Spiragli n° 26

Spiragli

Rivista dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino

(Numero 26, febbraio – marzo 2005)

 

Ristretti oppressi, con i letti vicino ai cessi

Mai più la stessa

Laboratorio

“Il Drago siamo noi”: l’amore

I miei amici: Eduart

Condannati due volte

Ristretti oppressi con i letti vicino ai cessi

 

di Max

 

La mente, per stare bene, ha bisogno di spazi ampi, di verde, di attività motoria e riabilitativa, di comunicazione e di comprensione. Tutto ciò è presente solo in minima parte nell’ospedale psichiatrico dove mi trovo obbligatoriamente internato. Dimenticavo! Tale ospedale è giudiziario in quanto i malati mentali presenti all’interno delle mura mediche sono giustamente ritenuti pericolosi per aver commesso reati gravi.

Sì; con obiettività dico che è giusto tenerci reclusi in ospedale. Quello che non ritengo giusto sono le condizioni di vita e quindi la modalità terapeutica che ci viene imposta. Viviamo in spazi ristrettissimi, privi d’igiene, privi di verde, con l’ozio e la pigrizia che la fanno da padrone. Quello che maggiormente ho riscontrato in questi tre anni d’internamento, è la poca voglia di reagire. Di conseguenza, mangiare, dormire e fumare diventano l’essenza della vita.

Sono le otto del mattino: TERAPIAAAA!!!, grida un infermiere. Così comincia la nostra giornata. Prima i lavoranti, poi gli altri si avvicinano lentamente all’infermeria, con la mano tremolante, aspergendo sul pavimento l’acqua contenuta nel bicchiere. Poi, chi non lavora va di nuovo a letto, a bruciare le lenzuola con la sigaretta che lo accompagna nell’intorpidimento mentale.

Cosa ci vorrebbe invece? Una sveglia musicale con l’infermiere o l’operatore di turno che ci invitano a svegliarci, a prendere la terapia, a rifare i letti, a ripulire la cella e ad invogliarci alle attività terapeutiche. Ecco quello che ci vorrebbe!

Ma torniamo alla realtà: “Aria, chi vuole andare all’aria ?”, ci viene suggerito da un’agente. Ma la maggior parte rimane a letto perché l’aria che gli viene offerta in realtà è un gas soffocante fatto di cemento, sbarre e mura altissime, dove la sola consolazione è di poter vedere un cielo ampio e non a quadretti.

Dopo aver camminato ripetutamente da un muro all’altro, rimbalzando come una palla in un campo da tennis, si ritorna in cella e si va a mangiare il mediocre vitto che ci viene offerto. Un’altra sigaretta, l’ennesima, accompagna i grigi e inetti pomeriggi della maggior parte degli internati. Siamo privi di stimoli, con il nervosismo che giorno dopo giorno aumenta; indotti alla depressione per poi venire curati con gli antidepressivi; con un’unica nostra compagna: la tv che incessantemente ci offre programmi rincoglionenti come il grande fratello (non merita il maiuscolo), quiz, quizzetti, isole e tg ridotti a essere sponsor di Novella 2000.

SPENGERE LA TV E ACCENDERE IL CERVELLO (questo sì, merita il maiuscolo), è il motto che mi sono imposto per poter sopravvivere in questa condizione di malato carcerato. Non chiedo la Luna, non chiedo elemosina, non chiedo libertà a tutti i costi; solamente chiedo una luce che possa illuminare il buio da cui vengo;buio che inebria le nostre menti e che ci impedisce di vivere degnamente.

 

Mai più la stessa

 

di Anna Morgana

 

Sono le 8,30 del mattino. Prima, verso le 7, ho aperto gli occhi e per un attimo mi sono sentita smarrita. Sono circondata da cose che non mi appartengono. Ho richiuso gli occhi e ho visto passarmi davanti una vita intera.

Forse mi sono aggrappata a questo sogno di una notte appena trascorsa per non rendermi conto che mi trovo in una triste e fredda cella di un carcere. Spesso aspetto con impazienza la notte così un altro giorno se ne va e non devo più combattere per continuare a vivere. Spesso la notte mi permette di rivivere attraverso i sogni frammenti della mia vita; mi piace sognare di quando ero poco più che ragazza e già in guerra con la vita.

È un mare infinito di ricordi lontani. Ho ripreso a contare il tempo come facevo tanti anni fa, quando segnavo sul calendario i giorni, i mesi, gli anni che mi dividevano dalla maggiore età; sognavo allora, come adesso, la libertà.

Sogno di essere libera per sempre dall’angoscia di errori e debolezze; libera di poter ricominciare tutto da capo; libera di poter prendere in mano quella vita che da anni mi sfugge. Non so quando accadrà, ma una cosa è certa… io non sarò più la stessa.

Una volta ero allegra, spensierata, mi sentivo viva dentro e fuori, la vita mi sorrideva. Ho vissuto anni felici che sono volati via senza che me ne accorgessi, senza quasi riuscire a toccarli. Poi, un giorno, la dea bendata, mi ha voltato le spalle mostrandomi l’altra faccia del mio modo di vivere… (la prigione…). Forse la fortuna mi ha lasciato perché non sono stata capace di stringerla (o di apprezzarla) quando mi era vicina. Certamente di errori ne ho commessi tanti, senza mai pensare alle conseguenze. Ora la donna che vedo allo specchio non è più la ragazza spensierata di allora; mi guardo e comincio a vedere i segni dei miei sbagli, della mia vita che ho voluto vivere troppo in fretta.

Qualche ruga è già comparsa su un VISO ancora giovane. Ma ben altre rughe, che nessuno vede, mi hanno segnato per sempre l’esistenza. Rifiuto questa immagine che non è la mia; rifiuto questa vita che non sento più mia; vorrei poter tornare indietro di quindici anni… Ma ormai è troppo tardi; vorrei poter chiudere gli occhi e riaprirli per vedere che questo incubo è finito. Finirà, e il tempo mi darà ragione. Ma una cosa è certa: io non sarò più la stessa.

P.S.: Continua la collaborazione di Anna Morgana, reclusa nel carcere di Empoli, con la nostra rivista. Noi siamo felici di ospitare i suoi scritti.

 

 

Laboratorio “Il Drago siamo noi”

Voci dalla “Casa del Drago”

Il laboratorio di scrittura “Il Drago siamo noi”, articolato in incontri settimanali, ha preso avvio nel luglio 2004 presso il centro “La casa del Drago”… “La scrittura ha abbattuto in parte un muro eretto dentro di me, un muro fatto di paure e di incertezze. In questi scritti ho messo a nudo la mie debolezze, ho sfogato la mia depressione, ho toccato il fondo del mio animo, ma poi mi sono sentito un po’ meglio…”.

 

L’amore

Massimo

Quando si ama si è felici e l’amore e la felicità sono scomparsi con il sopraggiungere della mia malattia. Questo è il momento in cui dovrei ricevere amore e comprensione, ed i miei familiari, anche se mi stanno vicino, sento che non riescono a farmi star bene… forse sono io che non comprendo il loro amore, forse non voglio essere amato, forse non voglio più amare… Ora voglio amare solo chi mi sta amando, l’indifferenza è per me simile all’odio e la differenza la fa chi ama…

 

Ferdinando

Innamorarsi è pericoloso perché si perde la testa per una persona che se ti vuole bene ti ricambia, ma se non ti vuole bene ed ha soltanto una convenienza ti manipola e ti distrugge… Se uno mi chiedesse se l’amore finisce, io rispondo che a me è costato molto caro il “donare completamente me stesso”, cioè innamorarmi, perché ho rotto quell’equilibrio che deve esserci tra l’amare se stessi e l’amare un’altra persona… Per equilibrio io intendo che, quando l’amore per un’altra persona viene a intaccare la propria dignità ed a portarti alla rovina, bisogna saper dire “basta”…

 

Giuseppe

Quando ero a Torino, nell’edificio dove vivevo io abitavano anche delle famiglie molto giovani. Un giorno ho incominciato a prendere confidenza con i loro bambini, ci giocavo tutte le volte che potevo. Dopo un po’ loro cominciarono a venire dietro la porta di casa mia e così abbiamo fatto amicizia anche io e i loro genitori, poi che avevano visto quanto amore ci mettevo a giocare con i bambini, così mi affidavano volentieri la loro custodia. Quando stavo con loro tiravo fuori tutto l’amore che c’era in me, mi lasciavano i bambini tutti i giorni. Quando io sono andato via ho saputo che per un po’ quei bambini andavano ancora a bussare dietro la mia porta, in attesa che io uscissi. Loro mi chiamavano ancora: “Zio Peppe zio Peppe”, poi interveniva la mamma che diceva che zio Peppe non c’era più. Questa esperienza è stata per me l’amore più grande e la sofferenza successiva di non rivedere più quei bambini.

 

Aldo

È bello, non si può dire di più; però questo dura soltanto fino ad una certa età, quella della virilità e poi tutto finisce e continua quello passionale, certe volte migliore di quello materiale. Non è per vantarmi ma ho fatto piangere tante ragazzette che erano cotte di me, ma io non corrispondevo passionalmente… Credo però che una donna deve vivere le proprie esperienze e poi decidere la scelta. Pertanto è molto importante rispettare certe regole, i tradimenti innanzitutto e i dubbi che ti assillano, tra l’uno e l’altro…

 

Giancarlo

Per me l’amore più grande è quello dei propri genitori… Poi c’è l’amore dei propri figli, per i quali faresti carte false per tenerli al pari degli altri… L’amore per mia madre è sempre stato grande ma l’amore che provavo negli ultimi anni della sua vita è grandioso anche perché era una persona molto malata ma molto sensibile… È durata cinque mesi la sua agonia e in questi cinque mesi ho dato tutto me stesso e ho fatto tutto il possibile perché sentisse il male che aveva dentro di se il meno possibile… Ciao Mamma, non ti scorderò mai…

 

Ermanno

Amore vuol dire non dire mai mi dispiace… Attorno all’amore gira ogni cosa. Chi non si adoperasse ad aiutare quelli più insensibile e nulla scoprirebbe del piacere di esistere… Le persone che incontriamo nella vita sono tutte diverse per carattere o per sensibilità, sta a noi porci in condizione di essere accettati, superando barriere fisiche e psicologiche. Oltre all’amore si può scoprire l’amicizia, il rispetto e la disponibilità, cose che ci aiutano a vivere in modo dignitoso…

 

Sisma

In questi ultimi anni ho conosciuto una donna che ha scoperto a fondo l’eros, ma poiché essa da anni offre carità al suo prossimo come sé stessa, s’e annullata da sola il peccato. Forse potrà permettersela ancora la gioia del peccato, più sì che no, boh, sono ancora ignorante per giudicare…

 

Sebastiano

Non è facile amare, proprio perché ci si deve spossessare del proprio ego e donarlo all’altro. Qualche volta ci sono riuscito e, nonostante tutto, mi sentivo nella pienezza di me stesso. Più difficile ancora è amare tutti (sinora è riuscito a pochi, che poi sono diventati santi). Credo che questa sia la strada giusta per il raggiungimento della felicità. E, come si sa, la felicità è l’aspirazione di tutti gli esseri umani. Se amare una persona dà trepidazione, ansia e quindi, se tutto va bene, felicità, figurarsi se questori moltiplica per tutti gli esseri umani… Se consideriamo l’attrattiva, allora tutto è amore. I pianeti, il sole, tutto l’universo è fondato sull’attrazione…

 

Paolo

Il sentimento più antico del mondo forse è proprio l’amore, una catena di sensazioni  che ci cattura e ci rende schiavi di questo antico e magico sentimento… Amore è amare, cioè far sì che questa catena sia più lunga e resistente, affinché noi ne apprezziamo il potere infinito.

 

 

I miei amici: Eduart

 

di Kaos

 

Sono piuttosto ignorante in materie processuali e quando mi capita di ascoltare un internato che parla della sua posizione giuridica un poco intricata, spesso non trovo il capo della matassa e faccio fatica a capire come si sia potuti arrivare ad una certa situazione. Prima di arrendermi cerco però di usare un certo filo logico. Il caso di Eduart sembrerebbe semplice da spiegare: ha alle spalle un tentato omicidio; ha confessato, ha avuto il processo ed è stato condannato ad alcuni anni di carcere. Durante la detenzione ha mostrato qualche disturbo psichico ed è stato internato in Ospedale psichiatrico giudiziario per essere sottoposto alle dovute cure.

Bene, la sua pena è terminata nel 2002 (o perlomeno questo è ciò che lui dice e che potete leggere nel suo breve articolo in questo stesso numero di Spiragli), ma dal momento che sembra permanere in lui la pericolosità sociale, si rinvia la sua liberazione. A questo punto bisogna aggiungere che Eduart è albanese e fa sapere che la sua intenzione sarebbe quella di tornare in Albania dove ha una famiglia pronta ad accoglierlo. È qui che non riesco più a capire: c’e un uomo (straniero), che ha commesso un reato, che ha pagato il suo debito con la giustizia ma che continua a rimanere internato perché si ritiene che non sia guarito del tutto. Io mi domando: non si potrebbe risolvere il problema rispedendolo a casa sua, se è vero – come lui asserisce – di aver già esaurito il periodo di detenzione al quale era stato condannato?

Intanto Eduart, un ragazzo all’apparenza mite e introverso, sta rivolgendo quella pericolosità che gli viene attribuita verso se stesso: una volta ha provato ad allontanarsi da un permesso orario e per due volte ha tentato il suicidio. È ancora vivo perché i suoi amici lo tengono d’occhio.

 

 

Condannati due volte

 

di Jena

 

Sotto la guida del magistrato Alessandro Margara, già tra i padri della legge Gozzini che, nel 1986, rese più umano il nostro sistema carcerario, l’associazione “II granello di senape” ha rielaborato una proposta di legge sul diritto alla affettività in carcere.

Proposta di legge che giace alla Camera dei Deputati, firmata da sessanta parlamentari di destra e di sinistra, nella quale si richiedono spazi a misura di famiglia per abbracciarsi lontani dallo sguardo degli agenti, senza il vociare collettivo, i tavoli divisori.

Stiamo parlando di 56.000 carcerati. Il carcere, quando non recide i legami, costringe a scandirli secondo gelidi ritmi burocratici; poche ore di colloquio, qualche telefonata, lunghe attese di parenti, per poi essere perquisiti in maniera umiliante. Alla fine il risultato è commozione, lacrime, discorsi inutili e consolatori per una sofferenza non dovuta, non voluta come pena; ma di fatto questa è la pena maggiore. Per questo, condannati due volte!

La realtà, invero, è questa: reprimere i rapporti sessuali in carcere è incostituzionale! Lasciando come sola alternativa al “fai da te” perché si limitano in tal modo i rapporti familiari legalmente costituiti, quindi di diritto!

Il detenuto non è stato condannato alla castità! Per cui ha diritto a rapporti completi con la moglie, non per soddisfare bieche voglie sessuali, ma bensì per mantenere l’unità, l’accordo, l’intesa famigliare, anche congiungendosi carnalmente.

Basterebbe l’ambiente adatto, supportato da un atteggiamento adeguato degli agenti di Polizia penitenziaria in modo da capire che la mancanza di piacere non fa parte della pena! È come proibire di guardare il cielo o godere del calore del sole! Non fa parte della pena! La pena punisce il comportamento della persona, mai la persona. Non a caso non esiste la pena di morte.

Un cenno particolare va ai prosciolti perché incapaci di intendere e di volere (ma non di godere!?), e pone seri interrogativi sulla applicazione di una tale iniziativa, semplicemente risolvibile con più attenzione ed efficacia.

 

 

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