Carceri della Toscana

 

Dati e iniziative sulle carceri della Toscana

di Elisa Bandini (Fondazione Michelucci)

 

"Se mai ce ne fosse stato bisogno, questi dati sono un’ulteriore riprova di una situazione allarmante: le nostre carceri sono piene di poveri cristi e il nostro sistema carcerario è, nella sostanza, ai limiti del rispetto della dignità umana". È il primo commento del vice presidente della Toscana ed assessore alle politiche sociali, Angelo Passaleva, sui numeri distribuiti dall’Osservatorio sulle carceri curato dalla Fondazione Michelucci.
Sono 4.028 i detenuti che a metà del 2003 riempivano i diciotto istituti penitenziari toscani: 3.843 uomini e 185 donne. Nel 1998 erano 3.471, dal 2000 quasi mai sono scesi sotto i 3.900. La capienza regolamentare sarebbe solo di 2.911 posti (2.755 per gli uomini e 156 per le donne), quella "tollerata" sfiora le quattromila. Negli istituti penitenziari della Toscana, regione a più alta concentrazione carceraria, il 27% dei detenuti sono poi tossicodipendenti, il 30% sono immigrati, il 10% hanno problemi psichiatrici o sono senza fissa dimora.
"Se la pena detentiva dovrebbe servire per recuperare chi ha sbagliato, - prosegue Passaleva - nella realtà i dati dell’Osservatorio dimostrano infatti che purtroppo accade il contrario: troppo spesso il carcere è scelto come la soluzioni più comoda per contrastare quelle forme del disagio sociale che condizionano l’effettuazione dei reati. E in carcere finisce solo chi non ha i soldi per pagarsi la libertà. Ciò è contro gli sforzi di chi, anche all’interno del sistema carcerario, cerca di umanizzare quelle strutture e di non tradire lo spirito della Costituzione".
Nei carceri si entra molto e si esce poco: giusto dunque proseguire sulla via delle sperimentazioni, per facilitare il reinserimento dei detenuti nella società; e già diverse sono quelle attive in Toscana con l’obiettivo di ridurre le spese e ridurre laddove possibile le guardie, ma anche migliorare il reinserimento dei detenuti nella società riducendo il rischio di recidiva.

"È una strada da seguire anche in futuro" sottolinea Passaleva. Si va dalla scuola in carcere a forme di custodia attenuata e di "alto trattamento avanzato", dal teatro ai centri ricreativi per chi gode della semilibertà e non può tornare in carcere prima delle nove la sera, fino alla proposta di un tutor che possa seguire i detenuti per vari anni, dentro e fuori l’istituto. L’esempio più avanzato di carcere a custodia attenuata in Toscana fino a pochi anni fa era Solliccianino a Scandicci e Empoli. Il progetto presentato a maggio per la piccola casa circondariale di Massa Marittima ha costituito un ulteriore passo in avanti: una "comunità penitenziaria aperta" dove imparare un lavoro, la prima esperienza del genere in Italia. Il detenuto potrà diventare un falegname od un bravo artigiano. C’è chi, come il consorzio Con-Arte lavorerà sui mestieri che stanno oramai scomparendo.

Ci sarà spazio anche per l’agricoltura, per il cinema, per il teatro e per la musica. In cambio ai carcerati sarà chiesto di rispettare un programma ben definito. A Solliccianino, dove i detenuti possono circolare liberamente all’interno della struttura durante tutto il giorno e dispongono di celle singole, il primo impegno è quello di completare il ciclo di studi della scuola dell’obbligo.
Qualche giorno fa è stato inaugurato un centro ricreativo a Tavante, nei pressi di Sollicciano. La ristrutturazione dell’immobile, un seminterrato, è stata finanziata anche dalla Regione, assieme al Comune di Firenze. I detenuti che lavorano fuori e godono della semilibertà non possono ritornare in carcere prima delle nove la sera: questo centro ricreativo, dove è stata allestita una piccola mensa e dove saranno organizzati laboratori di sartoria ed informatica, servirà da punto di riferimento evitando per i detenuti il rischio di "cattive compagnie".
Forte attenzione poi è riservata alla formazione in carcere. Lo scorso dicembre su 3.886 detenuti presenti nei vari istituti toscani 1.128 erano impegnati in attività di studio: il 29 per cento, quasi tre carcerati su dieci, di cui oltre un terzo (436) stranieri. La percentuale delle donne sale leggermente: il 32 per cento. Sempre a dicembre del 2002 erano 52, su 162 detenute: 22 erano straniere, abbondantemente oltre un terzo. Due delle 52 frequentavano l’università.
Ci sono corsi di istruzione elementare e di alfabetizzazione di base – sono presenti in 12 istituti su 19 – mentre in 16 sono attivi corsi di scuola media La scuola dell’obbligo è presente in 8 istituti: 4 case di reclusione e 4 circondariali con sezioni penali. Sono coinvolte complessivamente 11 scuole superiori: 2 professionali, 5 istituti per ragionieri, 1 liceo scientifico, 2 istituti per geometri, 1 tecnico agrario.
Erano 74 prima dell’estate i detenuti toscani che erano iscritti all’università. Cinquantaquattro, di cui tre donne, erano iscritti a Firenze: 29 si trovano nel carcere della Dogaia di Prato (il primo polo universitario penitenziario toscano inaugurato a novembre del 2000). Sono distribuiti in tutte le facoltà, anche se hanno scelto in prevalenza scienze politiche e giurisprudenza. I voti vanno dal venti al trenta e lode. Il modello da seguire è quello di Prato, dove i detenuti-studenti sono riuniti in una sezione apposita con spazi dedicati allo studio e all’incontro con i docenti. A San Gimignano saranno utilizzati anche metodi didattici di insegnamento a distanza.
In carcere poi si fa anche teatro: sono almeno 11 su 18 gli istituti toscani dove sono presenti laboratori teatrali, gestiti da insegnanti ed associazioni.

 

 

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