I trattamenti in mano al S.S.N

 

Dipendenza, i trattamenti in mano al S.S.N. Ma l’odissea continua

di Donatella Zoia, medico penitenziario a San Vittore (Milano)

 

Fuoriluogo, luglio 2003

 

Per il trattamento dei tossicodipendenti in carcere, già la legge 309/90, all’art. 98, prevedeva che la cura e la riabilitazione dei detenuti tossicodipendenti e alcolisti fosse affidata alle A.S.L. in collaborazione con il Servizio sanitario penitenziario. Ciò nonostante, probabilmente per la mancanza di una normativa specifica e di linee guida nazionali, il carcere è rimasto a lungo isolato dalle politiche trattamentali e di prevenzione attuate dai servizi territoriali in Italia, malgrado - proprio in conseguenza della legge 309/90 - il numero dei detenuti tossicodipendenti sia cresciuto esponenzialmente dai primi anni ‘90.

In questi anni, la "cura" dei tossicodipendenti detenuti è stata formalmente garantita dall’amministrazione penitenziaria con la presenza del cosiddetto "Presidio tossicodipendenti", costituito da diverse figure professionali (medici, infermieri, psicologi) che l’amministrazione penitenziaria ha convenzionato con incarichi libero - professionali, che hanno il compito di occuparsi di questi pazienti in stretta collaborazione con i servizi territoriali.

In realtà, la carenza di serie politiche sulla sanità penitenziaria, la carenza di personale nei Ser.T., le difficoltà oggettive a integrare la realtà territoriale hanno fatto sì che nell’arco degli anni ‘90, gli interventi di tipo sanitario e psicosociale rivolti ai tossicodipendenti detenuti siano stati realizzati in maniera molto variabile e con differenze sostanziali da regione a regione e da carcere a carcere, sia relativamente all’ingresso dei Ser.T. nelle carceri, che in termini di prescrizioni farmacologiche, che, infine, nella programmazione di interventi terapeutici alternativi alla carcerazione (ampiamente previsti dalla legge).

E solo con il decreto legislativo 230/99 che si prevede concretamente il passaggio delle funzioni sanitarie, del personale (il personale del Presidio tossicodipendenti), delle attrezzature e delle risorse finanziarie al Servizio sanitario nazionale.

Il decreto legge prevedeva l’emanazione di decreti attuativi che, non essendo stati adottati, hanno di fatto mantenuto una situazione ibrida, non ben definita e assolutamente disomogenea. Per fare solo un esempio: a un anno dall’ emanazione del decreto Legge, e cioè il 31 dicembre 2000, solo l’8,9% dei tossicodipendenti detenuti era in trattamento metadonico, con differenze molto significative da regione a regione: si andava dal 39,59% della Sardegna, al 23,66% del Friuli, al 22,40% del Trentino, al 16,18% di Lombardia e Toscana, per scendere poi a percentuali molto più basse nelle altre regioni.

Dall’1 luglio 2003 è stato formalizzato il passaggio di tutto ciò che riguarda la cura dei tossicodipendenti detenuti al Servizio sanitario nazionale e, quindi, alle regioni. Ma che cosa stia realmente accadendo, non è chiaro. Ancora una volta non c’è una situazione omogenea, non ci sono state comunicazioni precise neppure al personale del Presidio tossicodipendenti e, quindi, non è stato ancora definito se questo personale proseguirà e come l’attività lavorativa in carcere.

Tutto questo accade mentre il ministero della Giustizia riduce i finanziamenti per la Sanità penitenziaria in pressoché tutte le carceri italiane, a fronte di una popolazione detenuta in costante aumento e di patologie sempre più complesse, legate alla provenienza della popolazione detenuta (tossicodipendenti, stranieri, senza fissa dimora, etc.) e alle condizioni degradate di vita in carcere, e questo causa una ridotta disponibilità di presidi diagnostico-terapeutici e di farmaci. E non sembra che le regioni e il Servizio sanitario nazionale abbiano grande desiderio di intervenire a supportare le carenze dell’amministrazione.

Ancora oggi, dunque, in carcere non viene garantito ai tossicodipendenti detenuti lo stesso diritto alla cura ne la stessa accessibilità alle terapie di chi non è detenuto, in un gioco mai finito di scaricarsi uno con l’altro le responsabilità.

 

 

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