Sanità in carcere

 

Sanità in carcere: tra il dire ed il fare

 

Il Ministro della Sanità con decreto 21 aprile, in attuazione del dpr 23 giugno 1999 n. 230 che dispone il passaggio graduale alle Regioni e quindi alle ASL della gestione diretta della sanità nel settore penitenziario, ha approvato il Progetto Obiettivo per la tutela della salute in ambito penitenziario.
Come da decreto interministeriale 20 aprile 2000, s'inizia un esperimento per ora soltanto nelle regioni Toscana, Lazio e Puglia.
Il contenuto è di tutto rispetto quanto a completezza e lucidità e lascia intendere che la passata gestione diretta ha lasciato a desiderare, tanto che a quanto pare si dovrebbe rifare tutto da capo.
Il punto è: quanto tempo sarà necessario e la riforma otterrà risultati apprezzabili? Ai posteri la risposta, legata come è alle sorti di tutto il Servizio Sanitario Nazionale, che è gravato da problemi propri, numerosi, gravi ed irrisolti.
Certo è che, se il Servizio sanitario è nazionale e pubblico, non poteva continuare a rimanere all'esterno del carcere, sottolineandone il tradizionale isolamento. Il carcere ormai è un brandello, magari scomodo, della società e come tale deve essere trattato.
Senza dire che esiste anche un problema di parità di trattamento tra i cittadini tutti, detenuti e non. I primi hanno diritto alle stesse prestazioni sanitarie assicurate ai liberi, cosa irrealizzata dalla medicina penitenziaria, autonoma ma disarticolata e non sufficientemente strutturata e potenziata.
Vediamo che cosa dice il "libro dei sogni", augurandoci che tale non sia il nuovo documento. Il progetto è sperimentale e triennale, fondato su una sistematica collaborazione tra DAP e SSN e dovrà generare progetti regionali e locali.

Lo stato della salute nelle carceri, sovraffollate, non è conosciuto perché manca un sistema di rilevazione delle patologie, ma è preoccupante per la presenza di extracomunitari, tossicodipendenti. I malati di mente, AIDS, di sindromi infettive, gastriche, cardio vascolari sono più numerosi che all'esterno.

I piani regionali dovranno garantire gli obiettivi di salute dei detenuti secondo i livelli essenziali ed uniformi previsti dal piano sanitario nazionale.

Occorre soprattutto curare la prevenzione perché il carcere e è causa di rischi aggiuntivi per la salute fisica e psichica dei detenuti e degli operatori.

Viene ribadito che per salute non si intende la mancanza di malattia ma il benessere fisico, psichico e ambientale.

Edifici degradati, regime alimentare, inattività, inedia, atti di violenza sono i problemi da affrontare subito.

Entro tre mesi ogni ASL effettuerà una ricognizione dei rischi di ogni carcere per realizzare i necessari interventi strutturali al fine di migliorare le condizioni di vita.

Le ASL dovranno varare programmi di educazione alla salute per sensibilizzare detenuti e operatori.

Le ASL dovranno assicurare il soddisfacimento della domanda di CURA dei detenuti garantendo tempestività continuità assistenziale qualità ed appropriatezza delle prestazioni verifica dei risultati

Le aree di intervento sono: medicina generale medicina specialistica medicina d'urgenza tossicodipendenza immigrati infettivi salute mentale.

Medicina generale: il modello deve prevedere visita ai nuovi giunti visita a chi ne fa richiesta raccordo con la medicina del territorio continuità assistenziale.

Nel settore della medicina d'urgenza si deve garantire il pronto intervento del sistema di emergenza aggiornare il personale integrare le strutture interne con quelle estreme disporre all'interno del carcere di strutture per affrontare le urgenze senza ricorrere al ricovero esterno.

 

La tossicodipendenza richiede misure di prevenzione diagnosi terapia. Bisogna ridefinire il modello secondo l'ottica che concili le strategie terapeutiche "con quelle preventive e di riduzione del danno".

Gli obiettivi sono:

immediata presa in carico da parte del SERT onde evitare inutili sindromi astinenziali ed assicurare la continuità terapeutica

attività di prevenzione

effettuazione di indagini chimico cliniche interventi specialistici per approfondimento redazione di programmi personalizzati che possono prevedere anche l'uso del metadone per mantenimento disponibilità di trattamenti sostitutivi o con antagonisti, condivisi dal detenuto

Il modello organizzativo deve essere centrato sui SERT e sulla rapida comunicazione tra servizi intramurali e quelli esterni prevedere l'assegnazione ad istituti di custodia attenuata migliore coordinamento con i programmi svolti all'esterno iniziative di formazione permanente tra operatori Giustizia e Sanità

 

L'assistenza agli IMMIGRATI richiede la promozione di accordi locali tra regione, amministrazione penitenziaria, ASL e Comuni per l'individuazione di PERCORSI COORDINATI atti a superare i seguenti punti critici:

mancanza di conoscenze dei reali bisogni e dello stato di salute degli immigrati carenza di esperienze specifiche anche in campo internazionale carenza di protocolli organizzativi negli istituti assenza di formazione specifica del personale non comprensione dell'italiano da parte dei detenuti non conoscenza di lingue straniere da parte del personale

non conoscenza della normativa italiana da parte del detenuto scarsità all'esterno di aiuti dopo la scarcerazione assenza di mediatori culturali disomogeneità degli interventi informativi e di sostegno.

 

LE MALATTIE INFETTIVE nel settore penitenziario sono un capitolo importante. Gli obiettivi da raggiungere sono:

strumenti di informazione dei detenuti costruzione di mappe di rischio

procedure standard di valutazione dei nuovi ingressi dopo attenta osservazione

procedure di screening per identificare gli infetti

sviluppare protocolli per la gestione dei casi garantire a tutti l'accesso ai trattamenti anti infettivi

sperimentare la fattibilità di interventi di immunizzazione

viluppare un sistema di sorveglianza sanitaria che raccolga attendibili dati epidemiologici modelli di intervento psico sociale per diminuire i comportamenti a rischio.

 

In tema di SALUTE MENTALE il piano premette che negli istituti il disagio psichico è diffuso e maggiore rispetto all'esterno. Il che è rilevante sia ai fini sanitari che a quelli della sicurezza. Occorre coinvolgere tutti gli operatori in un progetto complessivo di presa in carico, strettamente collegato con le strutture psichiatriche del territorio.

Obiettivi:

valutare entità e distribuzione dei disturbi mentali formare tutto il personale

coordinare il tutto con il Dipartimento della salute mentale del territorio

procedere a presa in carico personalizzata dei soggetti redigendo programmi trattamentali personalizzati

istituire negli istituti zone di osservazione, di intervento e di riabilitazione

assegnare i soggetti ad istituti vicini alla residenza attivare cooperazione tra area sanitaria e trattamentale

potenziare il servizio nuovi giunti con la presenza anche dello psichiatra

Quanto agli internati prosciolti "è necessario un riordino del settore" degli ospedali psichiatrici giudiziari ed occorre definire un protocollo di collaborazione tra operatori del DAP e dell'ASL.

 

I MODELLI ORGANIZZATIVI dovranno essere differenziati al fine di essere funzionali al perseguimento degli obiettivi del piano.

Negli istituti fìno a 200 presenze occorre un servizio sanitario multiprofessionale, nell'ambito del distretto sanitario, con un dirigente coordinatore.

Negli istituti fino a 700 presenze occorre un'unità operativa multiprofessionale con a capo un dirigente medico.

Negli istituti più grossi occorre un dipartimento strutturale articolato in più unità operative. Il direttore del dipartimento è nominato dal direttore generale dell'ASL.

In ogni caso L'ASL deve garantire PER L'INTERO ARCO DELLE "24 ORE DI TUTTI I GIORNI DELLA SETTIMANA" l'attività assistenziale ai detenuti IN ANALOGIA a quanto richiede per i liberi l'art. 8 del D.Lvo 229/1999, attraverso II coordinamento e l'integrazione professionale fra medici della medicina generale specialisti e quelli delle strutture esteme del SSN.

I RICOVERI ESTERNI sono riservati a malattie acute e per ragioni di sicurezza devono essere limitati al massimo, potenziando la rete dei servizi diagnostico-terapeutici interni in ogni istituto. La Regione dovrà accreditare le strutture già presenti negli istituti, fissando i requisiti necessari.

In futuro finalmente ogni Regione dovrà individuare nel suo ambito ALMENO UNA STRUTTURA OSPEDALIERA PER DETENUTI.

Importante principio:

le ragioni di sicurezza non possono mai mettere a rischio la salute e la vita del detenuto.

Il nuovo sistema consente:

di superare una separatezza storica tra culture e esperienze diverse che hanno una finalità comune, quella della tutela della salute della persona detenuta;

di mettere a disposizione del carcere TUTTO il POTENZIALE del SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE ( che certo è tutt'altro che perfetto ma migliorabile e comunque imponente per qualità e quantità),

di salvaguardare il patrimonio di esperienze acquisite dalla medicina penitenziaria.

Il Ministero della Sanità sarà dotato di un apposito ufficio ai fini dell'indirizzo e coordinamento del processo di riordino della medicina penitenziaria.

Il progetto fìssa infine i compiti e le competenze dello Stato, delle Regioni, delle Aziende Sanitarie locali al fine, condivisibile, di evitare al massimo conflitti ed equivoci che finirebbero per affossare la riforma, a danno della chiarezza, dell'efficienza ma - sopra tutto - della salute dei detenuti, coloro che alla fine pagano tutto e sempre personalmente, anche per gli errori altrui.  

Giancarlo Zappa

 

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