Ti scrivo dal condominio S. Anna...

 

Storie d'amore e di riscatto, cercando un'istruzione negata

 

«Eva Fuori», «Voci di Quinta» e «Ricercate»: le coraggiose riviste scritte dal penitenziario per aprirsi al mondo «Ti scrivo dal condominio S. Anna»

 

Gazzetta di Modena, 6 agosto 2002

 

Scrive il detenuto T.: «Caro amico, da qualche tempo mi sono trasferito nell'hinterland modenese e precisamente in una frazione, "S.Anna", in un condominio formato da un'infinità di monolocali a schiera su tre piani, già ammobiliati».

E' una delle tante lettere dal carcere. Lettere autoironiche e articoli toccanti quelli che riempiono le pagine dei giornali scolastici redatti, impaginati e stampati dai detenuti e dalle detenute del carcere modenese di Sant'Anna. Ai giornali storici "Eva fuori" (detenuti comuni) e "Voci di Quinta" (Sezione Alta Sicurezza) si aggiunge ora il giornale della sezione femminile intitolato "Ricercate". A pagina 6 della testata femminile, G. M. però non è ironica: «Babbo - scrive - vorrei averti ancora con me, ma non è possibile. Vorrei che fossi con me e che vedessi come sto soffrendo. Babbo sei stato un idolo e voglio al mio fianco un uomo vero come lo eri tu». Sull'ultimo numero (giugno) di "Eva fuori", il detenuto T. si rivolge a tutte le mamme, «sia a quelle che hanno figli in carcere, che a quelle che non li hanno. Mamme, quanti figli ci sono nelle carceri per colpa dei loro molteplici errori?». Si domanda come si faccia a dimenticarli dopo averli messi al mondo. Molti avrebbero diritto agli arresti domiciliari ma rimangono dentro perché a casa nessuno li aspetta. Il detenuto T. dice di averli «osservati da molto vicino, li ho aiutati senza neanche conoscerli a fondo, e li ho incoraggiati fino a farli ridere». Scrive dei pianti notturni di questi figli e dice di immaginare i pianti delle madri «nascoste dai vostri mariti».
Infine lancia un messaggio: «Voi tutte mamme che state soffrendo, teneteveli stretti questi figli che in fondo non sono cattivi come si pensa, tendetegli una mano». Voci di dentro. Ci sono articoli sulla guerra e sulla pace, sull'11 settembre e sui mass media, ricette di cucina, barzellette e cruciverba. Ma sugli ultimi numeri, vista la stagione, dedicano molti articoli alla scuola e mostrano gratitudine per gli insegnanti e per la chance che essi hanno offerto loro, forse per la prima volta nella loro vita.

E' la scuola elementare, frequentata non solo dagli immigrati come verrebbe da pensare, è la scuola media, è la scuola superiore. L'Ipsia Corni, con i suoi corsi di Elettrotecnica, è una realtà ormai consolidata al S. Anna. I giornali devono al Corni e ai suoi insegnanti (il prof Stefano Boni in primis) la loro sopravvivenza e vantano il primo posto al Premio nazionale "Verba Volant" di Riccione dedicato ai giornali di classe e conquistato nel 2000 surclassando alcune centinaia di altri giornali di classi "normali" di tutta Italia. E' una scuola normale quella che molti detenuti, condannati o in attesa di giudizio definitivo, avrebbero voluto, e dovuto, incontrare sul loro cammino.
Molti invece assaporano per la prima volta lo stupore indotto dall'istruzione, la dignità del sapere. Sull'ultimo numero di "Voci di Quinta", H.B, detenuto in Alta Sicurezza al quarto piano del condominio S. Anna, si chiede «Perché fare l'insegnante?». E poi spiega che «non è un lavoro come un altro» e che la maggior parte dei prof fa questo lavoro «perché è orientato verso il prossimo».
Conclude ringraziando «tutti voi, insegnanti, e di tutto cuore per quello che avete fatto e che fate per me, ma anche per i miei figli. Con il vostro interessamento, la vostra bontà e la vostra capacità di insegnare ci avete aiutato a raggiungere obiettivi che non credevo avremmo mai raggiunto».

 

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