose mobili o immobili
    dell’amministrazione. 
    
      
 
 Art.
25 (Peculio)  
 
 
  
    Il
    peculio dei detenuti e degli internati è costituito dalla parte della remunerazione
    ad essi riservata ai sensi del precedente articolo, dal denaro posseduto
    all’atto dell’ingresso in istituto, da quello ricavato dalla vendita di
    oggetti di loro proprietà o inviato dalla famiglia e da altri o ricevuto a
    titolo di premio o di sussidio.
    
    
    Le
    somme costituite in peculio producono a favore dei titolari interessi
    legali.
    
    
    Il
    peculio è tenuto in deposito dalla direzione dell’istituto.
    
    
    Il
    regolamento deve prevedere le modalità di deposito e stabilire la parte di
    peculio disponibile da parte dei detenuti e dagli internati per acquisti
    autorizzati di oggetto personali o invii ai familiari o conviventi, e la
    parte da consegnare agli stessi all’atto della dimissione dagli istituti.
      
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