Bollettino n° 9

 

Osservatorio Calamandrana sul carcere di San Vittore

"per la trasparenza e l’umanizzazione in carcere"

 

Bollettino n° 9 – luglio 2003

Continuiamo l’osservazione sul carcere. 200 detenuti del secondo raggio e un medico volontario firmano una denuncia sulla situazione sanitaria a San Vittore

 

La lettera dei detenuti del secondo raggio

 

È iniziata l’estate, quella che dovrebbe essere la stagione di ferie, mare, divertimenti. Di solito viene spontaneo riflettere sull’anno che è appena trascorso, fare una sintesi. Quest’anno ci sono state tante promesse di rinnovamento, riforme in tutti i campi, decentralizzazione, più potere alle regioni, "devolution", la nascita dell’Euro, grandi risultati!

Rimangono in ombra solo gli scomodi problemi della giustizia e del malfunzionamento delle carceri italiane, con il sovraffollamento che ha raggiunto limiti inimmaginabili. I tagli alla spesa che superano il 60%, la riduzione del personale sanitario, i medicinali salvavita introvabili, l’inesistenza dei medici specialisti, (sono circa sei mesi che non vengono pagati a causa della mancanza di fondi), la mancanza dell’acqua potabile (con l’arrivo dell’estate), la precaria situazione igienica che ha scatenato un’epidemia di scabbia e infine il non adeguarsi all’orario estivo in vigore nella UE, l’impossibilità di farsi la doccia di domenica e nei giorni festivi, tutto ciò induce i detenuti del carcere di San Vittore a Milano a denunciare e a fare luce sulla reale situazione di disagio e la mancanza di rispetto della dignità umana.

Questo nel paese che sta per presiedere la Comunità Europea e che a voce del suo ministro della giustizia dichiara che le carceri italiane sono alberghi a 4 stelle. Noi detenuti, oltre che a invitarlo a trascorrere una notte in questi alberghi, ci chiediamo: con quale criterio ha fatto la sua analisi? Per quale ragione si sta rimandando, per una scusa o per l’altra, anche il provvedimento caldeggiato da più parti di un indulto? E ciò mentre c’è voluta mezza giornata per mettere in atto il Lodo Maccanico rendendo le massime cariche dello stato non giudicabili fino alla fine del loro mandato.

La popolazione detenuta si chiede che ne sarà del suo futuro, specialmente dopo la circolare del D.A.P. che, per seri rischi di rivolte e fughe collettive, raccomanda di raddoppiare l’apparato di sorveglianza, risposta strana per chi chiede solo i suoi diritti.

 

Seguono le firme di 200 detenuti

 

 

Carcere e diritto alla vita

 

Le condizioni dei cittadini incarcerati per scontare le pene comminate o in attesa di giudizio sono, da anni, tristemente note. In molte carceri il sovraffollamento delle celle, le precarie condizioni igieniche, il cibo scadente per qualità e preparazione, pare che debbano costituire parte integrante della pena per la maggior parte dei detenuti e, per un numero più ridotto, si aggiungono le angherie subite da parte del personale operante nelle strutture o dai compagni di cella. In carcere la maggior parte della legislazione esistente, ed i regolamenti che ne discendono, per una serie infinita di motivi, di cui non è facile reperire le responsabilità, sono inapplicabili e di conseguenza vige la legge del "più forte". Ciò comporta un sistema di tipo mafioso, dove nessuno vede, nessuno sente e nessuno parla.

L’eccesso di violenza sembra non esistere, eventuali lesioni non sono mai provocate da percosse, ma sempre da cadute accidentali dal letto. Qualcuno, meno incline a sopportare i soprusi, si suicida.

In carcere neppure il diritto alla salute è un diritto. La preparazione, non sempre sufficientemente verificata, del personale sanitario, il filtro non sempre corretto alla richiesta di intervento medico, e l’impossibilità di ricorrere a cure necessarie eseguibili all’esterno per i permessi a volte negati dai tribunali di sorveglianza, spesso rendono tardivi o inefficaci gli interventi necessari con gravi danni alla salute.

Le pesanti sofferenze che in molte carceri vengono inflitte volontariamente ai tossicodipendenti, non somministrando, o peggio ancora, sospendendo le terapie adeguate, sono ben note, come sono ben note le recidive della tossicodipendenza e le morti di over dose all’uscita di queste carceri.

Da qualche mese, in molti istituti, non essendoci i soldi necessari, mancano i medici, gli infermieri e le medicine.

La conseguenza è che in molti istituti malattie come l’AIDS, non possono essere curate, il che significa condannare a morte in tempi medio brevi molti di questi pazienti. E qui non si tratta di diritto alla salute ma di diritto alla vita. Non si può e non si deve "condannare a morte" un detenuto in attesa di giudizio o l’autore di un furto, commesso, magari, diversi anni prima. Politici e magistrati, datevi una mossa.

 

Augusto Magnone (medico)

 

 

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