Francia

 

Francia, il governo vara il progetto:
responsabilità penale a 10 anni, reclusione a 13

Il Manifesto, 18 luglio 2002

 

Il governo francese ha scelto la strada della "tolleranza zero", senza prevenzione: ieri, il ministro della giustizia, Dominique Perben, ha presentato in consiglio dei ministri il progetto di legge di riforma della giustizia, che prevede l'abbassamento da tredici a dieci anni dell'età della responsabilità penale e la possibilità di mettere in carcere dei bambini di 13 anni. La legge prevede la riapertura dei riformatori, chiamati "centri educativi chiusi", ma che in realtà non potranno essere chiusi del tutto: sui ragazzi piazzati in questi centri incomberà però la minaccia di finire in un vero carcere alla prima fuga. Inoltre, la legge istituisce i giudici di pace - sono previste 3 mila assunzioni - dei magistrati non professionisti che potranno giudicare non solo nel civile, ma anche nel penale e persino per i minorenni, per piccoli reati. Infine, la legge riduce il raggio di applicazione della presunzione di innocenza, cioè la legge fatta votare nel 2000 dai socialisti con lo scopo di limitare il carcere preventivo, un vero e proprio abuso in Francia, che per questo motivo è già stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Il progetto di legge di Perben sta suscitando vive proteste in Francia. I magistrati si ribellano contro l'idea del giudice di pace, non professionista, che significa sotterrare l'indipendenza della giustizia. Ma, soprattutto, sono le modifiche che riguardano i minorenni a sollevare forti riserve. La Commissione nazionale consultiva dei diritti dell'uomo, un organismo che lavora presso il primo ministro ma i cui pareri non sono vincolanti, ha criticato violentemente la legge di Perben, sia per la confusione che instaura tra giudizi professionisti e non professionisti che per le disposizioni riguardanti i minorenni.

Per la Commissione dei diritti dell'uomo, la Francia volta le spalle a cinquant'anni di politica giudiziaria verso i minorenni, esiste "un serio rischio di smantellamento del ruolo del giudice per minorenni e di disarticolazione del lavoro globale di chi si occupa della protezione dell'infanzia". Hanno protestato anche la magistrata Difensore dei bambini (è un organismo pubblico che ha il compito di esaminare i casi controversi che riguardano i minorenni), nonché il Consiglio di stato e le organizzazioni professionali dei magistrati e degli educatori. Ma il governo intende andare dritto sulla strada della repressione, indicata nella campagna elettorale di Jacques Chirac. Per questo, sta cambiando le condizioni della libertà dei cittadini in tutta fretta, in pieno luglio, mentre la maggior parte della gente è in vacanza e disattenta, senza nessuna consultazione preliminare con le categorie interessate. L'intenzione è una sola: indicare chiaramente all'elettorato moderato che la "sicurezza" è la priorità del governo e stigmatizzare con la legge la parte della popolazione che è già stigmatizzata nei giornali e nell'opinione pubblica, cioè i giovani delle banlieues difficili. Al primo reato, verranno destinati ai "centri chiusi". Alla prima fuga - cosa molto frequente in queste strutture, che già esistono, anche se non sono definite "chiuse" - messi in carcere, assieme agli adulti, dall'età di 13 anni. Per i bambini tra i 10 e i 13, la legge prevede "sanzioni educative" e sentenze in tempi brevi per i minorenni recidivi. Il governo spera che la minaccia faccia desistere i giovani dalle azioni criminali. Dominique Perben respinge tutte le critiche: "voglio una semplificazione della legge penale" ha affermato ieri, parla di "equilibrio" e sostiene di avere l'appoggio dell'opinione pubblica, visto che un recente sondaggio dice che il 90% dei francesi è d'accordo sui "centri chiusi" per giovani delinquenti. Il Consiglio di stato ha criticato la denominazione di questi centri: se sono "chiusi", hanno fatto sapere i saggi, significa che dovrebbero rientrare nel quadro penitenziario. Invece non sarà così e i centri continueranno ad avere uno statuto ibrido. Jacques Chirac, nella tradizionale intervista del 14 luglio, aveva spiegato che cosa sono questi centri: "non sono delle prigioni, ma dei centri dove vengono adottate delle misure per evitare che le fughe siano troppo sistematiche".

 

 

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