Produttività

 

L’imprenditore bresciano e il mondo penitenziario

 

Il carcere è una componente imprescindibile del territorio e ciò deve riflettersi in un programma concreto di sviluppo e promozione culturale della partecipazione della comunità esterna alle vicende della esecuzione penale, infra ed extra murale.

Tale legame trova la propria maggior evidenza nella individuazione di percorsi strutturati per il reinserimento lavorativo e sociale dei condannati. Ma un percorso che voglia ammantarsi di concretezza ed effettività non può non tener conto della realtà delle risorse occupazionali espresse dal territorio e, prima ancora, del clima culturale nel quale tali risorse sono generate.

Per queste ragioni ci è parso non privo di interesse sviluppare un contributo allo studio delle caratteristiche di un campione di imprenditori bresciani nella prospettiva valutativa e propositiva delle opportunità occupazionali che essi possono offrire a persone sottoposte ad esecuzione della pena, sia detentiva che nelle forme alternative concesse dall’ordinamento penitenziario attualmente vigente.

Tale studio, attuato attraverso il metodo dell’inchiesta confidenziale, si è prefisso di ottenere una lettura degli  stereotipi percettivi e/o delle capacità critiche adeguate dell’imprenditore, rispetto ad un problema sociale vissuto spesso con estrema diffidenza e scarso senso di prossimità, al fine di meglio comprendere le modalità di valutazione con cui lo stesso imprenditore, perlomeno quelli rappresentati dal campione intervistato, intraprende un percorso decisionale sull’opportunità di mettere a disposizione risorse occupazionali per lavoratori sottoposti ad esecuzione penale.

Il campione intervistato è composto da 80 imprenditori del territorio bresciano, appartenenti alle diverse associazioni di categoria, ai quali è stato sottoposto un questionario in forma anonima e riservata. Pur essendo tale campione numericamente piuttosto esiguo costituisce un valido spaccato del mondo imprenditoriale bresciano per  il criterio di  non casuale rappresentatività cui si è cercato di conformarlo, offrendo adeguata dimensione proporzionale alle diverse realtà imprenditoriali presenti sul territorio.

Un territorio che, ricordiamo,  dal punto di vista demografico comprende 1.100.000 abitanti al 31 dicembre 1999  con una densità pari a quasi 230 abitanti per kmq, superiore alla media italiana (191 ab./kmq) ma inferiore alla media lombarda (380 ab./kmq) e con un tessuto imprenditoriale che, esprimendo circa 104.000 imprese (per la precisione 103.756), posiziona Brescia nella relativa graduatoria  nazionale al sesto posto. Di queste imprese, 26.562 sono nel commercio, 19.079 nell’industria, 13.677 nelle costruzioni e13. 079  nell’agricoltura. Le imprese artigiane sono 34.913 (dati Unioncamere). In termini percentuali tali dati significano  una presenza del 18,8 % del settore industriale,  33 % delle imprese artigiane, 13,2 % di costruttori, 25,6 % di commercianti e 12,6 % di agricoltori. Le cooperative sociali presenti sul territorio sono circa 150 (Pro-Brixia, III, 10, 1999).

E’ evidente come una realtà così ricca dal punto di vista imprenditoriale richieda una presenza di forza-lavoro altrettanto corposa, che determina un tasso ufficiale di disoccupazione  del 4,2  %, inferiore sia al dato regionale (4,8 %) che a quello nazionale 11,4 % (dati Unioncamere).

Il numero di stranieri residenti nel comune di Brescia al 31.12.1999 era di 11.140;  gli stranieri residenti nella provincia di Brescia, allo stesso giorno, risultavano essere 39.937,  nella regione Lombardia 292.251 e nell’intera nazione 1.270.553 (Ufficio Diffusione Statistica , Comune di Brescia).

Nel corso del 1998 lo stato italiano ha rilasciato 660.335 permessi di soggiorno per motivi di lavoro (Ufficio Diffusione Statistica, Comune di Brescia).

Il reddito pro-capite degli abitanti la provincia di Brescia si attesta ad un buon livello (25,9 milioni di lire), risultando decisamente superiore al dato medio nazionale (22,7 milioni) ma inferiore al valore medio regionale (27,4 milioni), ponendolo alla 25esima posizione della graduatoria nazionale (dati Unioncamere).

Quanto al mondo penitenziario nei due istituti penali esistenti nel territorio bresciano  i detenuti presenti al 31.12.2000 ammontano a 571 ( 474 nella casa circondariale di Brescia e 97 nella casa di reclusione di Verziano), dei quali 537 sono uomini e 34 donne , presenti unicamente nella sezione femminile di Verziano (dati Dipartimento Amministrazione Penitenziaria).

 

La lettura delle risposte date ai questionari somministrati mostra alcuni dati interessanti.

In merito alla rispondenza il numero dei questionari è certamente da considerarsi molto buono. Infatti su un target previsto di 80 interviste, i questionari validi sono 78 (n=78) pari al 97,5% del campione predeterminato.

In particolare le categorie ritenute coerenti con l’oggetto della ricerca sono state quelle degli artigiani (oltre 25%), industriali (oltre 15%), le piccole e medie industrie (oltre 12%) così come i costruttori edili e i commercianti, seguiti dalle cooperative sociali (oltre 11%) e dagli agricoltori (oltre 8%).

Rispetto alle quote previste si sono avuti alcuni questionari in meno da agricoltori (3) cooperative (1), mentre gli industriali hanno fornito questionari in soprannumero rispetto a quelli decisi (2).

L’assenza della categoria cooperative di produzione e lavoro è dovuta alla decisione dell’unione provinciale di inviare questionari di pertinenza propri presso cooperative sociali che, comunque erano già previste come categorie autonome dal protocollo.

In generale, tranne per un singolo caso relativo alla direzione di un grande magazzino, la disponibilità alla collaborazione è stata molto buona, e tutte le categorie interessate non si sono comunque sottratte al confronto sul tema.

La percezione del problema ‘lavoro detenuti’ in proporzioni attendibili si evince dalla discreta quota di intervistati (28%), che dichiara di aver considerato il problema all’interno dell’azienda; il 70% non lo ha fatto e solo 1 caso non ha risposto.

La domanda seguente prevedeva di individuare all’interno del gruppo di intervistati che avevano fornito risposta positiva alla considerazione del problema coloro che avessero organizzato iniziative a tal proposito.

A causa di erronea comprensione dello sviluppo logico o per eccesso di zelo nello rispondere, anziché 22 risposte a questo item ne abbiamo ricevute 30 (8 in più) delle quali 10 in termini positivi e 20 in termini negativi.

E’ attendibile ritenere che coloro che hanno risposto alla 3° domanda pur non avendone titolo, abbiano comunque dato parere negativo (essendo soggetti che non avevano nemmeno considerato il problema). Comunque gli imprenditori che hanno organizzato iniziative sono oltre il 12% degli intervistati.

Altrettanto interessante è l’item successivo. Il gruppo che aveva detto NO era composto da 55 soggetti. A questi è stato chiesto se pensavano che ciò dipendesse dalla mancanza di informazioni. Anche in questo caso si sono avute più risposte rispetto al dovuto (64 = 12 in più). Comunque di questi 64, 38 affermano che effettivamente possa dipendere da ciò (oltre il 48% di 78), mentre 26 lo negano (oltre il 33%).

La domanda successiva ha inteso indagare la percezione degli intervistati sulle concrete possibilità occupazionali nelle rispettive realtà produttive.

Sui 78 soggetti coinvolti, oltre il 42% ha risposto affermativamente (33 casi) a fronte di oltre il 55% (43 casi) che ha risposto di no.

Ulteriormente a questi 33 soggetti è stato chiesto di quantificare concretamente tale possibilità. Per il già descritto meccanismo si sono avute 34 risposte, così suddivise: 20 pensano ad un posto di lavoro (oltre 25%). 9 pensano a 2/3 posti (oltre 11%) e 5 ritengono raggiungibili 5 posti (pari a oltre il 6%).

Le qualifiche eventualmente richieste per permettere un inserimento lavorativo sono state evidenziate dal successivo item e sono le seguenti: operaio 8, operaio specializzato 8, operaio apprendista 2, autista 2, giardiniere 2, magazziniere 2, informatico 1, generica 1.

L’esperienza di inserimento di almeno un detenuto è stata dichiarata da 13 imprenditori (oltre il 16%), mentre non lo è stata da 64 (oltre 82%).

E’ stato chiesto a chi ha avuto modo di inserire lavoratori detenuti di quantificare il numero. Su 6 risposte ottenute, 2 hanno detto un lavoratore, una risposta per 2,3 o 4 inserimenti così come una risposta per oltre 100 inserimenti (trattasi di una realtà specifica che effettivamente lavora con questi numeri).

La domanda successiva rivolta a tutti gli intervistati, riguardava l’individuazione degli aspetti di possibile problematicità derivanti dall’inserimento di lavoratori detenuti.

La maggior concentrazione di risposte si è avuta riguardo alla gestione del personale (oltre il 38% pari a 30 soggetti) seguita dal timore di comportamenti negativi del detenuto (12 pari a oltre il 15%). Vengono poi i timori sul rispetto delle regole (8 oltre 10%), i problemi sulla formazione interna e sulla sicurezza degli altri lavoratori (entrambi 7 risposte oltre 8%) e infine solo 3 imprenditori paventano le difficoltà previdenziali/amministrative (più del 3%).

Coloro che negano aspetti di problematicità assommano a 10 soggetti (oltre 12%). Uno solo non ha risposto.

L’ultima domanda concerneva la descrizione della forma contrattuale ritenuta più idonea per dar luogo ad inserimenti lavorativi di persone detenute: 22 sono state le risposte a favore della borsa Lavoro (oltre 28%), così come 22 le risposte per l’assunzione a tempo determinato.

Il Contratto Formazione Lavoro è stato prescelto da 11 soggetti (oltre 14%), mentre in 9 hanno individuato il salario di ingresso come forma elettiva (oltre 11%). 7 casi non hanno risposto, 6 hanno individuato altre forme non meglio specificate e infine 1 imprenditore ha prescelto l’assunzione ordinaria come forma ideale per questo rapporto di lavoro.

Prima di passare alla lettura degli incroci effettuati, ci pare opportuno spendere alcune righe di commento ai dati finora ottenuti.

22 imprenditori su 78 dichiarano di aver considerato il problema lavoro per i detenuti (cioè quasi il 30%); è certamente un dato che lascia ben sperare, soprattutto laddove si consideri che questi 22 ben 10 affermano di aver organizzato una qualche iniziativa (oltre il 12%).

La maggioranza di che invece non ha considerato il problema (quasi il 40%) addossa le ragioni di tale fatto alla mancanza di informazioni al riguardo e non a scarsa o assente volontà in proposito.

Altrettanto foriera di speranze (oltre 40%) è la quota degli imprenditori che ritiene esistano occupazioni per detenuti nella propria realtà produttiva.

Non è molto elevata ala percentuale di chi dichiara di aver già dato corso ad inserimenti (oltre il 10%), ma le aspettative in proposito erano in realtà decisamente più pessimistiche.

Le risposte sugli eventuali aspetti di maggior problematicità appaiono sovrapponibili a quanto ci si poteva attendere, fermo restando che oltre il 12% che non pensa possano esservi problemi, è una quota di ‘ottimisti’ superiore all’attesa.

Infine le forme contrattuali individuate come più idonee vedono la preponderanza dell’assunzione a Tempo Determinato (più per motivi di diffidenza probabilmente) e della Borsa Lavoro, giustamente indicata come valido strumento di inserimento, ma non sempre presente nei percorsi di politica del lavoro degli enti istituzionali interessati.

Approfondendo l’indagine all’incrocio di alcuni dati abbiamo individuato i soggetti che hanno dichiarato di aver considerato il problema lavoro per i detenuti distribuiti tra le specifiche categorie interviste. Artigiani 5 su 20, industriali 4 su 12, piccole e medie industrie 0 su 10, agricoltori 1 su 7, costruttori edili 3 su 10, commercianti 1 su 10, cooperative sociali 8 su 9: compongono le 22 risposte positive. 

Se è certamente attendibile l’alto contributo delle cooperative, colpiscono favorevolmente l’1/3 e il 1/ 2 rispettivamente di industriali e di artigiani. Al contrario appare sconfortante il dato 0 riferito a piccole e medie industrie.

Analogo procedimento è stato applicato per individuare all’interno delle diverse categorie la percezione dell’esistenza di opportunità occupazionali per i detenuti.

Delle 33 risposte ottenute, 10 si riferiscono agli artigiani (su 20 intervistati), 7 ai costruttori edili (su 10 intervistati), 8 su 9 alle cooperative sociali ed invece contrariamente alla precedente domanda solo 1 industriale su 12 coinvolti, meno ancora delle piccolo e medie industrie che hanno dato 2 risposte positive su 10. Completano 3 commercianti (su 10) e 2 agricoltori (su 7).

Sempre con riferimento alle categorie abbiamo individuato la distribuzione dei 13 soggetti che hanno affermato di aver già assunto lavoratori detenuti. Sono 1 artigiano, 1 industriale, 1 piccole medie industrie, nessun agricoltore, 2 costruttori edili, 1 commerciante e 7 cooperative sociali.

E’ apparso interessante delineare la distribuzione delle 55 risposte negative alla considerazione del problema lavoro/detenuti sulle risposte complessive di definizione degli aspetti di maggior problematicità.

Abbiamo 2 risposte negative su 3 soggetti che hanno dichiarato problematicità negli aspetti previdenziali/amministrativi, 16 su 30 nella gestione del personale, 4 su 7 nella formazione interna del lavoratore/detenuto, 5 su 7 nella sicurezza altri detenuti, 7 su 8 rispetto regole, 9 su 12 comportamento negativo, 9 su 10 non ci sono aspetti di problematicità.

Da notare le 9 risposte nella categoria non ci sono problemi, il che fa sperare che ad affermare ciò siano soggetti che non si sono posti il problema.

Altrettanto è stato fatto con le 43 risposte negative alla occupazione per detenuti nella propria azienda.

Anche in questo caso emerge come dalle 10 indicazioni non ci sono problemi, ben 7 abbiano comunque affermato di non trovare spazi occupazionali: evidentemente la risposta non ci sono problemi nasce da un grado di disinteresse.

Infine è stato indagato fra i soggetti che hanno già assunto lavoratori detenuti, qual è la forma contrattuale ritenuta più idonea.

Da notare solo 1 risposta sulle 22 indicazioni per la Borsa Lavoro e 2 sulle 22 a Tempo Determinato.

Vi sono invece ben 7 risposte sulle 9 indicazioni totali per il salario d’ingresso.

Riportiamo di seguito, in forma tabellata, tutte le risposte ottenute all’intervista svolta.

           

1)       CATEGORIA IMPRENDITORIALE DI APPARTENENZA

 

 

  n

%

ARTIGIANI

INDUSTRIALI

PICCOLE E MEDIE I.

AGRICOLTORI

COSTRUTTORI EDILI

COMMERCIANTI

COOP. SOCIALE

20

12

10

 7

10

10

 9

25,66

15,38

12,82

 8,97

12,82

12,82

11,53

TOTALE

78

100,00

   

2)  HA MAI CONSIDERATO IL PROBLEMA ‘LAVORO PER I DETENUTI NELLA SUA AZIENDA?

 

N

%

SI

NO

N.R.

22

55

 1

28,20

70,51

 1,59

TOTALE

78

100,00

 

3)    CHI HA RISPOSTO SI (22) HA MAI ORGANIZZATO INIZIATIVE IN PROPOSITO?

 

  N

%

SI

NO

N.R.

10

20

48

12,82

25,64

-

TOTALE

78

100,00

  

4) CHI HA RISPOSTO NO (55) PENSA CHE DIPENDA DALLA MANCANZA DI INFORMAZIONE A PROPOSITO?

 

N

%

SI

NO

N.R.

38

26

14

48,70

33,30

-

TOTALE

78

100,00

 

5) RITIENE CHE ESISTANO DELLE OPPORTUNITA’ OCCUPAZIONALI PER I DETENUTI AMMESSI ALLA MISURA ALTERNATIVA ALL’INTERNO DELLE VOSTRE REALTA’ PRODUTTIVE?

 

     N

                 %

SI

NO

N.R.

33

43

 2

42,30

55,10

 2,60

TOTALE

78

100,00

 

6)    CHI HA RISPOSTO SI (33) QUANTIFICHI TALI OPPORTUNITA’.

 

 

N.

 

%

 

UNA

DUE/TRE

PIU’ DI TRE

N.R.

20

 9

 5

44

25,64

11,53

 6,41

-

TOTALE

78

100,00

 

7)   QUALI PENSA SIANO LE QUALIFICHE PROFESSIONALI IDONEE PER POTER DARE CORSO A TALI INSERIMENTI LAVORATIVI?

 

 

OPERAIO

OPERAIO SPECIALIZZATO

OPERAIO APPRENDISTA

AUTISTA

GIARDINIERE

MAGAZZINIERE

INFORMATICO

GENERICA

8

8

2

2

2

2

1

1

TOTALE

26

  

8) LEI HA GIA’ AVUTO MODO DI ASSUMERE LAVORATORI DETENUTI/E NELLA SUA AZIENDA?

 

N

%

SI

NO

N.R.

13

64

 1

16,66

82,05

 1,29

TOTALE

78

100,00

 

9) SE HA RISPOSTO SI, PUO’ INDICARE QUANTI POSTI DI LAVORO HA COMPLESSIVAMENTE OFFERTO AI DETENUTI/E?

 

 

UNO

DUE

TRE

QUATTRO

CENTO

2

1

1

1

1

TOTALE

6

  

10)   PENSA CHE IL RAPPORTO DI LAVORO CON PERSONE DETENUTE PRESENTI ASPETTI DI MAGGIORE PROBLEMATICITA’

 

N.

%

RISPETTO ALLA GESTIONE PREVIDENZIALE E AMMINISTRATIVA

RISPETTO ALLA GESTIONE DEL PERSONALE

RISPETTO ALLA FORMAZIONE INTERNA DEL LAV. DETENUTO

RISPETTO ALLA SICUREZZA DEGLI ALTRI LAVORATORI

RISPETTO ALLE REGOLE NEL LUOGO DI LAVORO

RISPETTO A POSSIBILI COMPORTAMENTI NEGATIVI DEL DET.

NON RITENGO ESISTANO ASPETTI DI PROBLEMATICITA’ SPECIFICI

N.R.

3

30

7

7

8

12

10

1

3,84

38,46

8,97

8,97

10,27

15,38

12,82

1,29

TOTALE

78

100,00


 11) QUALE RITIENE POSSA ESSERE LA FORMA CONTRATTUALE PIU’ INDICATA PER OFFRIRE LAVORO A DETENUTI/E?

 

N.

%

BORSA LAVORO

SALARIO INGRESSO

CONTRATTO FORMAZIONE LAVORO

ASSUNZ. A TEMPO DETERMINATO

ASSUNZ. ORDINARIA

ALTRO

N.R.

22
9
11
22
1
6
7

28,21
11,53
14,10
28,21
1,29
7,69
8,97

TOTALE

78

100,00

 

 A)    FRA LE SPECIFICHE CATEGORIE INTERVISTATE, CHI HA MAI CONSIDERATO IL PROBLEMA LAVORO PER I DETENUTI?

ARTIGIANI

INDUSTRIALI

PICCOLE E MEDIE I.

AGRICOLTORI

COSTRUTTORI EDILI

COMMERCIANTI

COOP. SOCIALI

5 su 20
4 su 12
0 su 10
1 su 7
3 su 10
1 su 10
8 su 9

TOTALE

22 su 78

 

 B) FRA TALI CATEGORIE, CHI RITIENE CHE ESISTANO OPPORTUNITA’ OCCUPAZIONALI PER DETENUTI IN MISURA ALTERNATIVA NELLE REALTA’ PRODUTTIVE?

ARTIGIANI

INDUSTRIALI

PICCOLE E MEDIE I.

AGRICOLTORI

COSTRUTTORI EDILI

COMMERCIANTI

COOP. SOCIALI

N.R.

10 su 20
1 su 12
2 su 10
2 su 7
7 su 10
3 su 10
8 su 8
0 su 1

TOTALE

33 su 78

  

C)  CHI HA GIA’ ASSUNTO LAVORATORI DETENUTI?

ARTIGIANI

INDUSTRIALI

PICCOLE E MEDIE I.

AGRICOLTORI

COSTRUTTORI EDILI

COMMERCIANTI

COOP. SOCIALI

N.R.

1 su 20

1 su 12

1 su 10

0 su   7

2 su 10

1 su 10

7 su   8

0 su  1

TOTALE

13 su 78

 

D)   FRA CHI HA RISPOSTO DI NON AVER MAI CONSIDERATO IL PROBLEMA LAVORO DETENUTI, QUALI SONO STATE LE RISPOSTE SUGLI ASPETTI DI MAGGIORE PROBLEMATICITA’?

PREVENTIVI AMMINISTRATIVI

GESTIONE PERSONALE

FORMAZIONE INTERNA LAVORATORE DETENUTO

SICUREZZA ALTRI LAVORATORI

CERTEZZA REGOLE

COMPORTAMENTO NEGATIVO

NON CI SONO

N.R.

2 su   3
18 su 30
4 su   7
5 su   7
7 su   8
9 su  12
9 su  10
1 su   1

TOTALE

55 su 78

 

E)   FRA COLORO CHE HANNO NEGATO LA POSSIBILITA’ LAVORATIVE PER I DETENUTI, QUALI SONO STATE LE RISPOSTE SUGLI ASPETTI DI MAGGIORE PROBLEMATICITA’?

 

PREVENTIVI AMMINISTRATIVI

GESTIONE PERSONALE

FORMAZIONE INTERNA LAVORATORE DETENUTO

SICUREZZA ALTRI LAVORATORI

CERTEZZA REGOLE

COMPORTAMENTO NEGATIVO

NON CI SONO

N.R.

1 su  3
16 su 30
1 su   7
6 su   7
5 su   8
7 su  12
7 su  10
0 su   1

TOTALE

43 su 78

 

 

F) FRA CHI HA GIA’ ASSUNTO LAVORATORI DETENUTI, QUALI SONO LE FORME CONTRATTUALI RITENUTE PIU’ IDONEE?

BORSA LAVORO

SALARIO DI INGRESSO

CONTRATTO FORMAZIONE LAVORO

ASSUNZ. A TEMPO DETERMINATO

ASSUNZ. ORDINARIA

ALTRO

N.R.

1 su 22

7 su   9

0 su 11

3 su 22

0 su   1

1 su   6

1 su   7

TOTALE

13 su 78

 

La situazione  pur non connotandosi come sfavorevole allo sviluppo di relazioni interattive fra il mondo imprenditoriale bresciano e quello penitenziario necessita indubbiamente di alcuni interventi migliorativi.

Il primo fra questi sembrerebbe essere quello di migliorare la conoscenza dell’ambiente carcerario fra gli imprenditori, da questo punto di vista non dissimile dal resto del contesto sociale, piuttosto orientata in termini di visione stereotipata e superficiale. In quest’ottica l’indizione di conferenze periodiche fra la direzione penitenziaria e le parti sociali del territorio potrebbero essere una risposta adeguata, in linea, tra l’altro, con l’orientamento espresso dal Legislatore nel nuovo regolamento penitenziario (D.Lgs. 230/2000), cui potrebbero aggiungersi delle visite all’interno degli istituti penali da parte di rappresentanti delle associazioni di categoria e del sindacato.

Un costante monitoraggio dei flussi di accesso della popolazione penitenziaria al mercato del lavoro potrebbe essere un secondo passo fondamentale, ciò consentirebbe infatti  l’eventuale gestione dei percorsi di reinserimento lavorativo in tempo reale, con la possibilità di inserire i necessari interventi correttivi alle esigenze del singolo caso. La cornice in cui ha preso corpo il “progetto carcere” da parte dell’Amministrazione provinciale di Brescia parrebbe perseguire tale obiettivo, con il coinvolgimento di tutte le parti sociali del territorio e  l’avvio di uno sportello ad hoc (la cui gestione sarà affidata all’associazione Carcere e Territorio di Brescia) per la gestione dei percorsi di reinserimento lavorativo dei soggetti coinvolti nell’esecuzione penale infra ed extra muraria che potrebbe costituire  la connotazione principale, oltre ad essere un laboratorio sperimentale di notevole valore per l’eventuale riproducibilità  in altri contesti territoriali.

Il legislatore infine deve fare la sua parte. La legge 193 del 22 giugno 2000 meglio nota come “Smuraglia”, ha introdotto importantissime novità; per la prima volta infatti il mondo imprenditoriale privato viene coinvolto nell’esecuzione penale, e la forza-lavoro dei detenuti potrà quindi entrare a pieno titolo nel libero mercato del lavoro.

Prevede infatti l’art. 3 della legge che sgravi fiscali devono essere concessi alle imprese che assumono lavoratori detenuti per un periodo di tempo non inferiore ai trenta giorni o che svolgono effettivamente attività formative nei confronti dei detenuti, e in particolare dei giovani detenuti. Le agevolazioni di cui al presente comma si applicano anche nei sei mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione.

L’art. 2 dispone invece che le agevolazioni previste dall’articolo 4, comma 3-bis della legge 8 novembre 1991, n. 381, introdotto dall’articolo 1, comma 2 della presente legge, sono estese alle aziende pubbliche o private che organizzano attività produttive o di servizi, all’interno degli istituti penitenziari, impiegando persone detenute o internate, limitatamente ai contributi dovuti per questi soggetti.

Occorre però che vengano emanati i decreti previsti dall’art. 4 della legge, per cui le modalità ed entità delle agevolazioni e degli sgravi di cui all’articolo 3 sono determinate annualmente, sulla base delle risorse finanziarie di cui all’articolo 6, con apposito decreto del Ministero della giustizia da emanare di concerto con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il ministero delle finanze, entro il 31 maggio di ogni anno.  Come può facilmente comprendersi, se tali decreti non vengono emanati, le pur illuminate e opportune disposizioni previste dagli artt. 2 e 3 rischiano di rimanere lettera morta per carenza di interesse specifico all’applicazione da parte degli imprenditori.

In definitiva potremo concludere affermando che le porte del carcere, dopo secoli, stanno iniziando ad aprirsi verso la comunità esterna. Adesso ognuno deve fare la propria parte affinché tale apertura sia il primo passo per riportare l’istituzione carceraria dentro quel territorio cui appartiene…

 

 

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