L'Opinione delle carceri

 

De profundis, voci da dietro le sbarre

 

L’Opinione on line, 5 ottobre 2004

 

Nessuno pensa ai bambini dei carcerati

Ogni sabato la gita premio per i figli dei detenuti, di Francesca Mambro

Giù le mani dall’Asinara, di Dimitri Buffa

Buone notizie per i secondini…

De profundis, voci da dietro le sbarre

Poesia

Nessuno pensa ai bambini dei carcerati

 

In Italia il disagio sociale è un problema delegato al volontariato. Dove lo stato è assente intervengono le onlus. Questo vale anche per il futuro dei figli dei carcerati, individui che senza alcuna colpa iniziano con l’handicap la competizione nella vita. Lo Stato in questo settore brilla per la propria assenza ma per evitare che il germe della delinquenza si trasmetta per via genetica, sia pure in maniera indiretta, sarebbe ora che facesse qualcosa di più.

 

Ogni sabato la gita premio per i figli dei detenuti, di Francesca Mambro

 

Ogni sabato dal carcere di Rebibbia femminile escono dieci piccoli detenuti. Sono i bambini della sezione nido. Tutti lavati e ben pettinati con i loro inconfondibili buoni odori i dieci piccoli bambini lasciano le loro celle e le loro mamme detenute per guardare cosa c’è oltre le sbarre. È un mondo che molti di loro non conoscono affatto perché sono nati in carcere (o ci sono arrivati che avevano pochi mesi) o meglio in ospedale dove le madri sono state trasferite per il parto e poi riportate in cella. Entrano in galera e ci restano fino a tre anni quando, se sono fortunati escono con le madri, altrimenti al compimento del terzo anno il bambino viene separato dalla madre, che continua a scontare la pena oppure si trova in custodia cautelare, per essere affidato ai parenti più stretti o ad istituti di suore.

Da dieci anni il volontariato si prende cura di questi bambini portandoli fuori dal carcere tentando di rendere normale almeno un giorno della loro settimana in galera. Ad occuparsi dei bambini di questo sabato ci sono dieci volontari dell’associazione "Roma insieme" presieduta da Leda Colombini che lasciato il parlamento come deputata del vecchio Pci è volontaria in carcere da 15 anni. Alcuni dei piccoli gitanti si separano dalle mamme per la prima volta ed è difficile calmarli e rassicurarli tanto che a volte si preferisce lasciarli dentro per non traumatizzarli.

Superato il primo momento del distacco gli altri si guardano intorno curiosi, affamati di suoni e odori e colori e di tutto quello che la città di Roma mostra ai loro piccoli occhi non abituati alle lunghe distanze. L’attenzione è tanta e vorace ma dopo pochissimo li vedi addormentati tra le braccia del loro volontario, una sorta di custode che li accompagnerà tutto il giorno finché ritorneranno in braccio alle loro mamme. Li abbiamo seguiti ed inseguiti ad Ostia dove dei giovani imprenditori di uno stabilimento sul litorale romano, il "Bud Beach", hanno ospitato la strana comitiva.

Arrivano su un autobus di linea che il comune di Roma da un po’ di tempo ha messo a disposizione, e l’aiuto è stato molto gradito visto che prima ci si doveva arrangiare con mezzi di fortuna. L’autista dell’Atac è un ragazzo che in attesa dell’anticipo della Roma si scalda con Bruno, piccoletto dell’ex-Jugoslavia, ed insieme mimano l’aeroplanino di Montella. Sembra che i piccoli turisti abbiano calamitato l’attenzione dei più grandi e come in una festa ognuno di quei ragazzi e ragazze abbronzantissimi lasciano l’ultima tintarella e si improvvisano giocolieri, calciatori, cavallucci.

Sembra che si sia stabilita una sorta di muta gara per chi farà sorridere per primo gli irresistibili ospiti, per chi riuscirà a distogliere qualsiasi paura dai loro sguardi. Castelli di sabbia costruiti dalle volontarie, conchiglie e sassi levigati dal mare a riempire le tasche perché vogliono qualcosa da portare a mamma e poi tutta quell’acqua che non si può portare via ma che andrà a cullarli prima di addormentarsi. Ogni sabato un luogo diverso, ogni sabato una nuova avventura. Sabato scorso sono andati tutti al bioparco.

Il vecchio giardino zoologico che nel politicamente corretto ha mutato nome ma gli animali sono sempre chiusi in un recinto. E di recinti i bimbi rebibbiani se ne intendono. Sono passati davanti alle gabbie di orsi, leoni, elefanti, giraffe, zebre, caprette, pappagalli senza che uno di quegli animali suscitasse alcuna reazione. Gli stessi volontari erano stupiti del silenzio che accompagnava quella gita piena di sole. Solitamente i bimbi indicano, lanciano suoni di assenso, invece allo zoo sembravano aver perso la voce. Erano tutti ammutoliti.

Solo di fronte alla gabbia delle scimmie c’è stato uno dei più grandi che indicandole ha gridato allegro come se incontrasse degli amichetti del nido: "le scimmie". Davanti a quelle gabbie devono aver capito che qualcosa non tornava e che forse gli animali non erano poi così contenti. La gita è finita dopo poche ore, poi sono andati tutti a pranzo in una tenuta agricola dove c’era chi aveva preparato da mangiare, hanno giocato per il resto del pomeriggio e schiacciato un altro pisolino. Una giornata davvero particolare per dei bambini che trascorrono i primi tre anni di vita in una prigione. Finalmente stanchi ma contenti si addormenteranno nonostante i fari al neon che puntano sulle finestre delle celle illuminando la notte di Rebibbia e il loro giusto ed innocente sonno.

 

Giù le mani dall’Asinara, di Dimitri Buffa

 

"Sì ho sentito di questo progetto di riaprire l’Asinara ai detenuti e mi pare un po’ campato in aria, mi sa che lì più che riportarci i carcerati ci vogliono fare le vacanze quelli del ministero e spero che la regione Sardegna si opponga, visto che attualmente c’è una giunta di sinistra, quella di Soru, e sarebbe clamoroso che desse l’assenso a un progetto che all’epoca del governatorato di centro destra di Pili non ebbe alcun ascolto". A parlare dell’ultima pensata di Castelli, quella di riaprire l’Asinara come penitenziario, pare sia già stato siglato un protocollo d’intesa lo scorso 8 giugno tra via Arenula e il ministero dell’Ambiente di Matteoli allo scopo di promuovere "l’attività dei detenuti a favore della valorizzazione e dello sviluppo della natura protetta italiana", è uno che se ne intende, Eugenio Cossu, ex sindaco diessino di Porto Torres ed ex presidente dell’ente parco Asinara, fondato proprio grazie a lui ormai sette anni orsono.

 

Ci risiamo, caro Cossu, di nuovo si parla di riaprire l’Asinara...

Devo dire che sin dai tempi del centro sinistra, appena passò la legge di istituzione del parco dell’Asinara, abbiamo avuto forti pressioni da parte di via Arenula perché alcune strutture in cui alloggiava il personale di custodia fossero messe a disposizione del ministero e iniziarono anche delle ristrutturazioni, da me bloccate come sindaco di Porto Torres con giurisdizione anche sull’isola.

 

Parla delle casette che dovevano servire da abitazioni estive per gli alti papaveri e i magistrati che lavoravano al ministero?

La mia impressione è che oggi come allora più che di una struttura a disposizione dei detenuti avessero voglia di mettere le mani su delle residenze da vip privilegiati per farci le vacanze.

 

Che succederà?

Non mi preoccupo molto perché mi rifiuto di credere che Soru tradisca la regione Sardegna e tutti quelli che oggi usufruiscono sia pure con il contagocce del bellissimo parco che abbiamo creato alcuni anni fa solo per non dispiacere alla burocrazia ministeriale. Certo Castelli che già fa le vacanze a "Is Arenas" potrebbe avere voglia di visitare anche l’Asinata".

 

E oggi?

Sarebbe davvero paradossale che un presidente di giunta espressione del centro sinistra cedesse a quelle lusinghe cui invece seppe resistere il suo omologo di centro destra fino a poco tempo fa.

 

Ci racconti meglio?

Diliberto e anche Fassino tentarono più volte di riappropriarsi di quelle casette adibite ad abitazione per l’ex personale di custodia e a farne dependance ministeriali. Io minacciai di sollevare un caso che sarebbe probabilmente diventato uno scandalo nazionale…

 

E così?

A fare le vacanze all’Asinara né ministri del centro sinistra, né magistrati amici, né altri personaggi del giro poterono mai andarci. Ora tornano alla carica ma noi tutti confidiamo nella regione Sardegna che è il dominus della situazione: la struttura così come è sarebbe inservibile a ospitare dei reclusi a meno di non volerci investire un numero spropositato di soldi e di mettersi a rischio di un bel conflitto davanti alla Corte Costituzionale che si presume Soru solleverebbe.

 

Buone notizie per i secondini…

 

Gli agenti di polizia penitenziaria potranno essere chiamati a concorrere nell’espletamento di servizi di ordine e di sicurezza pubblica. L’ordine gerarchico sarà suddiviso tra dirigenti, direttivo ordinario, direttivo speciale, ispettori, dai sovrintendenti, agenti e assistenti. È infatti in dirittura d’arrivo la proposta di legge n. 5141 già approvata dal Senato il 14 luglio 2004, che conferisce una delega legislativa al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria con il conferimento al personale dirigente e direttivo penitenziario di un’autonoma collocazione professionale rientrante nella specialità dei rapporti di lavoro di diritto pubblico e quindi sottratta alla disciplina contrattuale del "Comparto Ministeri".

L’articolo 41, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, aveva da tempo ricondotto lo statuto giuridico ed economico del personale dirigente e direttivo dell’Amministrazione penitenziaria all’ordinaria contrattualizzazione prevista in generale per il pubblico impiego. La legge in questione consta di cinque articoli. Il più importante è proprio l’articolo 1 che conferisce una delega al Governo, da esercitarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per l’adozione di uno o più decreti legislativi di riordino dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria e del relativo trattamento giuridico ed economico.

Nell’ambito di tale carriera devono intendersi ricompresi gli appartenenti agli ex profili professionali di direttore penitenziario, di direttore di ospedale psichiatrico giudiziario e di direttore di servizio sociale, nonché il personale di ruolo amministrativo ad esaurimento dell’Amministrazione penitenziaria. Vengono quindi dettati gli otto principi e criteri direttivi ai quali dovrà ispirarsi la predisposizione dei predetti decreti legislativi. L’articolo 2 riconosce il rapporto di lavoro del personale appartenente alla carriera dirigenziale penitenziaria come rapporto di lavoro di diritto pubblico.

L’articolo 3, modifica la dizione di "Centri di servizio sociale per adulti", in "Uffici di esecuzione penale esterna", la cui organizzazione è disciplinata con regolamento del Ministro della giustizia. L’articolo 4 reca le disposizioni transitorie e finali, prevedendo, tra l’altro, che in fase di prima attuazione della riforma, le unità di personale inquadrate nella posizione economica C3 ed appartenenti ai profili professionali di cui al predetto articolo 1 vengono nominate dirigenti ope legis ed il loro rapporto di lavoro è regolato dalle disposizioni previste per il personale statale in regime di diritto pubblico. L’articolo 5 reca infine le disposizioni per la copertura finanziaria del provvedimento.

 

De profundis, voci da dietro le sbarre

 

No al carcere cimitero

 

Quando un uomo decide il trasferimento di un altro uomo dandogli collocazione eterna nell’ignobile galera con la scritta "Fine pena mai", mi sembra d’obbligo porci qualche interrogativo. Direi che sarebbe più giusto scrivere "Ti condanno al carcere fino a quando morte non ti raggiunga". Una scorrettezza di linguaggio, quindi, se vogliamo che venga rispettata la visione dei cristiani e di quanti hanno coscienza che ognuno di noi avrà una fine nella vita terrestre. Una frase scritta male e messa in pratica altrettanto male, studiata per affermare la crudezza e la spietatezza che attraverso quel "mai" si doveva e si deve trasmettere a chi infrange le regole della legalità.

Mi pare giusto che chiunque commetta un reato, di qualsiasi natura esso sia, richiami l’intervento di chi ha la responsabilità di riequilibrare lo squilibrio provocato e decidere quale condanna può essere inflitta. Ora, tutti sappiamo che la condanna minima o esemplare non viene eseguita solo in base al reato che la distingue, ma soprattutto secondo il tipo di emergenza presente nel momento del giudizio in cui la Corte scrive il destino del reo. E allora perché non chiedersi se effettivamente quella parte responsabile della bilancia della giustizia non debba essere vista non solo per la modifica e cancellazione di quel "mai", ma anche per collocarla finalmente fuori dalle parti influenzanti e dai giudizi basati sull’emotività?

Per evitare che si continui a prenderci la vita in modo legale, bisogna far sì che la cultura dell’umanità possa riscattarsi e che ci si liberi dalla cultura del castigo o della punizione. È tempo che tutti cominciamo a ragionare nei termini di una coscienza avanzata. E allora… ora e subito dobbiamo pensare ad una nuova legge, e avere il coraggio di non vedere solo come utopia la possibilità di attivare soluzioni alternative al carcere, per arrivare alla creazione di un’ideologia liberata e alla realizzazione di una società senza galere.

Dedico questo mio scritto alla memoria di Antonio, ergastolano morto il 28 novembre del ‘93 nel carcere cimitero di San Sebastiano di Sassari.

 

Annino Mele, Busto Arsizio

 

Il pentito scaricato

 

Mi chiamo D’Amico Salvatore, sono detenuto nel carcere di San Vittore e quello che mi sta accadendo è qualche cosa di incredibile.

Per mia sfortuna nel 1994-5, ho avuto un rapporto di collaborazione con... È vero, allora ho avuto dei benefici anche se non sono stato ufficialmente dichiarato collaboratore di giustizia. Ora sono stato scaricato e lasciato al mio destino. Ovvero le persone con cui ho avuto a che fare, sono ancora qui detenute e quindi tempo molto per la mia incolumità personale. Al momento del mio arresto, il giudice ha consigliato il mio allontanamento da Milano. Ma dopo quasi 3 mesi sono ancora qui. All’ingresso a San Vittore ho fatto presente la mia situazione e mi hanno messo per circa 60 giorni isolato in una cella di una sezione comune, subendo numerose provocazioni.

Dopo aver fatto casino finalmente mi hanno trasferito nel reparto Sms, sempre in isolamento, in compagnia di un altro detenuto con i miei stessi problemi e dove mi sento un po’ più tranquillo. Ho fatto istanza di trasferimento sia al ministero di Grazia e Giustizia, sia all’ispettorato, ma non ho avuto ancora alcuna risposta perché la direzione ha preso la mia situazione con troppa superficialità. Ovvero al posto di muoversi autonomamente come deve essere in questi casi, ha atteso le mie istanze, facendole partire con oltre un mese di ritardo.

Quando sono entrato in istituto ho chiesto, essendo tossicodipendente "cocainomane", di potere fare gli esami del sangue per vedere il mio stato di salute e l’Hiv, mi è stato risposto che non si poteva perché c’era da pagare il ticket. Dove sono finite le misure di prevenzione decantate dal ministro della Sanità? E se io fossi malato? Pensi che mi hanno riscontrato la bronchite cronica e mi hanno dato uno sciroppo per 5 giorni. C’è stato un caso di meningite e ci hanno dato una pastiglia come vaccino, cosa che io mi sono rifiutato di prendere. Se devono fare della prevenzione perché non lo fanno su tutto? Compreso l’Hiv?

Qui in quasi 90 giorni non ho visto nessuno operatore, nessuno psicologo, ho solo avuto un colloquio col vicedirettore Rinaldi. Non posso certo rimanere chiuso in una cella per due anni, questa è la mia attuale condanna. Perché non mi mandano in carcere dove c’è una sezione per gente come il mio caso, tipo Lodi, Alessandria?

 

Salvatore D’Amico, San Vittore

 

Poesia

 

"C’è sempre una... ragione"

 

Perdersi nei labirinti delle

menti e tuffarsi nelle

ragioni del cuore, per non

morire, dimenticare.

Fare viaggi surreali per

raggiungere quelle mete

ormai precluse, che se pur

metafisicamente, donano serenità.

È importante sai, non arenarsi

sul primo scoglio.

È importante sai, non smarrirsi

per non lasciarsi andare alla

deriva, come un naufrago in

mezzo al mare.

Anche se la tua coscienza freme,

anche la tua anima ti

tormenta, non ti da pace.

Non devi lasciarti andare.

C’è sempre una ragione per

vivere, per ricominciare, per

non morire.

Perdersi nei labirinti della

mente, ti può far male,

distruggere.

Può rompere l’equilibrio

della razionalità e portarti

a rasentare la pazzia.

Facendoti diventare un corpo

estraneo di questo mondo,

che sia nel bene che nel

male, vale comunque

pur sempre una ragione

per….viverlo.

 

San Vittore

 

 

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