Spagna

 

Los permisos de salida: i permessi premio in Spagna

2ª puntata dell’intervista con la dott.ssa Henar Galan

 

Ristretti Orizzonti, n°  2 – 2000

 

Nel precedente numero abbiamo parlato di "classificazione in gradi di trattamento" delle persone detenute; in questo parleremo dei "permessi d’uscita", equivalenti ai "permessi premio" contemplati dal nostro Ordinamento Penitenziario.

 

Dott.ssa Galan, qual è l’antecedente nella legislazione penitenziaria spagnola, riguardante i "permessi d’uscita"?

L’antecedente in Spagna, di uscita all’esterno, trova riscontro nel R.S.P. del 1956, che autorizzava tali uscite nei casi di malattia molto grave o per decesso di un parente prossimo. L’antecedente immediatamente successivo lo costituì la riforma del 1977, che introdusse in maniera ampia, nella nostra legislazione, i permessi di uscita. Fino all’attuale Regolamento Penitenziario del 1996, il quale regola i permessi ordinari nell’art. 154, quelli straordinari nell’art. 155, mentre le uscite di fine settimana vengono regolate dall’art. 87.

 

Dunque, 3 tipi di permesso. Quali sono le caratteristiche di ognuno di essi?

Si intende, per permesso ordinario, l’uscita con durata fino a 7giorni, per un totale di 36 giorni all’anno, per i detenuti classificati di 2° grado di trattamento, ma fino a 48 giorni all’anno per i classificati in 3° grado di trattamento. Si intendono, per permessi straordinari, quelli che si concedono in caso di decesso o infermità grave dei familiari o di persone intimamente legate al detenuto. In caso di parto, della moglie o convivente, si concederà l’uscita con misure di sicurezza adeguate. La durata di questo tipo di permessi sarà determinata dalla loro finalità e non potrà superare i 7 giorni.

Le uscite di fine settimana si concedono ai detenuti classificati nel 3° grado di trattamento. L’orario è regolato dalla Junta de Trattamiento in funzione dei seguenti elementi:

la classificazione del detenuto nell’art. 82 (regime aperto ristretto) o nell’art. 83 (regime aperto comune);

il livello raggiunto nel Sistema di Valutazione e Motivazione Continuata. L’orario più ampio inizia il venerdì all’ora di uscita abituale per il lavoro, terminando il lunedì successivo, all’ora di ingresso abituale al centro.

 

Quali requisiti sono richiesti per poter fruire di questo beneficio?

I permessi di uscita possono costituire una via facile per eludere la detenzione e, per questo, la loro concessione non avviene in modo automatico, ma devono concorrere una serie di requisiti e c’è bisogno di un procedimento di concessione. I principali criteri ai quali ci si attiene possono essere riassunti in: classificazione in 2° o 3° grado, avere scontato 1/4 della condanna, non tenere una cattiva condotta nel Centro (valutabile secondo il numero e la qualità dei rapporti disciplinari). Oltre a questi requisiti obiettivi che si esigono nell’art. 154 R.P.P., nella valutazione per i permessi si tengono in conto altre variabili di carattere più soggettivo o qualitativo.

 

Può farci alcuni esempi delle variabili tenute in considerazione… e quando la loro valutazione in negativo influisce sulla concessione dal permesso ?

Ad esempio, la mancanza di vincoli famigliari o l’essere da poco tempo nel Centro. Poi, un passato di tossicodipendenza, rischio di consumo di sostanze stupefacenti o possibili condotte da porre in relazione con il traffico di queste; rischio che il soggetto al suo ritorno introduca droghe nel Centro. Vengono valutati allo stesso modo i problemi d’alcolismo.

Altra variabile della quale si tiene conto riguarda le caratteristiche della personalità del detenuto: ad esempio la mancanza di motivazioni al cambiamento, lo scarso effetto "intimidatorio" della condanna, la mancanza di autocontrollo e lo scarso senso della realtà, difficoltà nelle relazioni interpersonali, turbamenti psichiatrici o psicologici di rilevanza.

Poi, si valutano le caratteristiche della condotta tenuta nel Centro: una condotta impulsiva, la mancata abitudine all’igiene personale, lo scarso coinvolgimento nel programma di trattamento personale, sono motivi senz’altro ostativi alla concessione del beneficio. Per ultimo si valutano le caratteristiche di tipo penale, quali la recidività, le cause ancora pendenti, il tipo di reato commesso e il suo grado d’allarme sociale.

 

Qual è il procedimento al quale deve sottostare la richiesta di fruizione di tale beneficio?

Il procedimento si articola, se vogliamo, in 5 fasi:

  1. Il detenuto presenta richiesta di permesso.

  2. L’equipe di trattamento fa una relazione sul soggetto e l’allega alla richiesta.

  3. La Giunta di trattamento valuta il caso in questione e si pronuncia a favore o contraria alla concessione del beneficio.

  4. La decisione viene notificata al detenuto.

  5. Se questa risulta essere favorevole, l’istanza viene inviata per la sua autorizzazione all’organo competente.

Ad esempio, per i permessi di durata fino ai 2 giorni, la competenza sta alla D.G.S.P.i.R. Sempre a questa vengono inviati i permessi di durata superiore, ma presentati da detenuti classificati al 3° grado, i permessi di più di 2 giorni vengono inviati al J.V.P. che detiene la competenza all’autorizzazione. Qualora la decisione della Giunta di trattamento fosse sfavorevole alla concessione, il detenuto potrà ricorrere a questa davanti al J.V.P.

 

Quali sono le motivazioni con le quali questo beneficio è stato introdotto nel regime penitenziario spagnolo?

Le motivazioni sono implicite nell’obiettivo, e quello del "permesso d’uscita" è di favorire la progressiva integrazione del detenuto nella società. Perché il processo risocializzante abbia esito, è importante mantenere e consolidare le relazioni del detenuto con l’esterno, rafforzare i legami che lo uniscono alla sua famiglia, così come altre relazioni con il mondo esterno. Nella maggioranza dei casi, i permessi di uscita aspirano a colmare le ansietà del detenuto, a ridurre la tensione propria della reclusione e il senso di isolamento. Costituiscono, altresì, uno stimolo alla buona condotta, al comportamento socialmente corretto nella istituzione. Aiutano a creare quel senso di responsabilità (sottomettersi alla disciplina di un orario di reingresso, non delinquere, astenersi dal consumo d’alcool e droghe) che favorisce lo sviluppo della personalità. Danno al detenuto informazioni sulla società nella quale ha da integrarsi (la situazione familiare, il mercato del lavoro, il costo della vita). In breve, la loro finalità è la preparazione alla vita in libertà.

 

Un’ultima cosa, Dott.ssa Galan, riguardo i permessi d’uscita, nel Regime Penitenziario esiste un riferimento specifico ai detenuti stranieri ?

Si, per i detenuti stranieri è prevista la possibilità di trascorrere il permesso nel loro paese di origine. Essi devono richiederlo esponendone i motivi e, previa decisione della Giunta di trattamento, lo si trasmetterà al J.V.P. che si pronuncerà al riguardo.

Permisos de salida spagnoli e permessi premio a confronto

 

In questa seconda intervista sono emersi altri punti di contatto tra il Regolamento Penitenziario spagnolo e quello italiano. Entrambi contemplano, per la persona detenuta, la possibilità d’uscita all’esterno durante la carcerazione. Possibilità, come abbiamo visto, subordinata al possesso di specifici requisiti e ad una severa valutazione di caratteristiche soggettive, già prima dell’inoltro all’organo competente. C’è però un elemento di diversità che può sembrare marginale ma, ben considerando, non lo è: la notifica della decisione, presa in sede di Giunta di Trattamento, al detenuto. Positiva o negativa, la decisione viene a lui notificata, e se sfavorevole al buon esito dell’istanza può essere impugnata davanti al J.V.P.

Questa prassi non trova riscontro nel nostro Ordinamento Penitenziario: il richiedente infatti verrà a conoscenza del parere della Direzione dell’Istituto solo quando riceverà dal Magistrato di Sorveglianza la concessione o la respinta del permesso . Un’abitudine, purtroppo, ancora radicata quella di non permettere alla persona detenuta di dire la sua per quanto riguarda le decisioni che investono la sua vita. Forse il legislatore, in un futuro speriamo prossimo, si renderà conto che il grado di coinvolgimento dimostrato dalla persona detenuta nell’ambito del proprio programma di trattamento è direttamente proporzionale a quanto di questo trattamento "riconoscerà" come confacente ai suoi scopi risocializzanti.

L’altro fatto è costituito dalle cosiddette "uscite di fine settimana" che sono riservate a quei detenuti che godono del regime della semilibertà. Trascorrere il fine settimana in famiglia, con la possibilità di riproporsi in modo continuativo come figlio, padre, compagno nei confronti dei propri affetti: questo ritengo possa essere il migliore incentivo risocializzante. Un altro punto interessante è senz’altro quello che riguarda la possibilità per gli stranieri di trascorrere il permesso nel loro paese d’origine. Non penso che in Spagna questa sia ormai da considerarsi una prassi consolidata, però come possibilità esiste.

Questa seconda intervista ci ha fatto comprendere meglio anche la precedente; sulla classificazione in gradi di trattamento. Il classificato in 1° grado praticamente non gode di nessun beneficio; la classificazione del 2° grado riapre la strada alla speranza, sono previste le uscite all’esterno, ma sottoposte all’autorizzazione da parte del J.V.C., mentre chi si trova classificato nel 3° grado di trattamento (suddiviso in "regime aperto ristretto" e "regime aperto comune"), può usufruire di un trattamento senz’altro privilegiato. Altro elemento emerso riguarda il fenomeno della tossicodipendenza che, in Spagna come in Italia, investe anche le carceri riempiendole di persone che commettono reati per questioni di droga. E nel prossimo numero di Ristretti Orizzonti vedremo, appunto, come questa situazione viene affrontata in Spagna, in ambito carcerario.

 

Tiziano Fabbian e Josep Burgaya

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