Riforma del Codice Penale

 

La Riforma della parte generale del Codice Penale

Scheda del provvedimento

 

In via generale si può affermare che il progetto di parte generale del codice penale si caratterizza per un importante e fattivo aggiornamento del tessuto normativo che recepisce i cambiamenti e le evoluzioni intervenute nel diritto vivente in oltre settanta anni di applicazione del "codice Rocco". Tra le novità assolute rispetto all’attuale sistema appare di notevole portata l’inserimento del principio di offensività del reato per il quale la sola formale violazione della norma non comporta la punibilità se non vi è stata effettiva lesione o messa in pericolo dell’interesse protetto. Abbandonando un criterio formale, si offre la possibilità nel giudizio concreto di escludere la punibilità di condotte che, sebbene apparentemente siano conformi alla previsione della norma incriminatrice, in realtà non abbiano arrecato danno o messa in pericolo del bene giuridico protetto dalla norma penale.

Anche le scriminanti hanno ricevuto una migliore sistemazione dogmatica, attraverso la introduzione della differente categoria delle scusanti: la ricorrenza delle prime, che operano oggettivamente, importa che il fatto scriminato sia insussistente; la ricorrenza delle scusanti, di natura soggettiva, esclude che il fatto costituisca reato. Vi è poi una migliore individuazione dei parametri di riferimento sia per il consenso dell’avente diritto sia per la legittima difesa.

Una diversa ipotesi di difesa del privato è stata introdotta nella norma sull’uso legittimo delle armi o altri mezzi di coazione fisica che è consentita per difendere la inviolabilità del domicilio, sempre che l’introduzione sia ingiusta, clandestina o violenta, e tale da destare ragionevole timore per la incolumità o la libertà delle persone presenti.

La categoria delle scusanti rappresenta una novità assoluta - si tratta di una categoria che si affianca alle scriminanti -, e raccoglie le situazioni che escludono l’elemento soggettivo del reato, caratterizzandosi per l’affidamento ragionevole all’ordine o alla regolamentazione di settore ovvero alla istintiva difesa di persone particolarmente vicine: la buona fede, l’attività sportiva, le informazioni commerciali, l’ignoranza del carattere illegittimo dell’ordine dell’autorità, l’ordine del privato nell’ambito di un rapporto di lavoro, lo stato di necessità scusante (illustrato sopra).

Tra le maggiori modifiche rispetto al sistema attuale è da annoverare la rimodulazione delle pene, conseguenza anche della abolizione della distinzione tra delitti e contravvenzioni che si basava in via formale sui differenti tipi di pena applicabili (reclusione o arresto, multa o ammenda). La scelta prende atto della volontà di una tendenziale riduzione dell’area dell’illecito penale, da riservare a condotte dotate, rispetto anche al principio di offensività, di particolare disvalore. E’ dunque stata prevista una sola tipologia di reato. Le pene, poi, sono distinte in principali ed accessorie. Le pene principali, applicate dal giudice in relazione al fatto concreto, a loro volta, sono distinte in:

pene detentive o pene restrittive della libertà personale (come la detenzione domiciliare)

pene interdittive

pene prescrittive (come l’allontanamento dalla famiglia)

pene ablative (confisca e sanzione pecuniaria inflitta dal giudice di pace)

Le pene accessorie conseguono di diritto alla condanna nei casi stabiliti dalla legge. Scompare anche il meccanismo delle pene congiunte, ossia di pene principali di specie diversa applicate per uno stesso fatto (oggi ampiamente previsto).

Notevolmente ampliato è il novero delle specie di pene, al fine di diversificare la risposta sanzionatoria alle differenti tipologie di reato, abbandonando l’appiattimento sulla pena carceraria che di fatto ha indotto la cd. "fuga dalla sanzione", ossia la tendenza ad evitare che per reati puniti col carcere, ma attualmente ritenuti non gravi, si aprano le porte della detenzione che nessun beneficio comporta né per il soggetto, né per la collettività.

Vi è stata una generale riduzione dei limiti massimi delle pene, in una prospettiva di migliorarne la effettiva espiazione. In altri termini, attualmente il sistema penale si caratterizza per una previsione edittale di grande severità che poi, attraverso il gioco delle attenuanti, delle riduzioni, dei benefici, ecc., si svilisce sino a risultare innocuo, in quanto al giudice sono concessi margini di valutazione discrezionale amplissimi (per una rapina aggravata si può spaziare da meno di due anni a venti anni di reclusione).

Il disegno del nuovo codice penale, invece, intende ridurre in modo ragionevole le pene in astratto previste dalla legge, ma ancorare l’applicazione concreta a criteri più certi e rigorosamente individuati. In tale prospettiva, profondi mutamenti sono stati apportati alla attuale disciplina delle circostanze del reato.

Importanti elementi di innovazione riguardano le circostanze aggravanti e attenuanti, prima fra tutte l’abolizione delle attenuanti generiche. Inoltre, in armonia con la scelta di fondo del progetto di riforma, si è previsto un meccanismo che, per un verso, limita l’efficacia delle circostanze rispetto alla pena base stabilita dal giudice e, per l’altro, impone la valutazione di tutte le circostanze riconosciute esistenti:

ciascuna circostanza non può importare un aumento o una diminuzione della pena base stabilita dal giudice maggiore di un terzo;

tutte le circostanze, siano esse aggravanti o attenuanti, si applicano sulla pena base con una sorta di calcolo algebrico di aumenti e riduzioni;

la riduzione complessiva non può eccedere la metà del minimo della pena prevista dalla legge e l’aumento complessivo finale non può superare la metà del massimo della pena prevista dalla legge.

 

Ministero della Giustizia - Ufficio Legislativo, 21 aprile 2005

 

 

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