|          Norme
di attuazione della convenzione sul trasferimento delle persone condannate
   Legge
3 luglio 1989, n° 257   
  
    Ai
    fini dell’esecuzione della pena in Italia, nei casi di applicazione della
    convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata a
    Strasburgo il 21 marzo 1983, il Ministro di Grazia e Giustizia richiede il
    riconoscimento della sentenza penale straniera. A tale scopo trasmette al
    Procuratore generale presso la corte di appello nel distretto della quale ha
    sede l’ufficio del Casellario competente ai fini della iscrizione, una
    copia della sentenza, unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli
    atti che vi siano allegati e con la documentazione e le informazioni
    disponibili. Trasmette, inoltre, la domanda di esecuzione nello Stato, da
    parte dello Stato estero, con cui questo Stato acconsente all’esecuzione.
    Il procuratore generale promuove il riconoscimento con richiesta alla corte
    di appello. Si seguono le disposizioni stabilite nel secondo e terzo comma
    dell’art. 674 del codice di procedura penale.
    Alla
    sentenza penale straniera è dato riconoscimento se ricorrono, oltre a
    quelle previste dalla convenzione, le seguenti condizioni:
     a)
    la sentenza non contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali
    dell’ordinamento giuridico dello Stato; b)
    per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona non è stata
    pronunciata nello stato sentenza irrevocabile; c)
    per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona non è in corso
    nello Stato procedimento penale. Con
    la sentenza di riconoscimento la corte di appello determina, sulla base
    della pena stabilita nella sentenza straniera, la pena, prevista dalla legge
    italiana, che deve essere ancora eseguita. Nel
    determinare la pena, la corte di appello applica i criteri previsti
    nell’art. 10 della convenzione.
    Quando
    l’entità della pena non è stabilita nella sentenza straniera, la corte
    la determina sulla base dei criteri indicati negli artt. 133, 133 bis e 133
    ter del codice penale.
    All’esecuzione
    provvede di ufficio il procuratore generale presso la corte di appello che
    ha deliberato il riconoscimento. Tale corte è equiparata, a ogni effetto,
    al giudice che ha pronunciato sentenza di condanna in un procedimento penale
    ordinario. Il condannato trasferito in applicazione della convenzione non può
    essere né estradato né sottoposto di nuovo a procedimento penale nello
    Stato per lo stesso fatto, neppure se questo viene diversamente considerato
    per il titolo, per il grado o per le circostanze.
    L’esecuzione
    all’estero di una sentenza di condanna non è ammessa se non vi è stata
    deliberazione favorevole della corte di appello nel cui distretto fu
    pronunciata la condanna. A tale scopo il Ministro di grazia e giustizia
    trasmette gli atti al procuratore generale affinché promuova il
    procedimento davanti alla corte di appello. Il consenso del condannato è
    prestato davanti al magistrato di sorveglianza o al pretore del luogo ove il
    condannato si trova, ovvero davanti alla corte che procede. L’autorità
    giudiziaria accerta che il consenso sia prestato volontariamente e con la
    piena consapevolezza delle conseguenze giuridiche che ne derivano. Si
    applicano le disposizioni stabilite nel secondo comma dell’art. 674 del
    codice di procedura penale.
    L’esecuzione
    della pena nello Stato è sospesa, dal momento in cui ha inizio
    l’esecuzione nell’altro Stato, e per tutta la durata della medesima. La
    pena non può essere eseguita nello Stato quando, secondo le leggi
    dell’altro Stato, essa è stata interamente espiata.   |